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lunedì 21 marzo 2016

Presentazione del libro "Limite" di Remo Bodei

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Presentazione del libro Limite di Remo Bodei,
Editore Il Mulino, 2016

E’ uscito un nuovo libro di Remo Bodei: Limite.
Sto leggendolo con piacere e profitto mentale: voglio scriverne per imparare quanto mi piace e quanto mi aiuta ad accrescere le mie conoscenze, e pure la mia coscienza attraverso nuovi collegamenti con quello che già so. Poi voglio farne conoscere alcune parti ai miei lettori, motivandoli magari a leggerlo tutto.
Si tratta di centoventicinque pagine divise in tre parti.
La prima è intitolata I nostri limiti fisiologici.
Cominciamo a vedere il primo capitolo: Esistono ancora confini invalicabili?
Siamo tutti condizionati e limitati tanto da agenti esterni quanto da fattori interni[1].
Magari alcuni limiti, con l’intelligenza possono essere trasformati in stimoli, o pure elusi.
“La condizione della specie umana è però contraddistinta dall’essere circoscritta da limiti che sono mobili e cangianti, in quanto-a differenza di altri animali-ha una storia articolata in culture che si modificano nel corso del tempo” (Limite, pp. 7).
Nel corso dei secoli, e soprattutto in questi più recenti, molti limiti millenari sono stati superati.
“La ripetuta e vittoriosa esperienza del varcare ogni genere di confini (geografici, scientifici, religiosi, politici, ambientali, perfino biologici) avrebbe pertanto finito per generare una sorta di delirio di onnipotenza, di vertiginosa autoesaltazione spinta al punto di negare che, in linea di principio, esistano limiti invalicabili[2]” (p. 8).

 Un limite assolutamente non eludibile è di sicuro quello della morte come nota il Coro dei vecchi tebani nel primo stasimo dell’Antigone: “  {Aida movnon-feu`xin ouj ejpaxetai” (vv. 361-362), da Ade soltanto non potrà procurarsi scampo. Il soggetto è l’uomo, la più inquietante delle creature.

Di fatto alcuni limiti sono stati “semplicemente spostati in avanti”, altri sono diventati latenti “altri ancora li hanno addirittura riproposti, rivendicati e perfino violentemente rafforzati mediante la restaurazione dogmatica di fedi, mentalità e comportamenti del passato” (p. 9)
Bodei fa l’esempio “dell’applicazione letterale della sharia, che significa, appunto, ritorno alla ‘strada battuta’” (p. 9).
E’ perciò un ritorno che viene proposto, o avviene, metodicamente[3].
Quindi l’autore ricorda l’erezione di nuovi muri e la sussistenza di altri dopo la caduta di quello famigerato tra le due Berlino (tra le due Corèe, tra Israele e la Cisgiordania, o la barriera di filo spinato tra la Serbia e l’Ungheria).
Personalmente ho notato l’apparire e l’affermarsi di nuovi tabù che limitano la parresìa, la libera espressione delle opinioni. Luoghi comuni di ieri possono diventare espressioni “politicamente scorrette” e censurate oggi o domani.
La moda sfacciata si appropria di tutto.
Le religioni generalmente fanno sperare in una felicità ultraterrena, non senza ricorrere talora all’intolleranza per imporre i propri valori, come vediamo, mentre “la modernità laica di radice illuministica” annuncia una progressione della nostra specie al di là di ogni limite.
“Nel demolire gli ostacoli, lo sviluppo delle scienze e delle tecniche è talmente prodigioso da proiettare i suoi successi su ogni altro aspetto della modernità, fino a rendere plausibile la tesi dell’annientamento di ogni limite (…) la fisica ha raggiunto risultati in precedenza inconcepibili nello svelare gli enigmi della materia e del cosmo; le biotecnologie preparano l’avvento di uomini geneticamente modificati e longevi, in grado di sconfiggere malattie considerate finora incurabili (…) l’informatica, l’intelligenza artificiale, la robotica e le nanotecnologie non cessano di stupire con i loro avanzamenti” (p. 11).
Per quanto riguarda gli enigmi svelati della materia, credo che tale rivelazione non abbia risolto il problema dei misteri celati dentro ciascuno di noi: mi viene in mente il film Edipo re di Pasolini, dove la Sfinge di Tebe grida a Edipo, il risolutore dell’enigma da lei proposto: “il burrone nel quale mi getti è dentro di te”.
 Ricordo anche Socrate, personaggio del Fedro, che nel prologo del dialogo platonico dice di non essere un sapiente ma un uomo strano (a[topo~) che non tenta nemmeno di dare una spiegazione razionale ai miti w{sper oiJ sofoiv, come fanno i sapienti appunto, i quali sostengono che Orizia non fu rapita da Borea, ma fu un colpo di vento a precipitarla da una rupe. Tali interpretazioni, continua Socrate parlando a Fedro, sono ingegnose ma chi se ne occupa non è molto fortunato, siccome poi sente la necessità di raddrizzare (ejpanorqou`sqai) Ippocentauri, Chimere, Gorgoni e Pegasi. Ebbene, per questo lavoro ci vuole molto tempo libero che Socrate dice di non avere (ejmoi; de; pro;;~ aujta; oujdamw`~ scolhv) in quanto non è ancora in grado di conoscere se stesso secondo l’epigrafe delfica (ouj duvnamaiv pw kata; to; Delfiko;n gravmma gnw`nai ejmautovn). Prima di indagare su cose che gli sono estranèe dunque, Socrate deve esaminare se stesso (229 C-230 A).
Torno a Bodei il quale intende suddividere una domanda generica sui limiti in certi “interrogativi specifici: a) ci sono limiti che, diversamente da quelli scientifici o intellettuali, non dovremmo mai infrangere? b) la violazione di proibizioni etiche, di venerandi tabù religiosi, di collaudati modelli di convivenza o il brusco sovvertimento d’istituzioni politiche tradizionali ci sospingono rischiosamente verso l’ignoto e ci faranno in breve precipitare   nell’abisso dell’anarchia? c) mediante quali criteri dobbiamo distinguere gli ostacoli che è giusto o lecito rovesciare?” (p. 12).

