NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 3 marzo 2016

Introduzione alla tragedia greca: Eschilo. Parte VIII

Apollo con in mano una lira, uno dei suoi simboli tipici,
in una statua del primo secolo

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Quindi Apollo si accattiva Atena dicendole che intende potenziare Atene (Eumenidi, v. 668) e di avere voluto un'amicizia eterna (v. 673) fra gli abitanti della povli~ protetta da lei e gli Argivi, sudditi e concittadini di Oreste.
Subito prima che gli areopagiti votino, parla Atena. Pallade promette che quel consesso di giudici durerà eterno. Una volta, continua, c'era la guerra portata dalle Amazzoni per odio contro Teseo"[1] (v. 686); esse si accamparono proprio sul colle che in seguito ai loro sacrifici fu chiamato Areopago: il colle di Ares (v.690). Ma quel tempo è lontano. Ora il rispetto (sevba~) e il timore suo parente (fovbo~ te xuggenhv~) tratterranno i cittadini dall'ingiustizia (vv. 690 - 691).
Quindi la dea sconsiglia l’anarchia e il dispotismo: la città dovrà tenere una via di mezzo senza eliminare del tutto la paura che è funzionale alla giustizia (vv. 696 - 699 già citati).
Questo suggerimento manifesta una forse inopinata consonanza di fondo con quanto hanno già detto le Erinni le quali così acquistano autorevolezza e si sentono accettate: presupposto necessario perché diventino Eumenidi.
Il nuovo consesso di giudici, prescrive ancora la dèa eponima della città, dovrà essere "Il tribunale non toccato da lucro (kerdw'n a[qikton tou`to bouleuthvrion),venerando, austero, presidio della terra, sempre desto in favore di chi dorme "(vv.705 - 707). Sembra che le sedute dell'Areopago si svolgessero di notte.

Segue il voto dei giudici. Mentre gli areopagiti si alzano e votano uno alla volta, Apollo esprime fiducia nel proprio successo: "vincerò io"( nikhvsw d’ ejgwv, v.722).
 La corifèa allora gli rinfaccia il caso di Admeto sottratto al destino di morte[2]:"così facesti anche nel palazzo di Ferete: persuadesti le Moire a rendere immortali i mortali"(vv.723 - 724).
Apollo si giustifica affermando di avere salvato un uomo devoto e meritevole ( Eumenidi , v.725) e l'Erinni replica con un'altra accusa: "Tu certo hai destabilizzato gli antichi ordinamenti quando con il vino hai ingannato le vecchie dèe" (vv.727 - 728).
Il voto finale è di Atena, ed è assolutorio:"io aggiungerò questo voto a quelli in favore di Oreste: infatti madre non c'è che mi abbia generato, approvo il maschio in tutto, tranne farmi sposare, con tutto il cuore sono tutta del padre"(vv.735 - 738).
La conseguenza di tale parzialità della dèa che presiede il tribunale è che: " vince Oreste se viene giudicato con egual numero di voti"(v.741). In effetti, eseguito il conteggio, Atena proclama l'assoluzione di Oreste:"quest'uomo è assolto dall'accusa di omicidio:infatti il numero dei voti è uguale"(vv. 752 - 753).
 E' dunque il calculus Minervae un voto assolutorio che determina l'innocenza di Oreste ed è a fondamento dell'aforisma giuridico "in dubio pro reo " .
Il principio viene ribadito e chiarito come archetipo di una prassi nell'Ifigenia fra i Tauri di Euripide quando la dèa Atena, ex machina, sempre protettiva nei confronti di Oreste, lo salva dal re dei Tauri Toante, e ricorda:"L'ho già salvato nell'Areopago valutando i voti uguali e resterà quest'usanza che venga assolto chiunque prenda voti pari"( kai; novmism j e[stai tovde, - nika`n ijshvrei~ o{sti~ a]n yhvfou~ lavbh/), vv.1469 - 1472)[3].

