domenica 1 ottobre 2023

Versione aggiornata della pesentazione del mio libro.

 

Giovanni Ghiselli

Tre amori a Debrecen

Società Editrice “Il Ponte Vecchio”.

 

 

Versione aggiornata al primo ottobre 2023 della prossima presentazione del mio libro vicino a venire alla luce

 

Avvertenza: il blog contiene 13 note e il greco non traslitterato

 

Exegi monumentum  

Sono tornato a Pesaro dopo 550 kilometri in bcicletta nel Peloponneso con discese e  salite pedalate persino nei 52, 2 gradi nella tappa Epidauro- Nauplion senza un lamento.

 

 

Argomenti del libro

Ora però devo occuparmi del mio romanzo prossimo a uscire. Racconta un apprendistato avvenuto attraverso lo studio, l’amicizia e l’amore, in particolare l’amore dei classici e di tre donne dotate di spirito e di corpo. Invero hanno contribuito all’educazione dell’io narrante anche diversi amici. Ho scritto questa storia che non è solo quella di una persona ma può costituire un corso i filosofia morale la quale insegna come sia bene vivere secondo ragione e sentimento, logos e pathos e non senza mythos, associando apollineo e dionisiaco, introversione con estroversione, disciplina e sacrificio con stravaganza e fantasia.

 

La storia parte dall’infelicità di un ragazzo ventunenne in rovina perché, finito il liceo classico, il Terenzio Mamiani di Pesaro, andava perdendo il suo ruolo di alumnus optimus e di ciclista egregio e imputridiva nell’autocommiserazione, nell’ozio, nella disperazione, nell’ingrassamento che lo deformava.

 

Ma nel cambiare ambiente da Pesaro, a Bologna, poi durante dei soggiorni mensili con borse di studio in un collegio universitario di Debrecen, frequentato da studenti di ogni paese socialista d’Europa, quindi viaggiando in vari altri paesi, il ragazzo fa conoscenze nuove che lo motivano e aiutano a puntellare tante sue rovine, risvegliando e chiamando a  raccolta il meglio della propria identità sepolta sotto il cumulo delle sciagure passate, delle macerie, delle superstizioni personali e generazionali. Quindi il giovane un poco alla volta recupera le sue forze che erano state inficiate e quasi annientate dal dolore, dall’autodisprezzo e dal disprezzo degli altri. Nel 1968 il protagonista compirà la prima fase del suo tirocinio  che del resto nell’uomo buono dura tutta la vita: :"semper homo bonus tiro est ", l'uomo onesto fa  tirocinio per tutta la vita, ha scritto Marziale[1] (12, 51, 2).

Il dolore, come la noia secondo Moravia, porta a un avvizzimento della propria persona e di tutto quello che le sta attorno.

 

 

Il tema di fondo del mio libro come quello delle Metamorfosi di Apuleio e di tanti altri a partire dall’Odissea è “come si diventa uomini”. Il modello dell’uomo occidentale infatti è Odisseo, ajnhvr il quale pollw`n d’ ajnqrwvpwn i[den a[stea kai; novon e[gnw (Odissea, I, 3), di molti uomini vide le città e conobbe la mente.

La prima parola dell’Odissea è uomo appunto : “  [Andra moi e[nnepe, Mou'sa, poluvtropon, o}" mavla pollav ", L'uomo narrami, o Musa, versatile che molto davvero..

nella traduzione  di Livio Andronico[2] l’uomo  mantiene la prima posizione :"Virum mihi, Camena, insece versutum "[3].

 

Il mio libro mostra come uomini si possa diventare attraverso la sodderenza-pavqo~- il dolore e l’intelligenza, la comprensione-mavqo~- del dolore.

 

 

 Ulisse è ricordato come affamato di conoscenza, curioso di conoscere. La curiosità consente di aprirsi all’alterità ed è una spinta all’individuazione. Anche chi scrive crede che diventare uomini sia possibile ma non è facile e richiede grandi fatiche.

