sabato 8 giugno 2019

La Felicità. VI parte. L'infelicità dipende dal caos interno che cozza con il cosmo dell’artefice sommo

Edizione del 1574 dei Dialoghi di Platone
(per gli interessati è in vendita su Ebay)
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Nel Timeo Platone scrive : “ e„ mn d¾ kalÒj ™stin Óde Ð kÒsmoj Ó
te dhmiourgÕj ¢gaqÒjdÁlon æj prÕj tÕ ¢…dion œblepen· e„
d Ö mhde„pe‹n tini qšmijprÕj gegonÒjpantˆ d¾ safj
Óti prÕj tÕ ¢…dion· Ð mn g¦r k£llistoj tîn gegonÒtwnÐ
d¥ristoj tîn a„t…wn” (29 a), se il cosmo è bello e l’artefice è buono è chiaro che guardò al modello eterno; se no, cosa che non è nemmeno lecito dire, ha guardato a  un modello già  nato. Ma è chiaro a ciascuno che guardò a quello eterno: il più bello dei nati e l’ottimo tra gli autori    

Più avanti ( Timeo, 47 b - c) Platone afferma che dio ha trovato per noi e ci ha donato la vista  affinché, osservando nel cielo i giri della mente, ce ne avvalessimo per i moti circolari del nostro modo di pensare, dal momento che sono affini a quelli, disordinati agli ordinati, e imparando e divenendo partecipi della esattezza dei calcoli veri secondo natura, e imitando i giri della divinità che sono regolari, potessimo correggere quelli che vanno errando dentro di noi  

Vediamolo in greco:
qeÕn ¹m‹n ¢neure‹n dwr»sasqa… te Ôyin,
 †na t¦j ™n oÙranù toà noà katidÒntej periÒdouj crhsa…meqa
pˆ t¦j perifor¦j t¦j tÁj par¹m‹n diano»sewjsuggene‹j
ke…naij oÜsaj¢tar£ktoij tetaragmšnajkmaqÒntej d kaˆ
logismîn kat¦ fÚsin ÑrqÒthtoj metascÒntejmimoÚmenoi
t¦j toà qeoà p£ntwj ¢plane‹j oÜsaj¦j toà qeoà p£ntwj ¢plane‹j oÜsajt¦j ™n ¹m‹n peplanhmšnaj katasthsa… meqa.
 
Quindi  (Timeo, 90, c - d) “p©sa ¢n£gkh (…) eâ kekosmhmšnon tÕn da…mona sÚnoikon ˜autùdiaferÒntwj eÙda…mona enaiqerape…a d d¾ pantˆ pantÕj m…at¦j o„ke…aj ˜k£stJ trof¦j kaˆ kin»seij ¢podidÒnaitù dn  ¹m‹n qe…J suggene‹j e„sin kin»seij aƒ toà pantÕj diano»seij kaˆ perifora…· taÚtaij d¾ sunepÒmenon ›kaston de‹t¦j perˆ  t¾n gšnesin ™n tÍ kefalÍ diefqarmšnaj ¹mîn periÒdouj  ™xorqoànta di¦ tÕ katamanq£nein t¦j toà pantÕj ¡rmon…aj te kaˆ perifor£j, è del tutto necessario che colui il quale ha tenuto in ordine la parte divina che abita in lui sia sopra tutti felice. La cura del tutto è per ciascuno una sola, assegnare a ciacuna parte nutrimenti e movimenti appropriati. Sono congeniali alla nostra parte divina i movimenti, i pensieri e le circolazioni dell’universo. Dunque ciascuno deve seguire questi correggendo i circuiti guasti già sulla nascita nella testa attraverso l’apprendimento delle armonie e circolazioni dell’universo.

In un altro dialogo Platone consiglia l’assimilazione a Dio  (oJmoivwsiς qew' ,  Teeteto (176b - c).  Non è possibile che il male sparisca: è necessario che ci sia sempre qualcosa di opposto al bene su questa terra,  questo però non può  certo essere situato tra gli dèi, ma va errando attraverso la natura mortale e questo luogo per necessità . Perciò si deve cercare di  fuggire da qui al più presto. E la fuga è assomigliarsi a dio il più possibile fugh; de; oJmoivwsi" qew'/ kata; to; dunatovn, e tale oJmoivwsi" è diventar giusto e santo con intelligenza.

E' una vergogna essere infelici. E' una vergogna non poter mostrare a nessuno la propria vita, dover nascondere e dissimulare qualcosa"[1].

Essere felici secondo Strabone, geografo dell'età di Augusto, è un atto di pietas, una specie di imitatio Dei, di assimilazione a Dio: "gli uomini imitano benissimo gli dèi quando fanno del bene, ma si potrebbe dire ancor meglio quando sono felici: “eâ mn g¦r e‡rhtai kaˆ toàtotoÝj ¢nqrèpouj tÒte m£lista mime‹sqai toÝj qeoÝj Ótan eÙergetîsin· ¥meinon d¨n lšgoi tijÓtan eÙdaimonîsi"[2].

Anche le malattie vengono talora considerate quali segni di colpa. Quando Andrej Bolkonskij domanda al padre :"Come va la vostra salute?", il vecchio principe risponde: "Mio caro, solo gli stupidi e i viziosi si ammalano. Tu però mi conosci: dalla mattina alla sera sono occupato, sobrio, e quindi sano"[3].  Laboriosità e pietas dunque si addicono molto alla salute.  In effetti la Salus per i latini era una divinità, di antica origine italica.
Plauto la menziona più volte (Captivi 529; Poenulus 128).



[1] H. Hesse, Rosshalde (del 1914), p. 78.
[2] Strabone (64 ca a. C. - 24 ca d. C.), Geografia, X, 3, 9.
[3] L. Tolstoj, Guerra e pace, p. 146.

1 commento:

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