 Dopo l'assoluzione, Oreste manifesta gratitudine a Pallade, al Lossia, e per terzo a Zeus salvatore che tutto compie (vv. 758 - 760). Inoltre giura che mai un Argivo condurrà un esercito contro Atene: egli stesso, una volta morto, lancerebbe dalla tomba terribili maledizioni contro chi lo facesse. Una promessa del genere, come vedremo, viene fatta da Edipo a Colono.
Le lodi di Argo nelle Eumenidi trovano una spiegazione nell’alleanza tra Atene e Argo e nell’inimicizia con Sparta, una situazione creatasi dopo il 461.
 Invece Oreste sarà sempre benevolo e benefico per i suoi concittadini, se manterranno l'alleanza con Atene. Questi versi (765 - 774) contengono un riferimento a un fatto storico recente da un lato, dall'altro al culto antichissimo degli eroi che erano stati uomini di vitalità impareggiabile e anche da morti potevano mandare influssi benefici o malefici sul territorio che li ospitava:"Le anime degli eroi si aggiravano più vicine ai viventi, nella felicità e nell'infelicità si sentiva la loro potenza"[4].
“Diventare un eroe, come accade a Edipo, è in sostanza il più alto grado di immortalità cui un greco dell’età classica poteva aspirare. L’Edipo a Colono parla dell’ingresso nel soprannaturale di un essere segnato dal destino, ed è significativo che i due ultimi capolavori del teatro tragico, quasi contemporanei tra loro (l’ Edipo a Colono e le Baccanti di Euripide, composti intorno al 406 a. C.), mettano entrambi sulla scena un soggetto religioso, seppure in modi radicalmente diversi: lo scettico Euripide descrive le forme esotiche e violente di un culto estatico, il conservatore Sofocle parla di un fenomeno religioso fortemente radicato nella civiltà tradizionale”[5].
 Edipo dunque, giunto a Colono, promette di riversare collera postuma sui Tebani per il trattamento ricevuto dai figli:"il mio freddo cadavere anche dormendo sepolto sotto terra un giorno berrà il loro sangue caldo" ( Sofocle, Edipo a Colono , vv. 621 - 622), mentre la sua ombra sarà sempre propizia (v.1707) alla terra ateniese che gli ha dato l'ultimo asilo.
“Il corpo irrigidito di Edipo si risveglia per bere il sangue dei nemici di Atene, e dietro quest’immagine quasi vampiresca sta la credenza, già omerica, che i fantasmi dei defunti, quelle parvenze fragili che si aggirano nell’Ade e rappresentano un “doppio” larvale del vivente, si rianimino e prendano vita solo quando possono gustare il sangue vivo che sprizza dalle vene delle vittime…Del resto, i divini poteri del tebano Edipo sepolto a Colono erano stati messi alla prova solo pochissimi anni prima della rappresentazione sofoclea. Nel 407 a. C., durante l’ultima fase della guerra del Peloponneso, il re spartano Agide aveva tentato un colpo di mano contro Atene, ma proprio a Colono la cavalleria tebana era stata duramente sconfitta da quella ateniese (Diodoro Siculo, XIII 72, 3 - 4) e fonti tarde parlano persino di una miracolosa apparizione di Edipo sul campo di battaglia a fianco degli Ateniesi”[6][7].
“Molti eroi, come Edipo, finiscono misteriosamente sparendo alla vista e il loro corpo non viene trovato. Lo spazio in cui questo avviene è considerato sacro…e non di rado in esso ha sede un oracolo del morto…A Rodi si diceva che Altemene, eroe fondatore, non era morto ma era stato inghiottito in una voragine della terra (Apollodoro, III, 2, 2); Anfiarao era sparito in un crepaccio insieme al suo cavallo (Pindaro, Ol. 6, 14, Nem. 10. 8)”[8].