Curiosità fino a rischiare l’incontro con il brutale ciclope Polifemo.

 

H. Hesse Demian

:"La vita di ogni uomo è una via verso se stesso, il tentativo di una via, l'accenno di un sentiero. Nessun uomo è mai stato interamente se stesso, eppure ognuno cerca di diventarlo, chi sordamente, chi luminosamente, secondo le possibilità (…) Certuni non diventano mai uomini, rimangono rane, lucertole, formiche. Taluno è uomo sopra e pesce sotto, ma ognuno è una rincorsa della natura verso l'uomo"[4].

 

Ricordate di certo la favola di Esopo, quando Prometeo plasma uomini e animali. Allorché Zeus si rende conto che gli animali sono molto più numerosi degli esseri umani, ordina a Prometeo di  trasformare molte bestie in uomini. E’ questo il motivo per il quale gli esseri umani che non hanno ricevuto la loro forma umana sin dall’origine, si ritrovano con un corpo d’uomo e l’anima d’una bestia.

Pro;~ a[ndra skaio;n kai; qhriwvdh oJ lovgo~ eu[kairo~[5], la favola è appropriata all’uomo rozzo e brutale

.

 

Pinocchio di Collodi va nel paese dei balocchi “dove c’è un’allegria, un chiasso, uno strillìo da levar di cervello! Insomma un tal pandemonio, un tal passeraio, un tal baccano indiavolato da doversi mettere il cotone negli orecchi per non restare assordati. Passavano le giornate in questa bella cuccagna di baloccarsi e divertirsi, senza mai vedere in faccia un libro, né una scuola”. Ma poi i ragazzi si trasformano in somarelli.

 

In Apuleio vita da asino è vita senza Iside. La vita consacrata a Iside è sacra alla conoscenza.

 

Il sacerdote delfico Plutarco (48-125 circa)   in De Iside et Osiride sostiene che la divinità-to; qei`on- non è beata per argento e oro ma ejpisthvmh/ kai; fronhvsei (351d) , per conoscenza e intelligenza  

Plutarco etimologizza il nome Iside con oi\da-so-; più precisamente il tempio  jIsei`on con il futuro ei[somai-saprò- poiché lì conosceremo to; o[n, l’essere 352).

Inoltre  \Isin kalou`si para; to; i{esqai met j ejpisthvmh~ kai; fevresqai, kivnhsin ou\san e[myucon kai; frovnimon

 (375c) la chiamano Iside  per il lanciarsi con sapere ed esservi portato in quanto ella consiste in un movimento animato e sapiente.

Lucio arriva a sognare Iside dopo avere preso su di sé la tragicità dell’esistere e avere raggiunto il culmine della disperazione.

 

Così il giovane della mia storia sognò, poi conobbe Elena, più di una Elena, mandate a lui per la sua resurrezione da una sorte benigna meritata con un lungo, continuo e strenuo impegno.

 

 

 

 II  parte della presentazione.

 Parole chiave.

Si possono individuare parole chiave dentro il mio libro, epifaniche come certe giornate e alcuni fatti della nostra vita: sofferenza e comprensione-pathos e mathos-per esempio, interdipendenti tra loro come sentimento e intelligenza. Me lo hanno insegnato i tragici greci (Eschilo, Agamennone 177 in primis)  e pure diversi altri autori da Menandro a Proust.

 

Questo lavoro sarà un anche un tempio della cultura europea, poiché le esperienze più significative sono state fiancheggiate dallo studio di ottimi autori. Gli atti avulsi dalla cultura sono insignificanti o criminali, più rozzi e cattivi del necessario; la cultura senza fatti e atti di bellezza e di forza è più fiacca del necessario. Anche la ginnastica forma l’anima. 

Quelli che usano solo ginnastica però sono più rozzi del necessario ajgriwvteroi tou' devontoς; quelli che praticano solo la musica sono malakovteroi ( Platone, Repubblica,  410d), più molli del dovuto. La musica di Platone comprende la cultura letteraria e filosofica.

