Riferisco e condivido con i miei lettori alcuni testi in onore della
capitana Carola e dei poveri per i quali questa ragazza trasgredisce leggi
inique.
Le leggi degli uomini, come sosteneva Don Milani sono giuste"quando
sono la forza del debole." Quando invece esse "sanzionano il sopruso
del forte", è bene "battersi perché siano cambiate"[1].
Messaggio morale della tragedia greca:
Umanesimo è amore per gli
uomini
Sofocle,
Antigone, v.523: "Certamente non sono nata per condividere l'odio ma
l'amore". -
Utilizzo
delle citazioni per partire dalla carne viva degli autori e non fare un
discorso generico. Li cito, poi spiego
Valore morale della sofferenza.
Parto da
Eschilo, Agamennone, 177: il tw'/ pavqei mavqo~ dell’Agamennone (v. 177) che ritorna
in altre forme in altri autori, antichi e moderni.
Goccia
invece del sonno[2] davanti
al cuore la pena che ricorda il male (stavzei d’ ajnq j u[pnou pro;
kardiva~ - mnhsiphvmwn povno~ , 179 - 180) e anche a chi non vuole giunge l’essere saggio.
Arriva con
violenza la grazia degli dèi (182).
“La forma drammatica classica si regge su un principio: che la sofferenza
inevitabilmente connessa all’esistere (anzi: al voler essere la via
destinataci) conduca finalmente al mathos, a un ‘chiaro’ sapere”[3].
Un caso di lieto fine in seguito a resipiscenza possiamo trovare nell'Alcesti
di Euripide. Admeto,
sentendo il peso della solitudine dopo avere chiesto alla giovane moglie il
sacrificio della sua vita per salvare la propria, soffre la desolazione nella
quale è rimasto e dice:"lupro;n diavxw bivoton:
a[rti manqavnw", condurrò una vita
penosa: ora comprendo (v.940). In seguito, come si sa, gli
verrà restituita la compagna dalla possa di Eracle.
C. Del Grande in Tragw/diva afferma che pure la commedia nuova, e particolarmente quella di Menandro mantiene un carattere
paradigmatico fornendo esempi di mavqo" tragico. E' il caso di Carisio
negli jEpitrevponte" (L’arbitrato): il marito che aveva ripudiato la moglie per un presunto errore sessuale di
lei, un fallo che, senza saperlo, avevano commesso insieme, quando si accorge
dell'amore della sposa, ironizza sulla propria innocenza di uomo attento alla
reputazione:" ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan
blevpwn"(v. 588), io uno senza peccato, e comprende che
deve perdonare quello che è stato solo un "ajkouvsion
gunaiko;" ajtuvchma", un infortunio involontario della donna
(v.594).
Il
protagonista di questa commedia ripropone la formula antica della dovxa , la reputazione, ma poi la
supera, con quell’ ejgwv ti" ajnamavrthto", che anticipa il Vangelo
di Giovanni:"chi di
voi è senza peccato scagli la pietra per primo contro di lei, oJ
ajnamavrthto" uJmw'n prw'to" ejp j aujth;n balevtw livqon (8, 7). Qui
non si tratta di un adulterio presunto. Infatti gli scribi e i farisei portano
al tempio una donna còlta in adulterio (mulierem in adulterio deprehensam ,
8, 3) e chiedono al Cristo, che insegnava in quel luogo, se dovesse essere
lapidata secondo la legge mosaica. Lo dicevano per metterlo alla prova e magari
poterlo accusare. Gesù allora si diede a scrivere con il dito sulla terra. E
siccome lo incalzavano, il Redentore, rizzatosi, disse loro:" qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat ". E riprese a scrivere per
terra. Tutti gli altri uscirono, e il Cristo, rimasto solo con la donna, la
assolse, come tutti gli altri, aggiungendo:"vade et amplius iam noli
peccare " (8, 11), vai e non peccare più..
Sulla medesima linea si trova il Duvskolo" : il vecchio Cnemone solitario e misantropo, in
seguito a una caduta nel pozzo, comprende che nessuno è tanto autosufficiente
da potere vivere senza l'aiuto del prossimo, e deve ammettere:" e{n d j
i[sw" h{marton o{sti~ tw'n aJpavntwn wj/ovmhn - aujto;"
aujtavrkh" ti" ei\nai kai; dehvsesq j oujdenov"" (vv.713 - 714), in una cosa probabilmente ho sbagliato: a credere di
essere il solo autosufficiente tra tutti, e di non avere bisogno di nessuno.