Anche da Alcesti morta dovrebbe spirare il bene: il coro nel terzo stasimo formula questa preghiera che verrà ripetuta dai passanti, sull’obliquo sentiero accanto alla tomba: “Au[ta pote; prouvqan j ajndrov~, - nu'n dj e[sti mavkaira daivmwn: - cai'r j w\ povtni j eu\ de doivh~. - toi'aiv nin prosrou'si fh'mai” ( Alcesti, vv.1002 - 1005), questa una volta morì per il marito, ora è una divintà beata: salve, signora, dacci del bene. Tali parole le diranno.

Del cadavere di Oreste invece fa menzione Erodoto (I, 67 - 68) il quale ricorda che la Pizia, sacerdotessa di Apollo, profetizzò agli Spartani che avrebbero sconfitto i Tegeati quando avessero riportato in patria le ossa di Oreste figlio di Agamennone. Così infatti andò. Quindi Oreste divenne eroe spartano, e, come tale, “eroe negativo” nell’Andromaca di Euripide.
Siamo giunti all'Esodo (vv. 778 - 1047) delle Eumenidi che tuttavia sono ancora Erinni e lanciano maledizioni, sia contro i "giovani dèi "qeoi; newvteroi"(v.778) che le hanno umiliate, sia contro la regione (v.781) dove si è svolto il processo. Minacciano "una scabbia che dissecca la vegetazione e fa abortire le donne"(v. 785). E' la desolazione che prende le terre inquinate da un miasma morale, come la peste che infuria su Tebe all'inizio dell'Edipo re in seguito agli atti contrari alla natura del protagonista che ha ucciso il re suo padre e sposato la propria madre[9].
Atena cerca di mitigare la collera funesta delle Erinni promettendo loro culti e devozione a nome degli Ateniesi. E' il compromesso tra la religione apollinea degli aristocratici, Alcmeonidi in testa, e quella orfica importata da Epimenide cretese, profeta delle Erinni e di Demetra Eleusinia, giunto ad Atene intorno al 600. La religione delle dee venerande figlie di Crono gli consentì la battaglia contro Delfi[10], roccaforte della tradizione e degli Alcmeonidi che nel 636, o nel 632, guidati da Megacle, avevano sventato il tentativo di Cilone di instaurare la tirannide, ammazzandone i seguaci sebbene questi avessero cercato rifugio nel tempio delle Erinni.
Quindi Epimenide stesso divenne capostipite di una famiglia nobiliare, e dall'incontro fra questa e i maledetti uccisori dei supplici ciloniani , nacque Pericle, il leone dei Greci.
Erodoto racconta che Agariste in cinta sognò di partorire un leone (VI, 131).
Eschilo, ricordando nelle Eumenidi la vittoria del dio delfico Apollo contro la Dike delle Erinni, esalterà in fondo la vittoria degli Alcmeonidi sulle dee di Epimenide.
 Nel compromesso vince la consorteria dei tirannicidi.

