Virgilio scrive bene, educa a
scrivere bene, fluidamente, ma insegna anche il servilismo dei clienti verso
tutti i detentori del potere.
Secondo questo poeta “protetto” si
deve obbedire sempre: nella Georgica IV Aristeo,
che ha causato la morte di Euridice, ha successo siccome mette al primo posto il lavoro ed segue
subito le prescrizioni rituali ( haud mora, continuo matris praecepta
facessit" (IV. 548 ), mentre Orfeo, il poeta che ama di amore eterno, fallisce poiché disubbedisce
agli ordini del crudele tiranno del quale infrange il patto imposto e iniquo
( effusus labor atque immitis rupta tyranni - foedera, IV, 492 - 493).
Sicché andò perduta la fatica dell'amante che non recuperò Euridice.
Insomma il Mantovano è anche un maestro
di sottomissione.
La pietas del
suo eroe di fatto è spietatezza, con Didone e non solo.
Enea, quando viene
rimproverato da Mercurio per il “delitto amoroso”, nemmeno considera la donna
che lo aveva accolto e aiutato:"obmutuit amens/arrectaeque
horrore comae et vox faucibus haesit "(Eneide, IV, vv.
279 - 280), restò muto, fuori di sé, gli si drizzarono i capelli per il
terrore, e la voce si arrestò nella gola.
Ma il seduttore per sbaglio deve
compiere “imprese grandi e meravigliose”, sicché non rimane agghiacciato a
lungo : infatti lo scalda un ardore legittimo e davvero degno di un eroe:"Ardet abire fugā "
(v. 281), arde di andarsene in fuga, e dà ordini per prepararla furtivamente,
riservandosi di parlarne a Didone nei momenti più dolci. Lo farà negli inferi
scusandosi con la donna morta suicida per il dolore (invitus, regina, tuo
de litore cessi, Eneide, VI, 460).
Un esempio per quanti ammazzano poi versano lacrime coccodrillesche. Secondo me
fare il male senza volere è un’aggravante.
La prima Bucolica ,
per concludere, è la storia di una raccomandazione che è rimasta la piaga più
tipicamente italiana.
Dante scrive bene con rara potenza
e precisione, ma insegna la superstizione, diffonde il terrore buio delle pene
infernali che Lucrezio aveva già dissipato con la luce della ragione 1350 anni
prima.
Oggi sono andato a desinare al
Pesce azzurro di Fano dopo una pedalata di 40 chilometri tra i colli (villa
Baratoff, Novilara, Fenile, fiume Metauro). Ebbene mi è venuto in mente l’amico
Stefano Baldi morto per Natale. Anche lui frequentava quel posto popolare ma
non volgare. Ci incontravamo nelle sere estive, piene di voli. Parlavamo di
ciclismo e di letteratura, con pathos.
Con Stefano mi sono apparsi altri
amici defunti. Sono tanti oramai.
Allora, contro gli spettri orribili
sbandierati dalla menzogna superstiziosa, ho cantato dentro di me, parafrasando
Fabrizio e pensando a questi cari compagni che non sono più sulla terra e mi
mancano: “Quando attraverserò l’ultimo vecchio ponte, a voi amici dirò,
baciandovi alla fronte: “voi siete in Paradiso, là dove vengo anch’io, perché
non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio!”. Ho anche pianto ma senza darlo a
vedere siccome “Feminis
lugere honestum est, viris meminisse " (Tacito, Germania (27, 1),
per le donne è bello piangere, per gli uomini ricordare.
Questa magari è la superstizione di
Tacito e mia.
Baci a chi mi vuole bene
gianni
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