mercoledì 20 settembre 2023

Percorso sull’amore penultimo capitolo. Tacito Germania 18.

Percorso sull’amore penultimo capitolo.

 

 Tacito Germania 18. Argomenti

Nudità e onestà.  Lo stile dell'immortalità. Una sola moglie un solo marito. Le donne dei Germani e le Romane di Valerio Massimo. Dos e munus contengono la nozione di scambio e reciprocità. La dote di Claudio a Messalina. Significato dei doni. Il vinculum e il giuramento alzano delle barriere. Alcuni arcana di Tacito acuto indagatore non solo dei costumi ma anche del potere: arcana sacra, imperii arcanum e arcana domus. Il Palazzo nascosto di Guicciardini. La moglie germanica e la romana di Giovenale.  Gli eventi della guerra riempiono la vita dei Germani. Le donne in guerra (7, 8) e il motivo antico-matriarcale del petto denudato o della sublata vestis. Iuncti boves e paratus equus hanno valenze molto diversi qui, in Tibullo, e nell'Antigone dove significano la perduta armonia o addirittura la violenza dell'uomo sulla natura.

 

 

Testo Latino

 Quamquam severa illic matrimonia, nec ullam morum partem magis laudaveris. Nam prope soli barbarorum singulis uxoribus contenti sunt, exceptis admodum paucis, qui non libidine, sed ob nobilitatem plurimis nuptiis ambiuntur. Dotem non uxor marito, sed uxori maritus offert. Intersunt parentes et propinqui ac munera probant, munera non ad delicias muliebres quaesita nec quibus nova nupta comatur, sed boves et frenatum equum et scutum cum framea gladioque. In haec munera uxor accipitur, atque in vicem ipsa armorum aliquid viro adfert: hoc maximum vinculum, haec arcana sacra, hos coniugales deos arbitrantur. Ne se mulier extra virtutum cogitationes extraque bellorum casus putet, ipsis incipientis matrimonii auspiciis admonetur venire se laborum periculorumque sociam, idem in pace, idem in proelio passuram ausuramque. Hoc iuncti boves, hoc paratus equus, hoc data arma denuntiant. Sic vivendum, sic pereundum: accipere se, quae liberis inviolata ac digna reddat, quae nurus accipiant, rursusque ad nepotes referantur.

 

 

 

 

 

Traduzione

 

Tuttavia là i matrimoni sono una cosa molto seria, e non potresti approvare di più alcun aspetto dei loro costumi. Infatti sono quasi i soli tra i barbari ad accontentarsi di una moglie a testa, eccetto pochissimi che, non per libidine ma per la nobiltà, sono richiesti con moltissime offerte matrimoniali. La dote non è la moglie che la porta al marito ma il marito alla moglie. Partecipano  i genitori e i parenti e apprezzano i doni, doni non scelti per i capricci delle donne, né tali che con essi la nuova sposa si acconci, ma

 dei buoi e un cavallo imbrigliato e uno scudo con lancia e spada. In cambio di questi doni si prende la moglie, ed ella stessa a sua volta porta qualche arma all'uomo: questo reputano il legame più saldo, questi i riti segreti, questi gli dei coniugali.

 Perché la donna non si consideri esente dai pensieri di valore e dalle vicende della guerra, è avvisata dalla stessa cerimonia augurale del primo momento del matrimonio, che viene quale compagna di fatiche e di pericoli e che è disposta ad accettare le medesime difficoltà in pace e correre i medesimi rischi in guerra: questo significano i buoi aggiogati, questo il cavallo bardato, questo le armi donate. Così deve vivere, così morire; ella riceve una tradizione da trasmettere ai figli intatta e degna, che le nuore poi ricevano, e a loro volta consegnino alle nipoti.

 

 

Commento particolareggiato del capitolo 18.

