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La mattina
seguente, di buonora, partimmo diretti al castello di Neuschwanstein.
Lo trovammo dopo lunga ricerca. Da lontano sembrava
bello, antico e fatato; da vicino mi apparve ibrido; l'interno
era contrassegnato dal guazzabuglio. Mentre ne percorrevamo le sale e le
gallerie, imbrancati con altri turisti, pensavo al pover'uomo che si piccava di intendere la bellezza ideale e si circondava di
tanta confusione
reale. Sulle montagne pesavano nuvole quasi nevose che versavano un
freddo umido e grigio. L’inverno non accennava a cessare di scontentarmi e minacciava un’estate fredda e triste come quella dei
morti. "L'inverno non finirà mai, mai", dissi ricordando quanto diceva il
sovrano rinchiuso nel manicomio lacustre. Nella dimora
reale ogni cosa era spropositata e caotica: la struttura che
contamina falso gotico e falso romanico, la chiesastica sala del trono
enorme, pacchiana nelle colonne viola e turchine, nella decorazione
grottesca, nella scalinata che porta all'abside dove è dipinto un
Gesù Cristo benedicente il re per grazia di Dio. Le altre
stanze, meno grandi, apparivano ancora più sovraccariche: dappertutto
lampadari mastodontici, statue di santi, di eroi, di dèi, mosaici e
affreschi asfissianti, privi di ordine, gusto e misura; insomma la
negazione del bello con semplicità. Mi vennero
in mente alcune scene del film. Il monarca sdentato e ingrassato,
l'eroe capovolto a farmakov~ 1,
a mostro preso
di mira dalla natura, domanda
esterrefatto: "Von Holnstein è qui, a
Neuschwanstein?" Il conte traditore aveva ordito una
congiura, in combutta con una marmaglia di felloni: “burocrati, medici,
servi e impiegati”. Guardavo
Ifigenia immemore e muta. "Mi
procuri del veleno. Basta andare in farmacia". Il colonnello Dürckeim,
l'aiutante di campo meravigliosamente fedele, voleva salvare il
suo re, cercava di spingerlo a Monaco perché rivolgesse
un proclama all'esercito e al popolo amici. Ma Ludwig aveva deciso
di lasciarsi annientare: "Nemmeno otto elefanti riuscirebbero
a trascinarmi in quella città che odio!". E il conte traditore Von Holnstein lo fece afferrare da quattro infermieri insolenti che lo portarono
sul lago dall'acqua nera dove una sera piovosa di giugno il farmakov~ affogò,
riconsacrandosi re. Usciti dal
castello maggiore, partimmo per Linderhof. E' una villa
in stile rococò. Sotto un cielo sempre gelido e scuro riconoscemmo
la fontana senz'acqua e le rampe della sbrecciata scalea
apparse nel film di Visconti. Nelle stanze sontuose e sovraccariche ci soffocava la
decorazione fittissima che per giunta si moltiplicava in una
miriade di specchi situati dovunque. Scrutavo me stesso per vedere se in
quelle giornate di inerzia fossi ingrassato e imbruttito, poco o assai. Ne avevo il timore siccome
Ifigenia non sembrava
gradire la mia vicinanza. La parte più desolata e angosciante
però fu la grotta artificiale dove il re disgraziato passava giornate
intere fissando l'acqua e le pareti livide. Mentre osservavo quel lugubre
stagno, riflettevo sull'infinita solitudine di Ludwig esiliatosi
dal mondo insopportabile degli speculatori travestiti da uomini 2. Pensavo che sarei arrivato anche io a un rinnegamento così completo della vita sociale, se avessi perduto il gusto dell'educazione,
l'interesse per il mio lavoro e l'amore degli adolescenti: allora un'inerzia,
un tedio del genere mi avrebbe annientato. Guardai
Ifigenia: il buio, la muffa e lo squallore della cupa caverna, le
avevano tolto bellezza e salute. Dicevo a me stesso: "Io sto con questa cui
non ho più niente da dire, sperando che mi faccia sentire la
necessità di scrivere un capolavoro; vado a letto con tale donna
nevrotica, ingenerosa, opportunista, che non stimo, che nemmeno mi
piace del tutto, che a sua volta mi frequenta solo per il suo misero utile:
la porto in viaggio con me e l'aiuto a preparare un esame che dovrebbe aprirle
chissà quali usci, porte che forse non si apriranno mai. Il nostro
amore è falso e asfissiante quanto la
grotta penosa e le stracariche stanze del re".
Villa Fastiggi 23 luglio 2025 ore 20,32 giovanni
ghiselli
p. s
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Note 1 Medicina umana, una specie di capo espiatorio. 2 Cfr. A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, trad. it. Adelphi, Milano, 1983, p.278, Tomo II:" Il nostro mondo civilizzato non è altro che una colossale mascherata. Vi si trovano cavalieri, preti, soldati, dottori, avvocati. Ma essi non sono ciò che rappresentano, non sono altro che maschere dietro le quali di regola stanno degli speculatori (money-makers)".
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