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La mattina
seguente andai a scuola pieno di sonno e di angoscia. Con gli
allievi i cui volti mi rinfrancarono un poco, recitai la lezione conclusiva. Doveva essere fatta bene poiché suscitò
l'interesse dei ragazzini
che presero appunti nonostante la scuola fosse finita;
anzi, io non lo sapevo, ma questa fu l'ultima lezione tenuta al Minghetti
dopo cinque anni: due di liceo e tre di ginnasio. Alle undici,
durante l'intervallo, una ragazzina mi domandò: "Professore,
vorrei sapere se lei è felice". "Tu che
cosa pensi?" risposi con un'altra domanda, meravigliato, ma non
troppo, dalla sua. "Io
credo di no" fece l'adolescente con leggero imbarazzo. "E'
vero - ammisi - in questo periodo non lo sono. Vivo, come molti altri, credo, in
situazioni oscure e contorte, mentre ci sarebbe bisogno di chiarezza,
bellezza e dirittura morale. Comunque mi rifarò, poiché mi
piace la vita e io stesso non mi dispiaccio del tutto". Alle due
telefonò Ifigenia. Disse: "Ciao Gianni, mi sei mancato, mi
manchi. Quando vieni? Vieni presto! Ti aspetto". Sembrava uno
dei nostri messaggi stereotipati, e nello stesso tempo carichi di
nervosismo e insicurezza. Non potevo
andare presto a Riccione: dovevo preparare le valutazioni degli scolari da consegnare
in segreteria lunedì. Inoltre volevo andare al campo sportivo per
mettere alla prova le mie forze fisiche che
parevano indebolite: non riuscivo a correre i 5000 metri in
meno di venti minuti. Così, per essere sicuro di avere il tempo
necessario a compiere le cose da fare,
e anche per dare a lei
l'occasione di effettuare le sue con agio, e senza di me, ma soprattutto
perché era predestinato ab aeterno che la nostra storia d'amore
finisse in quel modo e in quella notte, risposi: "Arrivo verso le undici:
oggi devo lavorare fino alle nove, se voglio tenermi liberi il
sabato e la domenica per andare a Pesaro con te". Ifigenia
provò a protestare: "Così tardi? Vieni prima, amore: ti ho detto che
mi manchi e che ti amo tanto". "Anche
tu mi manchi tanto, ma oggi pomeriggio ho da fare. Così abbiamo
tutto il tempo per i nostri impegni. Tu potrai seguire spettacoli e
conferenze. Anzi, guarda, per non spezzarti la serata, arriverò dopo cena,
poco prima di mezza notte". Sapevo bene che
in questo modo le davo l’occasione di fare quello che
avrebbe fatto; sapevo che più rimaneva sola, più era esposta al
rischio di andare a letto con uno dei personaggi del Grande Hotel
i quali le avrebbero chiesto il godimento del suo corpo
giovane e bello in cambio di una promessa di introduzione nel mondo dello spettacolo. E sapevo che c'era l'attore famoso, incline a fare tali proposte di scambio alle belle ragazze avide di notorietà;
infine sapevo che lui per lei era una specie di mito fin dall'infanzia. Tutto questo mi era chiaro allora come adesso e l'avevo
messo in conto quando le dissi che sarei arrivato tanto tardi a
Riccione. Volevo correre il rischio, e anche farglielo correre. “Quoque
pronior esset in vitia sua” 1. Del
resto la ragazza, se valeva qualche cosa, se voleva entrare in quel mondo
con dignità e decoro, a letto con il primo famoso che glielo
chiedeva senza conoscerla non doveva andare, per lo meno non subito;
altrimenti sarebbe diventata una da gettare via subito dopo. Da parte mia non è
stata una svista il compimento del nostro destino. Io l'ho
voluto. Amor fati è la mia intima natura, non solo quella di Nietzsche 2. E' stata una scelta, una provocazione
intelligente arrivare tardi. Era ora che
Ifigenia dopo tanto sesso, commedie, bacini, dopo tanti
"mi manchi" e "ti amo", mi desse qualche cosa di
autentico, di morale,
di veramente suo: impegno, sacrificio, fedeltà, non in astratto, ma
