NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

LE NUOVE DATE! Protagonisti della Storia Antica | Biblioteche Bologna   -  Tutte le date link per partecipare da casa:    meet.google.com/yj...

venerdì 18 marzo 2016

Ghenos e famiglia. Parte I

Giuseppe Diotti, Testa di Creonte

PER VISUALIZZARE IL GRECO CLICCA QUI E SCARICA IL FONT HELLENIKA


Il difficile rapporto tra i legami di sangue e il vincolo matrimoniale
  
L'Antigone di Sofocle (vv. 635 - 638 e 907 - 921). Antigone e la moglie di Intaferne (Erodoto, III 118 - 119 ). L'ambiguità del linguaggio drammatico e la difficoltà di capirsi. Sofocle e Pirandello. Le nozze e la maternità negate. Il letto nuziale come contro parte alla tomba. L'umanesimo di Antigone come condivisione di amore (v. 523). Anche per insegnare è necessario l'amore.

Il matrimonio talora mette in conflitto i figli con i genitori.
L'impossibilità di sposarsi può dipendere da un legame troppo forte, forse patologico, con la famiglia d'origine.
Nell'Antigone di Sofocle, Emone, quando ancora cerca di evitare la rottura con il padre, il tiranno Creonte che ha condannato a morte la sua promessa sposa, gli dice:
"Padre, sono tuo, e tu con le tue buone ragioni/mi dai direttive che certamente io seguirò/Infatti da me nessun matrimonio sarà stimato/più grande da conseguire di te che sei una buona guida" (vv. 635 - 638).
il matrimonio è un grande travaglio che ostacola le altre relazioni e addirittura gli affetti tra i consanguinei, comunque una gara dura per gli esseri umani: “mevga" ga;r ajgw;n gavmo" ajnqrwvpwn", sostiene Antifonte sofista[1]. "Il problema del matrimonio è che finisce tutte le notti dopo che si è fatto l'amore, e bisogna tornare a ricostruirlo tutte le mattine prima della colazione" sostiene il dottor Urbino, "il marito" di un romanzo di Màrquez[2] sul quale torneremo.
L'Antigone di Sofocle afferma con insistenza la forza dei vincoli di sangue, tanto che G. Steiner suggerisce di commentare il primo verso della tragedia "O capo davvero fraterno di Ismene, sangue mio", con i "capitoli dedicati a Ulrich e ad Agathe nell'Uomo senza qualità. ...In entrambi i testi, le voci della consanguineità emergono dalle incertezze consolatrici della notte e, allo stesso tempo, cercano di ritornarvi"[3].
Ecco, ad esempio, alcune frasi del romanzo di Musil sul forte sentimento della fratellanza provato dal protagonista: “egli si trovava senza dubbio nella propria pelle ma tuttavia si sentiva attratto fuori di se stesso come se gli venisse assegnato un secondo corpo molto più bello. Perciò quando si fu raddrizzato disse alla sorella: - Adesso ho capito chi sei tu: sei il mio amor proprio! - La frase suonava strana, ma descriveva bene ciò che Ulrich sentiva. - Un vero amor proprio come lo posseggono gli altri mi è sempre mancato, in un certo senso,  - egli spiegò. - E adesso mi pare evidente che, per errore o per destino, era personificato in te!  -  aggiunse senz'altro"[4].
Sofocle, sostiene Hauser, "fin da principio sacrifica l'idea dello stato popolare democratico agli ideali dell'etica nobiliare; e, nella lotta fra il diritto familiare privato e il potere assoluto ed egualitario dello Stato, parteggia risolutamente per l'idea tribale"[5]. Ma la famiglia della ragazza di Sofocle è solo quella di origine, quella del passato. Ella non vuole vivere un futuro con Emone.
 I versi più citati per identificare questa scelta sono quelli (904 - 915) nei quali la ragazza si rivolge al fratello morto e onorato con la sepoltura nonostante i divieti del tiranno. Vediamoli insieme con altri attraverso i quali Antigone dichiara la propria rinuncia alla vita per amore dei suoi morti.

Greco (vv. 891 - 921)
"O tomba, o talamo, o dimora/scavata nella terra che mi custodirà per sempre, dove vado/dai miei cari, un grandissimo numero dei quali/morti, Persefone ha preso tra i morti/tra i quali ultima io e di gran lunga nel più cattivo dei modi/discendo, prima che sia giunta al termine la mia porzione di vita/ Però, arrivata tra voi, nutro con forza tra le mie speranze/quella che giungerò cara al padre e gradita a te,/madre, e cara a te, capo fraterno/ Poiché di mia mano io vi lavai/quando siete caduti e vi composi e vi offrii/le libagioni funebri; e ora, Polinice, per avere/coperto il tuo corpo, ricevo tali ricompense/ Eppure io ti ho reso onore giustamente secondo chi ha senno./Mai infatti se avessi avuto natura di madre di figli/né se fosse andato in putrefazione il mio sposo morto,/mi sarei caricata di questa penosa fatica contro la volontà dei cittadini/ In forza di quale principio dico questo?/ Lo sposo, morto uno, ce ne sarebbe stato un altro per me,/e un figlio, da un altro uomo, se avessi perduto questo,/ma siccome il padre e la madre sono racchiusi nell'Ade,/non c'è fratello che possa sbocciare mai più/.Secondo tale norma certo, io ho onorato sopra tutti te,/e a Creonte sembrai errare in questo/e osare spaventosi delitti, o capo fraterno./ Ed ora mi trascina dopo avermi afferrata con le mani/priva di talamo, di imeneo, senza che abbia ricevuto/destino di nozze di qualsiasi sorta, né di allattamento di figli,/ma così deserta di amici io la sventurata/scendo viva nelle fosse dei morti/Per avere trasgredito quale legge degli dei?".

