Giuseppe Diotti, Testa di Creonte |
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Il difficile rapporto tra i
legami di sangue e il vincolo matrimoniale
L'Antigone di Sofocle (vv. 635 - 638 e 907
- 921). Antigone e la moglie di Intaferne (Erodoto, III 118 - 119 ). L'ambiguità
del linguaggio drammatico e la difficoltà di capirsi. Sofocle e Pirandello. Le nozze e la maternità negate. Il letto nuziale come contro parte alla tomba. L'umanesimo di Antigone come condivisione di
amore (v. 523). Anche per insegnare è necessario l'amore.
Il matrimonio
talora mette in conflitto i figli con i genitori.
L'impossibilità
di sposarsi può dipendere da un legame troppo forte, forse patologico, con la
famiglia d'origine.
Nell'Antigone
di Sofocle, Emone, quando ancora cerca di evitare la rottura con il padre, il
tiranno Creonte che ha condannato a morte la sua promessa sposa, gli dice:
"Padre,
sono tuo, e tu con le tue buone ragioni/mi dai direttive che certamente io
seguirò/Infatti da me nessun matrimonio sarà stimato/più grande da conseguire
di te che sei una buona guida" (vv. 635 - 638).
il
matrimonio è un grande travaglio che ostacola le altre relazioni e addirittura gli
affetti tra i consanguinei, comunque una gara dura per gli esseri umani: “mevga" ga;r ajgw;n
gavmo" ajnqrwvpwn", sostiene Antifonte sofista[1]. "Il
problema del matrimonio è che finisce tutte le notti dopo che si è fatto
l'amore, e bisogna tornare a ricostruirlo tutte le mattine prima della
colazione" sostiene il dottor Urbino, "il marito" di un romanzo
di Màrquez[2]
sul quale torneremo.
L'Antigone
di Sofocle afferma con insistenza la forza dei vincoli di sangue, tanto che G. Steiner suggerisce di commentare il
primo verso della tragedia "O capo davvero fraterno di Ismene, sangue
mio", con i "capitoli dedicati a Ulrich e ad Agathe nell'Uomo senza qualità. ...In entrambi i
testi, le voci della consanguineità emergono dalle incertezze consolatrici
della notte e, allo stesso tempo, cercano di ritornarvi"[3].
Ecco,
ad esempio, alcune frasi del romanzo di Musil
sul forte sentimento della fratellanza provato dal protagonista: “egli
si trovava senza dubbio nella propria pelle ma tuttavia si sentiva attratto
fuori di se stesso come se gli venisse assegnato un secondo corpo molto più
bello. Perciò quando si fu raddrizzato disse alla sorella: - Adesso ho capito
chi sei tu: sei il mio amor proprio! - La frase suonava strana, ma descriveva
bene ciò che Ulrich sentiva. - Un vero amor proprio come lo posseggono gli
altri mi è sempre mancato, in un certo senso, - egli spiegò. - E adesso mi pare evidente
che, per errore o per destino, era personificato in te! - aggiunse
senz'altro"[4].
Sofocle,
sostiene Hauser, "fin da principio sacrifica l'idea dello stato popolare
democratico agli ideali dell'etica nobiliare; e, nella lotta fra il diritto
familiare privato e il potere assoluto ed egualitario dello Stato, parteggia
risolutamente per l'idea tribale"[5]. Ma la
famiglia della ragazza di Sofocle è solo quella di origine, quella del passato.
Ella non vuole vivere un futuro con Emone.
I versi più citati per identificare questa
scelta sono quelli (904 - 915) nei quali la ragazza si rivolge al fratello
morto e onorato con la sepoltura nonostante i divieti del tiranno. Vediamoli
insieme con altri attraverso i quali Antigone dichiara la propria rinuncia alla
vita per amore dei suoi morti.
Greco (vv. 891 - 921)
"O tomba, o
talamo, o dimora/scavata nella terra che mi custodirà per sempre, dove vado/dai
miei cari, un grandissimo numero dei quali/morti, Persefone ha preso tra i
morti/tra i quali ultima io e di gran lunga nel più cattivo dei modi/discendo,
prima che sia giunta al termine la mia porzione di vita/ Però, arrivata tra
voi, nutro con forza tra le mie speranze/quella che giungerò cara al padre e
gradita a te,/madre, e cara a te, capo fraterno/ Poiché di mia mano io vi
lavai/quando siete caduti e vi composi e vi offrii/le libagioni funebri; e ora,
Polinice, per avere/coperto il tuo corpo, ricevo tali ricompense/ Eppure
io ti ho reso onore giustamente
secondo chi ha senno./Mai infatti se avessi avuto natura di madre di figli/né
se fosse andato in putrefazione il mio sposo morto,/mi sarei caricata di questa
penosa fatica contro la volontà dei cittadini/ In forza di quale principio dico
questo?/ Lo sposo, morto uno, ce ne sarebbe stato un altro per me,/e un figlio,
da un altro uomo, se avessi perduto questo,/ma siccome il padre e la madre sono
racchiusi nell'Ade,/non c'è fratello che possa sbocciare mai più/.Secondo tale norma certo, io ho onorato sopra
tutti te,/e a Creonte sembrai errare in questo/e osare spaventosi delitti, o
capo fraterno./ Ed ora mi trascina dopo avermi afferrata con le mani/priva di
talamo, di imeneo, senza che abbia ricevuto/destino di nozze di qualsiasi
sorta, né di allattamento di figli,/ma così deserta di amici io la
sventurata/scendo viva nelle fosse dei morti/Per avere trasgredito quale legge
degli dei?".
