Siamo arrivati al “fatidico” 8 dicembre. Vedremo se sarà
fatidico senza virgolette, ossia se davvero cambierà qualcosa, come promettono
i tre candidati alla segreteria. Andrò a votare. Non dico per chi, siccome con
questo pezzo voglio provare a stimolare l’intera troika. Dico solo che se l’electus ex optimis non manterrà le
promesse fatte, alle prossime elezioni non voterò PD. E con me forse non pochi
dei miei non pochi lettori
Prima di uscire di casa per deporre il fatidico nome
nell’urna, augurandomi che l’omonimia mortuaria preluda invece a una vigorosa
rinascita, voglio scrivere alcune parole di commento all’appello dei candidati.
Gianni Cuperlo nella foto appare ridente, come Ermengarda
che quando andò sposa a Carlo Magno “lievi pensier virginei-solo pingea”[1]
Non voglio deridere Cuperlo, anzi voglio dire che mi sembra
una persona perbene e spero che non permetterà a un Carlo Magno di spengere[2] quel
sorriso mite, forse anche casto . Ma veniamo alle sue parole: “La sinistra è
dignità”.
Ti ricordo, vecchio[3]
gianni, che le attuali disuguaglianze socio economiche negano di fatto dignità a
chi non ha una casa, per esempio, o a chi non può mandare i figli
all’Università, e così via.
Ivano Dionigi, anche lui una persona perbene, come te, e
pure lui come te un pesarese, ha detto,
molto signorilmente che se ai suoi tempi non ci fosse stato il presalario non
avrebbe potuto studiare qui a Bologna dove ora è Rettore dell’Alma mater. Anche
io ho fruito del presalario e dei collegi universitari Morgagni e Irnerio. E conservo
gratitudine per questi aiuti. Allora governava il centro sinistra.
Che un giovane desideroso e capace di studiare non possa
farlo per mancanza di denaro è un obbrobrio.
Quindi, Gianni sorridente, provvedi subito a questo, appena
eletto, se lo sarai.
Il tuo appello dice poi: “serve un atto di coraggio e di
orgoglio”.
Il coraggio massimo è stare dalla parte degli ultimi, e
l’orgoglio più bello è umiliarsi davanti a loro confessando di averli
trascurati per decenni.
Poi : “dobbiamo dire con chiarezza chi siamo e per chi
siamo”.
Io dico che dobbiamo essere uomini umani, non bestiali, e
che, in quanto tali vogliamo favorire la vita di chi è in difficoltà e ha
bisogno.
E ancora: “per noi la priorità è il lavoro”. Allora è
necessario eliminare il sistema delle raccomandazioni che è stato invece
ufficializzato e istituzionalizzato dal fatto che tutti voi l’avete fatta
passare liscia alla Cancellieri.
Preliminare al lavoro è la scuola dove la maggior parte dei
giovani non studia, o studia male. Perché i ragazzi oramai hanno capito che gli
impieghi appetibili, sono assegnati a
priori ai raccomandati, ai pierini come li chiamava don Milani. Abolire il
clientelismo che venne codificato già nel 451 a. C. dalle XII tavole dei decemviri legibus scribundis, eliminarlo
di fatto, è un compito che noi non raccomandati ci aspettiamo da chi ci governa.
Altre parole in grassetto nel tuo programma:: “Noi non siamo
il volto buono della destra, noi siamo la sinistra del tempo nuovo”.
La destra può avere qualche volta una maschera buona, il
volto mai. Io almeno non l’ho mai visto. I privilegi, le sperequazioni che la
destra vuole non solo conservare ma aumentare, sono disparità contrarie alla
natura.
La luce e il buio si dividono in parti uguali il numero
delle ore dell’anno, come dice Giocasta nelle Fenicie di Euripide. Ora prevale il buio, ma se l’inverno è vicino,
come può la primavera essere lontana?
Il tempo nuovo della sinistra non deve rinnegare la sinistra
classica con i suoi principi di giustizia, solidarietà, uguaglianza. Dove non
c’è uguaglianza, non c’è democrazia. Lo scrive Leopardi nello Zibaldone.
So a chi mi rivolgo, siamo due scholastici: “et tu litteras
scis, et ego”[4].
Infine: “Il PD deve cambiare radicalmente partendo dal suo
modo di stare tra le donne e gli uomini che sceglie di rappresentare, a cui
vuole dare voce e potere”. Bene. Io non voglio potere e la mia voce la faccio
sentire abbastanza. Ci metto la faccia, come si dice ora. Voglio che anche tu
ci metta la tua e vorrei che non fosse sempre sorridente, ma sapesse anche
sdegnarsi e prendere provvedimenti contro le carenze, le inefficienze e le
ingiustizie dalle quali è afflitta questa povera, bellissima nostra Italia.
Passiamo al ragazzo Matteo Renzi.