 

Quamquam : qui è avverbio con valore coordinativo correttivo. Corregge l'ultima affermazione del capitolo precedente secondo la quale le donne restano "nudae bracchia ac lacertos; sed et proxima pars pectoris patet ", con le braccia e gli avambracci scoperti, ma si vede anche la parte più alta del petto. Fa parte del loro essere simili ai maschi:"Nec alius feminis quam viris habitus, nisi quod feminae saepius lineis amictibus velantur eosque purpura variant, partemque vestitus superioris in manicas non extendunt", le femmine non hanno un modo di vestire diverso da quello dei maschi, se non per il fatto che le femmine più spesso si coprono di sopravvesti di lino e le abbelliscono con il colore della porpora, e non allungano con maniche la parte di sopra del vestito. 

Sulla non troppo evidente differenziazione tra maschi e femmine Tacito tornerà nel capitolo 20.

 Niente di male diremmo adesso, e l'avrebbe detto pure Platone il quale anzi sostiene addirittura che devono spogliarsi le donne dei guardiani dato che indosseranno la virtù invece delle vesti:"  jApodutevon dh; tai'" tw'n fulavkwn gunaixivn, ejpeivper ajreth;n ajnti; iJmativwn ajmfievsontai"[1], ma questa è una posizione laconizzante, per lo meno non condivisa da Erodoto e da Euripide: ricorderete la riluttanza di Gige a vedere la regina nuda (I, 8, 3) e la critica di Peleo alle cosce nude (Andromaca, v. 598) delle ragazze spartane.

 -illic: polemicamente contrapposto a hic , oppure, come in 19, 2, ad alibi . Ho aggiunto la traduzione di un sunt . L'ellissi verbale è propria della concisione espressiva di Tacito. Con la densità del pensiero, la brachilogia fa parte di quello che Nietzsche chiama " Lo stile dell'immortalità" e che attribuisce pure a Tucidide:"Tanto Tucidide quanto Tacito-entrambi hanno pensato, nel redigere le loro opere, a una durata immortale di esse: ciò si potrebbe indovinarlo, se non lo si sapesse altrimenti, già dal loro stile. L'uno credette di dare durevolezza ai suoi pensieri salandoli, l'altro condensandoli a forza di cuocerli; e nessuno dei due, sembra, ha fatto male i suoi conti [2]". Non molto diverso è il giudizio  di Huysmans in A Rebours :" Tacito, il più nerboruto, tuttavia nella sua voluta concisione, il più aspro, il più muscoloso di tutti costoro[3]"[4] -laudaveris : congiuntivo potenziale con la seconda persona generica.-singulis uxoribus : con valore distributivo.-Exceptis admodum paucis: ablativo assoluto, con il participio passato di excipio e la forma perifrastica di superlativo.-  non libidine, sed ob nobilitatem: variatio.-ambiuntur : da ambio "giro attorno", formato dalla radice amb+ eo.  Da amb- derivano anche ambitio  e ambo . Questo equivale al greco a[mfw , "entrambi" :"la radice deriva dall'indoeuropeo *ambh-  che ha dato come esito in greco ajmf-" [5] da cui a[mfw, "entrambi". Il fatto che, uomini e donne,  si accontentino di un solo coniuge corrisponde altresì al costume antico dei Romani secondo quanto racconta Valerio Massimo:"Quae uno contentae matrimonio fuerant, corona pudicitiae honorabantur. Existimabant enim eum praecipue matronae sincera fide incorruptum esse animum , qui, depositae virginitatis cubile egredi nesciret, multorum matrimoniorum experientiam quasi legitimae cuiusdam intemperantiae signum esse credentes. Repudium inter uxorem et virum a condita urbe usque ad centesimum et quinquagesimum annum nullum fuit " (Factorum et dictorum memorabilium, II, 1, 3), quelle che si erano accontentate di un solo matrimonio venivano onorate con la corona della pudicizia. Consideravano infatti che fosse in particolare puro per schietta fedeltà l'animo di una matrona che non sapesse uscire dal letto dove aveva lasciato la verginità, poiché credevano che l'esperienza di molti matrimoni fosse segno di una per così dire legittima sfrenatezza. Non ci fu nessun divorzio tra moglie e marito dalla fondazione di Roma per centocinquant'anni.