“Come ghenneta degli Eupatridi, i quali erano esclusi dal sacrificio di sante focacce e di latte in onore delle Semnaí o Erinni, il poeta sentiva su di sé (e su tutto il ghénos degli Eupatridi a cui apparteneva) il sacro nembo del terrore, compagno alle Semnaí stillante sangue: esse erano state offese un tempo dal ghénos degli Alcmeonidi quando questi avevano offeso i Ciloniani vicino agli altari delle dee. Verso il 600 Epimenide aveva purificato Atene dal sacrilegio di circa trent’anni prima; ma l’eco n’era viva ancora. D’altra parte, anche come ghenneta degli Eupatridi , Eschilo era abbastanza vicino a Pericle, il quale (insieme col fratello) fu poi tutore di un eupatrida, il famoso Alcibiade, “Pericle, se per parte della madre (una Alcmeonide) portava ancora nel sangue la tremenda offesa recata alle Erinni dagli uccisori dei Ciloniani, tuttavia - per parte di padre (e perciò sul piano giuridico) - era ghenneta dei Buzygi, purissimi dinanzi alle Erinni, sì da poter identificare il loro eponimo (Buzyge) , addirittura col “purificatore” Epimenide. Perciò Eschilo si sentì chiamato, in quello scorcio della sua vita e della sua opera, a interpretare la storia di Oreste secondo una versione che placasse per sempre la ricerca ateniese di una compiuta giustizia dinanzi alle opposte Dícai delle Erinni (le dee di Epimenide) e di Apollo (il dio degli Alcmeonidi)”[11].
La vittoria sulle Erinni non vuole essere schiacciante: Atena promette alle rivali vinte:"sedi e antri" dove potranno stare "assise su altari dagli splendidi seggi"(v.806) e avranno onore dalla cittadinanza. La corifèa ribadisce i propositi di vendetta ripetendo, parola per parola, la minacciosa strofe precedente (vv. 777 - 792; 808 - 822); allora Atena menziona il fulmine di Zeus con un tono di ritorsione che però addolcisce subito, preferendo puntare ancora sulla persuasione:"Io ho fiducia in Zeus, che bisogno c'è di dirlo? E sono l'unica tra gli dèi a conoscere le chiavi della stanza in cui sta sigillato il fulmine (ejn w|/ keraunov~ ejstin ejsfragismevno~, v. 828). Ma non c'è bisogno di questo (ajll j oujde;n aujtou` dei`, v. 829). Lasciati persuadere. Non scagliare contro questa terra parole di lingua temeraria, frutto che porta malessere a tutti. Sopisci l'amaro ardore di nera onda poiché sarai venerata abitando con me"(vv. 826 - 833).
La corifèa ancora non si lascia convincere; allora Atena prova a lusingarla non senza un pizzico di ironia: "sopporterò le tue collere: infatti tu sei più anziana (geraitevra) e certo anche più saggia di me (ejmou' sofwtevra), sebbene anche a me Zeus concesse di capire qualcosa[12]"(vv. 848 - 850).
Quindi Atena aggiunge altre promesse: "e tu, avendo una sede onorata presso la dimora di Eretteo, otterrai da processioni di uomini e donne onori quanti non potresti ottenere da altri mortali"(vv. 854 - 857). Eretteo è un mitico re di Atene e le processioni più importanti facevano parte dei culti eleusini fondati da Demetra e dedicati alle divinità ctonie. I riti eleusini erano misterici, ossia potevano assistervi solo gli iniziati. Il 19 Boedromione (verso i primi di ottobre) c'era una processione da Atene ad Eleusi, con scambio di frizzi e motti osceni tra i partecipanti, come in molte cerimonie a sfondo agricolo. Il rito nacque con l'intento di ottenere abbondanza di messi, poi anche la beatitudine dopo la morte. Il privilegio degli iniziati è descritto nelle Rane di Aristofane: essi fruiscono di una splendida luce, simile a quella terrena (v.155).


