NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 8 dicembre 2013

L’appello al voto dei candidati Cuperlo, Renzi, Civati





Siamo arrivati al “fatidico” 8 dicembre. Vedremo se sarà fatidico senza virgolette, ossia se davvero cambierà qualcosa, come promettono i tre candidati alla segreteria. Andrò a votare. Non dico per chi, siccome con questo pezzo voglio provare a stimolare l’intera troika. Dico solo che se l’electus ex optimis non manterrà le promesse fatte, alle prossime elezioni non voterò PD. E con me forse non pochi dei miei non pochi lettori
Prima di uscire di casa per deporre il fatidico nome nell’urna, augurandomi che l’omonimia mortuaria preluda invece a una vigorosa rinascita, voglio scrivere alcune parole di commento all’appello dei candidati.

Gianni Cuperlo nella foto appare ridente, come Ermengarda che quando andò sposa a Carlo Magno “lievi pensier virginei-solo pingea”[1]
Non voglio deridere Cuperlo, anzi voglio dire che mi sembra una persona perbene e spero che non permetterà a un Carlo Magno di spengere[2] quel sorriso mite, forse anche casto . Ma veniamo alle sue parole: “La sinistra è dignità”.
Ti ricordo, vecchio[3] gianni, che le attuali disuguaglianze socio economiche negano di fatto dignità a chi non ha una casa, per esempio, o a chi non può mandare i figli all’Università, e così via.
Ivano Dionigi, anche lui una persona perbene, come te, e pure lui come te un pesarese, ha detto, molto signorilmente che se ai suoi tempi non ci fosse stato il presalario non avrebbe potuto studiare qui a Bologna dove ora è Rettore dell’Alma mater. Anche io ho fruito del presalario e dei collegi universitari Morgagni e Irnerio. E conservo gratitudine per questi aiuti. Allora governava il centro sinistra.
Che un giovane desideroso e capace di studiare non possa farlo per mancanza di denaro è un obbrobrio.
Quindi, Gianni sorridente, provvedi subito a questo, appena eletto, se lo sarai.
Il tuo appello dice poi: “serve un atto di coraggio e di orgoglio”.
Il coraggio massimo è stare dalla parte degli ultimi, e l’orgoglio più bello è umiliarsi davanti a loro confessando di averli trascurati per decenni.
Poi : “dobbiamo dire con chiarezza chi siamo e per chi siamo”.
Io dico che dobbiamo essere uomini umani, non bestiali, e che, in quanto tali vogliamo favorire la vita di chi è in difficoltà e ha bisogno.
E ancora: “per noi la priorità è il lavoro”. Allora è necessario eliminare il sistema delle raccomandazioni che è stato invece ufficializzato e istituzionalizzato dal fatto che tutti voi l’avete fatta passare liscia alla Cancellieri.
Preliminare al lavoro è la scuola dove la maggior parte dei giovani non studia, o studia male. Perché i ragazzi oramai hanno capito che gli impieghi appetibili, sono assegnati a priori ai raccomandati, ai pierini come li chiamava don Milani. Abolire il clientelismo che venne codificato già nel 451 a. C. dalle XII tavole dei decemviri legibus scribundis, eliminarlo di fatto, è un compito che noi non raccomandati ci aspettiamo da chi ci governa.
Altre parole in grassetto nel tuo programma:: “Noi non siamo il volto buono della destra, noi siamo la sinistra del tempo nuovo”.
La destra può avere qualche volta una maschera buona, il volto mai. Io almeno non l’ho mai visto. I privilegi, le sperequazioni che la destra vuole non solo conservare ma aumentare, sono disparità contrarie alla natura.
La luce e il buio si dividono in parti uguali il numero delle ore dell’anno, come dice Giocasta nelle Fenicie di Euripide. Ora prevale il buio, ma se l’inverno è vicino, come può la primavera essere lontana?
Il tempo nuovo della sinistra non deve rinnegare la sinistra classica con i suoi principi di giustizia, solidarietà, uguaglianza. Dove non c’è uguaglianza, non c’è democrazia. Lo scrive Leopardi nello Zibaldone.
So a chi mi rivolgo, siamo due scholastici: “et tu litteras scis, et ego[4].
Infine: “Il PD deve cambiare radicalmente partendo dal suo modo di stare tra le donne e gli uomini che sceglie di rappresentare, a cui vuole dare voce e potere”. Bene. Io non voglio potere e la mia voce la faccio sentire abbastanza. Ci metto la faccia, come si dice ora. Voglio che anche tu ci metta la tua e vorrei che non fosse sempre sorridente, ma sapesse anche sdegnarsi e prendere provvedimenti contro le carenze, le inefficienze e le ingiustizie dalle quali è afflitta questa povera, bellissima nostra Italia.

