Il 4 aprile temevo la pioggia. Due anni prima, la ragazza mi aveva insegnato la credenza popolare che se piove quel giorno poi il tempo rimane cattivo per almeno due mesi: si infradicia tutta la primavera e una parte dell'estate. Nel 1979 piovve. La sera verso il tramonto il cielo si oscurò a occidente; allora promisi all’amata che con la mia forza mentale avrei tenuto in rispetto la canaglia ringhiante delle nuvole nere almeno fino a mezzanotte e un minuto. Ma alle dieci la giovane donna telefonò dicendo che suo marito sapeva tutto di noi; allora la mente, terrorizzata dalla prospettiva di un legame contrario alla natura mia, e presoffrendo i due anni venturi, crollò: le nubi dilagarono, si squarciarono, e su Bologna imperversò un diluvio notturno. Il 4 aprile del 1980 eravamo a Padova, ospiti di Stefania che faceva una delle sue scene: beveva, piangeva, rideva, gridava, accusava, sgomitava. Una gran confusione. Piovve a dirotto. L'aria fu irritata dal tuono e da una convulsione di venti selvaggi. Balenavano le spire infuocate dei fulmini, e i turbini facevano girare la polvere 2. In effetti le primavere seguenti furono mézze come le “persiche” della poesia Nella belletta del vate abruzzese. Un aggregato di lingue Al ritorno avevo trovato un messaggio suo: "Caro amore mio, ti ringrazio di tutto, della tua ospitalità e del resto. Mi dispiace moltissimo non vederti questa sera. Comunque domani, se è una bella giornata, andiamo in bici, oppure ci troviamo dai Greci. Oggi mi sei mancato molto, molto, ma con tranquillità. Sono tanto felice di amarti così, e voglio darti il meglio di me stessa. Ti adoro tesoro. Ciao Ifigenia ". Da queste parole sembra che ci amassimo, che ci volessimo bene, che ne fossimo sicuri. Invece nella testa avevo una gran confusione. Ricordavo: "L'eco del tuono mugghia, le spire del fulmine balenano ardenti, i turbini fanno girare la polvere, le onde del mare con aspro frastuono confondono i cammini degli astri. O memoria, o culto della mia donna, vedi che, a torto o a ragione, io soffro 4". L'otto
aprile dovevo tornare a scuola di pomeriggio, per un collegio dei
docenti. Ci stavo andando di malavoglia: senza
allievi mi sentivo fuori dal posto mio in quel luogo. In via Nazario Sauro però
mi venne incontro Ifigenia con un sorriso vivo nel piccolo
volto abbronzato che spiccava su una camicia di colore bianchissimo e molto aderente al seno grande e bello. Tornava dalla
palestra di danza, ma non pensava al ballerino Gennaro, anzi, aveva
anticipato l'uscita per passare davanti all’ edificio scolastico nel tempo
probabile in cui dovevo entrarci io. Voleva vedermi. Voleva
piacermi. Oh sì, mi piaceva assai la ragazza, e mi fece piacere. Che bea che s’è dicono i maschi veneti
di tali capolavori offerti da giovani femmine umane. I siciliani invece: bedda fimmina. Oppure: s’è un fiòr, ma questo piuttosto a
Trieste. "C'era
una volta un re innamorato della propria figliola".
Villa Fastiggi, 23 luglio 2025 ore 11 giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog All time1776909 Today58 Yesterday225 This month14382 Last month24815
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[1] Cfr. Leopardi su la lingua italiana: “piuttosto un aggregato di lingue che una lingua, laddove la francese è unica”, ha maggiore facoltà rispetto alle altre “di adattarsi alle forme straniere…Queste considerazioni rispetto alla detta facoltà della nostra lingua, si accrescono quando si tratta della lingua latina, o della greca. Perché alle forme di queste lingue, la nostra si adatta anche identicamente, più che qualunque altra lingua del mondo: e non è maraviglia, avendo lo stesso genio, ed essendosi sempre conservata figlia vera di dette lingue, non solo per ragioni di genealogia e di fatto, ma per vera e reale somiglianza e affinità di natura e di carattere” (Zibaldone, 964 e 965).
3 Cfr. Hieronymo’s mad again, T. S. Eliot, La terra desolata, v. 431, che in nota rimanda a T. Kyd, Spanish tragedy.
4 Cfr. Eschilo, Prometeo incatenato, vv. 1091-1093.
5 Cfr. T. Mann, La montagna incantata, trad. it. Dall'Oglio, Milano,1930, p.217 II vol.
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