sabato 23 settembre 2023

Non rido né piango.

Ho scritto, poche ore fa che,  morto un Coturno, se ne fa un altro

 Vediano chi è Teramene, il Coturno (450- 404)

 

Teramene venne soprannominato "Coturno", come il calzare che si adatta a entrambi i piedi per la sua ambiguità politica.

 

Nel 411  gli oligarchi più convinti e compromessi, Frinico, Aristarco, Pisandro, Antifonte, cercavano l'accordo con Sparta: infatti " il tentativo di fortificare Eezione, la striscia di terra che delimita a nord il Pireo, certo con l'intento di impedire uno sbarco di quelli di Samo, suscita il sospetto che si stia costituendo una base d'appoggio per uno sbarco spartano (sospetto propalato comunque ad arte da Teramene, che vuole prendere le distanze dal gruppo, e che in questa circostanza si guadagnerà il nomignolo di 'coturno', la calzatura per tutti gli usi, la scarpa ambidestra)"[1]. Tucidide ci informa che da tempo Teramene diffondeva sospetti contro i capi dell'oligarchia( "oJ Qhramevnh" dieqrovei", VIII,91, 1) della quale pure era uno dei fondatori.

E' questo il vero camaleonte.

 

Secondo Canfora, Sofocle che pure era stato uno dei probuli, allude a Teramene nel Filottete  del 409 con il personaggio di Odisseo, uomo "maturo e senza scrupoli" affiancato al "giovane e leale" Neottolemo.

"Gli spettatori potevano riconoscere in Odisseo il troppo abile e spregiudicato Teramene, detto anche 'dexiòs ', prima (in quanto leader dei Quattrocento) avversario di Alcibiade, quindi promotore del suo rientro: ma promotore 'deluso', dal momento che al suo decreto Alcibiade non ha prestato ascolto per quasi due anni[2]".

 

 Teramene dunque accusava gli oligarchi dei quali era pur stato complice, di intesa con il nemico e Tucidide sembra dargli ragione dicendo che questa non era un'accusa solo di parole:"kai; ouj pavnu diabolh; movnon tou' lovgou"(VIII, 91, 3). Seguono ad Atene dei tumulti contro i Quattrocento caporioni oligarchi, e, fuori, la perdita dell'Eubea che, dopo il blocco dell'Attica, per gli Ateniesi era tutto (VIII, 95). Ne deriva uno scoraggiamento generale. Se gli Spartani avessero attaccato Atene in questo momento, avrebbero vinto la guerra.

Quindi torna la riflessione, già messa in bocca ai Corinzi (I, 70) sui caratteri diversi di Ateniesi e Spartani che furono i nemici più convenienti("xumforwvtatoi", VIII, 96, 5) soprattutto se confrontati con i Siracusani i quali, più simili agli Ateniesi, li combatterono in modo migliore :"diavforoi ga;r plei'ston o[nte" to;n trovpon, oiJ me;n ojxei'", oiJ de; bradei'", kai; oiJ me;n ejpiceirhtaiv, oiJ de; a[tolmoi, a[llw" te kai; ejn ajrch'/ nautikh'/ plei'sta wjfevloun"(VIII, 96, 5), essendo differentissimi nel carattere, gli uni rapidi, gli altri lenti, e gli uni intraprendenti, gli altri privi di audacia, furono utilissimi particolarmente in questo caso di impero marittimo. Sembra che a questo punto dell'opera Tucidide faccia suo il giudizio sugli Ateniesi attribuito ai loro più accaniti nemici  quando il conflitto stava per scoppiare.