 

La bellezza è un’altra parola chiave: bellezza di donne e della natura prima di tutte le altre. Amare  il bello con semplicità e la cultura senza mollezza, come ci ha insegnato Tucidide; :"filokalou'mevn te ga;r met j eujteleiva"[6] kai; filosofou'men a[neu malakiva"" (Storie, II, 40, 1)  Semplicità quale complessità risolta. Il ragazzo del mio libro cerca la bellezza non artefatta, quella semplice ossia dalla complessità risolta.

 

Una parola chiave che può conternere la altre, verbum summum   è Eros, infatti omnia vincit amor [7].

Questo peraltro deve essere controllato dal Nou`~  che mette ordine nel caos come ci insegna Anassagora.

 

Un’altra parola chiave è problema, in greco provblhma che significa ostacolo, impedimento gettato nel nostro cammino: dobbiamo superarlo per non essere fuorviati dalla nostra strada- ojdov~- per non deviare dal metodo che ciascuno deve trovare e percorrere metodicamente appunto.

 

 Le parole greche e latine vengono sempre tradotte e non sono sfoggi né segni di erudizione, bensì supporti della riflessioni su fatti della vita che compresi, conducono a una forma non mediocre di sapienza, la sofiva  che diversamente dal sapere neutro (to; sofovn) sa di vita appunto e produce e potenzia la vita. Questa viene umiliata, abbassata dai fallimenti e, viceversa, rallegrata, elevata dai successi.

 

Dai successi dobbiamo imparare il metodo per conseguire altri successi, dagli insuccessi individuare le vie da evitare perché non si ripetano. In tutti i campi, a partire dai due più importanti: l’amore e il lavoro. Il metodo buono contiene intelligenza, creatività e disciplina.

Contano molto anche la salute e la fortuna.

 

 

 

 III parte della presentazione

 Dicevo la salute. Questa va mantenuta il più possibile,  più a lungo che si può. Quella somatica e quella mentale. Invecchiare imparando sempre molte cose, come faceva Solone, e praticando l’esercizio fisico.

 Del resto senza lesinarsi il tempo libero la scolhv, l’otium cum dignitate per dedicarsi alla riflessione di quanto si è fatto e si è imparato.

La razionalità è anche imitazione della natura: Cicerone:"quam si sequemur ducem, numquam aberrabimus " (De Officiis , I, 1OO).

Seneca scrive a Lucilio "cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse et noctem" (Ep. 3, 6), prendi decisioni osservando la natura: quella ti dirà che ha fatto il giorno e la notte.

Infatti:"Sequitur ratio naturam. Quid est ergo ratio? Naturae imitatio. Quod est summum hominis bonum? Ex naturae voluntate se gerere " .( Epistole a Lucilio , 66), la ragione allora segue la natura. Che cosa è la ragione? Imitazione della natura. Qual è il sommo bene dell'uomo? Comportarsi secondo la volontà della natura.

 

Socrate nel Timeo di Platone suggerisce di osservare il cielo per adeguare i movimenti spesso fuorviati del nostro cervello a quelli regolari degli astri, a partire dal sole che è nel visibile quello che è Dio nell’intellegibile.

Leggiamone alcune parole precise: dobbiamo  correggere i cicli  guasti della nostra testa- dei`  ejn th`/ kefalh`/ diefqarmevna~  hjmw`n periovdou~ ejxorqou`nta- attraverso l’apprendimento dell’armonia dell’universo e delle sue circolazioni  (Timeo, 90 D).

 

Oggi invece i più osservano il cellulare dalla mattina alla notte. 

 

E’ dunque necessario anche il tempo del riposo, degli intervalli dai negotia  che occupano gran parte della nostre vita lavorativa.

Dobbiamo impegnarci molto in quello che facciamo, ma questo impegno  ha bisogno di intervalli : “Danda est tamen omnibus aliqua remissio"[8].