- numfei'on: con il sottinteso dw'ma
significa letteralmente "stanza della sposa" ed è, con amara ironia,
il luogo dove stanno conducendo la ragazza a morire. Ella raggiunge i morti con
qualche rimpianto per la vita cui ha rinunciato. Antigone si sente l'ultima (loisqiva) dei Labdacidi. Similmente il quindicenne
Hanno Buddenbrook di T. Mann pose una riga sotto il suo nome nell'albero
genealogico della famiglia, e quando il padre, il senatore Thomas, lo sgridò
chiedendogli la ragione di tale monelleria, "il ragazzo, ritraendosi e
portando una mano alla guancia, balbettò: “Credevo....credevo...non dovesse
seguire altro"[6].
Con il verbo
"nutro" (trevfw) Antigone che
ha rinunciato ai figli, rivela, forse senza volere, di avere deviato verso i
morti l'istinto della nutrice (trofeuv" ) che la femmina sente sempre molto fortemente. I termini carichi di
forza affettiva (fivlh...prosfilhv"...fivlh) indicano che tutti i sentimenti buoni della fanciulla sono interni
alla cerchia dei consanguinei defunti.
Secondo E. Fromm non
riuscire a staccarsi dal proprio sangue è una forma di dismisura e di pazzia.
Egli definisce matura la persona che "si è liberata delle figure esteriori
del padre e della madre e li ha ricreati in se stessa"[7].
Infatti: “ Rimanendo legato alla natura, alla madre o al padre, l'uomo riesce
quindi a sentirsi a suo agio nel mondo[8],
ma, per la sua sicurezza, paga un prezzo altissimo, quello della sottomissione
e della dipendenza, nonché il blocco del pieno sviluppo della sua ragione e
della sua capacità di amare. Egli resta un fanciullo mentre vorrebbe diventare
un adulto"[9].
- kajkovsmhsa è crasi di kai; ejkovsmhsa, aoristo di kosmevw. Antigone
vuole ripristinare il cosmo turbato da Creonte. Il kovsmo" dei morti è l' onore funebre, mentre il loro
cavo" è lo sconciamento cui il tiranno ha
condannato il cadavere di Polinice. In fondo anche questo dramma, come tanta
parte della letteratura greca rappresenta lo scontro tra Caos e Cosmo. Il corpo
umano quando è bello e si trova nel fiore della giovinezza presenta un riflesso
della divinità e Antigone, cosmizzando il cadavere, cerca di restituire al
fratello un ultimo baluginìo di quella luce. Alcuni critici considerano i versi
dal 905 al 912, o addirittura al 928, aggiunti, magari dallo stesso Sofocle, in
risposta all'Alcesti di Euripide dove
la moglie dà la vita per il marito.
"Molti studiosi
moderni, incoraggiati da un estemporaneo giudizio di Goethe, hanno cercato di
togliere ad Antigone quello strano ragionamento, dichiarando spuri quei versi e
rimuovendoli, in tutto o in parte, dal contesto.
Pagherei qualche
cosa - diceva Goethe in una conversazione del 28 marzo 1827 riferita da
Eckermann - , se un valente filologo ci dimostrasse che è interpolato e non
genuino. Dopoché l'eroina, nel corso del dramma, ha esposto magnificamente le
ragioni del suo atto e mostrato tutta la nobiltà della sua purissima anima,
quando poi va alla morte, esce in un motivo assolutamente infelice e che quasi
rade il comico. Ciò che ha fatto per il fratello, ella dice, non l'avrebbe fatto
se fosse stata madre, per i figlioli morti, non l'avrebbe fatto per il marito
morto...Questo è il nudo senso almeno di questo luogo, che, in bocca all'eroina
che va alla morte, distrugge il sentimento tragico, e mi sembra molto
ricercato, e mi sa persino di calcolo dialettico. Come dicevo, avrei bisogno
che un buon filologo ci dimostrasse che quel passo è spurio" (Colloqui con Eckermann , trad. di
Eugenio Donadoni, II, pp. 203 - 204). Però già Aristotele conosce quei versi (Retorica 1417a32 - 33); e comunque il
caso, analogo, dell'Edipo a Colono [10]
dovrebbe scoraggiare quei tentativi"[11].