 

Anche per gli uomini romani unum matrimonium è motivo di lode: Tacito fa l'elogio funebre di Germanico, morto avvelenato in Siria da Pisone nel 19 d. C. ,  riportando l'opinione di chi lo anteponeva ad Alessandro Magno: avevano in comune il bell'aspetto, la stirpe nobile, la morte precoce tra genti straniere dovuta a insidie familiari, "sed hunc mitem erga amicos, modicum voluptatum, uno matrimonio, certis liberis egisse " (Annales , II, 73), ma questo era stato gentile con gli amici, temperante nei piaceri, sposato con una sola donna, con figli legittimi.  

 

-dotem…offert: struttura chiastica con antitesi. Sembra il prezzo dell'acquisto della donna e, nello stesso tempo, l'indicazione dei suoi compiti. Del resto la donna contraccambia il dono. Dare e prendere quindi sono congiunti tra loro. Interessanti a questo proposito le osservazioni di E. Benveniste sulla radice indoeuropea *do- . Essa "significa 'dare' nell'insieme delle lingue indoeuropee. Tuttavia, a turbarne singolarmente la definizione, interviene una lingua: in ittita, da- significa 'prendere' e pai- 'dare'...Le nozioni di 'dare' e 'prendere' sono quindi legate nella preistoria indoeuropea". Allora "L'ittita, che dà alla radice *do-  il senso di 'prendere', invita a considerare che in indoeuropeo 'dare' e 'prendere' si ricongiungono, per così dire, nel gesto (cfr. ingl. to take to  'prendere per dare a' )"[6]. Abbiamo già confrontato questo uso dei Germani con il consiglio del pretendente Eurimaco a Telemaco in Odissea, II, 195-197.

-munera : ripetuto in epanalessi e contrapposto a delicias (formato da de+lacio, attiro, faccio cadere in un tranello, per cui si ricordi quanto abbiamo detto su a[ loco" ).

Benveniste  ci avverte sul significato complesso del sostantivo: è uno dei termini "derivati dalla radice *mei- , 'dare in cambio'...In effetti, munus  ha il senso di 'dovere, carica ufficiale'...Ma come associare l'idea di 'carica' espressa da munus  con quella di 'scambio' indicata dalla radice? Festo[7] ci mette sulla strada definendo munus  come "donum quod officii causa datur " -Dono che si dà per dovere-.Si designano in effetti con munus, nei doveri del magistrato, gli spettacoli e i giochi. La nozione di 'scambio' vi è implicita"[8].

 

Come in dos  dunque. Neanche la dote fu immune dalle perversioni della corte imperiale: Svetonio racconta un pettegolezzo il quale ha dell'incredibile:"Nam illud omnem fidem excesserit: quod nuptiis, quas Messalina cum adultero Silio fecerat, tabellas dotis et ipse consignaverit " (Vita di Claudio, 29), questo poi oltrepasserebbe ogni credibilità: che alle nozze contratte da Messalina con l'adultero Silio, egli stesso[9] avesse sottoscritto l'atto dotale. 

-comatur: congiuntivo nella relativa-consecutiva.-framea: è una specie di hasta   descritta in 6, 1: è una lancia dalla punta sottile e corta, ma così aguzza e maneggevole che con essa i Germani possono combattere sia da lontano sia da vicino, prout ratio poscit , secondo come la tattica richiede.-munera: torna, in anafora, questo sostantivo significando il dovere del contraccambio ribadito dal successivo invicem. Benveniste segnala il legame (attraverso la radice indoeuropea *mei-) con mutuus (reciproco) : fanno parte di " una grande famiglia di parole indoeuropee che, con suffissi vari, marcano la nozione di reciprocità"[10].-maximum vinculum: da vincio, "lego", come l' o{rko", il giuramento, imparentato etimologicamente con ei{rgw, "chiudo" e con e{rko" , recinto,   comporta limiti  che precludano determinate esperienze.

