Gustav Klimt, Pallade Atena |
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All’inizio del Terzo
Episodio (vv. 566-777) si apre il processo davanti ai giudici dell’Areopago.
Imputato è il
matricida, Apollo il difensore, le Erinni accusatrici. Atena presiede il
tribunale da lei stessa istituito. Un
presidente non imparziale a dire il vero.
Febo, dopo avere
affermato che ha già purificato Oreste (v.578),
si prende la responsabilità del matricidio (v.580).
La divinità delfica
è interpretata in maniera molto diversa da Euripide che la rappresenta capace
di abbandonare non solo i suoi protetti, ma anche il figlio Ione avuto da Creusa, come vedremo.
Atena dà la parola
all'accusa per prima. Le Erinni procedono facendo domande all'imputato il quale
non nega di avere ammazzato la madre (v.588); anzi afferma di averle tagliato
la gola (v.592). Così rivendica dignità al suo delitto, come abbiamo notato in
Prometeo, e anzi cerca di santificarlo indicando Apollo quale mandante e
testimone (v. 594).
“Abbastanza spesso
il delinquente non è all’altezza della sua azione: egli la minimizza e la
calunnia”[1].
Proust pensando a
Edipo e Oreste considerò l’uccisione dei genitori un delitto di dignità
mitologica, e in qualche modo accettò questa difesa del matricida: “Furono i
tragici Greci e Dostoevkij[2] a fargli intendere la grande infelicità del peccatore,
la sua immensa solitudine. In un passo che non si trova nelle sue opere, perché
soppresso, in quanto i contemporanei temettero di leggervi l’apologia del
matricidio, Proust ricordava che nessun altare fu considerato dagli antichi più
sacro, circondato da più profonda venerazione e superstizione quanto le tombe
d’Edipo a Colono e di Oreste a Sparta”[3].
L'Oreste di Eschilo dunque
afferma che Clitennestra meritava la
morte:"infatti portava le macchie di due delitti pestiferi"(Eumenidi, v. 600). Ammazzò il marito e
il padre dei suoi figli.
Ma le Erinni non cedono ancora.
La corifèa sostiene di nuovo che Clitennestra, uccidendo il marito, non era poi
tanto colpevole:"non era consanguinea (o{maimo~) dell'uomo che
uccise"(v.605).
Oreste, in difficoltà, chiede
l'aiuto di Febo il quale, dopo essersi proclamato profeta di Zeus, nega, senza
esitare, l’equivalenza dell'uccisione di
Clitennestra e di quella del “nobile
eroe onorato di scettro concesso da Zeus"(vv. 625-626), tanto più per il
fatto che il re venne ammazzato a tradimento, quando, appena tornato dalla
guerra (v.631), la moglie prima lo accolse con volto lieto (v. 632) poi gli
preparò il bagno nella vasca (v. 633), quindi gli gettò adosso un mantello
grande come una tenda (v.634), e infine,
Il riferimento è alla lotta tra
la terza generazione divina e la seconda, uno scontro che si risolse con il
trionfo degli dèi olimpi e del cosmo sul caos.
Apollo quindi replica con una difesa della
vita, seppure non di quella di Clitennestra: un incatenato può essere sciolto
ma: "una volta che la polvere (kovni~[6]) abbia
succhiato il sangue di un uomo ucciso, non c'è nessuna resurrezione"(vv.
647-648)[7].
Una nobile difesa della vita
umana come si vede, oltretutto in accordo con quanto afferma il Coro formato
dagli anziani di Argo nell'Agamennone[8],
un'apologia anche efficace, ma unilaterale, in quanto non tiene conto della
vita di Clitennestra.
A lei pensano le Erinni che
rinfacciano il matricidio a Oreste e al suo difensore:"dopo avere versato
nel suolo il sangue della madre che scorre anche in lui, abiterà poi in Argo
nella casa del padre?"(vv. 653-654).
A questa domanda Apollo risponde
con una affermazione di patriarcato e di antifemminismo estremo. Vale la pena
riferirla per quanto è fuori moda adesso:"La cosiddetta madre non è la generatrice
del figlio (tevknou
tokeuv~ ),
ma la nutrice (trofov~)
del
feto appena seminato: genera (tivktei) il maschio che la monta; colei come un ospite con un ospite salva il germe (e[rno~), per
quelli ai quali gli dèi non l’abbia distrutto"(vv. 658-661).