La ratio non deve mai essere  spietata: non può annullare il sentimento che è comunque un elemento della nostra natura umana e un aspetto della stessa ragione. Ogni forma di u{bri~, di  prepotenza, di sconsiderata o demenziale dismisura, porta alla zoppia della nostra umanità.

La prepotenza fa crescere il tiranno- (u{bri~ futeuvei tuvrannon), -canta un coro tragico-  la prepotenza/se è riempita invano di molti orpelli/che non sono opportuni e non convengono/salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si avvale di valido piede (Sofocle, Edipo re, vv.  873-878).

Il tiranno che si azzoppa menzionato sopra ci fa  venire in mente che il potere-kravto~- non è potenza- duvnami~.

 

Il mio romanzo critica il potere basato sulle chiacchiere, le menzogne e i crimini come quello raccontato da Orwell in 1984.

 

Nelle Baccanti di Euripide, Tiresia profetizza a Penteo, re di Tebe, il fatto che Dioniso verrà cooptato e accolto nell’ombelico del mondo, l’oracolo delfico su cui svettano le due cime del Parnaso

“Un giorno lo vedrai anche sulle rupi Delfiche                                            

saltare con le fiaccole sull’altopiano a due cime

agitando e scagliando il bacchico ramo,

grande per l’Ellade. Via Penteo, da’ retta a me:

non presumere che il potere abbia potenza sugli uomini”. (vv. 306-  310).

Il potere non è potenza dunque -mh; to; kravto" au[cei duvnamin ajnqrwvpoi" e[cein- come il sapere non è sapienza - to; sofo;n d j ouj sofiva (Baccanti, 395).

 

Umanesimo è passare dal sapere, la congerie di date, dati e nomi, alla sapienza che potenzia la nostra natura umana e serve alla vita.

La potenza e la sapienza accrescono e rendono più viva la vita, mentre il potere del tiranno e il sapere dell’erudito, dell’umbraticus doctor, possono mortificarla.

Le storie d’amore di questo libro insegnano l’amore per le donne che ci mettono al mondo. L’amore per le donne  dunque è umanesimo, è amore per la vita.

Umanesimo è sapere di essere umano, è amore per l’umanità che significa vivere creando sinergia con altri umani e aiutare chi ha bisogno di aiuto. Umanesimo è diventare davvero ciò che siamo, cioè uomini umani.

 

L’ espressione di umanesimo più efficace e sintetica è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo che  nell'Edipo a Colono dice al vecchio vagabondo cieco, incestuoso e parricida "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so di essere un uomo, per questo sono umano con te. La coscienza della propria umanità lo spinge ad aiutare l’uomo decaduto.

 Lo stesso Edipo prima della caduta, e ancora in auge, aveva detto che sarebbe spietato e disumano se non provasse compassione per i propri concittadini afflitti dal morbo (Sofocle, Edipo re, 12. -13). 

 

La principessa dei Feaci, la fanciulla Nausicaa, nel VI canto dell’Odissea (207-208) vuole  aiutare Odisseo giunto naufrago nell’isola di Scheria e  dice queste parole alle sue ancelle in fuga spaventate dall’aspetto dell’uomo sconciato dalla tempesta  : “  to;n nu`n crh; komevein: pro;~ ga;r Dio;~ eijsin a[pante~-xei`noiv te ptwcoiv te, dovsi~ d j ojlivgh te fivlh te”, dobbiamo prenderci cura di questo: da Zeus infatti vengono tutti gli stranieri e i poveri, e un dono pur piccolo è caro.

Le stesse parole dice Eumeo, il guardiano dei porci di Itaca, quando Odisseo gli si presenta travestito da mendicante irriconoscibile e il porcaio lo accoglie ospitalmente spiegandogli che non è suo costume maltrattare lo straniero (xei`non ajtimh`sai), nemmeno quando ne arriva uno kakivwn più malconcio di lui (Odissea, XIV, 57-59)  .

