venerdì 29 settembre 2023

Ifigenia XXIX. Una mattina mi sono svegliato…

A. Feuerbach, Iphigenie (1862)
La mattina seguente, il 30 novembre, mi alzai ancora assonnato. Aperta la finestra però, vidi confortevoli segni della terra e del cielo: la grande nevicata era finita e la neve si liquefaceva permettendo il transitare delle donne e degli uomini da casa al lavoro con qualsiasi mezzo. Anche il cielo si stava schiarendo: tra le nuvole che andavano diradandosi si vedevano alcuni pezzi di azzurro lucido. Questo, aiutato da un vento non freddo, apriva la strada ai cavalli del sole che, usciti dal mare Adriatico,
  procedevano risalendo dalla parte dove di mattina il cielo è più vivo. Una nube nera ma squarciata nel mezzo e sbrindellata sui fianchi non poteva nascondere l’immagine luminosa, divinamente compatta che saliva rotonda su per il cielo con i raggi ancora irrorati dalla spuma marina, portando conforto, con l’augurio di un dì più sereno, a me e agli altri mortali oppressi dal buio inquieto  del lungo pomeriggio nevoso. Nutrivo nell’anima ancora qualche apprensione per le difficoltà che avrei dovuto affrontare insieme con la giovane collega e amante malmaritata, tuttavia non avevo angosce quella mattina poiché dopo aver riposato e osservato la santa faccia luminosa del primo fra tutti gli dèi, pensavo che la bella ragazza  fosse disposta a lottare con me per seguitare a incontrarci nel talamo nostro dalle cinque alle sette del pomeriggio, e confidavo che per noi due ci sarebbe stato un futuro pieno di cose belle e utili da fare insieme. Non solo lussuriosi, libidinosi e dissoluti eravamo entrambi, ma anche capaci di creare nel bello secondo l’anima. Ifigenia queste speranze me le aveva dichiarate più volte e quella mattina io le condividevo mettendo via la sensazione  stanca, rinunciataria, senile che talora mi assaliva.
Quando per le strade oramai non più ingombre fui arrivato al liceo ed ebbi parcheggiato la nera Volkswagen nel cortile della scuola, entrai nel piano terreno e lo percorsi tutto senza incontrare  la bella collega mia amante, quindi salii le scale ed entrai nella sala dei professori.
In settembre avevo iniziato il terzo anno di insegnamento al Minghetti  che nei due precedenti era stato guidato dal preside gentiluomo Pietro Cazzani, democratico, colto, intelligente e ancora di bell’aspetto.
Quest’uomo mi aveva aiutato nella difficile circostanza dell’inserimento nel nuovo ambiente piuttosto prevenuto nei confronti dei colleghi giovani. Cazzani aveva incoraggiato con parole umane la mia laboriosa crescita culturale e professionale ancora in fieri dopo l’esordio imolese dove un altro preside galantuomo mi aveva aiutato. Altri incoraggiamenti decisivi li avevo ricevuti dalle ragazze e dai ragazzi miei studenti.
Il preside nuovo arrivato che non era né bello né buono, quando andai a salutarlo per vedere chi fosse e farmi conoscere, mi respinse pregiudizialmente dicendo: “Io non l’ho fatta chiamare”. Tornai indietro  parecchio avvilito da quel modo di fare. Mi tornò in mente l’esordio alla scuola media di Carmignano di Brenta che tu, lettore, conosci.
“E’ un prepotente maleducato”, pensai anche questa volta.
 
Pesaro 29 settembre 2023 ore 9, 33 
giovanni ghiselli
 
p. s.
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