NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 14 dicembre 2013

Lettera al segretario del PD 2013




Caro Matteo,
ora sei il segretario del partito cui sono iscritto da anni, e ti scrivo per dirti a quali condizioni voterò PD, poiché non mi sento tenuto a farlo se non manterrai le tue promesse.
Alla fine dei conti, l’8 dicembre ti ho votato. L’ho fatto tenendo conto, appunto, delle tue promesse. Tu le hai fatte parlando da una bocca  “senza porta”, come  dicevano i Greci a proposito degli oratori dalle parole anche troppo fluenti[1]. Io sono stato attirato anche dal tuo eloquio, e dalla tua pronuncia toscana. Perfino dal fatto che la tua sede politica si trova in via Martelli che è pure il cognome della “mi’ mamma  del “su’ poro babbo” e delle zie materne, gente  toscana di Borgo Sansepolcro dove sono nati e sono sepolti  con la nonna pesarese.
Questi però sono fatti emotivi.
Vero è del resto che lo qumov~  è più forte dei ragionamenti, come afferma la Medea di Euripide[2], e che i ragionamenti sono spesso soltanto sentimenti travestiti, come ha scritto Svevo[3], e
 che "tutto ciò che si pensa è simpatia o antipatia” come  disse a se stesso Ulrich"[4].
Insomma, cercare di cancellare il sentimento con la ragione è quasi come tentare di convincere un terremoto a non scuotere la terra.
Io però non voglio ammazzare dei bambini, per giunta figlioli miei, come fece Medea, né suicidarmi al pari di Alfonso Nitti, e così via.
Pertanto devo farmi forza, rinnegare per un momento l’ innata toscofilìa,  e valutare i tuoi comportamenti con la ragione. La prima cosa che voglio per votare il partito di cui sei diventato segretario anche con il mio voto, è la coerenza tra le parole e i fatti. Per ora ne ho vista poca. Hai detto che avresti fatto dimettere la Cancellieri, una persona per bene tu dici, e può darsi, ma,  comunque, una donna che, in veste di ministro della Giustizia, ha sbagliato, non è stata all’altezza del suo ruolo. Tu ora sei il segretario e colei è ancora al suo posto.
Dunque?
Hai detto che avresti condizionato il governo. Invece il primo ministro, Enrico il  Nipote, o Letta il Giovane che dire si voglia, procede metodicamente sulla sua strada, imperterrito nell’ impoverire i poveri e nell’arricchire i ricchi. Non ho sentito parole di resipiscenza. Ricordati, giovanotto, che la cattiva  reputazione è leggera e ci mette poco a sollevarsi nell’aria, ma una volta che ti è caduta addosso, acquista un  peso e una potenza tali che non te la togli più dal groppone[5].
Il rischio massimo che corri in termini di diffamazione è quello di passare da ciarlatano. Sei salito sulla ribalta e ora ti esalti tra clangore di buccine[6].
Ricordati però che su quel podio ti ha portato il voto di tante persone che, come me, si aspettano un cambiamento di rotta dal tuo pilotaggio. Anche  chi non si intende di cibernetica e nemmeno sa che cosa vuole dire[7], ha notato che il nocchiero attuale non è in grado di guidare la nave Italia fuori dalla tempesta. E tu vai a omaggiarlo, a garantire continuità al suo cattivo servizio? Se non prendi presto il timone in mano e non raddrizzi il verso della navigazione, o non dici a Letta il Giovane come raddrizzarla, la gente italica ti punirà: voterà per Grillo o per l’amicone storico di Letta il Vecchio.
Nella segreteria hai fatto entrare solo dei giovani con una maggioranza di donne. Perché non degli Ebrei, dei negri, degli Indiani, degli omosessuali o dei travestiti?
 Anche loro sono stati discriminati e perseguitati a lungo. Allora: il criterio della selezione degli ottimi non deve essere quello anagrafico o di genere,  perché questo tipo di scelta è una forma di razzismo. Alla guida del paese ci vogliono persone oneste e capaci.
Non è vero che tutti i giovani maschi e tutte le femmine giovani siano capaci, come non è vero che tutti i maschi anziani siano da buttare via. Prodi e Rodotà non lo sono. Chi mi legge giudicherà se lo sono io, nato nel 1944, sia pure con l’attenuante che era già metà novembre, dunque quasi 1945.
 Chi apoditticamente afferma  falsità contro tutti gli anziani è un neo-razzista, se non addirittura un neo-nazista, o per lo meno un neo-fascista:
 ricordate  “giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza?”.
Certe affermazioni rottamatorie talora entrano pure nella categoria del consumismo più becero.
Tu, ragazzo mio, sei abbastanza sveglio, ma non ti sei ancora  svegliato del tutto.
E’ vero che sei giovane e hai due terzi della vita davanti, ma stai e sentire e da’ retta a un vecchio che ieri l’altro era come te: il tempo trascorre in modo precipitoso. L’inverno è iniziato da poco, ma presto, fin troppo presto, le giornate cominceranno ad allungarsi, e nell’aria ci saranno presagi di primavera, poi questa esploderà nell’estate che si avvizzirà nell’autunno. All’umido equinozio che offusca l’oro delle sabbie salse seguirà la bruma inerte[8] che spenge il cielo e paralizza la vita
 In conclusione:  nox ruit, puer, et tu loquendo ducis horas[9].
Datti da fare subito, figliolo, e facci vedere dei risultati, presto, molto presto, quasi subito.
E’ già tempo.