 -  numfei'on: con il sottinteso dw'ma significa letteralmente "stanza della sposa" ed è, con amara ironia, il luogo dove stanno conducendo la ragazza a morire. Ella raggiunge i morti con qualche rimpianto per la vita cui ha rinunciato. Antigone si sente l'ultima (loisqiva) dei Labdacidi. Similmente il quindicenne Hanno Buddenbrook di T. Mann pose una riga sotto il suo nome nell'albero genealogico della famiglia, e quando il padre, il senatore Thomas, lo sgridò chiedendogli la ragione di tale monelleria, "il ragazzo, ritraendosi e portando una mano alla guancia, balbettò: “Credevo....credevo...non dovesse seguire altro"[6].
Con il verbo "nutro" (trevfw) Antigone che ha rinunciato ai figli, rivela, forse senza volere, di avere deviato verso i morti l'istinto della nutrice (trofeuv" ) che la femmina sente sempre molto fortemente. I termini carichi di forza affettiva (fivlh...prosfilhv"...fivlh) indicano che tutti i sentimenti buoni della fanciulla sono interni alla cerchia dei consanguinei defunti.
Secondo E. Fromm non riuscire a staccarsi dal proprio sangue è una forma di dismisura e di pazzia. Egli definisce matura la persona che "si è liberata delle figure esteriori del padre e della madre e li ha ricreati in se stessa"[7]. Infatti: “ Rimanendo legato alla natura, alla madre o al padre, l'uomo riesce quindi a sentirsi a suo agio nel mondo[8], ma, per la sua sicurezza, paga un prezzo altissimo, quello della sottomissione e della dipendenza, nonché il blocco del pieno sviluppo della sua ragione e della sua capacità di amare. Egli resta un fanciullo mentre vorrebbe diventare un adulto"[9]. - kajkovsmhsa è crasi di kai; ejkovsmhsa, aoristo di kosmevw. Antigone vuole ripristinare il cosmo turbato da Creonte. Il kovsmo" dei morti è l' onore funebre, mentre il loro cavo" è lo sconciamento cui il tiranno ha condannato il cadavere di Polinice. In fondo anche questo dramma, come tanta parte della letteratura greca rappresenta lo scontro tra Caos e Cosmo. Il corpo umano quando è bello e si trova nel fiore della giovinezza presenta un riflesso della divinità e Antigone, cosmizzando il cadavere, cerca di restituire al fratello un ultimo baluginìo di quella luce. Alcuni critici considerano i versi dal 905 al 912, o addirittura al 928, aggiunti, magari dallo stesso Sofocle, in risposta all'Alcesti di Euripide dove la moglie dà la vita per il marito.

"Molti studiosi moderni, incoraggiati da un estemporaneo giudizio di Goethe, hanno cercato di togliere ad Antigone quello strano ragionamento, dichiarando spuri quei versi e rimuovendoli, in tutto o in parte, dal contesto.
Pagherei qualche cosa - diceva Goethe in una conversazione del 28 marzo 1827 riferita da Eckermann - , se un valente filologo ci dimostrasse che è interpolato e non genuino. Dopoché l'eroina, nel corso del dramma, ha esposto magnificamente le ragioni del suo atto e mostrato tutta la nobiltà della sua purissima anima, quando poi va alla morte, esce in un motivo assolutamente infelice e che quasi rade il comico. Ciò che ha fatto per il fratello, ella dice, non l'avrebbe fatto se fosse stata madre, per i figlioli morti, non l'avrebbe fatto per il marito morto...Questo è il nudo senso almeno di questo luogo, che, in bocca all'eroina che va alla morte, distrugge il sentimento tragico, e mi sembra molto ricercato, e mi sa persino di calcolo dialettico. Come dicevo, avrei bisogno che un buon filologo ci dimostrasse che quel passo è spurio" (Colloqui con Eckermann , trad. di Eugenio Donadoni, II, pp. 203 - 204). Però già Aristotele conosce quei versi (Retorica 1417a32 - 33); e comunque il caso, analogo, dell'Edipo a Colono [10] dovrebbe scoraggiare quei tentativi"[11].
 Questi sono versi non solo sofoclei ma anche del tutto ortodossi nella loro vicinanza a un episodio di Erodoto. Lo storiografo di Alicarnasso, con il quale il drammaturgo ha diversi punti in comune[12], racconta (III 118 - 119 ) che la moglie del nobile persiano Intaferne, potendo salvare uno solo dei suoi congiunti imprigionati dal re Dario, scelse il fratello. Il monarca allora le domandò per quale ragione avesse abbandonato il marito e i figli, ed ella rispose che di marito e figli poteva averne altri ma, essendole morti i genitori, un altro fatello non poteva nascere in nessun modo (ajdelfeo;" aj;n a[llo" oujdeni; trovpw/ gevnoito, III, 119, 6).
Questo significa l'importanza che i due autori danno ai rapporti di sangue, un rilievo che si può ulteriormente evidenziare confrontando la scelta di queste donne sororali con quella di alcuni personaggi di Euripide, come Medea che uccide il fratello Apsirto per amore di Giasone, o Admeto il quale, per compiacere Alcesti morente, le promette: porterò il lutto vedovile "stugw'n me;n hJv m& e[tikten, ejcqaivrwn d& ejmo;n - patevra"(vv.338 - 339), detestando quella che mi partoriva e odiando mio padre.  - novmou: il principio generale è quello per cui il carattere della propria stirpe secondo alcuni è talmente speciale che nessuno esterno a questa potrà esserci così vicino e congeniale come i nostri consanguinei.