In Menandro dunque rimane vigente la legge tragica per la quale attraverso
le proprie sofferenze si impara e si diventa più comprensivi:"non si può
dire che mavqo" non ci
sia stato...Il paradigma in funzione esemplare è evidente"[5].
Del resto già nel Prologo il dio Pan aveva detto a proposito di Gorgia:
“ oJ pai`~ uJpe;r th;n hJlikivan to;n nou`n e[cwn:/ proavgei ga;r hj tw'n pragmavtwn ejmpeiriva, vv. 28 - 29, è un ragazzo che ha cervello al di sopra della sua
età:/infatti l'esperienza delle difficoltà fa crescere.
Per non limitarmi alla letteratura greca e ai suoi interpreti, aggiungo
autori successivi.
Nell'Eneide di Virgilio Didone
incoraggia i Troiani giunti naufraghi sulle coste della Libia ricordando che
anche lei è esperta di sventure le quali l'hanno resa non solo attenta e
diffidente, ma pure compassionevole verso i disgraziati:"non ignara
mali miseris succurrere disco "(I, 630), non ignara del male imparo a
soccorrere gli sventurati. Tanta humanitas non verrà
contraccambiata da Enea.
Questa
educazione data dal dolore avrà un riuso fino al Novecento, con Proust e Hesse
per esempio.
Versare il sangue a terra è un peccato irredimibile
Il coro dell'Agamennone nel
terzo stasimo canta:"una volta caduto a terra (to; ga;r ejpi;
ga'n peso;n a[pax) , nero/sangue mortale di quello che prima era un
uomo chi/potrebbe farlo tornare indietro cantando?"(vv. 1019 - 1021).
Una domanda retorica che afferma la sacralità della vita umana e trova un
correlativo cristiano in questa nobile sentenza di Manzoni :" il sangue d'un uomo solo, sparso per mano del
suo fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la terra"(Osservazioni
sulla morale cattolica, VII)
Nella Parodo delle Coefore il Coro canta:" Tutti i canali convogliati
in un'unica via, bagnando la strage che imbratta la mano, correrebbero
inutilmente a purificarla"(vv.72 - 74). Nella lamentazione funebre che
conclude il primo episodio, Oreste ribadisce :"infatti se uno versa tutti
i libami in cambio di una sola goccia di sangue, vano è il travaglio: così è il
detto" ( Coefore, vv. 520 - 521).
Nel Macbeth il protagonista, dopo che ha
assassinato il re, fa:" Will all great Neptune's Ocean wash this blood
clean from my hand?, tutto l'Oceano del grande Nettuno potrà lavar via
questo sangue dalla mia mano? No, piuttosto questa mia mano tingerà del colore
della carne le innumeri acque del mare facendo del verde un unico rosso (II,
2).
Il modello di questo passo si trova nella Fedra di Seneca dove Ippolito, sentendosi contaminato dalla
matrigna, dice:" quis
eluet me Tanais aut quae barbaris/Maeotis undis pontico incumbens mari?/Non
ipse toto magnus Oceano pater tantum expiarit sceleris, o silvae, o
ferae! " (vv.715 - 718), quale Tanai mi laverà o quale Meotide
che con le barbare onde preme sul mare pontico? Nemmeno il grande padre con
tutto l'Oceano potrebbe purificare un delitto così enorme. O foreste, o fiere!
Lady Macbeth in un primo momento afferma che poca
acqua basterà a pulire le mani lordate dal misfatto: "A little water
clears us of this deed " (Macbeth, II, 2) leggiamo nella
tragedia di Shakespeare[6].
Più avanti la stessa donna che, aizzando il marito al
tradimento e al delitto, era sembrata tanto salda, resa malata dal crimine
sospira:"All the perfumes of Arabia will not sweeten this little hand ",
tutti i balsami d'Arabia non basteranno a profumare questa piccola mano (V,1).
giovanni ghiselli
(continua)
[6] Una battuta che
nel libretto di Piave del
melodramma musicato da Verdi diventa: "Ve' le mani ho lorde anch'io; poco
spruzzo e monde son" (Macbeth, I atto).
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