mercoledì 27 settembre 2023

Ifigenia XXV e XXVI

A. Feuerbach, Iphigenie (1862)
Secondo natura e contro natura

 
Facemmo l’amore raddoppiando il numero della sufficienza tripartita.
Fuori nevicava nel buio. Dentro il talamo nostro eravamo contenti della fusione dei nostri corpi. La situazione era bella e favorevole alla felicità ma il mio passato di assidui terrori mi spinse di nuovo verso la demolizione della gioia di cui pure avevo fruito e goduto.
“Ifigenia sei un’amante speciale. Peccato che il nostro amore non possa durare a lungo”
Parole che non avevo mai detto a nessuna delle mie finlandesi pure amatissime, ma con loro non ce n’era bisogno perché sapevo che se ne sarebbero andate per  forza di cose e magari mi sentivo viceversa propenso a trattenerle. Ma questa? Che cosa avrei fatto di lei se avesse lasciato il marito? Avrei dovuto occuparmene io?
Un’amante non doveva responsabilizzarmi troppo se non voleva rattristarmi. Per una figlia mi sarei potuto prendere delle responsabilità o per la madre mia, perfino per le mie zie, ma con una senza legami di sangue il rischio era abnorme: eccedeva le mie capacità.
Ifigenia ribatté con il suo buon senso: “Perché fai così  il guastafeste dopo che te la sei spassata con me? Non ti sembra inopportuno rovinare questa serata splendida di neve e di gioia con una previsione funesta? Lasciati andare all’ottima sorte che ci ha accarezzato. Per me, ma anche per te è una fortuna! Sono pensieri malati quelli che vogliono mortificare la gioia.
I nostri nemici invidiosi dicono che il dislivello di nove anni tra noi è eccessivo, che tu per giunta sei un donnaiolo attempato, un rudere libertino corruttore di giovani donne e io una poco di buono che vuole adescarti e sfruttarti rompendo la fede matrimoniale, eppure sono sicura che tu non hai mai fatto l’amore con tanto ardore quanto ne avevi poco fa con me”.
Aveva ragione ma io non volli lasciar passare un’affermazione tanto compromettente senza ribattere
“Come fai a essere tanto sicura? Che cosa sai di preciso della mia vita amorosa passata?”
“Lo sento - rispose senza esitare un istante - E lo vedo nel tuo comportamento del tutto diverso da queste tue parole da scettico.
Da come mi guardi, mi baci, mi tocchi sento il tuo amore. Hai pure lasciato una donna che ti faceva comodo a quanto dicevi”.
“E l’altra?”
“La lascerai presto per dedicarti soltanto a noi due. Stai diventando ogni giorno migliore: meno egoista, opportunista, meno pretificato in senso gesuitico, anche se ora fai il cinico perché hai paura dell’amore che senti per me e che io ti contraccambio con la potenza aggiunta del mio entusiasmo e la forza della mia giovinezza. Noi due ci miglioriamo a vicenda. Io ti ho fatto sentire che cosa è l’amore privo di calcoli, elucubrazioni e remore, indugi,  e tu mi fai capire che cosa schifosa è l’ignoranza, perciò da quando ti conosco studio sul serio  e cerco una via di progresso, di ascesa con te”
Ifigenia aveva ragione, però io non avevo ancora deciso di lasciare l’altra amante bolognese Pinuccia che mi faceva comodo assai e non chiedeva niente: era del tutto gratuita. Dovevo prendere tempo con entrambe le amanti.
Sicché cambiai atteggiamento e tono: guardai Ifigenia con occhio lascivo, le accarezzai la parte interna delle cosce odorose e dissi: “carissima, questa sera dobbiamo aggiungere un’altra trilogia e arrivare a comporre le enneadi”.
 
 
Ora comprendo
 
Ifigenia rimase sconcertata da questa mia provocazione erotica che era anche evasiva rispetto alla sua volontà di un chiarimento sentimentale. Mi fece un sorriso malinconico che manifestava la sua delusione. Sicuramente le dispiaceva il mio eludere la sua offerta di amore lasciandola senza risposta per deresponsabilizzare me stesso e ridurre quel nostro incontro a un’abbuffata sessuale. Ora comprendo che le facevo del male e so che questo mi sarebbe tornato addosso per il contrappasso.
 Ifigenia aveva ragione dicendo che sarebbe stata cosa buona credere nella durata del nostro amore: lo avrebbe reso più forte, persino più gustoso, e accresciuto la nostra gioia.
Ora capisco che quella ragazza bella e vivace, la giovane donna che mi stava davanti, che mi piaceva  molto mentre ne ammiravo il fiorire rigoglioso dei seni, la potenza delle cosce lisce, sode e tornite, il luccicare dagli occhi neri, il lampeggiare dei denti voraci di vita, cercava giustamente il mio appoggio e io avrei dovuto  aiutarla a trovare un equilibrio, uno stile suo, una forza morale da coniugare con l’ordine mentale e sentimentale che dovevo imporre a me stesso dopo tante pose e scene erotiche, estetiche e culturali, tutte piuttosto superficiali e confusionarie.
E  forse il più immaturo tra i due, il più spaventato dalla vita ero io.
L’aiuto senza riserve avrei voluto darlo a una figlia mia, a questa però la madre non aveva permesso di venire alla luce, e la mia complicità nel misfatto mi avrebbe negato ogni forma di paternità carnale nei secoli dei secoli. Mi è rimasta quella delle parole che scrivo. E così sia.
 
Pesaro 27 settembre 2023 ore 19, 57 
giovanni ghiselli
 
p. s.
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