Gianni Cuperlo |
Tutti e tre i candidati alla segreteria del PD dicono che
vogliono avvicinare il partito al popolo. Cominciando dalle loro stesse
persone. Ebbene, io, come tutti altri iscritti al PD immagino, ho ricevuto
decine di messaggi da lor signori e ho provato a rispondere più di una volta,
ma i loro inviti a votarli sono a senso unico: chi li dovrebbe votare non ha
nessuna possibilità di replica, di chiarimento, nemmeno di offerta di aiuto.
Nel senso che offrivo l’aiuto del mio blog che ha più di 120
mila lettori. La risposta alla mia
offerta, gratuita ovviamente, è sempre stata
“Delivery
to the following recipients was aborted after 5 second(s):
* noreply@partitodemocratico.it”
* noreply@partitodemocratico.it”
Se il partito democratico non mi risponde, significa che io,
un iscritto e un elettore qualunque, non conto niente per loro. In questo caso,
tanto meno contano loro e le loro parole-chiacchiere per me.
I tre personaggi che vorrebbero cavalcare l’apocalisse hanno
già smentito la parola data e tradito quanti si aspettavano che la mantenessero
quando hanno criticato la Cancellieri e poi l’hanno lasciata nel posto che tale
ministro occupa indegnamente dopo che ha ufficializzato e istituzionalizzato al
più alto livello l’eterna piaga italica della raccomandazione. Già allora avevo
dei dubbi e adesso ne ho ancora di più. Non so se andrò a votare e non so per
chi voterò. Mi confortano a farlo altri personaggi meno apparsi sulle ribalte
ma più affidabili, come il sindaco di San Lazzaro di Savena, una persona capace
e onesta.
Una persona che risponde alle proposte e si avvale di quanto può essere utile ai
cittadini che lo hanno eletto. Lo stesso posso dire del suo bravo assessore
alla cultura. E’ una donna.
Il fatto è che in politica, come in ogni aspetto della vita
sganciato dall’etica, dalla cortesia, dalla buona educazione, i rapporti sono
rapporti di forza e certa gente, gentucola invero, ti considera come persona
misurando soltanto il tuo potere e il tuo denaro, ossia facendo un calcolo di
quanto può usarti.
Un conto poco signorile, eppure con il disvalore aggiunto
della stupidità, spesso costoro sbagliano anche in questo: il mio blog poteva
essere utile a lor signori: l’avrei messo a loro disposizione senza volere in
cambio nient’altro che una loro risposta cortese.
Ma vediamo un fatto storico dove si afferma e
momentaneamente prevale il diritto del più forte. Utilizzo un episodio della guerra del Peloponneso raccontato da
Tucidide, il padre, il legislatore della storia politica[1].
Gli Ateniesi recatisi in forze
alla piccola isola di Melo pretendevano che gli abitanti si sottomettessero ed
entrassero nella loro confederazione.
I Meli non volevano e invocavano a tutelarli la giustizia
garantita dagli dèi.
Allora gli Ateniesi
risposero:"riteniamo infatti che la divinità, per quanto si può
supporre, e l'umanità in modo evidente, in ogni
occasione, per necessità di natura, dove sia più forte, comandi"[2].
Questa secondo la logica
dell’imperialismo sarebbe un'eterna legge di natura: "noi non abbiamo
imposto questa legge né l'abbiamo utilizzata per primi quando vigeva, ma dopo averla ricevuta che c'era, e pronti a
lasciarla durare per sempre, ce ne
avvaliamo, sapendo che anche voi e altri, se vi trovaste nella stessa
condizione di potenza che noi, fareste lo stesso"[3].
