giovedì 28 settembre 2023

Ifigenia XXVII. L’amore non è solo “impeto di cupidità”

A. Feuerbach, Iphigenie (1862)
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Nei primi tempi si faceva molto l’amore e ci piaceva assai farlo ogni giorno più volte. Ci sentivamo due atleti o perfino due eroi del sesso. Tuttavia sentivamo che mancava qualcosa. Allora non sapevo che cosa fosse. Ora so che l’emozione fondata sul piacere sessuale, magari associata all’orgoglio e al vanto della forza, della bellezza e della gioventù, pur se dura più a lungo del tempo necessario a sfogare la prima libidine, anche se può prolungarsi per alcuni mesi quando la voglia è resa più piccante e tosta dal gusto di trasgredire le regole e di scandalizzare i bigotti, dopo due o tre stagioni esaurisce il suo vigore ascendente se l’ammirazione della bellezza non si associa alla conoscenza e alla prassi del Bene che è il sapere più alto, che è la sapienza vera, e chi la ama  si sente frustrato, infelice se non riesce a salire  su questa vetta che offre una larga visione mentale e morale.
 Ora comprendo come Admeto dopo avere smarrito la moglie: “a[rti manqavnw[1]. Ma è tardi: io ne ho proprio perdute diverse, troppe oramai.
 
L’amore non è solo impeto di cupidità quando gli amanti non si amano ma si appetiscono. Poi, saziato l’appetito, si nauseano uno dell’altro. Manifestai amore a una donna soltanto la sera dell’agosto del 1971 quando lasciai perdere l’occasione ghiotta di Josiane e chiesi scusa a Elena per avere corteggiato la ragazza più giovane.  Allora la donna matura mi disse: “io non sono materia”, e io la stimai e l’ammirai oltre desiderarla.
 
A un tratto mi alzai, guardai l’orologio e il tempo di fuori. Per Ifigenia era già tardi: mancavano pochi minuti alle sette e la neve che cadeva fittissima da quattro ore aveva formato in terra una difficoltà  per il ritorno della sposa a casa in tempo tale da non provocare burrasche da parte del marito.
Ifigenia mi venne vicino e le feci notare che lo spessore bianco era talmente alto, compatto e scivoloso che dove copriva l’erta rampa di uscita dal mio garage poteva impedire la salita della nera Volkswagen.
 Intanto vi  scivolavano dei ragazzini su delle slitte. Nessuno di noi due era capace di montare le catene da neve e io per giunta non sapevo neanche se  le avessi e dove potessi trovarle. Tale mancanza di abilità manuale e il disordine nel  tenere le cose, con il tempo ci avrebbe dato non pochi fastidi. Sembra un particolare irrilevante rispetto alla grandezza di una passione amorosa, invece anche deficienze più piccole possono generare seri imbarazzi e gravi disturbi in un rapporto. Se la sintonia non è totale, la minima difficoltà si associa subito al malumore e a un meschino spirito competitivo, accusatorio, denigratorio. Se la fiamma erotica iniziale non viene alimentata  dallo spirito della generosità e dell’altruismo reciproco, questa prima si affioca, nelle  noiose faccende della prassi giornaliera, poi con il tempo diventa un nero tizzone quasi del tutto spento,  alimentato solo dal rancore reciproco. Andrà a finire così ma questa fine non era ancora vicina. Però ogni cosa segretamente temuta  accade prima o poi.
Basta pensare alla morte.
 
Pesaro 28 settembre 2023 ore 10, 08 
giovanni ghiselli
 
p. s.
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[1] Euripide, Al cesti, 940, “ora comprendo”, appunto

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