venerdì 31 luglio 2015

Ifigenia taurica Tragedia di Euripide, del 414 o 413 a.C.

lezione del 3 gennaio 2014
La scena è collocata in terra barbara, nella regione dei monti Tauri, presso il tempio di Artemide decorato da teschi e ossa umane. Ifigenia ne è la sacerdotessa.
Erodoto IV 103 riferisce che i Tauri onoravano una dea cui offrivano sacrifici umani.
La prima parte racconta il riconoscimento tra i fratelli, la seconda la beffa ai danni di Toante, re del Ponto.

Prologo 1-122g
Ifigenia si presenta, poi racconta un suo sogno.
Figlia di Agamennone e Clitennestra, nipote di Atreo, bisnipote di Pelope figlio di Tantalo.  Figlia qugavthr, daughter, Tochter.
 Racconta che fu convocata in Aulide con gli inganni di Odisseo (24) che la strapparono alla madre mhtro;~ pareivlont j (25) per le nozze di Achille. paraijrevw-prendo, scelgo ai[resi~ scelta, eresia. ajfaivresi~, sottrazione di una lettera all’inizio della parola, aferesi.

 Nozze mentite. Invece, arrivata in Aulide, sollevata in alto (metarsiva lhfqei`s-lambavnw-sullabhv , sillaba ciò che è preso insieme, lh`mma, lemma, argomento, sommario)
sulla pira,  venni uccisa con la spada (ejkainovmhn xivfei, 27)`.-kaivnw, “uccido”
Ma Artemide mi sottrasse e[lafon ajntidou`sa , dando in cambio una cerva, e mi collocò in questa terra dei Tauri dove regna su barbari il barbaro Toante che pone il piede veloce come ala e giunse a questo nome podwkeiva~ cavrin (33) per la velocità dei piedi. pouv~ e wjkuv~
qevw=corro; qoov~  =veloce (cfr. bohvqeia, soccorso-boavw, grido).

La ragazza deve consacrare le vittime alla dea secondo le norme della festa (novmoisi eJorth`~, 36|) di cui soltanto il nome è bello ( tou[nom j h|~ kalo;n movnon, 36). Ifigenia si limita a dare inizio al rito consacrando le vittime, sfavgia d j a[lloisin mevlei (ajmevleia, trascuratezza neglegentia,   sprezzatura.  40), “lo sgozzamento compete ad altri”).

Il sogno di Ifigenia
Ora- continua la ragazza- voglio narrare al cielo le visioni strane (kaina; favsmata, 42) portate dalla notte. Sognai di essere ad Argo e mi parve in sogno e[dox j ejn u{pnw/ che la schiena della terra venisse scossa da un ondeggiamento (cqono;~ de; nw`ta seisqh`nai savlw/ , seivw-seismov~, sisma, sismografo 46).
Io fuggivo e da fuori vedevo cadere qrigko;n dovmwn (47-48) il fregio del palazzo e il tetto (stevgo~ e tevgo~ -tego, tectum, toga, tedesco Dach)  franare
Rimaneva in piedi movno~ stu`lo~-stilobate è il blocco che costituisce il basamento della colonna- soltanto una colonna e mi sembrava che dal capitello scendessero bionde chiome (ejk d j ejpikravnwn kovma~-xanqa;~ kaqei`nai (kaqivhmi, infinito aoristo) 52) poi prendesse voce umana.
Ifigenia allora lo aspergeva d’acqua per il sacrificio e piangeva.
La colonna secondo l’interpretazione di Ifigenia  (sumbavllw tovde, 55 cfr. suvmbolon): Oreste è morto: “stu`loi ga;r oi[kewn pai`dev~-pedagogia- eijsin a[rsene~ (59, poiché i figli maschi sono i pilastri della casa).
Quindi la sorella offrirà libagioni al fratello.
 
Rientra nel tempio Ifigenia.
 Oreste e Pilade entrano in scena.
I due si guardano intorno nel tempio e vedono segni di sacrifici.
I fregi sono biondi di sangue (75). Si vedono anche le primizie degli stranieri uccisi, le loro teste (ajkroqivniaa[kro~, il più elevato-qiv~, mucchio).  
Acrobata (che cammina sulle punte, acrocoro, altopiano tra catene montuose.

Oreste si rivolge a Febo che lo ha spinto in una nuova rete (ej~ a[rkun h[gage~, 79). Dopo che ebbe vendicato il padre, Oreste domandò come potesse giungere al termine trochlavtou maniva~ (84-85) della turbinosa follia.  Portata da ruota-trocov~ (oJ) –trevcw-dramou`mai, corro.
Apollo rispose che Oreste doveva portare ad Atene la statua di Artemide che dal cielo era caduta in quel tempio. Ora Oreste è giunto in quella terra ignota, inospitale.
Oreste poi domanda a Pilade che cosa pensi che si debba fare.
Pilade esclude la fuga. Tolmhtevon  (111), bisogna osare. Propone di entrare nel tempio di notte, passando per i vuoti compresi fra i triglifi. Così potranno trafugare l’idolo e fuggire. Oreste viene convinto tolmhtevon ( tolmavw, oso e tollero- lat. tollo, elatus elevato-poluvtla~ che molto sopporta 121),   