Passiamo al ragazzo Matteo Renzi.
 La foto non c’è, ma non ce n’è bisogno. Il tuo volto con i denti etruschi un poco aggettanti lo conosciamo bene.   Il motto è “Cambia verso”.
 In casa mia, la mamma, le zie e il nonno toscano, anche loro con i denti superiori un po’ sporgenti, dicevano: “non c’è verso” per significarmi che una cosa non potevo farla. Io, se una cosa volevo farla davvero, il verso lo trovavo. A dieci anni andavo in salita sulla strada panoramica con una piccola  bicicletta rossa, o correvo a tuffarmi nel porto, per esempio. E dicevo “bellina!” a ogni citta[5] che incrociavo, anche se non la conoscevo, e così via.
Tu devi trovare il verso giusto sterzando decisamente a sinistra se vuoi il mio voto. La tua parlata toscana mi è simpatica perché mi ricorda i miei cari, ora sepolti a Sansepolcro, ma per votare il partito che forse tu guiderai, voglio di più, ragazzo mio: devi dire e fare cose di sinistra, ossia devi rifondare il partito sulla giustizia, l’uguaglianza, la cultura. Sui valori etici e pure estetici. Sei nato e vivi in una città dove si respira arte e bellezza: dovresti amare il bello con semplicità e la cultura senza mollezza. Come  Pericle. Magari cerca di dimagrire un poco, se vuoi essere   bellino anche tu. La mamma mi ha insegnato che “bellino” per voi Toscani equivale a bellissimo per gli altri Italiani.
Nel tuo appello scrivi: “E’ tutto già deciso. Con questa frase vogliono fregarci. Vogliono fregarci”. Hai ragione, giovanotto. Fai tu le tue scelte, e, quando le hai fatte, non lasciartene imporre altre come nel caso Cancellieri. Se dici una cosa, deve essere quella. Se no, perdi la faccia, diventi bruttino.
Seneca, che di potere degenerato si intendeva,  nell’Epistola 120  scrive:"maximum indicium est malae mentis fluctuatio (20)... Magnam rem puta unum hominem agere " (22), il massimo segno di un animo volto al male è l'ondeggiare...Considera grande cosa rappresentare sempre la stessa parte.
Dici che “solo il Pd può cambiare l’Italia”. In effetti tutti noi Italiani desideriamo un cambiamento dopo decenni di colonizzazione da parte di culture che sono la negazione della nostra civiltà umanistica, etica e pure estetica, ripeto a te, giovane uomo che hai respirato bellezza da quando sei nato.
Tu auspichi “un miliardo di euro di risparmi della cosa pubblica”. Va bene, purché non si tratti di gettare in mezzo a una strada migliaia di dipendenti pubblici. Non parlo pro domo mea: io sono in pensione e faccio, per lo più gratis, tante cose che mi piacciono e, forse, sono utili al mio prossimo. Poi ti auguri “una nuova legge elettorale”. Io ne vorrei una che desse una rappresentanza a tutti gli Italiani, a diverse idèe e pure a idèe  diverse, anche diverse dalle mie. Quindi chiedi “la semplificazione burocratica, fiscale, amministrativa per il paese”. E magari, aggiungo, anche un alleggerimento dell’onere fiscale, o, se no, un aumento e un miglioramento dei servizi. Bologna e San Lazzaro di Savena funzionano bene.
Infine: “un’Europa che parli di scuole e cultura, non solo di banche e di spread”. Parole sante, ragazzo, parole davvero sante

