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mercoledì 9 marzo 2016

Matrimonio e Adulterio. Parte II

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La polvere

La polvere nella letteratura antica è segno di aridità, sterilità e morte.

Nell'Agamennone  di Eschilo  la  polvere è definita "assetata sorella del fango" (vv. 494-495) . Platone attribuisce alla polvere e all'aridità significati negativi: nel mito di Er della Repubblica  le anime che vengono dal viaggio millenario sottoterra sono "mesta;" aujcmou' te kai; kovnew"" (614d), piene di squallida aridità e di polvere.
Nel carme 66 di Catullo, i versi di biasimo dell'adulterio (79-88) aggiunti alla Chioma di Berenice di Callimaco associano la polvere all'impurità delle spose infedeli:"sed quae se impuro dedit adulterio,/ illius a! mala dona levis bibat irrita pulvis ", ma se qualcuna si concede all'impuro adulterio, ah la polvere leggera beva inutilmente i doni cattivi di quella (84-85).
Pure nell'Oedipus  di Seneca il morbo del cielo (Fecimus coelum nocens , abbiamo reso funesto il cielo, si autoaccusa Edipo, v.36) si riflette nell'aridità della terra:"Deseruit amnes humor atque herbas color,/aretque Dirce; tenuis Ismenos fluit,/et tingit inopi nuda vix unda vada "(41-44), l'acqua ha abbandonato i fiumi e il colore le erbe, e Dirce è secca; come un rigagnolo scorre l'Ismeno e con l'onda senz'acqua bagna a stento il letto vuoto. 
Nella Waste land  di Eliot  si legge:"I will show you fear in a handful of dust " (v. 30), in un pugno di polvere vi mostrerò la paura.
E più avanti:"Qui non c'è acqua ma soltanto roccia/Roccia e non acqua e la strada di sabbia/La strada che serpeggia lassù fra le montagne/Che sono montagne di roccia senz'acqua (vv. 331-334)...Vi fosse almeno acqua fra la roccia (v. 338)...Non c'è neppure silenzio fra i monti/Ma secco sterile tuono senza pioggia/Non c'è neppur solitudine fra i monti(vv. 341-343)...Ma non c'è acqua(v. 358)".
D'Annunzio ambienta il dramma La città morta  (del 1898) "Nell'Argolide "sitibonda" presso le rovine di Micene "ricca d'oro" dove Bianca Maria "tenendo tra le mani un libro aperto-l'Antigone di Sofocle- legge con voce lenta e grave" (I, 1).
-dusmenevessin=dusmenevsin, dativo plurale di dusmenhv" con  geminazione eolica della vocale e della sibilante per necessità metrica, metri gratia .-seu'=sou'.- ken: introduce a[ghtai, congiuntivo medio di a[[gw,  e corrisponde all'attico a[n. "Per motivi metrici a[n non ha mai potuto soppiantare l'eolica ke, la quale offriva diverso impiego metrico. Il poeta epico, per sua comodità, aggiunge anche un -n efelcistico, tipicamente ionico, a una particella non ionica e forma ken"[1].-ajpouvra" : participio dell'aoristo ajphuvra, senza presente. 