La foto non c’è, ma
non ce n’è bisogno. Il tuo volto con i denti etruschi un poco aggettanti lo
conosciamo bene. Il motto è “Cambia verso”.
In casa mia, la
mamma, le zie e il nonno toscano, anche loro con i denti superiori un po’
sporgenti, dicevano: “non c’è verso” per significarmi che una cosa non potevo
farla. Io, se una cosa volevo farla davvero, il verso lo trovavo. A dieci anni
andavo in salita sulla strada panoramica con una piccola bicicletta rossa, o correvo a tuffarmi nel
porto, per esempio. E dicevo “bellina!” a ogni citta[5] che
incrociavo, anche se non la conoscevo, e così via.
Tu devi trovare il verso giusto sterzando decisamente a
sinistra se vuoi il mio voto. La tua parlata toscana mi è simpatica perché mi
ricorda i miei cari, ora sepolti a Sansepolcro, ma per votare il partito che
forse tu guiderai, voglio di più, ragazzo mio: devi dire e fare cose di
sinistra, ossia devi rifondare il partito sulla giustizia, l’uguaglianza, la
cultura. Sui valori etici e pure estetici. Sei nato e vivi in una città dove si
respira arte e bellezza: dovresti amare il bello con semplicità e la cultura
senza mollezza. Come Pericle. Magari
cerca di dimagrire un poco, se vuoi essere
bellino anche tu. La mamma mi ha
insegnato che “bellino” per voi Toscani equivale a bellissimo per gli altri
Italiani.
Nel tuo appello scrivi: “E’ tutto già deciso. Con questa
frase vogliono fregarci. Vogliono fregarci”. Hai ragione, giovanotto. Fai tu le
tue scelte, e, quando le hai fatte, non lasciartene imporre altre come nel caso
Cancellieri. Se dici una cosa, deve essere quella. Se no, perdi la faccia,
diventi bruttino.
Seneca, che di potere degenerato si intendeva, nell’Epistola
120 scrive:"maximum indicium est malae mentis fluctuatio (20)... Magnam rem puta unum hominem agere
" (22), il massimo segno di un animo volto al male è
l'ondeggiare...Considera grande cosa rappresentare sempre la stessa parte.
Dici che “solo il Pd può cambiare l’Italia”. In effetti
tutti noi Italiani desideriamo un cambiamento dopo decenni di colonizzazione da
parte di culture che sono la negazione della nostra civiltà umanistica, etica e
pure estetica, ripeto a te, giovane uomo che hai respirato bellezza da quando
sei nato.
Tu auspichi “un miliardo di euro di risparmi della cosa
pubblica”. Va bene, purché non si tratti di gettare in mezzo a una strada migliaia
di dipendenti pubblici. Non parlo pro
domo mea: io sono in pensione e faccio, per lo più gratis, tante cose che
mi piacciono e, forse, sono utili al mio prossimo. Poi ti auguri “una nuova
legge elettorale”. Io ne vorrei una che desse una rappresentanza a tutti gli
Italiani, a diverse idèe e pure a idèe diverse, anche diverse dalle mie. Quindi
chiedi “la semplificazione burocratica, fiscale, amministrativa per il paese”.
E magari, aggiungo, anche un alleggerimento dell’onere fiscale, o, se no, un
aumento e un miglioramento dei servizi. Bologna e San Lazzaro di Savena
funzionano bene.
Infine: “un’Europa che parli di scuole e cultura, non solo
di banche e di spread”. Parole sante, ragazzo, parole davvero sante
Infine l’altro ragazzo.
Nell’appello di Civati c’è la foto del giovane aspirante
segretario in posa elocutoria: arringa
con l’indice della mano destra teso verso il cielo a indicare forse le
sue mete, celesti al pari delle sue iridi.
Pippo dice che votarlo significa non “rimanere fermi nelle sabbie
mobili delle larghe intese e riprendere quel filo rosso che più volte è stato
spezzato in questi anni e che nessuno si preoccupa di riannodare”.
Il filo rosso per la mia generazione significa il movimento
giovanile del ’68, uno dei momenti della storia nei quali la gioventù ebbe
fiducia in se stessa e credette nella giustizia. Fu il nostro ingresso nell’età adulta, una
nascita festiva, pur con tanti errori. Adesso è necessaria una rinascita, una
palingenesi catartica; adesso è il tuo momento ragazzo di entrare nell’età
adulta, di passare dalle parole ai fatti.
Civati si rivolge ai ventenni, ragazze e ragazze. Sancta simplicitas!
So che ora è di moda, ma, cerca di capirlo, è una forma di
razzismo generazionale. Io, come Solone, invecchio imparando sempre molte cose,
e quelle che imparo le insegno pure, e non solo ai giovani, ma anche ai non
giovani. Sto tenendo un corso di letteratura greca a Pesaro, all’Università
dell’età libera, e gioisco vedendo il desiderio di imparare in tante persone
fra i trenta e gli ottanta.