Nell’Oreste
di Euripide, il protagonista, per scagionarsi,
utilizza il medesimo argomento della generazione patrilinea.
Infatti dice a
Tindaro che lo ha accusato di spietatezza, poiché non si è fermato nemmeno
davanti al seno della madre: “path;r me;n ejfuvteusen me, sh; d j e[tikte pai'~,-to;
spevrm j a[roura paralabou's j a[llou pavra:-aneu de; patro;~ tevknon oujk ei[h
pot j a[n” (vv. 552-554), il
padre mi ha generato, tua figlia mi partoriva,/un campo ha preso il seme da un
altro:-senza il padre non ci sarebbe mai un figlio.
Ma il coro di donne
argive nell’epodo del secondo stasimo ribatte che non c’è sulla terra malattia,
lacrime, pena più grande che versare con la propria mano a terra il sangue
della madre ammazzata (vv. 832-833)
Sono esempi di logica doppia, aperta al contrasto.
L’autore di Il pensiero storico classico riconosce alla cultura dei Greci una
maggiore disponibilità a considerare e accettare punti di vista diversi tra
loro :"La nostra logica è rettilinea, astratta: quella dei Greci è
sempre aperta al contrasto. Nell'Oresteia di Eschilo Divka Divkai (xymbaleî ) "Dika si scontrerà con Dika"[9]: ci possono essere due Dikai, due Giustizie
nel caso dell'Oresteia , quella
"matriarcale" di Clitennestra ( e delle Erinni, a cui il ghénos di
Eschilo non può sacrificare) contro quella "patrilinea" di Oreste (e
di Apollo, il dio degli Alcmeonidi legati al ghénos Eupatrida di
Eschilo). Così in Erodoto: c'è la "tirannide" dei Greci nemica di
Dike; ma c'è anche la "tirannide" di Deioce per cui i Medi hanno kòsmos
ed eunomìa , e la
"tirannide" di Ciro, dalla quale i Persiani ricevono "libertà",
eleutherìa "[10].
Questa logica aperta
al contrasto diviene metodica già con i Dissoì lògoi [11] i
“Discorsi in contrasto”, presenti pure nelle Antilogie perdute di Protagora[12] il quale "fu il primo a sostenere che
intorno ad ogni argomento ci sono due asserzioni contrapposte tra loro"
come ricorda Diogene Laerzio (9, 51).
Le lezioni dei
sofisti “erano particolarmente adatte a esercitare la riflessione, la capacità
di osservazione e l’attitudine all’analisi, ossia a sviluppare quella libera
vivacità di spirito che è ancora oggi il fine dell’istruzione. I sofisti
insegnavano a parlare pro e contro ogni causa, mostrando che solo la chiara
intelligenza delle ragioni favorevoli e contrarie assicurava la massima libertà
di decisione contro le pretese di un sentimento immediato e inconsapevole. E’
quel che distingue anche oggi la persona colta da quella incolta, la capacità
di non rimanere in balìa delle impressioni e di momentanei impulsi arbitrari,
bensì di acquistare padronanza di sé e dei propri affari grazie a
un’intelligenza lucida e a un esame spregiudicato delle cose”[13].
La madre non è indispensabile
continua Febo: "ne è qui testimone la figlia di Zeus Olimpio, la quale non
venne nutrita nelle tenebre di un utero, ma è come un virgulto (e[rno~[14]) che
nessuna dea avrebbe potuto partorire"( Eumenidi,
vv.664-666).
In questi tre versi si vede la
paura dell'uomo per l'oscurità della donna che è poi la zona oscura di se
stesso, la propria parte femminile, l’anima
di Jung, una parte con la quale invece hanno un buon rapporto gli uomini che
amano le donne e, siccome ne sono stati contraccambiati, amano anche se stessi.
