Epitteto |
Percorso della conferenza di oggi
10 dicembre ore 18 biblioteca Ginzburg
Epitteto
Epitteto fu
lo scolaro più importante di Musonio. Nato a Ierapoli in Frigia, verso il 50
divenne schiavo del liberto Epafrodito. Era zoppo e si sentiva chiamato da Dio
a scuotere gli uomini dal loro torpore morale. Epafrodito, lo emancipò,
Domiziano lo bandì dall’Italia ed Epitteto fondò una scuola a Nicopoli (fondata
da Ottaviano prima della battaglia di Azio). Adriano lo ebbe in grande favore.
L’imperatore e il filosofo morirono nello stesso anno (138). Epitteto, come
Socrate, insegnava solo oralmente.
Flavio
Arriano fu il suo Platone o il suo Senofonte, insomma il suo apostolo e
trascrisse le lezioni. Otto libri di Diatribe (ne rimangono 4) e la
loro sintesi nell’ jEgceirivdion, un libro, un manuale di edificazione. Diverrà un
breviario di vita per pagani, cristiani e mussulmani
Epitteto
ricevette la libertà dal padrone Epafrodito, il segretario di Nerone (a
libellis) che aiutò l’imperatore a suicidarsi.
Libero-
scrive nelle Diatribe - è chi vive come vuole- ejleuvqero;" ejstin oj zw'n wJ" bouvletai (IV, 1, 1).
Gli
uccellini chiusi in gabbia cercano di fuggire e se non ci riescono a volte si
lasciano morire. L’uomo apprende la libertà dalla filosofia.
Le Diatribe in
8 libri dei quali restano 4 furono scritte dal suo allievo Arriano (95-175) che
usò gli appunti.
Le Diatribe non
nascono da lezioni ex cathedra ma da un uditorio attivo che
sollecita il maestro.
Anche il
compendio jEgceirivdion Manuale è stato composto da Arriano
su appunti.
Epitteto
considera gli Epicurei teorici dell’immoralità. Quanto a uno scettico gli
verserebbe in testa salsa di pesce invece di unguento per fargli capire il
valore della testimonianza dei sensi (Diatribe, II, 20).
Socrate fu
l’archegeta della filosofia stoica secondo Epitteto. Fu anche maestro di vita
pratica come pure Diogene. Crisippo è invece il maestro dell’ortodossia stoica,
meritevole di onori più di Trittolemo che introdusse la coltivazione delle
biade. La filosofia consiste nell’etica pratica. Epitteto non aveva interessi
scientifici.
La filosofia
contiene lo qewrhtikovn che insegna il valore delle cose, l’ oJrmhtikovn con la dottrina degli istinti (oJrmaiv) , e
il praktikovn con quella delle
azioni. La logica deve rimanere ancella dell’etica.
Compito del
logos è il giusto uso delle rappresentazioni crh'si"
tw'n fantasiw'n.
L’uomo
è qnhto;n zw'on crhstiko;n fantasivai" logikw'" (III, 1, 25), un animale
mortale che fa uso delle rappresentazioni secondo logica.
Epitteto
odiava le vie di mezzo.
Medea nella
sua efferatezza gli riusciva più simpatica dei tiepidi che non fanno
nulla ex abundantia cordis e degli ipocriti che professano i
princìpi filosofici senza mai applicarli.
Cfr.
Giovenale.
Il prevalere
della parte emotiva in Medea e in Progne, altra madre assassina, secondo
Giovenale costituisce un’attenuante dei loro pur immani delitti: “Et
illae/grandia monstra suis audebant temporibus, sed/non propter
nummos. Minor admiratio summis/debetur monstris,
quotiens facit ira nocentem/hunc sexum et rabie incendente iecur
feruntur/praecipites…Illam ego non tulerim, quae computat et scelus ingens/
sana facit.” (VI, 644
sgg.), anche quelle osavano delitti mostruosi ai loro tempi, ma non per denaro.
Meno stupore è dovuto ai massimi orrori, ogni volta che l’ira rende colpevole
questo sesso e quando la rabbia brucia il fegato sono portate giù a precipizio
…io non posso sopportare quella che calcola e compie delitti colossali a mente
fredda. Si tratta di Pontia, saevissima vipera (v.
641), avvelenatrice di due figli in una sola cena. Anzi la crudelissima madre
dice: “Septem, si septem forte fuissent” (v. 642).
Arriano
all’inizio del Manuale distingue le cose che sono in nostro
potere (giudizio, istinto, desiderio, paura) da quelle che non lo sono (possessi,
reputazione, cariche). Questa diaivresi" –distinzione- è il fondamento
dell’etica.