Ettore dunque è immerso nella civiltà di vergogna e fa gran conto della sua reputazione di eroe che del resto è pure la sua identità: egli, come Achille, come Aiace, cerca l'onore (timhv ) la cui perdita per il campione omerico è la tragedia massima. Il compenso che il prode si aspetta in cambio dell' ajrethv dimostrata obbedendo a obblighi impegnativi fino al sacrificio, è un riconoscimento in termini di onore: la timhv negata è una tragedia per il valoroso che si è distinto in battaglia: Achille si rifiuta di combattere constando che l'uomo codardo e il valoroso sono tenuti nello stesso onore:" ejn de; ijh'/ timh'/ hjme;n kako;" hjde; kai; ejsqlov""[2]. Allora sua madre implora Zeus di onorargli il figlio:"tivmhsovn moi uiJovn"[3], onora mio figlio-prega-, poiché è di vita più breve degli altri, e il signore di genti Agamennone lo disonorò ("hjtivmhsen"[4]) : gli ha preso il suo dono e lo tiene. Achille per reazione allo scarso onore resogli da Agamennone arriva a provocare, sia pur involontariamente, la morte dell'amico Patroclo. Aiace giunge addirittura a uccidersi  "per disdegnoso gusto". Ettore in effetti conserverà l'onore acquistato versando sangue per la patria fino alla chiusa dei Sepolcri di Foscolo e oltre.
Generoso come difensore troiano è stato il figlio di Priamo e pure buon marito che  rispetta e ama la moglie. Meno rispettoso della sua è Agamennone il quale, sempre nell' Iliade , afferma di preferire a Clitennestra Criseide in quanto la schiava-amante non le era inferiore "per il corpo né per la figura né per la mente né per le opere" (I, 115).
Nell'Agamennone  di Eschilo anzi pare  che sia stato questo  amore ancillare troppo elogiato a mettere  in moto il risentimento della moglie legittima:"kei'tai gunaiko;" th'sde lumanthvrio",-Crushivdwn meivligma tw'n uJp j  jIlivw/"(vv. 1438-1439), giace a terra il distruttore di questa donna,/la delizia delle Criseidi sotto Ilio , grida Clitennestra dopo l'assassinio dello sposo. Non bassa comunque è la situazione della sposa troiana. 

 Particolarmente significativo dell'alta condizione della donna nell'epos omerico, è il  consiglio che Nausicaa dà a Ulisse nel VI canto: il naufrago deve chiedere aiuto non al re ma alla regina sua madre se vuole vedere il dì del ritorno (vv. 310-315).
  "La posizione sociale della donna non fu mai più, presso i Greci, così elevata come sul declinare del periodo cavalleresco omerico. Arete, la consorte del principe dei Feaci, è onorata dal popolo come una dea. Ne compone i litigi col suo presentarsi e determina le decisioni del marito col suo intervento o col suo consiglio[5]. Per ottenere di ritornare ad Itaca con l'aiuto dei Feaci, Odisseo, dietro suggerimento di Nausicaa, non si rivolge in primo luogo al padre di lei, al Re, ma abbraccia implorando le ginocchia della sovrana, ché decisiva è la benevolenza di questa per far esaudire la preghiera[6]. Quanta sicurezza nel contegno della stessa Penelope, così sola e abbandonata, di fronte allo sciame dei pretendenti che tumultuano protervi: ella infatti può sempre contare sul rispetto assoluto della sua persona e della sua dignità di donna[7]. I modi cortesi dei nobili signori con le donne del loro ceto è prodotto di un'annosa cultura e di un'alta educazione sociale. La donna è rispettata e onorata non solo quale essere socialmente utile, come nella famiglia contadina secondo l'insegnamento d'Esiodo[8], né solo quale madre della prole legittima, come nella borghesia greca posteriore, per quanto anche per i nobili, appunto, fieri del proprio albero genealogico, la donna debba avere importanza quale genitrice di un'eletta stirpe[9]. Essa è la rappresentante e la custode d'ogni elevato costume e tradizione. Questa sua dignità spirituale influisce anche sul comportamento amoroso dell'uomo. Nel primo canto dell'Odissea , che rappresenta in tutto idee morali più raffinate che le parti più antiche dell'epopea, troviamo un tratto notevole quanto alla relazione tra i due sessi. Quando Euriclea, la fida e onorata servente, scorta con la fiaccola Telemaco sino alla stanza da letto, il poeta, al modo epico, ne narra brevemente la vita. Il vecchio Laerte la comperò un giorno, quand'era una bella fanciulla, a carissimo prezzo. Per tutta la vita la tenne nella sua casa in onore pari a quello in cui era la nobile consorte, ma, per riguardo a questa, senza mai divider con essa il letto"[10].