Nell’Antigone di Sofocle la pietosa sorella dice a Creonte che ha proibito la sepoltura di Polinice " ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523), certamente non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore.

 

Che cosa c’entra tutto questo con il  mio romanzo?

Ne cito solo alcune parole  per farlo comprendere

Elena Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. Allora capii. Capii di essere stato stupido, volgare e crudele; capii che quella creatura in attesa di un’altra creatura, non doveva subire ingiustizia, umiliazioni e dolori. Non da me. Avevo capito e sentivo che non vi è felicità grande senza morale profonda[9].

L’azione cattiva è pessima per chi l’ ha progettata e la compie[10].

Chi prepara il male a un altro, lo apparecchia a se stesso[11].

Ne avrei avuto rimorso per tutta la vita, forse anche oltre. E non solo per questo: io l’amavo, lei mi aveva reso migliore, e siccome in sua presenza mi vergognavo di essere ingiusto, mi avrebbe reso ancora migliore. La terra è in mezzo alle stelle, e sulla terra ci sei tu amore mio. Mi alzai, le afferrai la mano sinistra e dissi: “Scusa, Elena, aspetta.  Ora devo parlare io a te. Ne ho bisogno. Ti prego”.

Ero andato vicino a infliggere ingiustizia a una donna che amavo ed era stata generosa con me. Mi fermai in tempo e le chiesi perdono.

 

Ho voluto significare che ho cercato di dare l’impronta dell’universale a diversi miei casi personali. Credo di esserci riuscito.

 

Credo che questo mio libro che racconta l’apprendistato di un giovane, apprendistato alla vita e all’amore, possa giovare anche all’educazione sentimentale di tanti ragazzi, soprattutto di quanti, carenti di parole, non sono in grado di corteggiare una ragazza elegantemente, persuasivamente, e talora nemmeno civilmente.

I corteggiamenti reciproci che racconto sono tra le parti più significative e formative del romanzo. Anche l’ampia sezione dedicata alla scuola contiene parole e idèe che possono aiutare i giovani nel loro sviluppo.

 

La scuola non deve reprimere la fantasia, lo stupore dei giovani, lo qaumavzein da cui nasce la filosofia secondo Aristotele: "dia; ga;r to; qaumavzein oiJ a[nqrwpoi kai; nu'n kai; to; prw'ton h[rxanto filosofei'n"[12].

Il professore deve essere un maestro di vita oltre che della sua disciplina, non un umbraticus doctor inteso a distruggere gli ingegni-ingenia delere.

La cultura insomma deve diventare sofiva, sapienza che potenzia la vita.

 

Le scienze talora occultano i caratteri esistenziali, individuali, affettivi dell’essere umano, mentre un bel romanzo o un bel film rivelano l’universalità della condizione umana-cfr. Cfr Morin, La testa ben fatta (p. 41).

Ciascun lettore può riconoscere degli aspetti della propria vita attraverso questo mio libro. Indagando me stesso ho indagato l’umano

 

 

Quanto alla mia professionalità scolastica, insegnando ho cercato di dare le visioni d’insieme che raramente ho ricevuto da  chi mi insegnava a Pesaro prima e a Bologna poi; sicché ho voluto trovarle con le mie ricerche perché mi mancavano e ne sentivo il bisogno per me e per i miei studenti.

La base di queste sinossi è la letteratura con la filosofia e la storia greca. Poi su questo fondamento, la cultura latina e parti di quella europea. Cultura  prevalentemente letteraria e storiografica con gli antichi, poi quasi esclusivamente letteraria  a mano a mano che ci si allontana dai Greci e dai Latini.

 Come lingua moderna me la cavo con l’inglese. Bene con quello scritto, discretamente con il parlato.

Per quanto riguarda la musica mi piace il melodramma per la presenza della parola e perché, come pesarese, ho sempre saputo di Rossini e tutti gli anni ne seguo il festival da decenni. All’Arena di Verona sono stato solo poche volte. Vedo invece ogni anno a vedere le tragedie greche rappresentate a Siracusa e diverse volte quelle nel teatro di Epidauro.