 Quindi gli Ateniesi si riunirono in assemblea nella cosiddetta Pnice, posero fine al governo dei Quattrocento, decisero di affidare il potere esecutivo ai Cinquemila e di non remunerare nessuna magistratura ("kai; misqo;n mhdevna fevrein mhdemia'/ ajrch'/", VIII, 97, 1). Riferisco questi particolari perché Tucidide approva senza riserve questo governo come una ben misurata mescolanza di elementi oligarchici e democratici:"metriva ga;r hJv te ej" tou;" ojlivgou" kai; tou;" pollou;" xuvgrasi" ejgevneto"(VIII, 97, 2). Così sono sempre meglio dichiarati e chiariti i gusti politici di Tucidide. Infine si decretò il rientro di Alcibiade. Da Cornelio Nepote sappiamo che venne fatta da Teramene (suffragante Theramene , Alcibiades , V, 4)  la proposta del decreto per Alcibiade il quale fu riabilitato ed eletto stratego in assenza. Alcibiade però "non aveva gradito di ritornare per concessione dell'abile e alquanto compromesso coturno"[3], ma rimase con la flotta. Rientrerà ad Atene solo nella primavera del 408, trionfalmente dopo che " simul cum collegis receperat Ioniam, Hellespontum, multas praeterea urbes Graecas, quae in ora sitae sunt Asiae...in his Byzantium "(Cornelio Nepote, Alcibiades , V, 6)  insieme con i colleghi ebbe recuperato la Ionia, l'Ellesponto, inoltre molte città greche sulla costa dell'Asia, e tra queste Bisanzio. Interessante è pure l'analogia, sempre di Canfora, tra il protagonista del Filottete  di Sofocle e Alcibiade: infatti Filottete è "l'eroe che, pur decisivo per la risoluzione del grande conflitto, non vuol tornare. Il tratto principale della tragedia sono appunto i ripetuti tentativi falliti di far ritornare l'eroe nel campo acheo. L'analogia con Alcibiade-che ha lasciato varie volte cadere la possibilità di tornare ad Atene, pur ora che il suo rientro è desiderato da tutti e patrocinato da ex-avversari come appunto Teramene-è evidente. Anche per Filottete, come per Alcibiade, ci sono tutte le condizioni per il rientro, però manca la volontà dell'interessato. L'analogia era accentuata dal fatto che Filottete a Troia non era neanche giunto: Alcibiade si era trovato in una situazione simile quando era stato richiamato, appena sbarcato in Sicilia"[4].

Segue, nella tarda estate del 411, uno scontro nell'Ellesponto tra la flotta Peloponnesiaca guidata da Mindaro e quella Ateniese da Trasibulo e Trasilo che vinsero. I Peloponnesiaci fuggirono verso Abido e gli Ateniesi ottennero un'opportunissima vittoria navale:"nivkhn tauvthn th'" naumaciva" ejpikairotavthn dh; e[scon"(VIII, 106, 1). Molto opportuna poiché ridiede coraggio agli Ateniesi abbattuti dopo il recente disastro dell'Eubea. Anche per Trasilo Canfora trova un'analogia nel Filottete  :" E nel giovane Neottolemo potevano ravvisare il più giovane Trasillo, il promotore del giuramento di fedeltà alla democrazia dei marinai di Samo, il restauratore della democrazia in Atene dopo i mesi dell'egemonia terameniana, il vincitore, con Alcibiade, ad Abido...Così Sofocle prende le distanze da Teramene/Odisseo e si schiera per la democrazia restaurata, per una democrazia che abbia però in Alcibiade una guida sicura. E' un comprensibile, e forse necessario, chiarimento da parte dell'ex-probulo indotto nel 411 ad avallare l'avventura oligarchica di cui proprio Teramene era stato uno dei maggiori artefici"[5]. Quindi gli Ateniesi riconquistano Cizico (nella Propontide) e le impongono un tributo(VIII, 107). Alcibiade si fece dare denaro dagli abitanti di Alicarnasso, fortificò Cos, e al volgere dell'autunno,411, "pro;" to; metovpwron"(VIII, 108, 2) tornò a Samo.            

 Nell'ultimo capitolo (109) Tissaferne, per paura di essere scavalcato da Farnabazo che era più amichevole verso i Peloponnesiaci, si reca da loro, ma passando per Efeso fece un sacrificio ad Artemide. Qui, poco prima che si compia il ventunesimo anno di guerra, si interrompe l'opera. L'ultima parte della guerra, come si sa, è raccontata nei primi due libri delle Elleniche  di Senofonte. Ci torneremo più avanti. Ma ora che abbiamo una visione d'insieme, cominciamo, è già tempo, ad analizzare più da vicino alcuni capitoli interessanti e cardinali.

 

   Pesaro 23 settembre 2023 ore 15 giovanni ghiselli

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[1]Musti, Storia greca , pp. 442-443.

[2]Storia Della Letteratura Greca , p. 167.

[3]Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 161

[4]Op. cit., p. 162.

[5]Op. cit., p. 167.

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