Per la morte dell’amico Stefano. In memoriam
Abbiamo comunque tenuto le case in questa nostra prima e mai dimenticata né rinnegata città. Mai del tutto. Io conservo ancora l'accento che avevamo da ragazzini (sta a sentiiire!) : appena apro bocca a Bologna mi individuano come pesarese. Significa nostalgia di quegli anni e degli amici di allora. Tu in primis.
Ci siamo ritrovati al mare una decina di anni fa. Ci vedevamo verso il tramonto ai bagni Tiki, sottomonte, dove tu avevi la base delle tue nuotate e io andavo e venivo durante le mie corse fino a fosso Sejore. Quando mi vedevi, mi facevi segno agitando le lunghissime braccia e ci mettevamo a parlare, non dei Troiani di Delfi e di Roma, ma di giro di tour di vuelta, e dei protagonisti di questi agoni che per noi erano quelli davvero olimpici. Poi mettevamo a letto il sole che andava a dormire dietro il colle Ardizio e noi due andavamo a cenare al Pesce Azzurro di Fano, sempre parlando di sport, di amici lontani. Oggi Rodolfo che era il nostro migliore amico di allora, avvertito della tua dipartita mi ha scritto
“Molto molto triste eravate seduti davanti a casa tua a salutarmi brutta notizia”.
Poco fa sono stato a pranzare al "nostro" Pesce Azzurro. Ho preferito ricordarti e onorarti così che venire ad applaudire al funerale in mezzo a gente compunta. Io il dolore preferisco pensarlo da solo. Ho brindato, da solo appunto, alla tua salute, e passando tra i banchi dove ci eravamo seduti tante volte, ho mormorato”Vale amico mio, e ti sia lieve il suol”. Tornando in bicicletta ti ho chiesto aiuto come ho fatto con altri morti a me cari, lo faccio perché voi manes siete buoni, non immanes, come spesso noi vivi.
So che ora anche tu, amico Stefano commisto alle stelle, mi aiuterai. Ne ho bisogno.
A Dio
Un abbraccio
Tuo gianni
p.s. sono ancora bravo in bicicletta, e te ne sono grato.
Ho saputo questa mattina che sei morto, Stefano.
Non ho ancora pianto ma lo farò.
Al ginnasio ti chiamavano Ciccio Baldi, perché eri alto
e grosso assai. Dopo sei dimagrito
La mia sorellina quando ci vedeva insieme all’epoca
diceva che sembravamo un elefante e un cane. Allora mi dispiaceva, poi pensai
che i cani non sono necessariamente meno belli degli elefanti. Eravamo amici
non senza qualche attrito. Tu mi ammiravi per il mio essere bravo in
bicicletta, io per la tua cultura letteraria e filosofica, di molto superiore
alla mia. Avevi la casa ricca di libri, la ricchezza vera. Da me arrivavano i
polli, i prosciutti, le uova, il vino, l’uva, le salcicce dai poderi della
nonna, ma in casa non c’era nemmeno il giornale quotidiano.
Sicché tu prevalevi in italiano, io in latino e in greco che costituivano la mia rivalsa.
Invece non sopportavo la matematica, non mi piaceva, nemmeno cercavo di capirla da solo: tutte le sera verso le 7 venivo a casa tua con la traduzione del greco che non piaceva a te, e tu mi spiegavi la matematica. Poi giocavamo a ping pong. Gareggiavamo anche con i voti scolastici. Eravamo malvisti da quasi tutti gli altri per questo nostro essere bravi e, a dirla tutta, un po’ strafottenti.
In bicicletta eri molto meno bravo di me, ma eri appassionato di ciclismo, mi davi consigli, prendevi i miei tempi e quelli degli altri quando facevo le gare a cronometro, e le vincevo dando soddisfazione anche a te .
Sicché tu prevalevi in italiano, io in latino e in greco che costituivano la mia rivalsa.
Invece non sopportavo la matematica, non mi piaceva, nemmeno cercavo di capirla da solo: tutte le sera verso le 7 venivo a casa tua con la traduzione del greco che non piaceva a te, e tu mi spiegavi la matematica. Poi giocavamo a ping pong. Gareggiavamo anche con i voti scolastici. Eravamo malvisti da quasi tutti gli altri per questo nostro essere bravi e, a dirla tutta, un po’ strafottenti.
In bicicletta eri molto meno bravo di me, ma eri appassionato di ciclismo, mi davi consigli, prendevi i miei tempi e quelli degli altri quando facevo le gare a cronometro, e le vincevo dando soddisfazione anche a te .
che mi avevi allenato bene.
Abbiamo passato cinque anni così nel liceo
Terenzio Mamiani di Pesaro dal 1958 al 1963. Poi le nostre strade si sono
divise. Tu sei andato a studiare a Milano, io a Bologna. Abbiamo fatto bene a
emigrare. Eravamo troppo romiti e strani per Pesaro. Abbiamo comunque tenuto le case in questa nostra prima e mai dimenticata né rinnegata città. Mai del tutto. Io conservo ancora l'accento che avevamo da ragazzini (sta a sentiiire!) : appena apro bocca a Bologna mi individuano come pesarese. Significa nostalgia di quegli anni e degli amici di allora. Tu in primis.
Ci siamo ritrovati al mare una decina di anni fa. Ci vedevamo verso il tramonto ai bagni Tiki, sottomonte, dove tu avevi la base delle tue nuotate e io andavo e venivo durante le mie corse fino a fosso Sejore. Quando mi vedevi, mi facevi segno agitando le lunghissime braccia e ci mettevamo a parlare, non dei Troiani di Delfi e di Roma, ma di giro di tour di vuelta, e dei protagonisti di questi agoni che per noi erano quelli davvero olimpici. Poi mettevamo a letto il sole che andava a dormire dietro il colle Ardizio e noi due andavamo a cenare al Pesce Azzurro di Fano, sempre parlando di sport, di amici lontani. Oggi Rodolfo che era il nostro migliore amico di allora, avvertito della tua dipartita mi ha scritto
“Molto molto triste eravate seduti davanti a casa tua a salutarmi brutta notizia”.
Poco fa sono stato a pranzare al "nostro" Pesce Azzurro. Ho preferito ricordarti e onorarti così che venire ad applaudire al funerale in mezzo a gente compunta. Io il dolore preferisco pensarlo da solo. Ho brindato, da solo appunto, alla tua salute, e passando tra i banchi dove ci eravamo seduti tante volte, ho mormorato”Vale amico mio, e ti sia lieve il suol”. Tornando in bicicletta ti ho chiesto aiuto come ho fatto con altri morti a me cari, lo faccio perché voi manes siete buoni, non immanes, come spesso noi vivi.
So che ora anche tu, amico Stefano commisto alle stelle, mi aiuterai. Ne ho bisogno.
A Dio
Un abbraccio
Tuo gianni
p.s. sono ancora bravo in bicicletta, e te ne sono grato.
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