Nel VI canto dell'Odissea Ulisse augura a Nausicaa quello che secondo lui è il bene più grande che le possa capitare. Versi 180-185  in greco.
Traduzione.
"A te gli dèi concedano tanto quanto tu desideri nel tuo cuore,/un uomo e una famiglia e la concordia degli animi vi diano/nobile: infatti non c'è nulla di più forte e prezioso di questo,/di quando concordi nei pensieri reggono la casa/l'uomo e la donna: molto dolore per i malevoli,/e gioie per i benevoli; ma soprattutto ne hanno buona fama loro"(vv. 180-185 ). - a[ndra : ho preferito tradurlo con "uomo" invece del tradizionale "marito"; infatti una donna non potrebbe augurarsi un marito che non fosse anche un uomo, e in effetti tanti mariti sono uomini apparenti. Ecco perché Temistocle dei due pretendenti alla mano della figlia scelse quello che era un uomo a quello ricco dicendo: preferisco un uomo senza denaro al denaro senza uomo[11].
Similmente la Giovanna amata da Federigo degli Alberighi, riconosciuta la grandezza dell'animo di quell'uomo che aveva perso tutto il suo patrimonio per corteggiarla, volle sposarlo dicendo:"ma io voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d'uomo"[12]. Del  resto poi lo sposo prescelto divenne pure "miglior massaio".
- oJmofrosuvnhn: indica lo stesso modo di sentire e pensare che è imprescindibile per l'accordo di una coppia; anzi, quando c'è questa condizione invidiabile, nessuna opposizione, nessun incidente, può sciuparla o mortificarla. In questo caso l'amore non è volgare. Non solo: tale similitudine e concordia di anime (oJmov" e frhvn) arriva alla fusione reciproca o alla trasfusione dell'una nell'altra.
Nel Simposio  di Platone, Pausania distingue l'amore volgare, figlio di Afrodite Pandemia, da quello celeste, figlio di Venere Celeste appunto; ebbene l'amante volgare (oJ ejrasth;" oJ pavndhmo" ) si innamora piuttosto del corpo che dell'anima (oJ tou' swvmato" ma'llon hj; th'" yuch'" ejrw'n, ) e non è costante, poiché ama una cosa che non è costante: non appena appassisce il fiore del corpo, vola via lontano, disonorando le sue parole e le sue promesse; quello invece che si entusiasma per un carattere nobile ne resta innamorato per tutta la vita , poiché si è fuso con qualche cosa di stabile ( ejrasth;" dia; bivou mevnei, a{{te monivmw/ suntakeiv" 183e). 
Tiziano dipinse nel 1514 un'opera neoplatonica che raffigura Amor sacro e amor profano in due donne, una vestita e una quasi nuda; ebbene la Venere volgare è quella vestita e adorna di effimeri orpelli terreni, mentre la svestita rappresenta la Venere Celeste: la sua nudità infatti significa la bellezza eterna, universale, e la verità filosofica, mentre una fiamma tenuta alta nella mano sinistra simboleggia l'amor di Dio.
Il dipinto, a olio su tela, si trova a Roma nella Galleria Borghese.
In Platone dunque la conoscenza può essere interpretata come "obbediente a un disegno religioso…Aristotele realizzò una vera rivoluzione…Decisivo fu il diverso atteggiamento che lo situò nel luogo esatto dell'uomo che deve pensare da solo, umanamente, senza "ispirazione" né servitù verso gli dèi, senza alcun impegno di "salvare l'anima"; senz'altro impegno che portare la pretesa della conoscenza alla sua pienezza"[13].
Infatti, rimanendo sulla pittura italiana del Cinquecento, ne La scuola di Atene [14] di Raffaello, dove sono raffigurati i maggiori filosofi dell'età classica, Platone con la mano destra indica il cielo e Aristotele la terra.
 Il passaggio dall'uno all'altro amore viene sentito e dichiarato dal passionale Dimitri Karamazov:"questo amore mi tortura, mi tortura!...Prima, mi facevano languire soltanto le flessuosità del suo corpo infernale, ma adesso tutta la sua anima l'ho trasfusa nella mia, e grazie a lei anch'io sono diventato un uomo!"[15].
 Esiste una versione latina di questa trasfusione di anime che, pur se prelude a un tradimento, e quindi, dentro il contesto, può far pensare a una "cinica autoironia"[16] del narratore, rievoca in endecasillabi faleci una notte d'amore, omosessuale oltretutto, comunque con una delicatezza e una profondità degna della migliore poesia amorosa latina:"qualis nox fuit illa, di deaeque,/quam mollis torus. haesimus calentes/et transfudimus hinc et hinc labellis/errantes animas. valete, curae/mortales. ego sic perire coepi " (Satyricon, 79), che notte fu quella, dei e dee, che morbido letto. ci stringemmo ardenti e ci trasfondemmo con le labbra a vicenda le anime deliranti. addio, affanni mortali. così io cominciai a morire.
Si tratta di una mezza nottata di amore tra Encolpio e Gitone che però viene sottratto a Encolpio da Ascilto iniuriae inventor…oblitus iuris umani (79)
Anche quando non si arriva alla fusione, l'accordo e l'intesa costituiscono la forza e la coesione inscindibile della coppia.         
Nell'Andria di Terenzio Panfilo, parlando con Miside, la serva dell'amata Glicerio, le chiede di riferire alla padrona che non la abbandonerà mai:" conveniunt mores. Valeant/ qui inter nos discidium volunt: hanc nisi mors mi adimet nemo "(696-697), i nostri caratteri vanno d'accordo. Vadano a farsi benedire quelli che vogliono una rottura tra noi: questa non me la strapperà nessuno tranne la morte.
Del resto il termine discidium , dal verbo scindere , significa lo spezzarsi, o il taglio (cfr. discindere, tagliare) di un filo troppo teso in due parti i cui capi si possono riannodare; mentre il divortium implica il  volgersi altrove (divertere ) e non incontrarsi più.
Similmente Kierkegaard afferma:" sincerità, apertura di cuore, rivelarsi, intendendersi, ecco il principio vitale del matrimonio, senza le quali cose esso è contrario alle regole della bellezza e, propriamente, amorale, perché così si separa ciò che l'amore congiunge, il sensuale e lo spirituale...L'intesa, ecco dunque il principio vitale del matrimonio"[17]. Analoga riflessione si trova in Svevo:"Se il giovine ama la ragazza, l'affare è certamente buono; se non l'ama, pessimo"[18].
- krei'sson: comparativo di solito collegato ad ajgaqov" ( da una radice ajgaq- imparentata con il tedesco gut  e l' inglese good  ) ma formato sulla radice krat-/kret-/kart-che si trova in kravvvvvvvvvvvvto", "potenza". Indica quindi una superiorità in termini di forza.
In effetti una coppia solidale è una potenza.