quando aveva occasione di romperla con chi la attirava, la lusingava, la emozionava. Ma in
realtà mi aveva già dato tutto
il meglio di sé, e altro, poveretta, proprio non aveva da offrirmi. Quel
pomeriggio remoto presi una decisione che adesso, dopo tanti anni,
prenderei un'altra volta. Non ne sono pentito: “eJkw;n eJkw;n
h}marton, oujk ajrnhvsomai” 3 La
catastrofe che dieci ore più tardi segnerà la fine del nostro rapporto, mi
ha inflitto dolore, però nello stesso tempo
mi ha messo alla prova, mi ha allenato, ha suscitato e corroborato
tutte le mie capacità di resistenza e reazione alle peggiori
avversità, mi ha dato l'opportunità di conoscere meglio me stesso, e
la spinta definitiva a scrivere questo romanzo con il sacrificio
di una grande porzione di questa vita mortale. Ben più di quindici anni 4. Se è
vero che le difficoltà temprano la virtù, come la fatica i muscoli, quella che
sto per raccontare, è una montagna difficile quanto lo Stelvio,
il Pordoi, il Parnaso nevoso di Sofocle 5, l'Ossa, l'Olimpo e
il Pelio dalle foglie agitate di Omero 6, più la bruna montagna del
Purgatorio dantesco messi uno sull'altro. E con il vento
contrario, ma forte. Più i 5000
metri a piedi, ripetuti dieci volte di
seguito, sotto la grandine. Al fine di
superare il senso di frustrazione provato quella notte famosa, ho
dovuto decidere di chiudermi in casa per anni, per decine di
stagioni che ci portano tanto e portano via tutto, e leggere, studiare, scrivere: impiegare ogni energia, la mia
cultura, i ricordi, i sentimenti al servizio del
riscatto, della rivalsa costituita da un grande romanzo che di fatto
ha già interessato centinaia di
migliaia di persone e arriverà a
milioni di lettori: non meno numerosi degli spettatori dell'attore gradasso, quello di “un’ora sola ti vorrei”. Ma questo
intento non sarebbe bastato da solo a farmi scegliere lustri di sacrifici, di
rinunce ai piaceri e alle distrazioni della vita esterna. Ci voleva un altro
scopo più alto, più generoso: l'educazione di quanti mi avrebbero letto.
Questo l'ho trovato scrivendo. Adesso che l'attore e Ifigenia
sono defunti, io sono grato a entrambi per quella notte. Talora li
ricordo nelle preghiere: “lucem
aeternam dona eis Domine”. Dopo la
corsa svigorita, tornai a casa depresso, mi lavai, e, mentre mi
asciugavo, accesi il televisore. Sentii che un bambino era caduto in un
pozzo profondo da diverse ore, ma era vivo, anzi parlava e stava
bene. I pompieri lo avrebbero tirato fuori presto. La notizia
mi fece una brutta impressione, eppure non dubitai che l'avrebbero
salvato come assicurava il giornalista. Sembrava cosa già quasi
fatta. Studiai: rilessi le Olintiache. Volli ripassare Demostene che esorta gli Ateniesi a
ritrovare lo spirito di
sacrificio smarrito. Alle dieci partii per andare da lei: dovevo
incontrarla due ore più tardi sulla terrazza del cupo giardino
ghiaioso del Grande Hotel di Riccione.
Villa
Fastiggi, 27 luglio 2025 ore 12, 35
giovanni ghiselli
p. s.
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Note 1 Cfr. Livio, Storie, 22, 3. anche perché assecondasse di più i propri difetti. Annibale provoca il console Flaminio, ferox a consulatu priore, già spavaldo dal suo precedente consolato. 2 F. Nietzsche: “Amor fati, das ist meine innerste Natur”, Ecce homo. 3 Di mia volontà, di mia volontà ho trasgredito, non lo negherò. E' il verso 65 del Prometeo incatenato di Eschilo. 4 Cfr. Tacito, Agricola, 3: "per quindecim annos, grande mortalis aevi spatium", per quindici anni, grande porzione di una vita mortale. 5 Cfr. Edipo re, v. 475. 6 Cfr. Odissea, XI, 315-316.
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