Ti saluto.

Tuo
gianni
ghiselli   
  
 è arrivato a 122035

g.ghiselli@tin.it


[1] Poi parla l’ajnh;r aqurovglwsso~ (903) dalla lingua senza porta.
L’espressione si trova già in Simonie (a[quron stoma fr. 541, 2 Page,  e in Teognide , vv. 421-422)
[2]Kai; manqavnw me;n oi|a dra'n mevllw kakav,-qumo;" de; kreivsswn tw'n ejmw'n bouleumavtwn,-o{sper megivstwn ai[tio" kakw'n brotoi'"( vv. 1078-1080), E capisco quale abominio sto per osare,/ma più forte dei miei proponimenti è la passione/che è causa dei mali più grandi per i mortali.
[3] "Nelle lunghe ore che egli passò là, inerte, ragionò anche una volta sui motivi che l'avevano indotto a lasciare Annetta, ma come sempre il suo ragionamento non era altro che il suo sentimento travestito". Svevo, Una Vita , p. 239.
 La discrepanza tra pavqo" e lovgo" , crea  dolore in Alfonso Nitti:" Ad onta di tutti i ragionamenti rimase triste. Una volta di più, così raccontava a se stesso, quel fatto gli provava l'imbecillità della vita e non pensava in questo fatto al torto di Annetta o di Macario ma al proprio, di sentire in modo strano e irragionevole" (p. 284).
[4]Musil, L'uomo senza qualità , p. 210. Concludo la rassegna con  La noia  di Moravia:"Ma tutte le nostre riflessioni, anche le più razionali, sono originate da un dato oscuro del sentimento" (p. 19). 
[5] Esiodo (VIII-VII sec. a. C.) consiglia di evitare la cattiva fama (fhvmh kakhv) che è leggera a sollevarsi ("kouvfh me;n ajei'rai", Opere , v. 761), ma è pesante da portare ed è difficile togliersela di dosso ("ajrgalevh de; fevrein, caleph; d& ajpoqevsqai", v. 762).
 La Fama   in Virgilio è la dea foeda  (Eneide  IV, 95) la dea oscena che infama Didone per l'amore con Enea, argomento sul quale torneremo:"malum qua non aliud velocius ullum:/mobilitate viget virisque adquirit eundo;/parva metu primo, mox sese attollit in auras/ingrediturque solo et caput inter nubila condit " (Eneide , IV, 174-177), la Fama di cui nessun altro male è più veloce: ha la sua forza nella mobilità e acquista potenza con l'andare; piccola per paura dapprima, presto si alza nell'aria e avanza sulla terra e nasconde il capo tra le nubi.
[6] “oggi l’alloro è premio di colui/che tra clangor di buccine s’esalta,/che sale cerretano alla ribalta/per far di sé favoleggiare altrui” Gozzano, La signorina Felicita , v. 199-204.
[7] Kubernhvth~ significa “nocchiero”, “pilota”.
[8] Ti suggerisco di leggere, o rileggere l’Ode  IV, 7 di Orazio. Ti accludo la mia traduzione.
Le nevi si sono sciolte, tornano già le erbe sui campi
e le chiome sugli alberi;
la terra cambia il turno e decrescendo i fiumi
scorrono lungo le rive;
La Grazia con le Ninfe e le due sorelle ardisce
guidare nuda le danze.
Di non sperare l'immortalità ti suggerisce l'anno e l'ora
che porta via il giorno vitale.
I freddi si addolciscono agli Zefiri, la primavera la trebbia l'estate
pronta a morire, appena
l'autunno ferace avrà versato i suoi frutti, e subito dopo
torna di corsa la bruma che paralizza.
I danni del cielo però li riparano veloci le lune:
noi quando siamo caduti
dove il padre Enea, dove il ricco Tullo  e Anco
polvere e ombra siamo.
Chi sa se aggiungono alla somma di oggi le ore
di domani gli dèi del cielo?
Tutti i beni che avrai concesso all'animo tuo
sfuggiranno alle mani avide dell'erede.
Una volta che sarai morto e Minosse avrà dato sul tuo conto
chiare sentenze ,
non la stirpe, Torquato, non la facondia, non la devozione
ti restituerà:
infatti dalle tenebre sotterranee Diana non libera
Ippolito casto,
né Teseo ha la forza di spezzare le catene del Lete
al caro Piritoo.
[9] Cfr. Virgilio, Eneide VI, 539: Nox ruit, Aenea; et nos flendo ducimus horas., La notte precipita Enea; noi piangendo trasciniamo le ore

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