martedì 2 dicembre 2025

Seneca Epistola 24. Cotidie morimur. Si muore ogni giorno. Traduzione e commento con l’Ode IV, 7 di Orazio: pulvis et umbra sumus.


 

 

Catone poco prima di uccidersi si mise a leggere il Fedone di Platone sull’immortalità dell’anima. Poi sguainò la spada e disse: “nihil egisti, fortuna, omnibus conatibus meis obstando” (7), non hai compiuto niente, fortuna, contrastando tutti i miei sforzi.

Scipione Metello, suocero di Pompeo, sconfitto a Tapso (oggi vicino a Tunisi , 46  a. C.)  si trafisse con la spada, poi disse “imperator se bene habet” (9) , il generale sta bene. Conservò la gloria conquistata in Africa dai suoi antenati

 

 

Bisogna vedere cosa c’è dietro la maschera. Non è cosa vana

 

Non hominibus tantum sed rebus persona demenda est et reddenda facies sua (Seneca, Ep. 24, 13), non solo agli uomini bisogna togliere la maschera ma anche alle cose e restituire il loro aspetto.

 

L’ajlazwvn, il gloriosus , lo spaccone che si dà importanza salendo ciarlatano sulla ribalta e si vanta, quando  si trova in difficoltà,  perde la maschera che lo mistificava.

 Cfr. Lucrezio: “ Quo magis in dubiis hominem spectare periclis/convenit adversisque in rebus noscere qui sit;/nam verae voces tum demum pectore ab imo/eliciuntur <et> eripitur persona, manet res" (De rerum natura, III, 55-58), tanto più è necessario provare la persona nei pericoli rischiosi e conoscerne la qualità nelle situazioni sfavorevoli; infatti le parole autentiche allora finalmente escono dal fondo del cuore e si strappa la maschera, rimane la sostanza.

Del resto ogni situazione si forma ondeggiando: “nihil est toto quod perstet in orbe/cuncta fluunt, omnisque vagans formatur imago” (Ovidio, Metamorfosi, XV, 177-178)  non c’è niente che duri nel mondo, tutto scorre e ogni immagine si forma fluttuando.

Ho visto tanti cerretani vantoni poi li ho visti sbugiardati dalla Vita che non si lascia ingannare.

“Che se l’antiveder qui non è vano” succederà ancora

Something will defeat you. Life will defeat you” (Orwell, 1984, parte terza, capitolo 3), qualcosa vi sconfiggerà. La vita vi sconfiggerà.

Torniamo all’Epistola 24 di Seneca

Non è necessario, non sono così sciocco non sum tam ineptus da  ripetere Epicuream cantilenam , il ritornello di Epicuro  ut dicam vanos esse inferorum metus, da dire che sono vani i terrori dell’oltretomba,  nec Ixiŏnem rotā volvi,  nec saxum umeris Sisyphi trudi in adversum, né  che Issione è fatto girare da una ruota, né che un masso è spinto dalle spalle di Sisifo  in direzioni opposte, nec ullius viscera et rinasci posse cotidie et carpi, né i visceri di alcuni possono rinascere ogni giorno ed essere strappati (Tizio e Prometeo ), nemo tam puer est ut Cerberum timeat, nessuno è tanto puerile da temere Cerbero. Lucrezio ha già annichilito tali superstizioni nel De reum natura, ci voleva il Medioevo e Dante per tornare tanto indietro.

Mors nos aut consumit aut exuit, La morte ci distrugge o ci spoglia, meliora restant, onere detracto, rimangono le parti migliori, sottratto il peso  (18)

Cotidie morimur, cotidie enim demitur aliqua pars vitae, et tunc quoque cum crescimus, vita decrescit (24, 20), ogni giorno si muore, ogni giorno infatti viene tolta una parte della vita, e anche quando cresciamo la vita decresce.

 Hunc ipsum quem agimus diem cum morte dividimus, anche questa giornata che passiamo la dividiamo con la morte.

Nullius rei finis est, sed in orbem nexa sunt omnia, fugiunt ac sequuntur: diem nox premit, dies noctem, aestas in autumnum desinit, autumno hiemps instat, quae vere compescitur omnia sic transeunt ut revertantur  (26) non c’è la fine di nessuna cosa, ma tutte sono collegate in un circolo, fuggono e inseguono: la notte incalza il giorno, il giorno la notte, l’estate va a finire nell’autunno, sull’autunno incombe l’inverno che viene arrestato dalla primavera, così tutto passa per ritornare.

 

Cfr. Orazio, Carmina IV, 7, 9)

 

Carmen, IV, 7.

Le nevi si sono sciolte, tornano già le erbe sui campi

e le chiome sugli alberi;

la terra cambia il turno e i fiumi

scorrono scendendo lungo le rive;

 

La Grazia con le Ninfe e le due sorelle ardisce

guidare nuda le danze.

Di non sperare l'immortalità ti suggerisce l'anno e l'ora

che porta via il giorno ricco di vita.

 

I freddi si addolciscono agli Zefiri, l’estate travolge la primavera

pronta a morire, appena

l'autunno ferace avrà versato i suoi frutti, e subito dopo

torna di corsa la bruma improduttiva.

Et mox bruma recurrit iners (12)

 

Cfr. l' ajnakuvklwsi" di Polibio[1],  l'orbis  di Tacito[2], il "cerchio" di Machiavelli [3], il "circuito" di Leopardi [4] mutuato dal circuitus  di Cicerone[5]. Si potrebbe tradurre con "ritorno ciclico" o perfino con  "l'eterno ritorno"[6]. “Poiché il circolo non consiste che di punti di ritorno estesi all’infinito, la curva è incommensurabile, non v’è durata di direzione e l’eternità non è un “avanti diritto” sebbene una “giostra eterna”[7].

 

 

I danni del cielo però li riparano veloci le lune:

noi quando siamo caduti

dove il padre Enea, dove il ricco Tullo  e Anco,

polvere e ombra siamo.

Nos ubi decidimus-quo pius Aeneas, quo dives Tullus et Ancus,-Pulvis et umbra sumus

 

Chi sa se aggiungono alla somma di oggi le ore

di domani gli dèi del cielo?

Tutti i beni che avrai concesso all'animo tuo

sfuggiranno alle mani avide dell'erede.

Cuncta manus avidas fugient heredis, amico-quae dederis animo (19-20)

 

Una volta che sarai morto e Minosse avrà dato sul tuo conto

chiare sentenze ,

non la stirpe, Torquato, non la facondia, non la devozione

ti restituerà:

 

infatti dalle tenebre sotterranee Diana non libera

Ippolito casto,

né Teseo ha la forza di spezzare le catene del Lete

al caro Piritoo. 28

 

Note

[1] Storie, VI, 9, 10. Ho sviluppato il tema del ritorno ciclico delle costituzioni nel mio Storiografi Greci (pp. 387 sgg).

[2] E’ l’idea del ciclo che Tacito applica ai costumi :"Nisi forte rebus cunctis inest quidam velut orbis, ut quem ad modum temporum vices ita morum vertantur "(Annales , III, 55), a meno che per caso in tutte le cose ci sia una specie di ciclo, in modo che, come le stagioni, così si volgono le vicende alterne dei costumi. 

[3] Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio , I, 2.

[4] Zibaldone 3518.

[5] De republica  (del 51 a. C.) , I, 45.

[6] Cfr. F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli (del 1888), p. 128.

[7] T. Mann, La montagna incantata, II,  p. 34.


Bologna 2 dicembre 2025 ore 19, 10 giovanni ghiselli

p. s.

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