Infine l’altro ragazzo.
Nell’appello di Civati c’è la foto del giovane aspirante segretario in posa elocutoria: arringa  con l’indice della mano destra teso verso il cielo a indicare forse le sue mete, celesti al pari delle sue iridi.  
Pippo dice che votarlo significa non “rimanere fermi nelle sabbie mobili delle larghe intese e riprendere quel filo rosso che più volte è stato spezzato in questi anni e che nessuno si preoccupa di riannodare”.
Il filo rosso per la mia generazione significa il movimento giovanile del ’68, uno dei momenti della storia nei quali la gioventù ebbe fiducia in se stessa e credette nella giustizia. Fu  il nostro ingresso nell’età adulta, una nascita festiva, pur con tanti errori. Adesso è necessaria una rinascita, una palingenesi catartica; adesso è il tuo momento ragazzo di entrare nell’età adulta, di passare dalle parole ai fatti.
Civati si rivolge ai ventenni, ragazze e ragazze. Sancta simplicitas!
So che ora è di moda, ma, cerca di capirlo, è una forma di razzismo generazionale. Io, come Solone, invecchio imparando sempre molte cose, e quelle che imparo le insegno pure, e non solo ai giovani, ma anche ai non giovani. Sto tenendo un corso di letteratura greca a Pesaro, all’Università dell’età libera, e gioisco vedendo il desiderio di imparare in tante persone fra i trenta e gli ottanta.
Giustamente tu biasimi le scelte degli F35, del taglio indistinto dell’Imu, della Tav. “Scelte lontanissime dai bisogni del paese, e indifferenti alla volontà dei nostri elettori”. Io non sono indifferente: sono del tutto contrario a queste scelte e vorrei che il partito da me votato facesse cadere il governo che fa tali scelte scellerate. Ci ho messo anche l’allitterazione per evocare lo “sció sció” che si fa alle galline per allontanare tali creature dal cerebro scarso.
Nel tuo appello di voto, o, per dire meglio appello al voto, dici di essere andato nelle case. Io, veramente, ho provato a scriverti più di una volta ma non ho mai avuto risposta. Forse perché sono nato nel 1944. Ma questo non è un marchio d’infamia, come non è un merito essere giovani. E’ una cosa simpatica, una cosa bella, ma non è un merito non essere vecchi. I vecchi non vanno buttati via. Se sono saggi vanno utilizzati, se sciocchini, come e più di tanti giovani, devono essere protetti, aiutati a non farsi del male. Disprezzarli o metterli da parte è una forma di razzismo, ragazzo mio.
Del resto tu stesso alla fine del tuo appello nomini due signori-Stefano Rodotà e Romano Prodi- non giovanissimi, anzi addirittura più attempati di Gianni Cuperlo e di me, eppure degni di considerazione, di stima, perfino di mimesi da parte dei giovani, forse utili anche alla loro catarsi.
Tu Pippo, ragazzo mio, figliolo, monello, concludi suggerendoci di andare a votare. Sia chiaro che nemmeno te voglio canzonare.
Tant’è vero che ora riguardo questo mio pezzo che è un appello al voto, poi andrò a votare per uno di voi.
Tutti e tre avete detto qualcosa di buono e giusto.
Vedremo se sarete capaci anche di farlo.

Vostro compagno
gianni
ghiselli


P. S.
Ho copiato e incollato una lettera che mi è arrivata da poco.
E’ il riscontro di uno dei miei 121220 lettori. Se andranno tutti a votare, avrò contribuito alla causa. Di nuovo saluti


Caro Giovanni,
ti allego qui sotto il primo riscontro ricevuto da un entusiasta lettore della prima tua lettera a Cancellieri, pubblicata oggi sul sito www.lademocraziacristiana.it. Sapevo che tocchi il cuore e la carne viva. Non ti conosco ancora di persona, ma spero di averne la opportunità, prima o poi. Ti ringrazio di tutto e ringrazio gli amici dell’Istituto De Gasperi attraverso i quali ti ho conosciuto.
Mille auguri anche per il tuo blog che mi pare vada a meraviglia!
Giuseppe.

Da: Luigi Ginosa Inviato: domenica 8 dicembre 2013 09:30
A: Giuseppe Ecca - Gmail
Oggetto: Re: Proviamo...

Ciao Giuseppe,
il pezzo di oggi di Ghiselli è grandioso, altro che cronaca! Questa è l'informazione che la gente vuole e deve iniziare a leggere per far si che le proprie menti si destino dai "tolc sciou" ed inizino a pensare.

Complimenti a Ghiselli che lo ha scritto ed a te che hai avuto il coraggio di pubblicarlo.

Un caro saluto e buona domenica.
Luigi



[1] Manzoni, Adelchi, II Coro
[2] Ho imparato a parlare dai Martelli di Sansepolcro e non dico, né scrivo “spegnere”. 
[3] Tutto è relativo: i suoi avversari in confronto a lui sono dei “citti”, ossia bambini, sempre nella lingua di Sansepolcro. Con queste adozioni di lingua toscana, imparate in casa, non rinnego la mia infanzia e adolescenza passate a Pesaro: dalla città di Rossini ho preso e conservo una forte cadenza: la musicale cadenza pesarese che allunga le vocali. Vivo a Bologna dal 1963, eppure appena apro bocca i locali individuano la mia parlata da immigrato. Ne sono contento e fiero.
[4] Lo dice Encolpio ad Ascilto nel decimo capitolo del Satyricon
[5] Così chiamavano in casa mia sorella Margherita: la Citta, ossia la “bambina” nel loro bellissimo dialetto

1 commento:

  1. Io non voto né alle primarie né voto PD da un pezzo... Sinceramente oltre a tente parole non vedo una ccidente di niente, oramai da anni.
    Penso proprio che in generale andrò alle elezioni solo per annulare la scheda, perché comunque nessuno degli altri schieramenti mi convince. Ho l'impressione che in questo paese andrà sempre così... Bah!

    Maddalena

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