Parodo commatica 123-235.
Il coro è formato da schiave greche.
Ifigenia chiede il raccoglimento religioso -eujfamei`t j agli abitanti del luogo che abitano le due rupi cozzanti dell’inospite mare ( povntou dissa;~ sugcwrouvsa~-pevtra~ ajxeivnou naivonte~), le Simplegadi  126-128).-eujfhmiva è il religioso silenzio, la parola di buon augurio.
Il Coro ha lasciato le torri dell’Ellade dai bei cavalli e le mura, e l’Europa dai giardini bene alberati ( covrtwn t j eujdevndrwn, 134).
 L’Europa significa ordine
Ifigenia lamenta il fatto di giacere in lamenti dal lamento difficile, in elegie senza lira di un canto disarmonico (147), in domestici lutti.
Oreste è morto e lei, la sorella è perduta (ojlovman, 153)
La ragazza vuole versare in onore del fratello gaiva~ ejn nwvtoi~ (sul dorso della terra) e nel cratere dei morti fiotti di montane giovenche, libagioni vinose di Bacco, e la fatica delle bionde api (165) che sono di sollievo ai defunti.
Ifigenia non può portare la sua chioma bionda (xanqa;n caivtan, 174) sulla tomba del fratello che è troppo lontana.
Il Coro canta che la pena si lancia dalla pena  ( movcqo~ d j ejk movcqwn ai[ssei, 191). Dolore su dolore a causa dell’agnello d’oro, sangue su sangue, male su male. L’agnello simbolo del potere rubato da Tieste ad Atreo con la complicità della cognata Aerope
La ragazza ricorda che la condussero in Aulide nuvmfan oi[moi duvsnumfon (216)  sposa sposata male.
Latino nubo, mi marito, nubilis, sposabile,   it nubile.
 Ora abito case inamene  (duscovrtou~ oi[kou~ naivw, 219, covrto~, erba lat hortus,  case senza nozze senza figli senza città senza amici-a[gamo~ a[tekno~-a[poli~-a[filo~ (220) io che ero stata corteggiata dagli Elleni.
Cfr. Antigone di Sofocle
Adesso non canto per Era e non ricamo (oujd j poikivllous  j, 224) con la spola la figura di Atena sui garruli telai, ma irroro gli altari di sangue.
Le viene in mente ancora il fratello Oreste che crede morto.

 Primo episodio 236-391
Il Coro annuncia l’arrivo del bovaro che ha lasciato la spiaggia,
Il bouforbov~ (fevrbw, “allevo”) o boukovlo~  (pevlomai, mi trovo,  lat colo, curo) dice che sono approdati due giovani sfuggiti alle fosche Simplegadi. Potranno essere due vittime da sacrificare.
I mandriani li hanno catturati sul mare dove erano andati a lavare le vacche. Il boukovlo~  sa che uno si chiama Pilade.
Il bovaro poi racconta come i due stranieri sono stati catturati.
Uno di loro li scambiò per  dei demoni, forse uno dei due era Melicerte- Palemone, figlio di Ino-Leucotea. E’ il mito di Atamante

Ino, figlia di Cadmo e Armonia, era la seconda moglie di Atamante  dal quale ebbe due figli. La donna suscitò l’odio di Era poiché aveva allevato Dioniso, figlio di sua sorella Semele e di Zeus. La gelosissima consorte del re degli dèi spinse Atamante[1]
 a uccidere il figlio Learco, e  Ino a gettarsi nel mare, con l’altro figlio Melicerte in braccio. Quindi ella venne trasformata in una Nereide dal nome di Leucotea (cfr. Odissea, V, 333-335)  mentre il bambino divenne il piccolo dio Palemone. Dante ricorda questa versione del mito deducendola  (p. 358) dalle Metamorfosi di Ovidio ( IV, 512-542): “Nel tempo che Iunone era crucciata/per Semelè contra ‘l sangue tebano,/come mostrò una e altra[2] fiata,/Atamante divenne tanto insano,/che veggendo la moglie con due figli/andar carcata da ciascuna mano,/gridò: ‘Tendiam le reti, sì ch’io pigli/la leonessa e’ leoncini al varco’ ; /e poi distese i dispietati artigli,/prendendo l’un ch’avea nome Learco,/e rotollo e percosselo ad un sasso;/e quella s’annegò con l’altro carco”. (Inferno, 30, 1-12).
 
Un bovaro pio prega i due giovani che potrebbero essere anche i Dioscuri o dei nipoti di Nereo, il padre delle Nereidi.
Poi però  interviene un altro mavtaio~ (v. 275) insensato (mavth, follia, sciocchezza, cosa vana, mavthn, invano ), ajnomiva/ qrasuv~ , tracotante nella sua empietà.
Costui irrise alle preghiere ejgevlasen eujcai`~ (276) e disse che quei due erano marinai naufraghi seduti nel dirupo per paura della legge, sapendo che gli stranieri li offriamo in sacrificio. I più lo approvarono.
Quindi c’è una battaglia feroce tra i due Greci e i bovari indigeni.

Oreste a un certo punto impazzisce e vede le Erinni.
Ammazza dei vitelli credendo di colpire le sue persecutrici. (Cfr. l’Aiace di Sofocle).  Tanto che la distesa del mare metteva fiori di sangue (300). Allora ciascuno si armava kovclou~ fusw`n (v.303,  lat. cochlĕa, chiocciola, lumaca; fu`sa, soffio, lat pustula, bolla) soffiando nelle conchiglie per chiamare a raccolta (303). I due soccombono, ma prima Oreste torna in sé e dice: “Pulavdh, qanouvmeq j, ajll o{pw~ qanouvmeqa-kavllisq  j (321-322), moriremo Pilade, ma che si muoia  nella bellezza.
 Cfr. Aiace e Polissena dell’Ecuba
“Sfodera la spada e seguimi”. I due si battono come leoni, ma la folla dei bovari con le pietre strapparono loro le spade dalle mani.
Portati dal re Toante, vengono inviati a Ifigenia.
La ragazza parlando al Coro ricorda che in passato il suo cuore era mite sintonizzando il pianto sulla comune origine greca, ma ora, dice, sono stata inasprita da quei sogni (hjgriwvmeqa, 348- a[grio~ selvatico, ager, agricola, peregrinus, straniero).
E’ proprio vero che oiJ dustucei`~  i disgraziati che per conto loro se la passano male (aujtoi; kakw`~ pravxante~)  non sono benevoli (ouj fronou`sin eu\) verso i più disgraziati (toi`si dustucestevroi~, 351-352).
 Cfr. i polli di Renzo cercal.
Peccato aggiunge Ifigenia che non siano approdati in questa terra Elena e Menelao sui quali mi sarei vendicata dando l’Aulide di qui in cambio di quella di là (358).
I Greci mi scannarono w{ste movscon (v. 350) come una giovenca e il sacerdote del rito immondo era mio padre oJ gennhvsa~ pathvr (gennavw, gevno~,  gens, genus,  genitore, generoso 360).
l Kouros cosiddetto "Moscoforo" (= "portatore di vitello"), è una statua del 560 ca a.C., in marmo, alta 162 cm., conservata nel Museo dell’Acropoli, ad Atene.