Devi
distinguere ciò che è in tuo potere da ciò che non lo è ta; sa; kai;
ta; ouj sav. Il
felice corso dipende dall’abbandonare ciò che non puoi decidere tu. Averi,
possessi, lo stesso corpo qui sulla terra ci vengono solo dati in prestito
(cfr. Seneca: mutua accepimus).
Seneca nella Consolatio ad Marciam (10, 2) scrive:"mutua
accepimus. Usus fructusque noster est ", abbiamo ricevuto delle
cose in prestito. L'usufrutto è nostro.
Chi
mira al denaro si rende schiavo di chi lo possiede. I potenti sono schiavi
dell’ambizione (cfr. Sisifo in Lucrezio) e non devono essere chiamati signori
ma servi. I veri tiranni sono dentro il nostro petto ; sono i giudizi
sbagliati, la brama dei piaceri e della potenza.
Non
adoperarti perché gli eventi accadano come vuoi, ma devi volere gli eventi come
avvengono, e avrai un corso favorevole kai; eujrohvsei" (Manuale 8). Se
uno è sano non gli viene in mente di fare un torto agli uomini per amore delle
cose. Né aspira ai successi che non dipendono dalla sua volontà. Epitteto
ripete le parole di Socrate: Anito e Meleto possono uccidermi ma non farmi del
male. Se ti riferiscono che qualcuno ha detto male di te, rispondi: “ colui
ignorava gli altri miei difetti altrimenti non avrebbe parlato solo di questi”
(Manuale, 33).
L’anima che
raggiunge l’atarassia gode della sicura salute eujstavqeia che garantisce l’eu[roia, il sicuro
scorrere della vita e conseguentemente l’eujdaimoniva. Alle rappresentazioni che non
ricevono l’assenso del logos per la loro asprezza, devi dire : “oujde;n
pro;" ejmev, tu non mi
riguardi affatto (Manuale, I, 5). Allora la morte diviene un mormoluvkeion, uno spauracchio per bambini. La
distinzione tra ciò che ci riguarda e non ci riguarda ci protegge dalla paura e
dalla cupidigia. La virtù dell’uomo o del cane o del cavallo è da ricercare
nella natura di ciascuno. Nell’uomo è la ragione con la megaloyuciva.(cfr. mikroyuciva, la meschinità).
Virtù è
anche ejpisthvmh tou' bivou, scienza del vivere. La proaivresi" è una predecisione razionale e
pregiudiziale riguardo al bene e al male.
Si tratta di
limitare i nostri desideri alle cose che sono in nostro potere. Le cose
esterne sono solo la materia del nostro agire. Sono indifferenti ma non lo è il
loro uso: aiJ u|lai ajdiavfora, hJ de; crh'si" aujtw'n oujk
ajdiavforo".
Medea si
abbandona alla sua passione perché è in errore riguardo al vero bene.
Non sono le
cose che determinano il nostro agire ma il giudizio. Il dovgma che ci
fa tremare davanti a un tiranno del quale un bambino non ha paura, il giudizio
che l’esilio sia un male spinge Polinice a fare guerra al fratello. Seneca
insisteva sul velle, la volontà, mentre Epitteto dà maggiore
importanza all’educazione. L’uomo deve sapere che può realizzare il suo destino
solo cercando il bene in se stesso, non nelle cose esterne che non sono in suo
potere. Come Seneca, Epitteto raccomanda l’esame di coscienza regolare,
quotidiano. Consiglia anche esercizi ascetici quali mangiare poco e rinunciare
al vino
Due doti
sono l’ aijdwv" e la pivsti".
l’ aijdwv" secondo
Panezio era il naturale rispetto che l’uomo ha per la sensibilità etica ed
estetica dei propri simili.
Per Epitteto
è il sentimento morale fondamentale radicato in noi dalla natura. E’ il
rispetto che l’uomo ha per la propria dignità umana.
La pistis
riguarda la condotta dell’uomo verso i propri simili e risente l’influsso
della fides romana. Aidòs e Pistis fuse insieme danno la
perfezione morale.
Il corpo
secondo Epitteto è un impasto di fango trattato con disprezzo. Tuttavia va
nutrito e curato. “chi non si lava e non si pulisce i denti è un porco”. I
cinici che trascuravano il corpo vengono biasimati. “concèntrati per non
scivolare eij" ijdiwtismovn, nel comportamento comune (Manuale, 33)
Eppure il
proprio utile è raggiungibile solo se si collabora al bene comune.
CONTINUA
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