Infatti i Faraoni e i successivi Tolomei si sposavano tra fratelli. - a[llo"a[llou: se si vuole avere un figlio, un uomo vale un altro in questa concezione per la quale sono importanti solo i rapporti tra i consanguinei. Sentiamo il commento di Hegel su questi versi: “Agli occhi della sorella, il fratello rappresenta in generale l'essenza quieta e uguale alla propria. La sorella si riconosce nel fratello in modo puro, senza la commistione di un rapporto naturale. Nella relazione fratello - sorella non sono date perciò l'indifferenza e l'accidentalità etica della singolarità. Qui, piuttosto, può affermare il proprio diritto il momento del Sé singolare che riconosce e viene riconosciuto; questo Sé, infatti, è legato all'equilibrio del sangue e al rapporto estraneo al desiderio. Ecco perché per la sorella la perdita del fratello è insostituibile, e il suo dovere verso di lui è il dovere supremo"[13]. Locus similis troviamo nel Macbeth, quando la moglie di Macduff dopo avere esecrato lo sposo fuggito dice al figlio: “I can buy me twenty at any market " (IV, 2), posso comprarmene venti ad ogni mercato.
Questi versi e i precedenti pronunciati dalla fanciulla contengono protasi e apodosi di periodi ipotetici e un ottativo potenziale (a]n blavstoi). Sull'impiego di tali costruzioni e di questo modo da parte di Antigone, anzi delle donne in generale, sentiamo un'osservazione di Steiner: “ La prima impressione è che il linguaggio femminile sia più ricco di quello maschile in quelle sfumature di desiderio e di progetti futuri note in greco e in sanscrito come ottativo; si ha l'impressione che le donne esprimano molto più frequentemente propositi ipotetici e promesse velate"[14]. -  toiw'/'denovmw/ : La parola novmo" in questa tragedia segnala più di altre l'ambiguità dell'affabulazione drammatica e la conflittualità dei caratteri di Antigone e Creonte.


continua




[1]Intorno alla Concordia fr. 49 Untersteiner.
[2] L'amore ai tempi del colera, p. 222.
[3]Le Antigoni , p. 240.
[4]R. Musil, L'uomo senza qualità , p. 871.
[5]A. Hauser, Storia sociale dell'arte, vol. I, p. 122.
[6]T. Mann, I Buddenbrook , p. 335.
[7]E. Fromm, L'arte d'amare , p. 61.
[8]Non certo nel caso di Antigone, o di Aiace, che comunque fondano l'identità sull'imitazione della figura paterna.
[9]E. Fromm, La rivoluzione della speranza , p. 80.
[10]"Altrettanto voluto è, nell'Edipo a Colono , il riferimento ad una notizia erodotea sull'Egitto (II, 25). Essa è fornita inaspettatamente da Edipo nel biasimo che rivolge ai figli che lo hanno abbandonato mentre le figlie lo hanno seguito nella sventura: La loro natura e il loro modo di vita è in tutto simile a quello degli Egizi! Lì i maschi stanno in casa a tessere, e le loro donne vanno sempre fuori a procurare il necessario per vivere (Edipo a Colono , vv. 337-341)". L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 151).
[11]L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 152.
[12]In primis la venerazione dell'oracolo delfico e il rifiuto della tirannide.
[13]Hegel, Fenomenologia dello spirito , trad. it. Rusconi, Milano, 1995, p. 33O.
[14]G. Steiner, Dopo Babele , p. 69.

1 commento:

  1. La figura di Antigone è affascinante e di una modernità assoluta. Giovanna Tocco

    RispondiElimina