-arcana sacra: il rito è segreto, misterico, poiché l'adesione deve essere anche intima e personale; comunque chi stipula questo foedus mistico sincere et ex animo [11] non può concepire l'adulterio.

 

Segreti del potere

 Di altra natura, direi laica, militare e politica, è l'imperii arcanum  il segreto dell'impero svelatosi alla morte di Nerone:"posse principem alibi quam Romae fieri " (Historiae , I, 4), l'imperatore poteva essere creato anche fuori da Roma.

Una regola, più che un segreto, per chi aspira al potere è questa che appare chiara a Vespasiano:"imperium cupientibus nihil medium inter summa aut praecipitia" (Historiae, II, 74), non c'è via di mezzo tra la vetta e il precipizio.  

Un altro dei segreti del potere, e del Palazzo, (arcana domus) è svelato da Tacito all'inizio degli Annales, quando Tiberio sta assumendo il potere:"eam condicionem esse imperandi ut non aliter ratio constet quam si uni reddatur " (I, 6), questa è la condizione dell'impero che i conti tornano bene se si rendono a uno solo. Una regola espressa anche dalla vox populi in seguito all'uccisione di Britannico da parte di Nerone (55 d. C.):" facinus cui plerique etiam hominum ignoscebant, antiquas fratrum discordias et insociabile regnum aestimantes" (Annales, XIII, 17), un delitto per il quale la maggior parte della gente aveva addirittura indulgenza, tenendo conto dei contrasti tra i fratelli e del fatto che il potere non si può dividere.

Altra regola del potere: deve essere basato sulla forza:"Nihil rerum mortalium tam instabile ac fluxum est quam fama potentiae non sua vi nixae " ( Annales, XIII, 19), niente tra le cose mortali è tanto instabile e vacillante quanto la fama di un potere non appoggiato sopra la propria forza.

 Ancora una norma usata da Tiridate profugo dal regno di Armenia per aizzare il fratello Vologese, re dei Parti, a combattere i Romani:"non enim ignavia magna imperia contineri; virorum armorumque faciendum certamen; id in summa fortuna aequius quod validius, et sua retinere privatae domus, de alienis certare regiam laudem esse " (Annales , XV, 1), infatti i grandi imperi non si conservano con l'inazione; si doveva ingaggiare una lotta di uomini e di armi; nel sommo potere è più giusto quello che è più forte, e mantenere le proprie ricchezze è compito di una famiglia privata, combattere per quelle degli altri è gloria di re. 

   

Per quanto riguarda gli arcana domus si può anche citare  Guicciardini il quale nei Ricordi (141) scrive :"spesso tra il palazzo e la piazza è una nebbia sì folta o uno muro sì grosso che, non vi penetrando l'occhio degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o della ragione perché lo fa, quanto delle cose che fanno in India". Non è difficile che la piazza creda alle menzogne del palazzo:"Imparai che non c'è menzogna troppo grossolana a cui la gente non creda, se essa viene incontro al suo segreto desiderio di crederci"[12].

 

-hoc...haec...hos: la ripetizione del pronome dimostrativo in poliptoto significa la semplicità della cerimonia, ben diversa, anche questa, dal complesso rito latino della confarreatio , l'offerta di una torta di farro a Giove da parte degli sposi.- Ne se mulier...putet : proposizione finale negativa.-extra...extra: l'anafora sottolinea il dovere cui la donna non può sottrarsi: quello di affrontare, in comune con il marito, le fatiche e le vicende anche difficili.