“In the third
play, The Eumenides, the winner of
the battle of the sexes-in Athens
and amongs the gods-is decided. From a feminist perspective, it is ironic that
this play dramatises the so called beginning of democracy”[16], nel
terzo dramma, Eumenidi, chi vince la battaglia dei sessi, ad Atene e tra gli
dei è deciso. Da una prospettiva
femminista, è ironico che quest’opera drammatizzi il cosiddetto principio della
democrazia.
Voglio citare, in
contrapposizione all’ antifemminismo di Eschilo, qualche riga dell'Ulisse
di Joyce che elogia l’amore della madre:" Se non fosse stato
per lei la maratona del mondo lo avrebbe schiacciato sotto i piedi, spiaccicata
lumaca senza vertebre. Lei aveva amato quel debole sangue acquoso trasfuso dal
proprio…Amor matris , genitivo soggettivo e oggettivo, questa è forse
l'unica cosa vera nella vita. La paternità forse è una finzione legale. Chi è
il padre di un qualsiasi figlio perché qualsiasi figlio debba amarlo o
viceversa (...) Il figlio nascituro guasta la bellezza: nato, porta dolore,
separa l'affetto, accresce le preoccupazioni. E' un maschio: la sua crescita è
il declinare del padre, la sua giovinezza l'invidia del padre, il suo amico il
nemico del padre (...) Che cosa mai li congiunge in natura? Un istante di cieca
foia"[17].
Seguono
questa linea confutatoria del patriarcato Dacia Maraini e Oriana Fallaci le
quali, giustamente, rifiutano questo declassamento del loro ventre a
“contenitore”: “La madre non è più all’origine della vita, ma è solo un
contenitore di vite altrui. E’ il padre che concepisce, che dà il soffio
dell’energia vitale…D’altronde la
Bibbia non racconta qualcosa di simile? Non stabilisce che è
la donna che nasce dal corpo dell’uomo?”[18].
“Cosa credi che sia: un contenitore, un
barattolo dove si mette un oggetto da custodire? Sono una donna, perdio, sono
una persona….Ti faccio una concessione: ingrasso, ti regalo il mio corpo. Ma la
mia mente no… Poveretto. Non è colpa sua, hanno raccontato anche a lui che Dio
è un vecchio con la barba bianca, che Maria era un’incubatrice, che senza
Giuseppe non avrebbe trovato nemmeno una stalla, che ad accendere il fuoco fu
Prometeo”[19].
“Many feminist critics and historians have
analysed The Oresteia as a text
central to the formalisation of misogyny ….The Oresteia enacts ‘the battle of the sexes’, using
Athenian cultural and political codes to prescribe that women must lose the
battle”[20], molti
critici femministi hanno analizzato l’Orestea
come un testo fondamentale per la formalizzazione della misoginia….L’Orestea mette in scena la ‘battaglia dei
sessi’, usando i codici culturali e politici ateniesi per prescrivere che le
donne devono perdere la battaglia.
continua
[1]
Nietzsche, Di là dal bene e dal male,
p. 90.
[2] “Padre Zosima (letteratura per letteratura!) ha
subito saputo distinguere, tra quelli che si erano ammassati nella sua cella,
Dmitrj Karamazov, il parricida. Allora si è alzato dalla sua seggioletta ed è
andato a prosternarsi davanti a lui. E l’ha fatto (come avrebbe detto più tardi
al Karamazov più giovane) perché Dmitrj era destinato a fare la cosa più
orribile e a sopportare il più disumano dolore” (P. P. Pasolini, Scritti corsari, p. 64) ndr.
[3]
Giovanni Macchia, L’angelo della notte,
p. 166.
[4] Con questo tempo
presente la corifèa sembra suggerire che la donna assassina colpisce
ancora e colpirà sempre fino a quando quel delitto non verrà esemplarmente
castigato.
[5] Il gioco sofistico porta perfino a un capovolgimento
del valore della parola che indica il peccato universale dei Greci: nelle Nuvole il Discorso ingiusto (Lovgo" a[diko" ) sostiene che Tetide lasciò Peleo perché non era
impetuoso (uJbristhv" , v. 1067) e
non era piacevole passare la notte con lui, mentre la donna gode a essere
sbattuta. L' u{bri" , la violenza, applicata alla libidine della donna,
diviene un valore.