Provai a implorare mio padre dicendogli numfeuvomai-numfeuvmat j aijscrav (364-365), mi sposo in nozze atroci, e Achille in verità è Ade, lo sposo che mi hai proposto con l’inganno in sanguinose nozze.

Io biasimo i trucchi della dea qeou` de; mevmfomai sofivsmata (380). Mw`mo~ è il dio del biasimo.

Cfr. Leopardi La scommessa di Prometeo
nell’Operetta morale La scommessa di Prometeo[3] gli uomini usano il fuoco per uccidersi e uccidere, e Momo, il vincitore della scommessa, domanda al Titano: “Avresti tu pensato, quando rubavi con tuo grandissimo pericolo il fuoco dal cielo per comunicarlo agli uomini, che questi se ne prevarrebbero, quali per cuocersi l’un l’altro nelle pignatte, quali per abbruciarsi spontaneamente?”.

Ifigenia continua a criticare l’uso dei sacrifici umani.
Se qualcuno dei mortali tocca con le mani del sangue o anche un parto (loceiva~) o un morto, la dea lo tiene lontano dagli altari, ritenendolo contaminato (musarovn, 383), aujth; de; qusivai~ h{detai brotoktovnoi~  ma lei gode dei sacrifici che uccidono gli uomini (384).
Non è possibile che Leto, la compagna di Zeus abbia partorito tanta stupidità (tosauvthn ajmaqivan, 387). Giudico non credibili (a[pista krivnw) anche i conviti di Tantalo[4] agli dèi, che questi abbiano goduto del pasto del figlio, e ritengo che la gente di qui, essendo loro assassini di uomini, attribuiscano alla dea la loro malvagità (to; fau`lon, 390).
Infatti credo che nessuno tra i numi sia cattivo ( oujdevna ga;r oi\mai daimovnwn ei\nai kakovn, 392). Cfr. Seneca
La deduzione della bontà del creato dalla bontà del creatore si trova, com’è noto, nel Timeo  di Platone : se il cosmo è bello (eij me;n dh;  kalovς ejstin o{de oJ kovsmoς) l’artefice è buono (o Jdhmiourgo;ς ajgaqovς). 
 Il demiurgo, il migliore degli autori  (a[ristoς tw'n aijtivwn), ha guardato al modello eterno (pro;ς to; ajivdion e[blepen). Sicché il cosmo è la più bella tra le cose nate (kavllistoς tw'n gegonovtwn 29a).
Amare Dio significa amare il prossimo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Libro del Levitico, 19, 18). Dio è amore. Platone consiglia l’assimilazione a Dio  (oJmoivwsiς qew'Teeteto (176b).
Dio dunque è amore ed è buono.
Lo afferma anche Seneca quando suggerisce di imitare gli dèi essendo buono : Vis deos propitiare? Bonus esto. satis illos (sc. deos) coluit quisquis imitatus est (ep. 95, 50).
Il Timeo viene riecheggiato ripetutamente da Agostino attraverso la traduzione ciceroniana. Per esempio: “hanc etiam Plato causam condendi mundi iustissimam dicit, ut a bono Deo bona opera fierent (civ. Dei, 11, 21), anche Platone afferma che la causa più giusta della creazione del mondo è che le opere buone sono fatte da un Dio buono.
Pure Seneca aveva tradotto il medesimo passo del Timeo: “ ita certe Plato ait : quae deo faciendi mundum fuit causa? Bonus est (ep. 65, 10)
 E ancora: “Quae causa est dis bene faciendi? Natura. Errat si quis illos putat nocere nolle: non possunt  (ep. 95. 49).
L’uomo che non si è allontanato da Dio dunque è buono e in questo gli assomiglia.

Agostino ricorda Platone: habemus sententiam Platonis dicentis omnes deos bonos esse (civ. Dei, 8, 13).
Toante dunque le dice: sii sacerdotessa della dea, come ti ha eletta.
Devi tornare a sacrificare gli stranieri come richiede il popolo. Io ero rimasto dalla tua gentilezza, in te vedevo l’amore di una figlia e di una sposa
 Ifigenia risponde che fraintende gli dèi missversteht i celesti die Himmlischen  -Himmel, cielo-chi li immagina sanguinari , der sie blutgierig wähnt (523) e li incolpa delle sue orrende voglie

Primo Stasimo 392-455
Sono di un azzurro cupo le vie del mare kuavneai  suvnodoi qalavssh~ (392)-cianotico di colore bluastro
Dove il volante assillo (oi\stro~ estro, oJ petovmeno~, 394-. penna, elicottero, con e{lix, spirale- fenicottero con pterovn, ala e foi`nix, rosso) fece passare la giovenca dall’Europa all’Asia.

I due prigionieri possono essere Spartani che hanno lasciato l’Eurota dalle belle acque verdeggiante di canne (to;n eu[udron donakovcloon-lipovnte~ Eujrwvtan, 399-400- dovnax, canna, clova ( attico  clovh) erba, clwrov~, giallo-verde, clorofilla pigmento verde dei vegetali necessario per la fotosintesi; cloro, gas tossico di colore verde-giallo)
 oppure hanno lasciato rjeuvmata semna; Divrka~ (401) rJevw, scorro, diarrea, logorrea, amenorrea con aj- privativo con mhvn, mese, assenza del ciclo mestruale catarro, leucorrea) le sacre correnti di Dirce, la fonte di Tebe.
 Forse i due cercavano la ricchezza ma l’intenzione per alcuni è inopportuna (gnwvma  a[kairo~), per altri invece fa centro (toi`~ d j ej~ mevson h{kei, 420).  
Lat. medium, medium , meridies, mediocris it. Mesopotamia, mesozoico tra il paleozoico-palaiov~, antico. e il cenozoico (kainov~, nuovo)