 Quanto alle arti figurative ne possiedo solo un’infarinatura e non ne ho una forte sensibilità. Mi hanno commosso il maestro di Olimpia e quello di Pergamo per la rappresentazione dell’Ordine che prevale sul Caos. Ci vedo la storia della mia vita e di ogni vita davvero umana. Mi piace molto anche il maestro di Sansepolcro, per averne sentito parlare e viste le opere fin da bambino, data la provenienza dal Borgo aretino della famiglia materna, e per avere trovato da adulto delle analogie di forma e di spirito tra le madonne di Piero, particolarmente quella del parto, e l’Elena incinta della mia vita.

Anche Raffaello Urbinate è tra i miei preferiti. Questi due pittori hanno rappresentato l’ordine, l’apollineo mentre il Caos lo vediamo piuttosto in Hieronymus Bosch e in Picasso, per esempio.

 

 

Come motto conclusivo cito  le parole che costituiscono la somma del pensiero educativo di Pindaro: gevnoio oi|o~ ejssiv" (Pitica II  v. 72), diventa quello che sei.

Aggiungo un altro motto latino: Se sei umano dunque diventa davvero umano e sappi che tutto quanto è umano ti riguarda, ti si addice e ti conviene.

Tale dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e di Terenzio:"  :"Homo sum: humani nil a me alienum puto "[13]

 

La moda sorella della morte?

 

Giacomo Leopardi in una  delle sue Operette morali più significative- Dialogo della Moda e della Morte- ha scritto che la moda è sorella della morte.

 

Nel dialogo la Moda dice alla Morte: “io sono la moda, tua sorella”. E la morte: “Mia sorella?” “Sì-risponde la moda- non ti ricordi che siamo nate dalla caducità?...e so che l’una e l’altra tiriamo parimenti a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù…la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io on sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v’appicco per li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi”.

Si pensi ai tatuaggi, alla chirurgia estetica e ad altre schifezze del genere  

 

 

Oggi piuttosto la moda è la morte: la morte è di moda.

Morte degli aspetti più vivi della vita.

Morte dell’amore, morte della cultura, della cortesia, del  rispetto, della virtù, sia nel senso cristiano, sia in quello machiavelliano della capacità.

Morte della politica i cui rappresentanti ripetono tutti gli stessi luoghi comuni. Non sono cristiani, né comunisti né machiavellici.

Sono marioli ma non profondi come il segretario fiorentino secondo don Ferrante di Manzoni.

 

Ho scritto un libro che racconta un mondo dove la vita era ancora viva, bella, rigogliosa, un romanzo che descrive una società nella quale era di moda l’umanesimo, l’aiuto reciproco, perfino l’amore era di moda, non la droga seguita dallo stupro digrignante, poi pubblicizzato con il cellulare. Non era una moda ammazzare le donne in fuga da amanti o mariti mentecatti.

Era di moda, ossia era una buona consuetudine diffusa, osservare il cielo, la natura, il prossimo invece del telefonino. Osservare e ascoltare, leggere libri buoni e imparare.

Per alcuni anni c’è stata perfino la moda di corteggiare a lungo con intelligenza e rispetto, per amare ed essere amato.

Non era impossibile che un ventenne disgraziato, infelice al punto desiderare la morte, quale sono stato io per  tre anni, trovasse una solidarietà fra i coetanei, un aiuto che valesse non solo a salvargli la vita, ma addirittura  a rendergliela desiderabile e bella.

Poi la moda dell’amore è passata, però c’è un ciclo, un orbis delle mode, come delle stagioni, e sono certo che ritornerà la moda bella, calda e luminosa dell’amore.

Ho raccontato questo per invogliare i ventenni di adesso, e tutti quanti mi leggeranno, a riconquistare l’abitudine santa dell’amore per la vita, la propria, quella dell’umanità e quella del cosmo.