Tale logica imperiale era già
stata dichiarata qualche anno prima senza ipocrisie da Cleone, il più violento
dei cittadini ("biaiovtato" tw'n
politw'n"[4],)
e quello più capace di persuadere ("piqanwvtato"") il popolo, quando, nel 427, aveva proposto di uccidere
tutti i Mitilenesi ribelli. Il demagogo aveva aggiunto, sempre senza
infingimenti: l'impero ateniese è una tirannide ("turannivda e[cete th;n ajrchvn"[5],)
la quale per reggersi deve usare la forza e bandire la compassione.
Socrate, personaggio dei dialoghi
platonici, contrasta questa logica.
Nel primo libro
della Repubblica il sofista Trasimaco
sostiene che il giusto è l'utile del più forte.
Costui infatti è un altro rappresentante della filosofia di
potenza. Egli raggomitolatosi come una fiera si dirige contro Socrate come se
volesse sbranarlo (336b). Quindi afferma che il giusto non è altro che l'utile di chi è superiore: "to; divkaion oujk a[llo ti hj; to; tou'
kreivttono" suvmferon"(338c).
Socrate replica che un capo vero e
genuino non cerca il proprio utile bensì quello dei governati, e aggiunge
che l'ingiustizia genera odiosità
dovunque si insedi (351d), paralizza l'azione a causa di tumulti e discordie,
poi rende ciascuno agitato, conflittuale con se stesso e nemico dei giusti (352a).
Gli ingiusti in definitiva sono anche completamente incapaci di agire:"televw" a[dikoi televw" eijsi; kai;
pravttein ajduvnatoi"(352b),
Seneca presenta questa
"aiuola che ci fa tanto feroci"[6]
come luogo di odi, inganni, delitti e stragi più che ferine “Non alia quam in ludo gladiatorio vita
est…Ferarum iste conventus est, nisi quod illae inter se placidae sunt morsuque
similium abstinent, hi mutua laceratione satiantur" (De ira
, II, 8), la vita non è diversa da una scuola di gladiatori…questo è una
riunione di belve, se non che quelle sono miti nei rapporti reciproci e si
trattengono dal mordere i simili, questi si appagano di lacerarsi a vicenda,
Io invece e tanti altri come me, non abbiamo perso tutte
le speranze e non crediamo che ogni strada sia già chiusa alla giustizia e alla
pace.
Matteo Renzi |
Esistono infatti personaggi e pure
persone che invece di informare le loro vite
alla volontà di potenza e di prevaricazione, vivono secondo i princìpi e
i valori della lealtà, della solidarietà, della generosità. Si tratta di un
fatto morale e culturale
Pasolini, poco prima di essere
assassinato, ha scritto: "L'interpretazione
puramente pragmatica (senza Carità) delle azione umane deriva dunque in
conclusione da questa assenza di
cultura: o perlomeno da questa cultura puramente formale e pratica"[7].
Io credo che una rinascita della
cultura costituirebbe un risorgimento di questa nostra nazione prossima alla
barbarie e credo pure, con Musil, che"non
vi è profonda felicità senza morale profonda"[8].
giovanni ghiselli
Il blog http://giovannighiselli.blogspot.it/ è arrivato a 120938. Non sono solo
[1] Se Erodoto è il padre della storia senz'altro, Tucidide può essere considerato il
padre della storia politica e laica. Luciano di Samosata anzi afferma che
:" JO d j
ou\n Qoukudivdh"...ejnomoqevthse"
e si deve
scrivere la storia (42).,
Tucidide diede le leggi. Tra i moderni, Canfora dichiara che" la svolta
tucididea è valsa ad affermare l'identificazione tra storia e politica"
Luciano Canfora, Teorie e tecnica della
storiografia classica , p. 12.
[2] Tucidide, Storie V, 105, 2.
[3] Tucidide, Storie V, 105, 2.
[4] Tucidide, Storie
III, 36, 6
[5] III, 37, 2
[6] Dante, Paradiso,
XXII, 151.
[7] P.P. Pasolini, Scritti
corsari, p. 49.
[8]R. Musil, L'uomo senza qualità , p. 846.
Mi associo alle tue speranze
RispondiEliminaalessandro