Il Coro si chiede come quei due oltrepassarono ta;~ sundromavda~ pevtra~ (422)
-drovmo~, corsa, autodromo, ippodromo, prodromo segno, indizio che precede provdromo~ chi corre davanti-
 le rupi cozzanti, e le spiagge insonni dei Fineidi (Salmidesso in Tracia) correndo sul fragore dei flutti di Anfitrite dove i cori delle Nereidi cantano in cerchio (mevlpousin ejgkuvkloi, 429 cfr. i  versi 1-3 delle Troiane) mentre il vento del sud o  Zefiro soffia verso la terra dai molti uccelli, spiaggia bianca, con la bella pista delle corse di Achille. E’ l’isola di Leuca alle foci del Danubio con un tempio di Achille. Oggi si chiama Fidonisi.
Il Coro infine auspica che arrivi Elena figlia di Leda per essere sacrificata pagando pena adeguata  (poina;~ dou`~ j ajntipavlou~, ajntiv e pavlh lotta contro  446-palestra- palaivstra, pavlaisma, lotta). Sperano poi che  venga qualcuno dalla Grecia a liberarle.

Entrano Oreste e Pilade trascinati da armigeri.

Il Coro chiede alla dea di accettare i sacrifici che le leggi nostra dichiara empi non concedendoli ai Greci  (465)

Secondo episodio 467-642   
Ifigenia chiede di slegare gli stranieri sacri alla dea. Non sa chi siano e a chi la loro morte arrecherà dolore: “pavnta ga;r ta; tw`n qew`n-ej~ ajfane;~-fenomeno ciò che appare- ejpifavneia, apparizione-diafanhv~, trasparente, diafano parzialmente trasparente-favntasma, fantasma-   e{rpei, ( lat. serpo, striscio serpens, serpente, herpes affezione cutanea che striscia e si diffonde, 476-477), tutte le cose degli dèi infatti procedono verso l’oscurità e nessuno sa nulla di certo.
Oreste non vuole dire il suo nome, poiché quello giusto sarebbe Dustuchv~ (500) Sventurato.
Non dice il nome perché Ifigenia sacrifichi solo il corpo, non il nome
Dice però di essere di Argo gloriosa, poi precisa con Micene.
Oreste biasima le lamentele di Ifigenia né vuole lamentarsi lui. Comunque si deve morire: “th;n tuvchn d j eja`n crewvn (489), bisogna lasciar fare al destino. 
Ifigenia esecra Elena (mi`so~ eij~ {Ellhna~, 525-odio per gli Elleni misantropo misoneismo (con nevo~ nuovo) che è tornata a Sparta.
Ci ho guadagnato qualche cosa anche io dalle sue nozze, dice Oreste, ironicamente.
-ajpevlausa lucrum-kajgwv dh; ti tw`n keivnh~ gavmwn (526).
Poi aggiunge che Calcante è morto a Micene.  Ifigenia ne è contenta wJ~ eu\ (533).
Odisseo è vivo ma non è arrivato a Itaca. o[loito, possa morire dice Ifigenia e non torni più.
E Oreste: mhde;n kateuvcou, non c’è bisogno di imprecare: panvta tajkeivnou nosei` ( nosofobia 536), tutto gli va male.
Il figlio di Tetide, la Nereide, Achille, è morto
Ifigenia dice di essere greca. Agamennone è morto deinw`~ -dirus dinosauro, -deinov~ e sau`ro~, lucertola-sfageiv~ scannato atrocemente ejk gunaikov~ (552).
Ifigenia continua a fare domande e Oreste a rispondere.  Clitennestra fu uccisa dal figlio.
Ifigenia dice w\ suntaracqei;~ oi\ko~ (557), o casa sconvolta. Atarassia, imperturbabilità.
Oreste dice che il matricida volle fare giustizia, e Ifigenia commenta che ha fatto kako;n divkaion (559), una giustizia cattiva-ossimoro-.
Poi c’e Elettra, mentre di Ifigenia si dice che sia morta. E Oreste dice di se stesso che vive da disgraziato koujdamou` kai; pantacou` (568) in nessun luogo e dappertutto. Gli manca l’identita politica, della polis.
Ifigenia allora fa: “ yeudei`~  o[neiroi   caivret j   ( onirico 569), sogni menzogneri addio, e Oreste replica che neppure gli dèi chiamati saggi sono meno menzogneri dei sogni e che c’è polu;~ taragmov~  grande confusione tra le cose divine e quelle umane. Ma lui-Oreste parla di sé- si è rovinato dando retta alle parole degli indovini.
Ifigenia chiede a Oreste di portare un messaggio ai suoi cari. Tu non mi sembri dusgenhv~ (591) cfr. eugenio di bassa stirpe. Ti regalo la salvezza  kouvfwn e{kati grammavtwn (594), per leggère lettere che furono scritte da un prigioniero il quale provò compassione per la sacerdotessa avendo compreso che omicida non era la sua mano ma la legge dei Tauri.
Oreste accetta purché venga mandato Pilade ad Argo. La vita dell’amico gli sta a cuore non meno della propria.
Ifigenia dice w\ lh`m j a[riston (609), o anima mobilissima, sei nato da una radice nobile-ajp j eujgenou`~  rJivzh~ pevfuka~ (611) radix, root, Wurzel      
Vorrei che mio fratello fosse come te!
Dice che lo accontenterà. Il sacrificio dovrà eseguirlo lei poiché lo impone la necessità h{n fulaktevon ( 620) che si deve rispettare. Profilassi, profilattico