Ma "si pensi alla Roma di Giovenale, a questo rospo velenoso con gli occhi di Venere"[13] dove  la moglie romana non sente la solidarietà con il marito:"Si iubeat coniunx, durum est conscendere navem,/ tunc sentīna gravis, tunc summus vertitur aër:/quae moechum sequitur, stomacho valet; illa maritum/convŏmit; haec inter nautas et prandet et errat/per puppem et duros gaudet tractare rudentis " ( Giovenale, Satira  VI, 98-102), se lo comanda il marito, è duro salire sulla nave, allora la sentina puzza, allora si rigira la cima del cielo: quella che segue l'amante sta bene di stomaco; quella vomita addosso al marito; questa pranza in mezzo ai marinai e va in giro per la poppa e si bea nel maneggiare le dure funi. "Imperat ergo viro " (VI, 224), dunque dà ordini la moglie al marito.-bellorum casus: gli eventi della guerra, e della caccia che alla guerra allena, occupa gran parte della vita dei Germani come abbiamo visto.

Lo fa notare anche Giulio Cesare nel capitolo che evidenzia le diversità di questo popolo rispetto ai Galli e delle quali più avanti vedremo altri aspetti:"Germani multum ab hac consuetudine differunt…Vita omnis in venationibus atque in studiis rei militaris consistit; a parvis labori ac duritiae student " (De Bello Gallico, VI, 21), I Germani hanno costumi molto diversi. Tutta la loro vita consiste nella caccia e nella preparazione della guerra; fin da piccoli si esercitano alla fatica e alla vita dura.   

incipientis è pleonastico, stranamente per lo stile ellittico di Tacito. L'autore vuole significare che la sposa viene avvertita subito, con tutta chiarezza di che cosa l'attenda.-auspiciis: auspicium da *avis-spicium indica propriamente l'osservazione del volo degli uccelli da cui l'auspex trae appunto gli auspici.-   laborum periculorumque sociam: una specie di parodia di questa espressione si trova nel discorso di Vitellio che, dopo l'uccisione di Messalina, vuole rendere accetto ai senatori il matrimonio fra Claudio e la nipote Agrippina[14] , donna semper atrox[15] , la quale puntava al trono per il figlio Nerone e in seguito avrebbe fatto avvelenare lo zio e marito, ma viene presentata quale moglie ideale per l'imperatore "prosperis dubiisque sociam " (Annales , XII, 5), compagna nella buona e nell'avversa fortuna.-idem in pace idem in proelio: l'anafora e l'allitterazione sottolineano ancora la necessità della comunione tra gli sposi.-passuram...ausuramque (esse): participi futuri, da patior, connesso con in pace , e da audeo , con in proelio . Nel settimo capitolo Tacito racconta che lo stimolo particolare del coraggio è il fatto che non il caso o l'aggruppamento fortuito costituisce il drappello di cavalleria o la schiera  a cuneo di fanti, ma la vicinanza delle famiglie e delle parentele ossia dei pegni affettivi situati in luoghi  "unde feminarum ululatus audiri, unde vagitus infantium "(VII, 2), da dove sentono le grida delle donne, da dove il pianto dei bambini. Questi sono per ciascuno i testimoni più sacri, questi gli elogiatori cui tengono di più "ad matres, ad coniuges vulnera ferunt: nec illae numerare et exigere plagas pavent, cibosque et hortamina pugnantibus gestant ", alle madri, alle mogli portano le ferite, né quelle hanno paura nel contare ed esaminare i colpi, e portano ai combattenti cibo e incitamento.

 Finalmente donne, madri e perfino mogli, che non infliggono ferite ma anzi le curano.

