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Presentazione del libro Limite di Remo Bodei,
Editore Il Mulino, 2016
E’ uscito un nuovo libro di Remo Bodei: Limite.
Sto leggendolo con
piacere e profitto mentale: voglio scriverne per imparare quanto mi piace e
quanto mi aiuta ad accrescere le mie conoscenze, e pure la mia coscienza
attraverso nuovi collegamenti con quello che già so. Poi voglio farne conoscere
alcune parti ai miei lettori, motivandoli magari a leggerlo tutto.
Si tratta di centoventicinque pagine divise in tre parti.
La prima è intitolata I
nostri limiti fisiologici.
Cominciamo a vedere il primo capitolo: Esistono ancora confini invalicabili?
Siamo tutti condizionati e limitati tanto da agenti esterni
quanto da fattori interni[1].
Magari alcuni limiti, con l’intelligenza possono essere trasformati
in stimoli, o pure elusi.
“La condizione della specie umana è però contraddistinta
dall’essere circoscritta da limiti che sono mobili e cangianti, in quanto-a
differenza di altri animali-ha una storia articolata in culture che si
modificano nel corso del tempo” (Limite,
pp. 7).
Nel corso dei secoli, e soprattutto in questi più recenti,
molti limiti millenari sono stati superati.
“La ripetuta e vittoriosa esperienza del varcare ogni genere
di confini (geografici, scientifici, religiosi, politici, ambientali, perfino
biologici) avrebbe pertanto finito per generare una sorta di delirio di
onnipotenza, di vertiginosa autoesaltazione spinta al punto di negare che, in
linea di principio, esistano limiti invalicabili[2]” (p.
8).
Un limite
assolutamente non eludibile è di sicuro quello della morte come nota il Coro
dei vecchi tebani nel primo stasimo dell’Antigone:
“ {Aida
movnon-feu`xin ouj ejpaxetai” (vv. 361-362), da Ade soltanto non potrà
procurarsi scampo. Il soggetto è l’uomo, la più inquietante delle creature.
Di fatto alcuni limiti sono stati “semplicemente spostati in
avanti”, altri sono diventati latenti “altri ancora li hanno addirittura
riproposti, rivendicati e perfino violentemente rafforzati mediante la
restaurazione dogmatica di fedi, mentalità e comportamenti del passato” (p. 9)
Bodei fa l’esempio “dell’applicazione letterale della sharia, che significa, appunto, ritorno
alla ‘strada battuta’” (p. 9).
E’ perciò un ritorno che viene proposto, o avviene,
metodicamente[3].
Quindi l’autore ricorda l’erezione di nuovi muri e la
sussistenza di altri dopo la caduta di quello famigerato tra le due Berlino (tra
le due Corèe, tra Israele e la
Cisgiordania , o la barriera di filo spinato tra la Serbia e l’Ungheria).
Personalmente ho notato l’apparire e l’affermarsi di nuovi
tabù che limitano la parresìa, la
libera espressione delle opinioni. Luoghi comuni di ieri possono diventare
espressioni “politicamente scorrette” e censurate oggi o domani.
La moda sfacciata si appropria di tutto.
Le religioni generalmente fanno sperare in una felicità
ultraterrena, non senza ricorrere talora all’intolleranza per imporre i propri
valori, come vediamo, mentre “la modernità laica di radice illuministica”
annuncia una progressione della nostra specie al di là di ogni limite.
“Nel demolire gli ostacoli, lo sviluppo delle scienze e
delle tecniche è talmente prodigioso da proiettare i suoi successi su ogni altro
aspetto della modernità, fino a rendere plausibile la tesi dell’annientamento
di ogni limite (…) la fisica ha raggiunto risultati in precedenza inconcepibili
nello svelare gli enigmi della materia e del cosmo; le biotecnologie preparano
l’avvento di uomini geneticamente modificati e longevi, in grado di sconfiggere
malattie considerate finora incurabili (…) l’informatica, l’intelligenza
artificiale, la robotica e le nanotecnologie non cessano di stupire con i loro
avanzamenti” (p. 11).
Per quanto riguarda gli enigmi svelati della materia, credo
che tale rivelazione non abbia risolto il problema dei misteri celati dentro
ciascuno di noi: mi viene in mente il film Edipo
re di Pasolini, dove la
Sfinge di Tebe grida a Edipo, il risolutore dell’enigma da
lei proposto: “il burrone nel quale mi getti è dentro di te”.