Lei non deve proprio sgozzare, ma aspergere di acqua lustrale la chioma della vittima
Ifigenia promette di trattare bene il cadavere arso: “spengerò il tuo cadavere con biondo olio (633) e getterò nella tua pira lo splendore della bionda ape montana che stilla dai fiori” (635).
Pilade non vuole salvarsi senza Oreste: sarebbe aijscrovn (674). Potrebbero dire addirittura che lui ha ordito la morte dell’amico per impadronirsi del regno sposando la sorella, Elettra. aijscrologiva, l’oscenità.
Oreste insiste: vuole dei discendenti dalla sorella e dall’amico cui chiede di non tradire mai Elettra : “kai; mh; prodw`/~ mou th;n kasignhvthn potev (706). proditor Poi lo saluta come fivltaton fivlwn (708), mentre oJ Foi`bo~ mavnti~ lo ha ingannato.-mantica-
Pilade promette di non tradire Elettra, poi dà una speranza a Oreste: è l’eccesso di  sventura (livan duspraxiva) che dà rivolgimenti eccezionali   (didou`sa livan metabolav~ (721-722). –prassi-do, dose-dote

Entra Ifigenia con i servi, li congeda e mostra ai due Greci  il plico della lettera (devltou) di molte tavolette.  Quindi chiede un giuramento (o[mnu, 743): di consegnarla. Lei giura per Artemide di salvare Pilade. Ma se la nave affonda, dice Pilade e io mi salvo? Ifigenia allora dice che la leggerà.
Così la ragazza dice che la lettera è per Oreste e che lei è Ifigenia, non morta come si crede ma viva. Chiede al fratello che crede lontano, al consanguineo,  (w\ suvnaime,-ematico-emorragia-anemia 774) di portarla via da quella terra barbara e dagli sgozzamenti per la dea. Altrimenti diventerà soi`~ ajraiva dwvmasin (778) la maledizione per la tua casa e ripete il nome di Oreste.
Artemide la salvò e[lafon ajntidou`sa mou (783) mettendo una cerva al posto mio.
Oreste si muove per abbracciare la sorella che arretra  e la Corifea dice che non deve toccare e profanare la sacerdotessa. Ifigenia è diffidente, come Penelope nell’Odissea.
Oreste dà alcune prove della sua identità: definitiva è l’antica lancia di Pelope usata per uccidere Enomao e sposare Ippodamia parqevnon Pisavtida, la vergine Pisatide (824), la lancia che stava nascosta nella stanza di Ifigenia.
 
827-899 Commo in metri docmiaci e trimetri giambici
I due fratelli si felicitano a vicenda non senza piangere le passate sventure.
Ifigenia ricorda Micene Kuklwpi;~ eJstiva, Vesta, vestalis, vestale, il focolare ciclopico (845)  e manifesta gratitudine al luogo cavrin e[cw per la vita zova~ -ilozoismo concezione per cui u{lh, la materia, è animata- e per averla fatta crescere trofa`~ (847) e perché ha fatto crescere questo consanguineo luce per la casa.
Oreste replica che quanto al gevno~ loro sono fortunati eujtucou`men, ma, negli eventi, la loro vita è stata sfortunata dustuch;~ e[fu bivo~ (851-852)-

Ifigenia rievoca il proprio sacrificio poi si chiede come faranno a fuggire. Si deve trovare un varco ignoto.

900-1088 IV Episodio
Pilade li esorta a non perdere tempo ma a prendere il kairovn (908).
Non bisogna fallirlo (cfr. Contro i sofisti di Isocrate) L’occasione è calva di dietro.
Oreste replica che il destino li aiuterà: se uno è volonteroso (provqumo~ ) è verosimile che il dio ci metta una forza maggiore ( h]n de; ti~ provqumo~ h\/, sqevnein to; qei`on ma`llon eijkovtw~ e[cei, 910-911).
Oreste poi presenta Pilade come fidanzato di Elettra e loro cugino di primo grado (ajnevyio~. 919 cfr. lat. nepos). Pilade era figlio di Strofio focese e di Anassibia, figlia di Atreo, sorella di Agamennone.
Sull’adulterio di Clitennestra e il proprio matricidio Oreste preferisce tacere sigw`men aujtav (925)... sigw` (928). Tedesco schweigen, tacere.
 Lo zio qei`o~, Menelao ha il potere in Argo poiché le Erinni hanno cacciato via Oreste.
Gli hanno messo un morso che lo fa sanguinare (aiJmathra; stovmi jj , 935)-stovma, stomatite, tedesco Stimme, voce.
Poi Oreste racconta la propria storia. Dopo il matricidio, le Erinni lo braccavano e Apollo lo spinse ad Atene per farlo processare. Lì c’è oJsiva yh`fo~ ( voto  da piccola pietra con cui si vota, yavmmo~ è sabbia, psammoterapia cura mediante applicazione di sabbia calda 945) un santo tribunale, istituito da Zeus per processare Ares che aveva ucciso Alirrozio figlio di Poseidone il quale aveva usato violenza ad Alcippe figlia di Ares. Di qui il nome  oJ    [Areio~ pavgo~-rupe- del  tribunale.  
Giunto ad Atene, Oreste non venne accolto volentieri in quanto qeoi`~ stugouvmenon (948) in odio agli dèi-
lo Stige Stuvx, odioso. Kwkuvw, gemo Coito.-flevgw, brucio Flegetonte. Flogosi infiammazione-flovx, fiamma.
 Gli Ateniesi provarono aijdw` (949) rispetto, tuttavia gli davano cibi ospitali in una mensa separata  (xevnia monotravpezav moi-parevscon (949-950-travpeza, tevtra+ pouv~- pes, impeditus, expeditus, piede foot e Fub ) e con il loro silenzio resero me silenzioso (951).
Oreste soffriva in silenzio. Gli è giunta voce che le sue sventure sono diventate un rito per gli Ateniesi (tajma; dustuch``-teleth;n genevsqai 959) e rimane ancora l’usanza che il popolo di Pallade celebra il vaso contenente un congio (3litri, 383) per la festa dei Boccali, nel secondo giorno della festività delle Antesterie (febbraio/marzo).
Dunque ci fu il processo: la più anziana delle Erinni lo accusò, Apollo lo difese e Atena contò voti pari con il suo braccio: i[sa~ dev moi-yhvfou~ dihrivqmhse Pallav~ wjlevnh/ (967)-
ajriqmevw, conto. isobara isoipsa (stessa altezza) isoscele, triangolo con due lati (skevlo~) uguali).
 Così fu assolto. Alcune Erinni accettarono la sentenza e decisero di abitare un santuario presso il tribunale (una grotta sacra ai piedi dell’Areopago). Altre rifiutarono il verdetto e ripresero a braccare Oreste che tornò a Delfi. Si distese digiuno- nh`sti~ bora`~, nh-e[dw, edo to eat, essen,    davanti al sacrario (974) giurando che si sarebbe ucciso se il dio non lo avesse aiutato. Apollo parlò e gli disse di andare in Tauride per trafugare il simulacro e portarlo ad Atene. Ma come faremo?
La corifea nota la deinh; ojrgh; daimovnwn l’ira divina traboccata sul seme di Tantalo  (987)-orgia, orgasmo-
Ora però Ifigenia vuole raddrizzare la casa paterna patrw`ion ojrqw`sai (993)-ortodosso-ortografia- Se riusciremo nel nostro intento allora to; kinduvneuma givgnetai kalovn (1001) il rischio diventa bello. Cfr. Platone che nel Fedone scrive kalo;~ ga;r oJ kuvndino~ (114d) bello è il rischio di credere nell’immortalità dell’anima e bisogna fare tali incantesimi a se stesso.
 

