PER VISUALIZZARE IL GRECO CLICCA QUI E SCARICA IL FONT HELLENIKA
La
storia universale e l'idea dell'unità, in Polibio, Posidonio,
Cicerone, John Donne e Hermann Hesse.
Polibio
afferma l'universalità della sua storia polemizzando con le scelte
più o meno monografiche degli altri storiografi: per esempio
condanna Teopompo (378-306) per le Storie Filippiche.
Queste
del resto scoprono la "centralità di Filippo, in tutto
analoga alla 'scoperta' polibiana della centralità
dell'espansionismo romano".
Così
Canfora che poi aggiunge:" E' dunque quella polibiana, una
disputa alquanto nominalistica nei confronti dei predecessori. Oltre
tutto, nonostante le insistenti proclamazioni, il racconto polibiano
finisce ben presto col suddividersi in teatri di operazioni; ed in
particolare le vicende della lega achea danno corpo ad un racconto
minuzioso e settoriale (veri e propri jAcaikav)
quanto mai stridente con l'organicismo di grande respiro del
programma generale. Il fatto è che Polibio ripercorre la strada
tucididea. Replica la 'scoperta' tucididea (manifestata nel proemio)
del convergere-come Tucidide si esprime- di "quasi tutti gli
uomini" nell'ingranaggio di un unico evento "grandissimo".
Per Tucidide tale evento è la guerra peloponnesiaca (...) per
Polibio tale evento è l'espansione romana tra la seconda punica e
Pidna (con una "introduzione" costituita dalla prima
punica). Dunque Polibio non 'inventa' la ricetta per risolvere le
aporie in cui si dibatte chi tenti la strada della storia universale,
sì piuttosto constata che in certi momenti della storia
politico-militare delle nazioni si determina un annodamento
(sumplevkesqai1)
degli eventi"2.
E'
una constatazione aggiungo dalla quale partono o cui arrivano anche
diversi autori di drammi, di romanzi e di film che nelle loro opere
mostrano intrecci appunto causati dal destino cieco o provvidenziale,
a seconda delle fedi o delle ideologie. Quello dell'intreccio infatti
è un criterio dal quale non può prescindere chi scrive.
Aggiunta
questa nota personale, do ancora la parola a Canfora:" Ma questo
criterio operava di fatto anche per la storiografia post-tucididea,
che, a partire da Senofonte, orientava il racconto secondo il filo
conduttore delle vicende riguardanti la potenza volta a volta
egemone: le Elleniche appunto (di Senofonte, di Teopompo, di
Callistene3)
tutte ruotanti su di un asse narrativo costituito dalla grande
potenza che-allo stesso modo di Roma nel racconto polibiano-svolge un
ruolo dominante e perciò, anche sul piano della narrazione,
orientativo. Tutte storie 'universali' dunque e tutte illusoriamente
tali. Quando, alla fine del I secolo d. C., Pompeo Trogo, uno storico
originario della Gallia Narbonese, tentò per la prima volta un
esperimento di storia universale in lingua latina (Historiae
Philippicae ), non fece che mettere in ordine una successione di
egemonie a partire dall'antico Oriente fino alla vittoria di Augusto
in Ispagna. Polibio dunque-che proclamava di riconoscere solo Eforo
come proprio predecessore (V, 33)-lasciava irrisolta l'aporia"4.
La
concatenazione e l'intreccio dunque rimandano all'idea dell'unità
che è una meta inseguita, anche come scopo personale, da altri
autori che ci sono familiari o dovrebbero esserlo: Hermann Hesse per
esempio che scrive:" In nulla al mondo, infatti, io credo così
profondamente, nessun'altra idea mi è più sacra di quella
dell'unità, l'idea che l'intero cosmo è una divina unità e che
tutto il dolore, tutto il male consistono solo nel fatto che noi,
singoli, non ci sentiamo più come parti inscindibili del Tutto, che
l'io dà troppa importanza a se stesso. Molto dolore avevo sofferto
in vita mia"5.
A
questo punto diamo di nuovo la parola a Canfora che individua in un
"geniale continuatore" di Polibio, Posidonio di Apamea,
filosofo stoico e storico" maestro di Cicerone "la
soluzione ad un livello ben più alto, dell'aporia della 'storia
universale'.
Le
Storie dopo Polibio di Posidonio6
non sono conservate, ma ve ne è traccia notevole nella benemerita
Biblioteca di Diodoro: e soprattutto nel proemio diodoreo sono
sviluppati pensieri che sembrano risalire appunto al proemio
posidoniano. Innanzi tutto l'idea stoica della storia universale come
proiezione della fratellanza universale che collega in un nesso
solidale-come membra di un unico corpo, secondo l'espressione
senecana-tutti gli esseri umani. La storia universale "riconduce
ad un'unica compagine gli uomini, divisi tra loro nello spazio e nel
tempo, ma partecipi di un'unica reciproca parentela" (Diodoro,
I, 1, 3).