 Nel capitolo successivo ( Germania VIII) Tacito racconta che alcune schiere già in ritirata e vacillanti furono rimesse in ordine dalle donne con l'insistenza delle preghiere e l'opposizione dei petti (constantia precum et obiectu pectorum ) e con lo spettro della schiavitù che, fatta vedere da vicino, temono con ansia molto maggiore per le loro donne. Anzi credono che nelle donne sia insito qualcosa di sacro e profetico (inesse quin etiam sanctum aliquid et providum putant ) e non ne disprezzano i consigli o trascurano i responsi.

Questa affermazione entra nella questione sull'anima delle donne che Virginia Woolf menziona come antica e controversa:"Hanno un'anima o non l'hanno?" si domanda ironicamente, e si risponde:"Certi selvaggi dicono che non l'hanno. Altri al contrario sostengono che le donne sono quasi divine, e perciò le adorano. Certi saggi dicono che hanno il cervello più superficiale; altri che hanno la coscienza più profonda. Goethe le onorava; Mussolini le disprezzava"[16].

Ma torniamo alle donne dei belligeranti.

Ovidio rappresenta le Sabine rapite che per mettere pace tra i padri e i mariti in guerra tra loro, si piegano a terra con i bambini al seno; questi, pignora cara, cari pegni, tendevano verso i nonni le piccole braccia come se capissero, quasi sentirent (Fasti, III, 215-222). 

 I bambini al seno impiegati in guerra come pegni affettivi  è dunque un altro tovpo" . In Ovidio prevale l'elemento antiquario, decorativo e patetico, in Tacito quello politico e polemico. Il motivo di fondo è comunque il nesso tra le donne e la vita, un vincolo che le guerre fatte dagli uomini tendono a sfilacciare.   

"Come gli antichi Germani, gli Elleni credevano che proprio le donne ricevessero da Dio alcune doti spirituali che oltrepassano la normale misura umana. A Delfi come a Dodona erano le donne che riferivano i responsi del dio; la tragedia immanente alla conoscenza del futuro trovò espressione nella figura di Cassandra, e in Platone Diotima, originaria di Mantinea, la "città dei profeti", inizia Socrate ai più profondi misteri della conoscenza"[17].

 

La veste sollevata

obiectu pectorum si può associare al motivo della sublata vestis. Lo commenta Mazzarino ricordando che è presente presente anche in Nicolao di Damasco[18], "storico dell'età di Augusto, secondo cui Ciro è figlio di un masnadiero mardo ed ha una fanciullezza da schiavo". I sui racconti dipendono da  Ctesia[19] "il quale compilò la sua opera di storia persiana dopo il 398/397, tornato da un lungo soggiorno alla corte persiana dove era stato medico particolarmente caro alla regina Parisatide". Mentre Erodoto ha preferito la saga di carattere aristocratico facendo di Ciro il figlio di un nobile persiano, Cambise, sposato a Mandane, figlia del re dei Medi Astiage, Ctesia indulgeva a un gusto popolare che assimilava Ciro ai grandi uomini dagli umili natali. Ctesia ha servito presso Artaserse II ma si è opposto alla versione ufficiale della corte persiana secondo cui Ciro era figlio di Cambise. Ebbene nella saga popolare "affioravano le matriarcali convinzioni, fossili di preistoria, per cui la vittoria in battaglia era ricondotta a esplosioni di femminilità che un moderno chiamerebbe "freudiane"…Anche il motivo della sublata vestis delle donne persiane, le quali così impediscono ai loro uomini la fuga, è di spiriti antico-matriarcali (Kornemann R. E. Supplb. VI 567): questi potevano sopravvivere solo in una saga popolare; e viceversa si adatterebbero assai meno ad un ambiente aristocratico "[20].

 

 -hoc...hoc...hoc: la triplice anafora e il parallelismo strutturale ( per tre volte c'è la medesima sequenza di pronome- participio- sostantivo) significano la regolarità e il giusto ordine di queste usanze.-iuncti boves…paratus equus…denuntiant: abbiamo visto che tutt'altra cosa significano l'aggiogamento del toro e l'imbrigliamento del cavallo in Tibullo (I, 3, 41-42).