Se dovesse andare storto, dice Ifigenia, sarà lei a sacrificarsi, poiché la morte di una donna è di poca importanza (ta; de; gunaiko;~ ajsqenh` 1006), mentre l’uomo morto tutti lo rimpiangono.-astenia-nevrastenia debolezza di nervi neu`ron)
Oreste dice che non può uccidere anche la sorella per la propria salvezza: a{li~ to; keivnh~ ai\ma (1008) basta il sangue della madre.
Ifigenia dice di avere un piano. E Oreste fa: “deinai; ga;r aiJ gunai`ke~ euJrivskein tevcna~ (1032)-euristica ricerca di fonti e documenti.  le donne sono tremende nell’escogitare astuzie.
Ifigenia dirà che il matricida è impuro e non può essere sacrificato, ma va lavato nel mare e che il simulacro toccato da Oreste va immerso nell’acqua marina. Anche Pilade è infetto di sangue e va purificato.
Oreste chiede alla sorella di convincere le coreute a non denunciarli: “e[cei toi duvnamin eij~ oi\kton gunhv,-dinamico- la donna è brava a impietosire (1054).
Ifigenia chiede la solidarietà naturale delle donne gunai`kev~ ejsmen, filovfron ajllhvlai~ gevno~ (1061), siamo donne, una razza di creature reciprocamente benevole. E’ bella cosa che uno abbia una glw`ssa pisthv (1064).-glottologia-  Non devono parlare.
La corifea dice qavrsei (1075) kai swvzou movnon pensa solo a salvarti. pavnta sighqhvsetai (1076).
Ifigenia chiede aiuto alla dea la povtnia ( potis, potente, 1082) che l’ha salvata ejk patroktovnou cerov~, dalla mano omicida del padre. Altrimenti, per causa tua la bocca di Febo (to; Lovxion stovma non sarà più veritiera  (ejthvtumon) per i mortali-etimologia-ejx-etavzw, esamino.
Esci propizia da questa regione di barbari ( ajll j eujmenh;~ e[kbhqi barbavrou cqonov~, 1086 ctonio sotterraneo)  e insediati ad Atene: non ti  si addice (ouj prevpei) abitare qui parovn soi povlin e[cein eujdaivmona (1089) quando ti è possibile avere una città felice

Secondo stasimo 1089-1152
Le ragazze del coro paragonano i loro singhiozzi a quelli di Alcione che fu trasformata in uccello quando spiccò un salto per raggiungere nel mare lo sposo Ceice annegato (cfr. Ovidio, Metamorfosi, XI, 734-735).
Superis miserantibus, ambo alite mutantur, l’amore rimase legato anche allora al medesimo destino, nec coniugale solutum foedus in alitibus: coeunt fiuntque parentes e per sette giorni tranquilli d’inverno incubat Alcione pendentibus aequore nidis. Tunc iacet unda maris: ventos custōdit  et arcet Aeolus (741 ss.)
Il coro è a[ptero~ o[rni~ (1095)-pterovn, tov, fenicottero, elicottero- un uccello senza ali.  Sono prigioniere nella barbara contrada dove “servo la ragazza ministra della dea cervicida ( e[nqa ta`~ ejlafoktovnou-qea`~ ajmfivpolon kovran-latreuvw, 1115 idolatria) e altari dove non si sacrificano pecore (bwmouv~ t j ouj mhloquvta~ -1116- mh`lon e quvw).
Invidio l’infelice cronico: Metabavllein dusdaimoniva (1120) cambiare stato è sventura desdemona. To; de; met j eujtucivan kakou`sqai qnatoi`~ baru;~ aijwvn (  gravis-baritono, baricentro, barometro, isobara 1121-1122-aevum, aetas, tedesco ewig, eterno), passarsela male dopo la buona fortuna è per i mortali vicenda grave (1122).

Te signora una pentecontere argiva (penthvkonta, ejrevssw, remo pentecoste 49 giorni dopo Pasqua quando lo spirito santo scese sugli Apostoli)   jargeiva penthkovntero~ riporterà a casa. I remi batteranno il mare al suono dello zufolo (su`rigx)  la cerata canna di Pan montano ( surivzwn  q j oJ khrovdeto~-Pano;~ oujreivou kavlamo~, 1127 tedesco halm, gambo, stelo) e Febo oJ mavnti~ cantando con il suono della lira eptacorde ti porterà sul  suolo opulento degli Ateniesi.
Anche loro vorrebbero andarsene: tornare dove  era una vergine attesa a nozze gloriose.
 