continua


[1]Cantarella-Scarpat, op. cit., p. 147.
[2]Iliade , IX, 319
[3]Iliade , I, 505
[4]Iliade  , I, 507
[5]h 71-74.
[6]Per il suggerimento di Nausicaa, v. z 310-315. Cfr. h 142 sgg. Anche Atena parla a Ulisse della riverenza di Alcinoo e dei suoi figli per Arete: h 66-70.
[7]a 330 ss.; p 409-451; s 158; f 63 ss.
[8]La casa, il bove e la moglie sono i tre elementi fondamentali della vita del contadino in Esiodo, Opp. 405 ( citato da Aristotele, Pol. I 2, 1252 b 10, nella sua famosa trattazione economica). In tutta la sua opera Esiodo considera l'esistenza della donna da un punto di vista economico, non solo nella sua versione della storia di Pandora, con cui vuole spiegare l'origine del lavoro e della fatica tra i mortali, ma anche nei precetti sull'amore, il corteggiamento e il matrimonio (ib. 373, 695 ss.; Theog. 590-612).
[9]Il "medio evo" greco, mostra, più chiaramente che altrove, il proprio interesse a questo lato del problema nella abbondante produzione poetica in forma di catalogo dedicata alle genealogie eroiche delle antiche famiglie, e più di tutto nei cataloghi di eroine famose, da cui quelle derivavano, del tipo delle  jHoi'ai, giunteci col nome di Esiodo.
[10]Jaeger, Paideia  1, pp. 63-64.
[11] Plutarco, Vita di Temistocle, 18.
[12] Boccaccio, Decameron, V, 9.
[13] Marìa Zambrano, L'uomo e il divino, p. 85.
[14] Palazzi Vaticani, Stanza "della Segnatura", 1509-1511.
[15]F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov  (del 1880), p. 709.
[16] M. Bettini, La letteratura latina, 3, p. 178.
[17]Enten-Eller (Aut-Aut) , Validità estetica del matrimonio , trad. it. Adelphi, Milano, 1981,  p. 163 del Tomo Quarto.
[18] Una vita , p. 208.   

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