Ricordo anche Socrate,
personaggio del Fedro, che nel
prologo del dialogo platonico dice di non essere un sapiente ma un uomo strano
(a[topo~) che non tenta nemmeno di dare
una spiegazione razionale ai miti w{sper
oiJ sofoiv, come fanno i sapienti appunto,
i quali sostengono che Orizia non fu rapita da Borea, ma fu un colpo di
vento a precipitarla da una rupe. Tali interpretazioni, continua Socrate
parlando a Fedro, sono ingegnose ma chi se ne occupa non è molto fortunato,
siccome poi sente la necessità di raddrizzare (ejpanorqou`sqai)
Ippocentauri, Chimere, Gorgoni e Pegasi. Ebbene, per questo lavoro ci vuole
molto tempo libero che Socrate dice di non avere (ejmoi; de; pro;;~ aujta; oujdamw`~ scolhv) in quanto non è
ancora in grado di conoscere se stesso secondo l’epigrafe delfica (ouj duvnamaiv pw kata; to; Delfiko;n gravmma
gnw`nai ejmautovn). Prima di indagare su cose che gli sono estranèe
dunque, Socrate deve esaminare se stesso (229 C-230 A ).
Torno a Bodei il quale intende suddividere una domanda
generica sui limiti in certi “interrogativi specifici: a) ci sono limiti che, diversamente da quelli scientifici o
intellettuali, non dovremmo mai infrangere? b)
la violazione di proibizioni etiche, di venerandi tabù religiosi, di collaudati
modelli di convivenza o il brusco sovvertimento d’istituzioni politiche tradizionali
ci sospingono rischiosamente verso l’ignoto e ci faranno in breve precipitare nell’abisso
dell’anarchia? c) mediante quali
criteri dobbiamo distinguere gli ostacoli che è giusto o lecito rovesciare?”
(p. 12).
Musil fa dire a Ulrich: “sostengo che non vi è profonda
felicità senza morale profonda”[4]. Io
credo che il fondamento della morale sia non danneggiare la vita ma favorirla,
e che il limite del nostro agire debba essere dettato da questo criterio.
La caduta di ogni limite è identificata da Ivan Karamazov nella
perdita della fede nella immortalità: “se si distruggesse negli uomini la fede
nella loro immortalità, immediatamente scomparirebbe anche l’amore dai loro
cuori, e non solo l’amore ma anche ogni forza vitale, capace di perpetuare l’esistenza
del mondo. Né questo basta: ma allora non esisterebbe più nulla d’immortale,
tutto sarebbe permesso, persino l’antropofagia”[5]
“Di fronte alla complessità di simili questioni è diventato
urgente ripensare l’idea di limite (…) in modo da essere meglio in grado di
definire l’estensione della nostra libertà e di calibrare la gittata dei nostri
desideri” (p. 12).
Questi desideri nostri, talora inquietanti, a volte latori
di ripensamenti o rimorsi se soddisfatti, spesso insoddisfatti e frustranti, mi
fanno venire in mente l’ejpiqumhtikonv
di Platone, la parte appetitivi che va guidata e controllata dal logistikovn, la parte razionale aiutata
dall qumoeidev~, la parte animosa[6].
Sentiamo da Bodei la conclusione di questo primo capitolo:
“A questo scopo sarà utile conoscere i molteplici e concreti aspetti dei
singoli limiti, riscoprirne, di volta in volta, le ragioni, stabilirne i
criteri di rilevanza e compierne un’attenta mappatura” (Limite, p. 12)
giovanni ghiselli
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[1] Si potrebbero chiamare
rispettivamente eventa e coniuncta seguendo Lucrezio (cfr. De rerum natura, I, 449-450).
[2] L’idea che “non esistono
verità indiscutibili che guidino la nostra vita (verità che coincidono con
quelle professate dal cristianesimo), porta anche oggi a credere, secondo papa
Francesco, che la libertà umana non abbia limiti, cfr. l’enciclica Laudato si’, del 24 maggio 2015,
paragrafo 6.
[4] L’uomo senza qualità, Verso il regno millenario, 22.
[5] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, I, 2, 6.
[6] Cfr. Platone, Repubblica, 439d ss.
Giovanna Tocco
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