sabato 26 luglio 2025

Ifigenia CCL. L’ultima prova prima dell’esame. Imitationes dearum: Elena Augusta e Ifigenia Afrodite.

Venerdì sera gli allievi della scuola dovevano fare l’ultima prova. Sabato ci sarebbe stato l’esame degli attori giudicati dalla commissione.

Ma anche la recita del 29 era pubblica: intendevo andarci, se Ifigenia mi avesse invitato. Dopo la scuola, la incontrai in via Montegrappa quasi per caso: voglio dire che non sembrava esserci venuta appositamente per vedermi, sebbene la strada fosse molto vicina alla mia scuola. Era nervosa assai, e di poche parole. Disse che dovevo stare in casa dalle cinque, poiché avrebbe potuto telefonarmi. In ogni caso alle nove e mezzo cominciava la recita di prova. Non capii se dovevo andarci comunque, o se lei eventualmente mi avrebbe chiamato. Fatto sta che non arrivò alcuna telefonata, ed io ne ebbi l'angoscia. Alle nove ero incerto se andare a vederla. Telefonai a casa sua. Rispose una voce di donna che non disse il suo nome ma precisò che Ifigenia si aspettava di vedermi tra il pubblico.
“Posso essere utile a fare numero” pensai. Arrivai che avevano iniziato da poco. Nella bottega del Mago, Marianne indossava un abito nero; sul Danubio, un costume da bagno a righe, lungo fino a metà coscia; durante la pantomima tragica e lasciva dello Zeppelin, una calzamaglia; nell'ultimo atto, di nuovo l'abito nero. All'inizio ella era la ragazza in conflitto con il padre autoritario e cretino, poco convinta del fidanzato noioso, nauseata dall'ambiente dei bottegai e dei loro clienti. Poi c'è la scena della seduzione sul Danubio morbido come il velluto. Ifigenia guardava con intensità e desiderio l’attore interprete del seduttore. Lo faceva bene: non pareva che simulasse. Sembrava osservarlo con un'oblazione del cuore e di tutte le membra. Quello sguardo mi fece paura. Era pieno di sesso.
Fissava il suo partner con forza erotica che, sommata alla sua rara avvenenza e all'indumento scelto per mettere in pieno rilievo le forme  del corpo dedalico, diventava una grande potenza con la quale avrebbe potuto portarsi a letto qualsiasi uomo le fosse piaciuto. Questo pensavo tremando. Poi doveva mimare lo Zeppelin con la calzamaglia trasparente. Le si vedeva benissimo il seno. Sebbene una sua compagna di scena, più pudicamente, avesse tenuto il reggipetto, l'esibizione della mia donna non mi diede fastidio o dolore. Era giustificata professionalmente ed esteticamente. Il suo splendore corporeo era abbagliante: Ifigenia non faceva peccato a lasciarsi ammirare lì sulla scena. Offriva alla luce e alla vista degli uomini un bene raro, seppure effimero più di una scoscesa vita mortale: l'ultima volta che la vidi nuda, solo due anni più tardi, la sua carne non era più tanto compatta quanto la sera in cui si esibì in quella prova, o quanto il pomeriggio remoto nel quale, entrata per la prima volta in camera mia, si tolse i vestiti sorridendo felice, e sembrò il sole stesso che esce fuori da nuvole e brume in una mattina di primavera. Quel giorno lontano pensai che la sua carne fosse Imitatio deae e mi stupii che non fosse proibita agli occhi bramosi.
Adesso sei defunta, creatura, ma qui dentro tu vivrai eternamente radiosa come sei stata nella tua vita mortale  per un tempo troppo breve e già molto lontano. Ti sia sempre lieve il suolo


Villa Fastiggi  26 luglio  2025 ore 9, 07 giovanni ghiselli


 p. s

Nuvole inquiete nascondono il sole sole  ma il ricordo delle più belle tra le mie compagne donne svestite a festa, mi illumina sempre. 
Elena Augusta e Ifigenia Afrodite in primis.


p.p. s.

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