 Nel Primo Stasimo dell'Antigone il soggiogamento di questi animali significa la violenza dell'uomo sulla natura:" E la razza degli uccelli dalla mente/alata, circondando con maglie/di reti intrecciate/cattura, e le stirpi delle fiere selvatiche/e la progenie sprofondata nel mare,/l'uomo che sa pensare, e si impossessa/con i suoi mezzi della bestia/che dimora nei campi, che vaga sui monti, e il cavallo/dalla cervice crinita trascina sotto il giogo che cinge il collo/e il montano, infaticabile toro" (vv. 342-352). Heidegger commenta tale violenza  con queste parole:"l'uomo getta i suoi lacci e le sue reti; egli strappa la vita al suo ordine e la rinchiude nei suoi steccati e nei suoi stabbi, imponendo ad essa i suoi gioghi"[21]

-Sic vivendum sic pereundum (esse) : ancora un'anafora e una doppia perifrastica passiva, in dipendenza infinitiva da admonetur, senza complemento d'agente poichè quest'ordine impegna tutti.-accipere se...quae reddat: anche questa infinitiva dipende da admonetur e la relativa impropria ha significato finale.-quae: oggetto di accipiant e soggetto di referantur, altri congiuntivi con valore finale.

 

Pesaro 20 settembre 2023 ore 16, 30 giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1]Repubblica  457.

[2]Umano, troppo umano , II, trad. it. Mondadori, Milano, p. 179.

[3] Sallustio, "ancorché meno sbiadito degli altri" Tito Livio, "patetico e pomposo"; Seneca, "turgido e scialbo"; Svetonio, "linfatico ed embrionale".

[4] Trad. it. Garzanti, Milano, 1975, p. 43.

[5]G. Ugolini, Lexis, Atlas, Bergamo, 1992, p. 115.

[6]E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee , trad. it. Einaudi, Torino, 1976,  pp. 59 e 60.

[7] Epitomatore del II-III secolo d. C. Ha riassunto il De verborum significatu , opera lessicale di Verrio Flacco, grammatico antiquario dell'età di Augusto, precettore dei nipoti del principe.

[8]E. Benveniste, op. cit., p. 71.

[9] Claudio, imperatore e marito di Messalina.

[10]E. Benveniste, op. cit., p. 141.

[11]Cfr. Catullo, Carmina , 109, 4.

[12] C. Wolf, Medea, p. 125.

[13]Nietzsche, Umano, troppo umano , II, trad. it. Mondadori, Milano, p. 82.

[14] Era infatti figlia di Germanico, fratello di Claudio.

[15] Cfr. Annales , XIII, 13 dove Agrippina fingeva compiacenza con Nerone per distoglierlo dalla liberta Atte "et proximi amicorum metuebant orabantque cavere insidias mulieris semper atrocis, tum et falsae ", gli amici più vicini temevano e lo pregavano di guardarsi dalle insidie di una donna sempre terribile, allora anche ipocrita.   

[16] Una stanza tutta per sé , Newton Compton, Roma, 1993, p. 40.

[17] M. Pohlenz, L'uomo greco, p. 715.

[18] Nato a Damasco nel 64 a. C. compose, tra l'altro, una Storia universale in 144 libri di cui restano solo due epitomi e pochi estratti. Rimane qualche frammento di una Vita di Augusto.

[19] Nato a Cnido verso la metà del V secolo, visse alla corte di Artaserse II e scrisse Persikav, Vicende della Persia in 23 libri che partono dal re assiro Nino e arrivano al 398 a. C. Ne restano alcuni estratti conservati nella Biblioteca del patriarca bizantino Fozio (IX sec. d. C.). Ctesia scrisse pure un libro di notizie sull'India ( jIndikav).

[20] S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 1, p. 170 e n. 161 di p. 580.

[21]Op. cit., p. 162.

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