Certi politici non di primo piano sono i più decisi sostenitori del riarmo dell’Italia.
Poco fa si è visto in televisione Marco Minniti, quello che diversi anni fa, quando era in auge fece un accordo con la guardia costiera libica che fermava i migranti e li portava in luoghi di tortura.
Oggi parlando con la solita mimica, tra l’agitazione delle mani e tante smorfie facciali, ha detto che dobbiamo armarci per difendere la nostra identità di Italiani.
Di fatto l’Italia moderna parte dal Rinascimento quando la nostra identità assunse una predominante facies estetica sovrapposta a quella affaristica, piuttosto che quella militare. I centri più importanti in questo senso: Firenze, Roma e Venezia erano guidati da mercanti, banchieri e Papi che impiegavano buona parte del loro denaro per commissionare opere d’arte ai magnifici creatori del tempo. Anche le piccole signorie dei principi o duchi guerrieri come Federico di Urbino invitavano ottimi artisti alle loro corti per non essere da meno dei signori più grandi. Ecco perché Francia e Spagna si sarebbero conteso a lungo il nostro territorio con i loro eserciti dalla calata di Carlo VIII con orribili guerre che durarono più di un secolo e mezzo.
Ora i vari Minniti e Calenda auspicano il nostro coinvolgimento nella prossima guerra che se non verrà scongiurata sarà la più orribile.
Dopo la fine dell’impero romano non siamo mai stati un popolo di guerrieri. Oggi siamo un popolo di gente che deve arrangiarsi, avendo una sovranità limitata. La nostra identità è piuttosto segnata dalla raccomandazione, il rapporto tra cliente e patrono che risale addirittura al codice delle dodici tavole della metà del V secolo a. C.
Questo legame di tipo mafioso c’è sempre stato da allora.
Perciò i fautori della guerra sono destinati a un deciso rifiuto da parte della gente italica che è più accorta di gran parte dei politici ciarlieri i quali parlano spesso a vanvera.
Bologna 5 dicembre 2025 ore 10, 50 giovanni ghiselli.
p. s.
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