Oltre
che "strumento della provvidenza (uJpourgoi;
th'" qeiva" pronoiva") ", perciò gli
storici sono anche benefattori del genere umano: e la
storiografia-prosegue Diodoro-oltre ad essere profh'ti"
th'" ajlhqeiva" è anche "madrepatria della
filosofia (mhtrovpoli" th'"
filosofiva")" (I, 2, 2).
Allora
se le leggende mitiche relative all'Ade contribuiscono al sentimento
religioso, bisogna supporre che la storia possa preparare i caratteri
umani alla kalokajgaqiva (i, 2, 2).
Vediamo
alcune altre parole di Diodoro:"e[peita
pavnta" ajnqrwvpou", metevconta" me;n th'" pro;"
ajllhvlou" suggeneiva", tovpoi" de; kai; crovnoi"
diesthkovta", ejfilotimhvqesan uJpo; mivan kai; th'"
aujth;n suvntaxin ajgagei'n, w{sper tine;" uJpourgoi; th'"
qeiva" pronoiva" genhqevnte" " (1, 1, 3),
poi essi7
aspirarono a ricondurre tutti gli uomini che partecipano ad una
comunanza di stirpe tra loro, ma sono separati da luoghi e da tempi,
ad un solo e medesimo corpo, come se fossero in un certo senso
aiutanti della divina provvidenza.
L'idea
della fratellanza tra tutti gli uomini si trova anche in Cicerone,
allievo latino di Posidonio, e, indirettamente, di Panezio che fu
maestro di Scipione Emiliano, e dal 129 a. C. capo della Stoà.
Cicerone
nel III libro del De Officiis dice che l'umanità è un unico
corpo del quale i singoli individui sono le membra. Dobbiamo aiutare
l'uomo perché ogni uomo è parte di noi stessi :"Etenim
multo magis est secundum naturam excelsitas animi et magnitudo
itemque comitas, iustitia, liberalitas quam voluptas, quam vita, quam
divitiae, quae quidem contemnere et pro nihilo ducere comparantem cum
utilitate communi magni animi et excelsi est. Detrahere autem de
altero, sui commodi causa, magis est contra naturam quam mors, quam
dolor, quam cetera generis eiusdem "(III, 24). Infatti è
molto più secondo natura l'elevatezza e la grandezza d'animo, e
parimenti la cortesia, la giustizia, la generosità, che il piacere,
che la vita stessa e le ricchezze; quindi disprezzare questa roba e
valutarla nulla paragonandola con l'utilità comune è proprio di un
animo grande ed elevato. Sottrarre invece a un altro per il
tornaconto proprio, è più contro natura che la morte, il dolore e
altre cose del medesimo genere.
E
più avanti (III, 25):" ex quo efficitur hominem naturae
oboedientem homini nocere non posse ", da ciò deriva che
l'uomo il quale obbedisce alla natura non può nuocere all'uomo.
Una
splendida idea dell'humanitas del circolo scipionico che è
stata e sarà ripresa nei secoli dei secoli : in Devotions upon
Emergent Occasion di John Donne (1572-1631) per esempio
leggiamo:" Nessun uomo è un'isola conclusa in sé; ogni uomo è
una parte del Continente, una parte del tutto. Se il mare spazza via
una zolla, l'Europa ne è diminuita, come ne fosse stato spazzato via
un promontorio..la morte di qualsiasi uomo mi diminuisce, perché io
appartengo all'umanità, e quindi non mandare mai a chiedere per chi
suona la campana ("for whom the bell tolls "8
); suona per te.
CONTINUA
---------------------------
1 I,
3, 4.
2 L.
Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 527.
3
Discepolo e nipote di Aristotele, scrisse, oltre le Gesta di
Alessandro di cui era storico ufficiale, Storie Elleniche
che andavano dalla pace di Antalcida del 386 allo scoppio della
guerra sacra (356). La storia encomiastica del re di Macedonia non
gli risparmiò il supplizio; fu esposto in una gabbia e fatto
sbranare da un leone (Diogene Laerzio, v, 5) poiché rifiutò la
proskuvnhsi" ad Alessandro e
venne accusato di complicità nella "congiura dei paggi" (
327 a. C.) , i giovani aristocratici macedoni contro il loro re.
Plutarco nella Vita di Alessandro (52 e sgg.) ci dà una
versione di questa storia e, secondo Canfora, il biografo greco "
che ha visto i regni di Nerone e Domiziano, non sembra ignaro
dell'affinità evidente tra il destino di un Callistene...e il
destino della nobiltà senatoria romana divisa tra servilismo e
repugnanza di fronte al dispotismo neroniano. La ribellione alla
proskuvnhsi" è
una specie di suicidio al pari di quello del Petronio di Tacito"
(Storia Della
Letteratura Greca ,
p. 440).
4 L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 527.
5 H.
Hesse, La Cura , p. 77.
6
di Apamea, 135-50 a. C. ca.
7
Gli autori di storie universali cui tutti gli uomini devono
gratitudine (1, 1, 1).
8
E', notoriamente, il titolo di un romanzo di Hemingway, 1940
Nessun commento:
Posta un commento