Giustamente tu biasimi le scelte degli F35, del taglio
indistinto dell’Imu, della Tav. “Scelte lontanissime dai bisogni del paese, e
indifferenti alla volontà dei nostri elettori”. Io non sono indifferente: sono
del tutto contrario a queste scelte e vorrei che il partito da me votato
facesse cadere il governo che fa tali scelte scellerate. Ci ho messo anche
l’allitterazione per evocare lo “sció sció” che si fa alle galline per
allontanare tali creature dal cerebro scarso.
Nel tuo appello di voto, o, per dire meglio appello al voto,
dici di essere andato nelle case. Io, veramente, ho provato a scriverti più di
una volta ma non ho mai avuto risposta. Forse perché sono nato nel 1944. Ma
questo non è un marchio d’infamia, come non è un merito essere giovani. E’ una
cosa simpatica, una cosa bella, ma non è un merito non essere vecchi. I vecchi
non vanno buttati via. Se sono saggi vanno utilizzati, se sciocchini, come e
più di tanti giovani, devono essere protetti, aiutati a non farsi del male.
Disprezzarli o metterli da parte è una forma di razzismo, ragazzo mio.
Del resto tu stesso alla fine del tuo appello nomini due
signori-Stefano Rodotà e Romano Prodi- non giovanissimi, anzi addirittura più
attempati di Gianni Cuperlo e di me, eppure degni di considerazione, di stima,
perfino di mimesi da parte dei giovani, forse utili anche alla loro catarsi.
Tu Pippo, ragazzo mio, figliolo, monello, concludi
suggerendoci di andare a votare. Sia chiaro che nemmeno te voglio canzonare.
Tant’è vero che ora riguardo questo mio pezzo che è un
appello al voto, poi andrò a votare per uno di voi.
Tutti e tre avete detto qualcosa di buono e giusto.
Vedremo se sarete capaci anche di farlo.
Vostro compagno
gianni
ghiselli
P. S.
Ho copiato e incollato una lettera che mi è arrivata da
poco.
E’ il riscontro di uno dei miei 121220 lettori. Se andranno
tutti a votare, avrò contribuito alla causa. Di nuovo saluti
Caro Giovanni,
ti allego qui sotto il
primo riscontro ricevuto da un entusiasta lettore della prima tua lettera a
Cancellieri, pubblicata oggi sul sito www.lademocraziacristiana.it.
Sapevo che tocchi il cuore e la carne viva. Non ti conosco ancora di persona,
ma spero di averne la opportunità, prima o poi. Ti ringrazio di tutto e
ringrazio gli amici dell’Istituto De Gasperi attraverso i quali ti ho
conosciuto.
Mille auguri anche per il
tuo blog che mi pare vada a meraviglia!
Giuseppe.
Da: Luigi Ginosa
Inviato: domenica 8 dicembre
2013 09:30
A: Giuseppe Ecca - Gmail
Oggetto: Re: Proviamo...
A: Giuseppe Ecca - Gmail
Oggetto: Re: Proviamo...
Ciao Giuseppe,
il pezzo di oggi di Ghiselli è grandioso, altro che cronaca!
Questa è l'informazione che la gente vuole e deve iniziare a leggere per far si
che le proprie menti si destino dai "tolc sciou" ed inizino a
pensare.
Complimenti a Ghiselli che lo ha scritto ed a te che hai
avuto il coraggio di pubblicarlo.
Un caro saluto e buona domenica.
Luigi
[1] Manzoni, Adelchi,
II Coro
[2] Ho imparato a parlare dai Martelli di Sansepolcro e
non dico, né scrivo “spegnere”.
[3] Tutto è relativo: i suoi avversari in confronto a lui
sono dei “citti”, ossia bambini, sempre nella lingua di Sansepolcro. Con queste
adozioni di lingua toscana, imparate in casa, non rinnego la mia infanzia e
adolescenza passate a Pesaro: dalla città di Rossini ho preso e conservo una
forte cadenza: la musicale cadenza pesarese che allunga le vocali. Vivo a
Bologna dal 1963, eppure appena apro bocca i locali individuano la mia parlata
da immigrato. Ne sono contento e fiero.
[4] Lo dice Encolpio ad
Ascilto nel decimo capitolo del Satyricon
[5] Così chiamavano in casa mia sorella Margherita: la
Citta, ossia la “bambina” nel loro bellissimo dialetto
Io non voto né alle primarie né voto PD da un pezzo... Sinceramente oltre a tente parole non vedo una ccidente di niente, oramai da anni.
RispondiEliminaPenso proprio che in generale andrò alle elezioni solo per annulare la scheda, perché comunque nessuno degli altri schieramenti mi convince. Ho l'impressione che in questo paese andrà sempre così... Bah!
Maddalena