continua


[1] A proposito di Teseo, Bachofen nel suo Das Mutterrecht (1861) sostiene che egli "rappresenta lo Stato maschile, le Amazzoni rappresentano lo Stato femminile" (J. J. Bachofen, Il potere femminile , a cura di Eva Cantarella, p. 63). La natura dell'eroe ateniese "è quella di un essere che appartiene interamente alla luce, di apollinea purezza (p.68)..egli è il "fondatore del matrimonio...il nemico dell'amazzonismo (p. 69)...come Romolo, egli fonda il nuovo Stato unitario sul principio del diritto paterno"( p. 70). Anche il conflitto rappresentato nelle Eumenidi, secondo lo studioso svizzero, rappresenta la vittoria del potere maschile e del principio spirituale:" Le Erinni sono ciò che è e[ra (terra) stessa, ossia l'espressione della vita terrena, corporea, fisica, dell'esistenza tellurica...La donna è la terra stessa. La donna è il principio materiale, l'uomo il principio spirituale. Per entrambe, la donna e la terra, valgono le parole di Apollo (vv. 658 e segg.)...Platone, seguito da Plutarco, nel Menesseno dice letteralmente quanto segue:"non è la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra"...Nel compiere la sua funzione la donna rappresenta dunque la terra. Essa è la materia terrena stessa. Perciò il nome di entrambe, ghv (terra) e gunhv ( donna) deriva dalla stessa radice, una radice da cui discendono anche guva, ossia terreno arativo e corpo materno (pp.76 - 77)...Il diritto materno è il diritto della vita materiale, il diritto della terra..Viceversa il diritto paterno è il diritto della nostra vita immateriale, incorporea. Il primo è il diritto delle divinità che abitano nelle oscure profondità antiche; il secondo è il diritto dell'Olimpio che troneggia al di sopra della terra, ad altezza solare (p. 79)...L'opinione che possiamo farci, leggendo Eschilo, è che l'epoca del diritto materno è dominata dal culto oscuro, terribile, chiuso ad ogni speranza, di una implacabile potenza ctonia. Invano Oreste invoca il suo dovere di figlio..invano sottolinea che il matrimonio era stato profanato(p. 84)...Alla persona di Oreste fanno capo entrambi gli avvenimenti, l'istituzione dell'Areopago e la fine del diritto materno delle Erinni"(p. 85). Teseo e Oreste ad Atene dunque, come Romolo a Roma, fondano lo Stato sul diritto paterno: la Potestas dell'uomo è il fondamento dell'Imperium statale. " Il diritto materno cede di fronte al diritto dello Stato, il ius naturale cede di fronte al ius civile ..Agamennone pensa al bene dell'esercito, Clitennestra conosce solo il diritto individuale del sangue materno..Il diritto paterno..sfocia ormai nel concetto di Stato, mentre il diritto materno non va mai oltre la famiglia materiale. Di Mario che, obbedendo all'ordine ricevuto in sogno, sacrificò sua figlia Calpurnia durante la guerra contro i Cimbri, Plutarco dice..che antepose lo Stato alla natura (p. 93). Non è dunque casuale il fatto che Teseo abbatta il diritto materno e contemporaneamente getti le basi dello Stato ateniese, e che l'avvento del diritto paterno a Roma si verifichi durante il regno di Romolo"(p. 94).
[2] Euripide drammatizzerà questo mito in una tragedia, l'Alcesti , dove Qavnato~. corredata di ali nere (cfr. Alcesti, v. 843) accusa Febo di stabilire la legge per gli abbienti (pro;~ tw'n ejcovntwn, Foi'be, tovn novmon tivqh~, Alcesti, v.57).
[3] Siccome l'Artemide taurica esigeva sacrifici umani e i figli di Agamennone, con Pilade, ne portano il simulacro in Grecia per ordine di Apollo, Bachofen ne inferisce che Oreste "con il furto della statua della dea porta a termine il suo compito. Da un lato uccide Clitennestra, dall'altro sottomette Artemide alla legge superiore e mite di Apollo". E conclude :"Non intendo discutere la storicità di questi singoli avvenimenti: quel che è certo è che, nel ricordo degli uomini, si è conservata l'idea che l'epoca del dominio femminile ha provocato sulla terra il verificarsi degli eventi più sanguinosi"(op. cit., p. 92).
[4] Rohde Psiche, p.196
[5] Giulio Guidorizzi (a cura di), Sofocle Edipo a Colono, p. XIII
[6] Ved. Euripide, Phoen. 1703 - 7.
[7] G. Guidorizzi, Op. cit., p. XVI e p. XVII
[8] Avezzù - Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 378.
[9] Cfr. Seneca, Oedipus: maximum Thebis scelus - maternus amor est "(vv.629 - 630), il delitto più grande a Tebe è l'amore per la madre.
[10]"oujk a[r j e[hn gaivh" mevso" ojmfalo;" oujde; qalavssh""(3B11 DK), non c' era un ombelico centrale della terra né del mare.
[11] S. Mazzarino, Il pensiero dtorico classico I, pp. 94 - 95
[12] Una battuta conciliante che prefigura questa del Giulio Cesare di Shakespeare quando Cassio fa a Bruto: "I said an elder soldier, not a better:/ Did I say better?, Ho detto un soldato più anziano, non migliore; ho detto forse migliore?" (IV, 3, vv. 56 - 57).

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