Questi sono versi non solo sofoclei ma anche
del tutto ortodossi nella loro vicinanza a un episodio di Erodoto. Lo
storiografo di Alicarnasso, con il quale il drammaturgo ha diversi punti in
comune[12],
racconta (III 118 - 119 ) che la moglie del nobile persiano Intaferne, potendo
salvare uno solo dei suoi congiunti imprigionati dal re Dario, scelse il
fratello. Il monarca allora le domandò per quale ragione avesse abbandonato il
marito e i figli, ed ella rispose che di marito e figli poteva averne altri ma,
essendole morti i genitori, un altro fatello non poteva nascere in nessun modo
(ajdelfeo;"
aj;n a[llo" oujdeni; trovpw/ gevnoito, III, 119, 6).
Questo significa l'importanza che i due autori
danno ai rapporti di sangue, un rilievo che si può ulteriormente evidenziare
confrontando la scelta di queste donne sororali con quella di alcuni personaggi
di Euripide, come Medea che uccide il
fratello Apsirto per amore di Giasone, o Admeto il quale, per compiacere Alcesti morente, le promette: porterò il
lutto vedovile "stugw'n me;n hJv m& e[tikten, ejcqaivrwn d& ejmo;n - patevra"(vv.338
- 339), detestando quella che mi partoriva e odiando mio padre. - novmou: il principio generale è quello per cui il
carattere della propria stirpe secondo alcuni è talmente speciale che nessuno
esterno a questa potrà esserci così vicino e congeniale come i nostri
consanguinei.
Infatti i Faraoni e
i successivi Tolomei si sposavano tra fratelli. - a[llo"…a[llou: se si
vuole avere un figlio, un uomo vale un altro in questa concezione per la quale
sono importanti solo i rapporti tra i consanguinei. Sentiamo il commento di
Hegel su questi versi: “Agli occhi della sorella, il fratello rappresenta in
generale l'essenza quieta e uguale alla propria. La sorella si riconosce nel
fratello in modo puro, senza la commistione di un rapporto naturale. Nella
relazione fratello - sorella non sono date perciò l'indifferenza e
l'accidentalità etica della singolarità. Qui, piuttosto, può affermare il
proprio diritto il momento del Sé
singolare che riconosce e viene riconosciuto; questo Sé, infatti, è legato
all'equilibrio del sangue e al rapporto estraneo al desiderio. Ecco perché per
la sorella la perdita del fratello è insostituibile, e il suo dovere verso di
lui è il dovere supremo"[13]. Locus
similis troviamo nel Macbeth, quando la moglie di Macduff dopo avere
esecrato lo sposo fuggito dice al figlio: “I can buy me twenty at any
market " (IV, 2), posso comprarmene venti ad ogni mercato.
Questi
versi e i precedenti pronunciati dalla fanciulla contengono protasi e apodosi
di periodi ipotetici e un ottativo potenziale (a]n blavstoi).
Sull'impiego di tali costruzioni e di questo modo da parte di Antigone, anzi
delle donne in generale, sentiamo un'osservazione di Steiner: “ La prima
impressione è che il linguaggio femminile sia più ricco di quello maschile in
quelle sfumature di desiderio e di progetti futuri note in greco e in sanscrito
come ottativo; si ha l'impressione che le donne esprimano molto più
frequentemente propositi ipotetici e promesse velate"[14]. - toiw'/'de…novmw/ : La parola novmo" in questa tragedia segnala più di altre l'ambiguità dell'affabulazione
drammatica e la conflittualità dei caratteri di Antigone e Creonte.
continua
[1]Intorno alla Concordia fr. 49
Untersteiner.
[2]
L'amore ai tempi del colera, p. 222.
[3]Le Antigoni , p. 240.
[4]R.
Musil, L'uomo senza qualità , p. 871.
[5]A.
Hauser, Storia sociale dell'arte,
vol. I, p. 122.
[6]T. Mann, I Buddenbrook , p. 335.
[7]E.
Fromm, L'arte d'amare , p. 61.
[8]Non
certo nel caso di Antigone, o di Aiace, che comunque fondano l'identità
sull'imitazione della figura paterna.
[9]E.
Fromm, La rivoluzione della speranza
, p. 80.
[10]"Altrettanto
voluto è, nell'Edipo a Colono , il
riferimento ad una notizia erodotea sull'Egitto (II, 25). Essa è fornita
inaspettatamente da Edipo nel biasimo che rivolge ai figli che lo hanno
abbandonato mentre le figlie lo hanno seguito nella sventura: La loro natura e
il loro modo di vita è in tutto simile a quello degli Egizi! Lì i maschi stanno
in casa a tessere, e le loro donne vanno sempre fuori a procurare il necessario
per vivere (Edipo a Colono , vv.
337-341)". L. Canfora, Storia Della
Letteratura Greca , p. 151).
[11]L.
Canfora, Storia Della Letteratura Greca ,
p. 152.
[12]In primis la venerazione dell'oracolo
delfico e il rifiuto della tirannide.
[13]Hegel,
Fenomenologia dello spirito , trad.
it. Rusconi, Milano, 1995, p. 33O.
[14]G. Steiner, Dopo Babele , p. 69.
La figura di Antigone è affascinante e di una modernità assoluta. Giovanna Tocco
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