Quinto episodio 1153-1233
Toante, Coro, Ifigenia
Toante chiede della gunh; eJllhniv~ la donna ellenica hJ pulwro;~ tw`nde dwmavtwn, custode di queste porte (puvlh-Termopili, porte calde-propilèo, propuvlaio~,  portico d’accesso a un complesso monumentale).
Compare Ifigenia con la statua della dea tra le braccia (qea`~ a[galm j ejn wjlevnai~ (1158 cfr. lat. ulna-ae, ulna- osso del gomito e anche braccio-).
Ifigenia sputa ajpevptus j  ajpoptuvw, ho sputato ptuvw,  lat. spuo- spuis-sputum spuere. Lo dico per la santità. Le vittime catturate per il mio sacrificio non sono pure-ouj kaqara; moi ta; quvmat-catarsi, Caterina   (1163).
Toante domanda se sia solo una dovxa, un’opinione della sacerdotessa.
La statua della dea si è girata indietro dal suo piedistallo (pavlin e{dra~ ajpestravfh, 1165 cfr. katastrevfw, abbatto,  catastrofe.) sedes, cattedra, to sit, sitzen, sedersi.
Toante chiede se la statua si è mossa da sola aujtovmaton o è stato un seismov~ (1166).
Da sola e ha pure chiuso gli occhi.
I due hanno commesso un matricidio.
Toante dà della sofhv a Ifigenia che ha scoperto l’impurità dei due (1180)
Hanno gettato un devlear hJduv (1181), un’esca dolce nel mio cuore dicendo che il fratello è vivo. E anche che Agamennone vive felice.
Ifigenia dice di odiare la Grecia intera e aggiunge che il mare purga (kluvzei, cfr. clistere) tutte le schifezze degli uomini 1193.
Bisogna lavare anche l’idolo
Ifigenia simula paura che scappino e diffidenza: “pisto;n   JElla;~ oi\den oujdevn (1204), la Grecia non conosce la fedeltà. Cfr. Lisandro in Plutarco e Machiavelli
Lisandro  concluse la guerra del Peloponneso sconfiggendo gli Ateniesi: egli se la rideva di quanti stimavano che i discendenti di Eracle dovessero sdegnare di vincere con il tradimento, e raccomandava sempre:" o{pou ga;r hJ leonth' mh; ejfiknei'tai prosraptevon ejkei' th;n ajlwpekhvn" dove di fatto non giunge la pelle del leone, bisogna cucirle sopra quella della volpe" (Plutarco, Vita di Lisandro, 7, 6). La perfidia plus quam punica[5] di Annibale e quella italica di Machiavelli[6] hanno avuto dei maestri negli Elleni.
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Inoltre nessuno dovrà uscire di casa poiché l’idolo infetterebbe tutti
Toante ammira lo scrupolo e la cura di Ifigenia.
Toante dovrà coprirsi gli occhi e non preoccuparsi se ritarderanno.
Ifigenia intima a tutti di allontanarsi dal miasma (1226) ejkpodw;n dj aujdw` polivtai~ tou`d j e[cein miavsmato~ (1226) dico ad alta voce ai cittadini di tenersi lontani da questa contaminazione

Terzo Stasimo 1234-1283
Il Coro canta i gemelli di Latona, Artemide che brilla di gioia per l’infallibile tiro del suo arco ejpi; tovxwn eujstociva/ gavnutai (1239 gavno~ splendore) e Apollo sapiente nella cetra. La madre portava il figlio dalla dorsale marina, lasciando il luogo famoso del parto l’isola di Delo, alla vetta del Parnaso Parnavsion korufavn (1244, kovru~, elmo, corifeo capocoro) di acque incessanti  dove si baccheggia in onore di Dioniso.
Dove il drago dal dorso maculato colore del vino, fosco, –poikilovnwto~ oijnwpo;~ dravkwn. 1245 coperto dei riflessi dell’alloro ombroso pieno di foglie, mostro smisurato, figlio della terra, custodiva l’oracolo terrestre.
E tu fanciullo che ancora balzavi tra le braccia della madre lo uccidesti e[kane~- da kaivnw cfr. kteivnw.  Cfr. hJJ Puqwv e puvqw, faccio imputridire, puvqomai, imputridisco..
Ma diverso è kainov~, nuovo. In italiano ceno-zoico era della vita recente con i primi mammiferi
Allora salisti sull’oracolo santissimo e siedi sul tripode d’oro, sul trono veridico, distribuendo i responsi ai mortali dal santuario, vicino alle correnti della Castalìa, avendo come sede il centro della terra.
Quando poi Apollo ebbe scacciato Temi figlia di Gea dal divino oracolo di Pito, la Terra generò notturni fantasmi di sogni (1262) i quali svelavano il passato e il futuro durante gli oscuri letti della terra; così Gea tolse a Febo l’onore delle profezie per vendicare la figlia.
Apollo allora andò a pregare Zeus perché stornasse dal tempio pitico l’ira tellurica della dea (cqonivan ajfelei`n mh`nin, 1273).
Zeus sorrise e scosse la chioma- e[seisen kovman (1276) in segno di assenso. Tolse ai mortali la verità notturna e restituì onore al Lossia e diede fiducia ai responsi oracolari.
 
Esodo 1284-1499.
Un messo viene ad annunciare la fuga dei giovani e il furto dell’idolo.
Le donne, dice, sono una razza infida- a[piston gunaikei`on gevno~ (1298).  Pivsti~, fides, foedus, Cfr. Agamennone nella Nevkuia.

Già Omero nell'XI dell'Odissea  aveva fatto dire  ad Agamennone, finito nell'Ade dopo essere stato trucidato dalla moglie:" oujk aijnovteron kai; kuvnteron a[llo gunaikov~” (v. 427). L’Atride racconta come venne massacrato con i compagni: come si uccide un bue alla greppia (v. 411). Quindi consiglia a Odisseo di approdare di nascosto: Penelope è saggia, ma non si sa mai: “  ejpei; oujkevti pista; gunaixivn" (v. 456),  poiché non c'è più credibilità per le donne
La maldicenza letteraria, nata dalla malevolenza,  nei confronti di questo "popolo nemico", diviene sistematica con Esiodo che  nelle Opere   afferma : chi si fida di una donna, si fida dei ladri (v. 375).   Quindi  procede fino ai giorni nostri.

