martedì 31 ottobre 2023

Ifigenia LI. la casa di Pesaro 2. Al nonno Carlo Martelli, detto Carlino

A. Feuerbach, Iphigenie (1862)
Devo comunque essere grato alla mamma e alle zie: da quando non vivo più a Pesaro criticato e limitato in tutto da loro, queste donne mi hanno fornito i mezzi per vivere una vita da studente poi da studioso dedito allo studio, all’amore e alla bicicletta. Un poco mi hanno beneficato per espiare i maltrattamenti inflitti al padre cui fisicamente assomiglio, e ancora di più per consentirmi di prendere la laurea con lode e fare carriera.

Non ne ho fatta poi tanta nell’istituzione ma a loro è bastato e anche a me. Dunque per Natale andavo a trovarle. Mia madre diceva che le sue sorelle-soprannominate da lei anche “ le sorelle Materassi” per il loo nepotismo-quando vedevano me era come se vedessero il sole. Il Natale, come sapete, era il dies Natalis solis invicti, sicché il 24 ero apparso alle zie e il 25 le illuminavo.
Conquistata la mia emancipazione dalla lunga servitù pesarese, non solo ero grato ma volevo bene ai miei consanguinei. L’ambiente conflittuale nel quale avevo passato l’infanzia e l’adolescenza non mi ha consentito il mollescere, diventare mollis-malakov~, ossia il rammollirmi nel torpore, il veternus, dove tanti ragazzi si ottundono in situazioni dai problemi occultati. La durezza delle virago di casa mi ha preparato alle battaglie che avrei dovuto affrontare per diventare e rimanere me stesso. Il dolore mi ha reso buono, la deformità e lo squallore dove ero precipitato a ventanni mi ha spinto alla ricerca della bellezza. Ero stato messo in croce, come il figlio di Dio da suo padre, perché risuscitassi più buono, più bravo e più bello.
L’unico che sorrideva in casa era il nonno Carlo che ho recuperato del tutto al mio affetto anche se non poteva darmi denaro siccome aveva venduto il palazzo quattrocentesco di famiglia a Gherardo Buitoni per 200 mila lire che non investì nel 1944 e gli servirono per pagarsi il funerale una cinquantina di anni più tardi.
Un palazzo che conserva il suo cognome nella piantina che si trova nella pinacoteca di Borgo Sansepolcro nel cui cimitero ora si trovano i resti mortali dei nonni, della mamma delle zie e dei Martelli più antichi.
Sono stato più volte a trovarli, pregare e a prendere auspici su questa tomba che per me è un’ara. Ogni volta scavalcando l’Appennino con la bicicletta. Anche questo devo ai miei cari.
 
A Pesaro c’è  un altro palazzo non più nostro ma con un cognome nostro: il palazzo Scattolari dove nacque nel 1882 la nonna Margherita che invece seppe conservare la terra
 
Nella tragedia Eracle di Euripide, Megara rivendica il palazzo di famiglia: “ figli, seguite il piede disgraziato della madre al palazzo paterno: ou| th'" oujsiva" - a[lloi kratou'si, to; dj o[nom j   [esq j hJmw'n e[ti ( 337-338), del quale altri hanno la proprietà, ma il nome è ancora nostro”. 
 
Questo nonno del tutto improvvido rispetto al denaro ha svolto  la funzione della madre del puer alla fine della IV Bucolica di Virgilio: “incipe, parve puer, risu conoscere matrem (60)
(…)
Incipe, parve puer: cui non risere parentes,
nec Deus hunc mensa, Dea nec degnata cubili est (62-63), comincia bambino fin da piccolo, a conoscere la madre dal sorriso, comincia  fin da piccolo, quelli cui non sorrisero i genitori, né un dio ha giudicato degno della sua mensa, né una dea del suo letto. Sono molto grato anche alle dèe che mi hanno considerato degno del loro letto. Ricordo le due Elene.
Il nonno mi ha lasciato più del denaro: oltre il ricordo dei suoi sorrisi da vecchio povero, l’amore per le donne, per il sole e per la bicicletta.
 
Bologna 31 ottobre 2023 ore 11, 41
giovanni ghiselli

p. s.
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