Il cinema è la
sintesi di tutte le arti. Fellini (Satyricon),
Manoel de Oliveira (Un film parlato),
Pasolini
I film d'autore tratti dalle opere letterarie d'autore
costituiscono un ottimo sussidio didattico.
Federico Fellini, che ha tratto un film (1969) dal Satyricon
di Petronio, indica in un suo scritto la motivazione che può avere avuto per
questo lavoro, un'indicazione utile per l'insegnante che deve motivare lo
studente: "Potrei dire che la Roma della decadenza rassomiglia molto al
nostro mondo d'oggi, con questa smania buia di godere la vita, la stessa
violenza, la stessa vacanza di princìpi, la stessa disperazione, la stessa
fatuità. Potrei dire che gli eroi del Satyricon, Encolpio e Ascilto, rassomigliano
molto agli hippies, come loro ubbidiscono unicamente al proprio corpo, cercano
una nuova dimensione nella droga, rifiutano i problemi. Potrei dirlo, e magari
rischierei di avere ragione. Ma tutte queste spiegazioni più o meno convincenti,
in fondo contano poco. L'importante è che nel fare questo film mi riscopro
dentro un piacere, un fervore gioioso che temevo perduti. Mi pare di sentire
che la mia voglia di fare cinema non si è esaurita"[1].
"Il cinema è cultura, è arte e anzi una sintesi di
tutte le arti" ha detto Manoel de Oliveira dopo l'uscita (primavera 2004) di
Un film parlato, un film sulla civiltà europea, parlato in cinque lingue
europee: il greco, l'italiano, il portoghese, il francese e l'inglese.
Pasolini ha utilizzato Masaccio per Accattone; e per La ricotta
i colori di Pontormo e di Rosso Fiorentino. In Accattone del resto “il piano in cui Stella viene rappresentata in
mezzo a un mucchio di bottiglie, è là come un omaggio privato a Morandi”[2].
“In Accattone si trova un solo elemento figurativo: Masaccio, forse
sotto sotto Giotto e anche la scultura romanica; nel Vangelo si incontrano fonti diverse: Piero della Francesca (negli
abiti dei farisei), la pittura bizantina (il viso del Cristo simile a quelli di
Rouault[3])
eccetera”.
“Accattone, per quanto la cosa non
sia direttamente visibile, ha la nudità, l’austerità di Masaccio o della
scultura romanica. Nel Vangelo
l’amalgama è più complesso: la pittura del Rinascimento viene accostata alla
pittura moderna (Rouault, per esempio, attraverso il viso di Cristo). Piero
della Francesca mi ha ispirato un certo numero di elementi stilistici, per le
cuffie e i costumi dei farisei…E poi c’è sullo sfondo Giotto, la pittura
romanica. L’amalgama non significa per questo che l’insieme sia sprovvisto di
unità. L’unità stilistica, l’unità ciè delle diverse tecniche, è cementata da
questa ossessione patetica che mi è propria…L’unità si è fatta quasi a mia
insaputa”[4].
In Accattone
il regista ha usato musiche di Bach; in Mamma
Roma quelle di Vivaldi.
Il cinema buono va raccomandato ai giovani anche perché è uno
dei pochi strumenti formativi, forse “l’unico a non essere totalmente come la
radio e la televisione nelle mani dello Stato”[5].
Il romanzo d’autore, come
il cinema, “significa”. La scuola della scoperta di sé
Per quanto riguarda la connessione tra la letteratura e il
cinema sentiamo E. Morin: "anche il romanzo così come il cinema ci offrono
ciò che è invisibile alle scienze umane. Esse occultano o dissolvono i
caratteri esistenziali, soggettivi, affettivi, dell'essere umano, che vive le
sue passioni, i suoi amori, i suoi odii, i suoi coinvolgimenti, i suoi deliri, le
sue gioie, le sue infelicità, con fortuna, sfortuna, imbrogli, tradimenti, casi,
destino, fatalità. Sono il romanzo e il cinema a farci vedere la relazione
dell'essere umano con gli altri, con la società, con il mondo… E il miracolo di
un grande romanzo, come di un grande film, è che immergendosi nella singolarità
dei destini, localizzati nel tempo e nello spazio, rivela l'universalità della
condizione umana. Così, il ritratto di un uomo di mondo, nel ristretto
perimetro del quartiere Saint-Germain, diviene, nel romanzo À la recherche
du temps perdu, un microcosmo della profondità della condizione umana…La
complessità delle relazioni del soggetto con gli altri, le instabilità dell'
"io" sono state mostrate con forza da Dostoevskij"[6].