[6] La polvere è il simbolo negativo della sterilità e
della morte: prefigura l'inevitabile esito della nostra vita:"what is
this quintessence of dust? " (Amleto, 2, 2), che cosa è per me
questa quintessenza di polvere? domanda il principe di Danimarca. Naturalmente
l'uomo, e pure la donna, dei quali Amleto non si prende alcun piacere.
"Alexander died, Alexander was buried,
Alexander returned into dust" (Amleto, 5, 1), Alessandro morì,
Alessandro fu sepolto, Alessandro ridivenne polvere. Nell'Agamennone di
Eschilo l'Araldo che viene ad annunciare l'arrivo del vincitore è accompagnato
dal segno negativo della diyiva
kovni" (v. 495), l'assetata polvere,
sorella vicina del fango.
nell' Antigone il segno positivo della luce viene contrapposto a quelli negativi della polvere, del sangue e della
pazzia:"Ora infatti sull'estrema/ radice si era distesa una luce ( favo" ) nella casa di Edipo/ma poi la polvere macchiata di
sangue (foiniva...kovni") /degli dei
infernali la falcia,/e pazzia della parola ed Erinni della mente"
(vv.599-603).
Nel
carme 66 di Catullo, i distici di biasimo dell'adulterio (vv.79-88) aggiunti
alla Chioma di Berenice di Callimaco associano la polvere all'impurità
delle spose infedeli le cui offerte votive infauste vengono rifiutate dalla
chioma incielata della casta sposa di Tolomeo III Evergete(246-222):"sed
quae se impuro dedit adulterio,/ illius a! mala dona levis bibat irrita
pulvis/namque ego ab indignis praemia nulla peto. ", ma se qualcuna si
concede all'impuro adulterio, ah la polvere leggera beva inutilmente i doni
maledetti di quella, io infatti non voglio le offerte delle donne indegne
(vv.84-86). Nella
Ricerca di Proust la polvere simboleggia l'insignificanza:"l'esistenza
offre interesse solo nelle giornate in cui alla polvere della realtà viene a
mischiarsi sabbia magica, in cui qualche volgare incidente della vita diventa
una molla fantastica"[6]. Insomma:"I will shaw
you fear in a handful of dust" (T. S. Eliot, The Waste Land, v.30), in un pugno di polvere vi mostrerò la paura.
[7]
Su questo concetto topico vedi anche la scheda a p. 355.
[8]
“Una volta caduto a terra nero sangue mortale di quello che prima era un uomo,
chi potrebbe farlo tornare indietro incantando? (vv. 1019-1021).
[9]Coefore
461:" [Arh" [Arei xumbalei', Divka/ Divka".
[10]S.
Mazzarino, Il pensiero storico classico
, I, p. 175.
[11]
"Un testo che può definirsi la formulazione "relativistica" del
pensiero dei sofisti…Gli "agoni di discorsi" tucididei echeggiano
questa problematica, pur a mezzo secolo di distanza dai Dissoì lògoi… uno scritto sofistico redatto verso il 450 o al più
tardi 440" (S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 1 pp. 258
ss.).
[12]
Nato nella ionica Abdera intorno al 485 a . C., all'incirca coetaneo di Euripide
dunque.
[13] J. G. Droysen, Aristofane, p. 194.
[14] Un virgulto ( [erno" ) osservato presso l'altare di Apollo, è il frammento
della natura santa cui Odisseo paragona la vergine Nausicaa (Odissea , 6, vv. 162-163): anche qui la
ragazza viene distinta dalla donna e dalla sessualità.
[15]
Vedi la scheda di approfondimento successiva al v. 113 della Medea.
[16]
Sue-Ellen case, Op. cit., p. 14.
[17]Ulisse
, p 38 e p. 284.
[18] Dacia Maraini,
Lettera sull’aborto,da Un clandestino a
bordo, (1987), Milano, 2002.
[19]
O. Fallaci, Lettera a un bambino mai nato,
p. 58.
[20] Sue-Ellen Case, Feminism and theater, p.12.
Interessante il testo bella la scelta del quadro. Giovanna Tocco
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