Musil fa dire a Ulrich: “sostengo che non vi è profonda felicità senza morale profonda”[4]. Io credo che il fondamento della morale sia non danneggiare la vita ma favorirla, e che il limite del nostro agire debba essere dettato da questo criterio.
La caduta di ogni limite è identificata da Ivan Karamazov nella perdita della fede nella immortalità: “se si distruggesse negli uomini la fede nella loro immortalità, immediatamente scomparirebbe anche l’amore dai loro cuori, e non solo l’amore ma anche ogni forza vitale, capace di perpetuare l’esistenza del mondo. Né questo basta: ma allora non esisterebbe più nulla d’immortale, tutto sarebbe permesso, persino l’antropofagia”[5]

“Di fronte alla complessità di simili questioni è diventato urgente ripensare l’idea di limite (…) in modo da essere meglio in grado di definire l’estensione della nostra libertà e di calibrare la gittata dei nostri desideri” (p. 12).

Questi desideri nostri, talora inquietanti, a volte latori di ripensamenti o rimorsi se soddisfatti, spesso insoddisfatti e frustranti, mi fanno venire in mente l’ejpiqumhtikonv di Platone, la parte appetitivi che va guidata e controllata dal logistikovn, la parte razionale aiutata dall qumoeidev~, la parte animosa[6].

Sentiamo da Bodei la conclusione di questo primo capitolo: “A questo scopo sarà utile conoscere i molteplici e concreti aspetti dei singoli limiti, riscoprirne, di volta in volta, le ragioni, stabilirne i criteri di rilevanza e compierne un’attenta mappatura” (Limite, p. 12)




giovanni ghiselli

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[1] Si potrebbero chiamare rispettivamente eventa e coniuncta seguendo Lucrezio (cfr. De rerum natura, I, 449-450).
[2] L’idea che “non esistono verità indiscutibili che guidino la nostra vita (verità che coincidono con quelle professate dal cristianesimo), porta anche oggi a credere, secondo papa Francesco, che la libertà umana non abbia limiti, cfr. l’enciclica Laudato si’, del 24 maggio 2015, paragrafo 6.
[3] La parola mevqodo~ è formata da metav e oJdov~ (“via)
[4] L’uomo senza qualità, Verso il regno millenario, 22.
[5] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, I, 2, 6.
[6] Cfr. Platone, Repubblica, 439d ss.

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