Attraverso questi autori il giovane acquista strumenti per scandagliare le
profondità della sua anima: "Scuola della scoperta di sé, in cui
l'adolescente può riconoscere la sua vita soggettiva attraverso quella dei
personaggi di romanzi o di film… E' spesso caratteristico di queste opere…ciò
che con parole straordinarie Eraclito dice della Pizia di Delfi: "Non
afferma, non nasconde, ma suggerisce". Com'è bello favorire tali
scoperte!"[7].
Se si fa questa citazione, anche in un ginnasio, è possibile, ed è meglio, usare
direttamente il testo greco: "oJ a[nax,
ou| to; mantei'ovn ejsti to; ejn Delfoi'", ou[te levgei ou[te kruvptei
ajlla; shmaivnei", il signore di cui c'è l'oracolo a Delfi, non
dice e non nasconde ma significa. Con questo frammento[8]
si possono indicare parole chiave, un concetto chiave e si può parlare
dell'ombelico del mondo.
Questo shmaivnei eracliteo dà occasione per aprire un discorso sulla
"dimensione infinita della significazione"[9]
con riguardo agli innumerevoli echi e ai rinvii che un testo può suscitare.
Per quanto riguarda la scoperta di sé, c'è un altro frammento
di Eraclito che ne individua il procedimento: " ejdizhsavmhn ejmewutovn" (126 Diano), ho indagato me
stesso.
Anche l’aspetto di
noi insegnanti trasmette significati. Il giovane Törless e Hanno Buddenbrook. Le
Nuvole di Aristofane
Il significato dei nostri studi deve restare impresso
persino nell'aspetto di noi insegnanti se non vogliamo essere rifiutati, quindi
rimanere inascoltati e disprezzati dagli studenti. A tale proposito sentiamo ancora
Musil il cui Törless spinto “da una curiosità un po’ diffidente” va a trovare
il giovane professore di matemaica. Il suo “scopo principale non era tanto di
ottenere chiarimenti-segretamente già ne dubitava- quanto i poter gettare uno
sguardo, per così dire, al di là del maestro e del suo quotidiano concubinato
con la matematica…Senza volerlo Törless si sentì ancora più ributtato dalle
proprie osservazioni; non riusciva più a sperare che quell'uomo fosse davvero
in possesso di una conoscenza significativa, giacché non se ne vedeva traccia
nella sua persona né nel suo ambiente. Ben diversa si era figurata la stanza di
un matematico, in qualche modo espressiva dei pensieri terribili che vi
prendevano forma. Il triviale lo offendeva: lo estese alla matematica e il suo
rispetto cedette il posto a una diffidenza riluttante[10]".
Sentiamo anche le impressioni del giovinetto Hanno
Buddenbrook di T. Mann: "i maestri supplenti o tirocinanti che lo
istruivano in quelle prime classi, dei quali sentiva l'inferiorità sociale, la
depressione spirituale e la poca cura dell'esteriorità fisica, gli ispiravano, oltre
il timore della punizione, un segreto disprezzo"[11].
Tonio Kröger si sentiva diverso dai bravi scolari e di
solida mediocrità, (Die guten Schüler und
die von solider Mittelmäbigkeit), quelli che non trovano ridicoli gli
insegnanti “ (Sie finden die Lehrer nicht komisch) ”[12],
(p. 74).
Aristofane fa dire a Strepsiade che nessuno degli uomini del
pensatoio di Socrate per economia si è mai fatto tagliare i capelli o si è unto
il corpo o è andato nel bagno a lavarsi: "oujd
j eij" balanei'on h\lqe lousovmeno"" (Nuvole[13],
v. 837). Il Coro degli Uccelli [14]
più specificamente qualifica Socrate come a[louto"
(v. 1553), non lavato.
[1] F. Fellini, Fare un film,
p. 105.
[2]
P. P. Pasolini, Saggi sulla politica e
sulla società, p. 1519.
[3] Op. cit, p. 1338.. Rouault è il maggior pittore di
arte sacra del Novecento n. d. r.
[4]
Op. cit., p. 1519.
[5]
P. P. Pasolini, Le belle bandiere, p.
95.
[6] La testa ben fatta, p. 41.
[7] E. Morin, La testa ben fatta,
p. 47.
[8] 120 Diano.
[9] Già citata da F. Frasnedi., p. 29.
[10]
R. Musil, I turbamenti del giovane Törless, (del 1906) pp. 110- 111.
[11]
T. Mann, I Buddenbrook (del 1901), p. 330.
[12]
Tonio Kröger, p. 74.
[13]
Del 423 a. C.
[14]
Del
414 a. C.
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