Esce dal tempio Toante. E’ sdegnato per il chiasso. Il messo gli dice che le purificazioni erano ingannevoli dovlia d j h\n kaqavrmata (1316)-doloso, catarsi.
Racconta che Ifigenia si era appartata con i due per purificarli con la statua. Per avere l’aria di fare cosa importante gridò e cantava barbare cantilene da incantatrice (ajnwlovluxe kai; kath`/de barbara-mevlh magevous j , 1337-8) come se stesse lavando quelle macchie. Lui e gli altri pensavano che fosse proibito guardare e rimasero in disparte, ma poi videro cinquanta marinai pronti a remare e i due giovani ritti sulla poppa.
Segue una lotta a base di cazzotti (pugmaiv, 1368)  e calci (kw`l j (a) lanciati ej~ pleura; kai; pro;~ h\par (1370) ai fianchi e al fegato-pleura membrana che riveste i polmoni. I Tauri fuggirono su un’altura da dove tiravano pietre. Ma gli arcieri (toxovtai) li tenevano a distanza dalla nave. Oreste si prese la sorella sulle spalle, entrò in acqua e salì sulla nave. Poi diede l’ordine: “prendete il remo, e fate biancheggiare il i flutti (lavbesqe kwvph~, rJovqiav tj ejkleukaivnete, 1287) lux, luna, leucemia, troppi globuli bianchi. light, Licht, luire. Lambavnw con l’accusativo o il genitivo della parte.

Ma un vento furioso respingeva la nave verso il porto.
Allora ritta in piedi (staqei`sa, v. 139, statua, status, sto, statio, stabilis, stavsi~  stabilità ma anche guerra civile, estasi, essere fuori di sé, ejk-stavsi~, evasione mentale) Ifigenia pregò la figlia di Latona.
“Perdona il mio furto e credi che io amo mio fratello come tu ami il tuo”.
Forma di assimilazione a dio come raccomanderà Socrate nel Teeteto  (176b):  Socrate la chiama oJmoivwsi~ qew`/ , un farsi simile a dio. Questa oJmoivwsi~  è una fuga (fughv) dal mondo il cui effetto è  divenire giusto e pio con sapienza (176B).

Ma la corrente li sta spingendo a riva poiché l’augusto Poseidone che proteggeva Troia è avverso ai Pelopidi semno;~ Poseidw`n, Pelopivdai~ ejnantivo~ (1415 ejn-antivo~, contrapposto, answer, risposta, Antwort, risposta.).
Toante muove l’esercito contro i fuggiaschi e minaccia le complici (i[stora~, 1431) ragazze del coro che conosce oi\da, so ei\don vidi da oJravw. iJstoriva, indagine, ijdeva, forma, lat. video.

Ma appare in alto Atena ex machina.
Dice a Toante che deve fermarsi.
A Oreste ordina di procedere. Deve andare ad Atene la città costruita dagli dèi  jAqhvna~ ta;~ qeodmhvtou~ (qeov~ e devmw, costruisco, cfr. dovmo~, domus, duomo, domina, donna 1449).
Poi devi collocare un tempio in un luogo agli estremi confini dell’Attica, si chiama Ale ed è di fronte alla rupe di Caristo, in Eubea. Qui poserai il simulacro. E gli uomini invocheranno Artemide come la dea Tauropola-Tauropovlon qeavn -(1457) domatrice di tori oppure venerata in Tauride.

Ifigenia invece terrà le chiavi del tempio di Artemide nelle sacre praterie di Brauron (1463) a sud di Ale. Lì morirà e sarà sepolta la figlia di Agamennone. “Riceverai ornamento dei pepli e i tessuti che le donne morte di parto lasciano nelle loro case” ujfav~, a{~ a]n gunai`ke~ ejn tovkoi~ yucorragei`~-lipw`s j ejn oi[koi~ (1466)- uJfaivnw, tesso , yuchv e rJJhvgnumi , rJhvxi~, frattura
A Toante, Atena ordina anche di lasciare libere le donne del coro.
A Oreste ricorda che l’ha salvato con la parità dei voti e aggiunge che rimarrà la regola per cui verrà assolto chi riporterà parità di voti.
A Toante aggiunge su; mh; qumou`, Qova~ (1474) non arrabbiarti. Ciclotimico chi alterna euforia a depressione

Toante obbedisce poiché chi non dà retta agli dèi oujk ojrqw`~ fronei` (1476). Non si adira con i due fratelli, anzi augura loro buona fortuna.
Libererà anche le donne del coro.
Atena lo approva e sentenzia che to; crew;n sou` te kai; qew`n kratei` (1486), il fato domina non solo te ma gli stessi dei. La dea viaggerà con i Greci scortando il simulacro della sorella.
La Corifea dice che obbediranno ad Atena. Infatti la sua voce è stata piacevole e insperata (1497)
Giovanni Ghiselli
note:

[1] “Atamante era re di Orcomeno in Beozia. Le sue fosche vicende familiari furono un soggetto prediletto dai tragici. Eschilo compose un Atamante (frr. 1-4 a Radt) di cui non si sa in pratica nulla; Euripide un Frisso (frr. 819-838 Nauck-Snell) e una Ino…Sofocle scrisse due tragedie intitolate Atamante (frr. 1-10 Radt) e un Frisso (frr. 721-723 a Radt)”. G. Guidorizzi (a cura di), Igino, Miti, p. 184.
[2] Aveva provocato l’incenerimento di Semele.
[3] Del 1824.
[4] Cfr. Pindaro, Olimpica I, 35-53.
[5] Tito Livio, XXI, 4.
[6] Nel XVIII capitolo di Il Principe Machiavelli ricorda  "come Achille e molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto la sua disciplina li costudissi". E ne deduce:"Il che non vuol dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia et uno mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l'una e l'altra natura; e l'una sanza l'altra non è durabile. Sendo dunque uno principe necessitato sapere usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il lione; perché il lione non si difende da' lacci, la golpe non si difende da' lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e' lacci, e lione a sbigottire e' lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, per tanto, uno signore prudente né debbe osservare la fede, quando tale osservanzia li torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere".

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