 

Pesaro primo ottobre 2023  ore  10, 47 giovanni ghiselli

 

p. s

Domani tornerò a Bologna. Mi dispiace lasciare il mare ancora godibile grazie al caldo che ora è di moda esecrare proprio perché favorisce la vita. Io lo benedico. Quello naturale viene annullato da apparecchi infernali che diffondono aria gelida, mefitica, patogena, proprio per annullare l’orbis, e mortificare il ciclo delle stagioni. In questi giorni di notte la temperatura scende fino a 18 gradi e bisogna coprirsi. Eppure in certi cinema sussiste l’aria condizionata che abbassa ancora la temperatura: ci vuole il cappotto.

 

 

L’unica moda che seguo da quando sono bambino è l’amore per la vita, doloroso amore quando non era contraccambiato, gioioso da quando lo è stato: dal 1967 a oggi il mio. Contraccambiato prima da molti, recentemente dai fortunati pochi che si riconoscono tra loro. Sono contento di tornare a tenere le mie conferenze a Bologna e in altre città.  L’argomento prevalente sarà l’umanesimo che è amore per l’umanità e per la natura. Saluti e baci!

gianni 

 

p. s.

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[1] 40ca- 104 d. C.

[2] Portato a Roma da Taranto nel 272 a. C. dal nobile Livio Salinatore.

[3] Odusia  fr. 1 Morel

 

[4] H. Hesse, Demian (del 1919), p. 54.

[5] Esopo, Promhqeu;~ kai; a[nqrwpoi , Prometeo e gli uomini (322).

 

[6] eujtevleia è’ frugalità, parsimonia, è il basso prezzo facile da pagare (eu\, tevloς) per le cose necessarie, è la bellezza preferita dai veri signori, quelli antichi, e incompresa dagli arricchiti che sfoggiano volgarmente oggetti costosi.

Augusto  dava un esempio di frugalità mangiando secundarium panem et pisciculos minutos et caseum bubulum manu pressum et ficos virides (  Augusti Vita, 76), pane ordinario, pesciolini, cacio vaccino premuto a mano, e fichi freschi.

Giorgio Bocca commentò tale abitudine dell’autocrate con queste parole:“Oggi siamo a una tendenza da ultimi giorni di Pompei. Un incanaglimento generale. Forse è il caso di rivolgersi, più che agli uomini di buona volontà, a quelli di buon gusto, forse è il caso di tornare a scrivere sulle buone maniere, sulla buona educazione, sui buoni costumi. L’Augusto più ammirevole è quello che nel Palatino si ciba di fave e di cicoria, da vero padrone del mondo”  G. Bocca, Contro il lusso cafone, per motivi morali. Ed estetici, Il venerdì di Repubblica, 27 giugno 2008, p. 11

Senza risalire a Ottaviano Augusto, penso alla mia infanzia e alla mia adolescenza, quando, per apprendere e capire,  ascoltavo con avidità, alla radio, o anche andando  a vederli nella piazza del Popolo di Pesaro, i politici di razza di quel tempo lontano, quali De Gasperi e Togliatti. Imparavo molto da loro. In termini di idee, di parole e di stile. Mi è rimasta impressa la frase di De Gasperi, rappresentante dell'Italia vinta: " Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me".

 

[7]Virgilio, Bucolica X ,  69.

[8] Quintiliano, Inst., I, 3, 8.

[9] Cfr. R. Musil, L’uomo senza qualità. Verso il regno millenario.  “E sostengo che non vi è profonda felicità senza morale profonda”.

[10] Cfr. Esiodo, Opere e giorni, v.266.

[11] Cfr. Esiodo, Opere e giorni, v. 265.  Seneca ribadisce questa legge nell’ Hercules furens:" quod quisque fecit, patitur: auctorem scelus repetit " (vv. 735-736), ciò che ciascuno ha fatto lo patisce: il delitto ricade sull'autore.

[12] Metafisica , 982b.

[13]Heautontimorumenos , 77.

 

 

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