NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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lunedì 3 dicembre 2018

Twitter, CCCXXXIII sunto. Manifesto del ghiselli comunista

"Sono ormai 4,5 milioni i cittadini che hanno scelto di armarsi" 
La Repubblica, 3 dicembre 3018  p. 20
C'è il rischio che l'arma in casa diventi come il telefonino, prima uno status symbol esibito all’inizio da pezzenti pretenziosi, poi un aggeggio in mano a tutti, compresi i pazzi e i deficienti, un attrezzo usato per difendersi e pure, se non soprattutto come io penso, per offendere. Non ho mai voluto il cellulare né mai vorrò, a maggior ragione, una rivoltella omicida.
A casa mia di prezioso ci sono solo i libri. A chi volesse venire a rubare, ovviamemte non sparerò, inerme come sono, bensì offrirò da bere, acqua o vino, o un caffé, poi una tragedia di Sofocle, o di Seneca, o di Shakespeare, oppure le Operette morali di Giacomo Leopardi. Magari sentiremo insieme della musica di Mozart, o di Rossini. Saluti e baci da gianni, il poverello di Pesaro

Manifesto del ghiselli comunista 
Questa risposta a un amico è anche un manifesto della mia identità di studioso, amante della vita, comunista che vive per l’educazione al bene comune.
Caro amico, male audio, infamis sum, sed immerito. il mio essere malfamato e mal reputato da alcuni è largamente ricompensato dalla stima e dall'affetto di tanti che non soltanto sono molti di più - come numero dico - ma contano molto di più come persone, e non solo agli occhi miei. Ricevo ancora espressioni di gratitudine da allievi di 50, 40, 30 anni fa e così via anni fa, e pure da quelli recenti e attuali. Alunni, allievi, discepoli di ogni ordine di scuola, dalle medie di Carmignano di Brenta, ai licei di Bologna, alle SSIS di Bologna, Bressanone, Urbino. Da quando sono andato in pensione faccio il conferenziere vagante in vari luoghi-da Siracusa e Agrigento a Bolzano e Trieste- dove mi invitano perché educhi e informi. Dappertutto ho un  pubblico attento. Parlo di Omero, delle tragedie greche, dei Presocratici, di Platone, di Nietzsche,  di Lucrezio, di Seneca, di  Tucidide, di Tacito, di Apuleio e altri antichi. A volte anche di alcuni classici moderni. Ho studiato molto per diventare me stesso. Attraverso tanti modelli ho trovato la mia originalità. Non è un paradosso: ho fatto delle scelte che  non mi erano consentite dall' ottusa uniformità del gregge .
Ogni lezione è un'occasione per nuovi incontri, nuove scoperte e amicizie. Dum doceo, disco come ho sempre fatto. Mi piace assai questa vita e non la cambierei con nessun'altra. Non desidero né copiosità di denaro né possesso di vite altrui attraverso il potere. Non ne sento il bisogno. Mi  va bene e mi basta decidere della mia.
Questo mio modo di vivere non è usuale, è vero,  ma io credo che tale diversità sia un merito e un segno di supremazia, data la presunta normalità degli usi e costumi correnti.
Non mi attira "l’uniformità dei pascoli che costituisce la felicità del gregge". E ancora: "credo che accettare i luoghi comuni della propria epoca sia la più rozza forma di immoralità".
Ricordi il film "L'impossibilità di essere normale"? Quando ho provato a esserlo, a giocare a carte per esempio, a passare le serate nei bar (il Goliardo? Il bricco d'oro, I vini d'Italia A Bologna; la Crista a Pesaro) ascoltando chiacchiere vuote, desideravo morire.  Dico sul serio e forse tu ricordi quanto ero disgraziato e infelice. Non studiavo, non correvo, nemmeno in bicicletta andavo più nei primi 2 anni di Università, a Bologna. Eppure nel liceo di Pesaro primeggiavo al punto che vinsi un premio attribuito ai 30 studenti di liceo classico più bravi d’Italia.  E vincevo pure tutte le gare ciclistiche cui partecipavo. La panoramica, le Siligate, la Baratoff, Novilara erano i terreni delle mie vittorie davvero olimpiche.
Finito il liceo invece andavo al porto di Pesaro o sulla riva del Reno "pensoso di cessar dentro quell'acque il dolor mio". La speme non c'era, mi era negata dalla gente usuale che frequentavo cercando di assimilarmi al loro modus vivendi senza riuscirvi, siccome non era il mio. Gli occhi miei non brillavano se non di pianto in quegli anni.
Poi, aiutato da qualche samaritano e dal ’68,  ho accettato il mio non essere normale, ossia usuale, quindi  mi è piaciuta e ho amato questa mia stra-ordinarietà. Pegaso muore se lo metti alla ruota del mulino   Da quando ho iniziato ad amare me stesso hanno cominciato a volermi bene e amarmi anche diversi altri. E altre, grazie a Dio onnipotente e misericordioso.
Del resto io non voglio imporre a nessuno, proprio a nessuno il mio modo di vivere: mi basta che non si pretenda di imporre a me una vita che non è la mia, non è fatta per me.
Noi due, tu e io, siamo diversi in tante cose ma abbiamo pure degli interessi comuni. E  anche in te riconosco delle pregevoli difformità che ti distinguono in meglio dalla deformità del volgo, schiuma di ignoranti, plebe di laureati, feccia di giornalisti, lordura di politici, insomma kakiva di ogni tipo. Tu non sei ignorante né stupido. Sei più moderato di me, magari anche più buono.
 Per questo ti prego di perdonarmi, di essere misericordioso con me se sono diverso da te. Io non solo ti perdono per la tua diversità da me, del resto non totale, ma tutto sommato ti stimo e ti voglio bene.
Un abbraccio
Tuo gianni

Parerga e Paralipomena - Un’aggiunta di parole e fatti tralasciati nel  blog Manifesto
Quando ero in fondo al baratro orrido e immenso dell'infelicità, un burrone dov’ero precipitato obliando la parte buona e vera di me stesso, un abisso dove il mio corpo faceva da filtro a cibi grassi e vinacci scadenti, un luogo buio dove la mia mente sconvolta imprecava contro la vita ogni mattina, nel giorno natale del Sole invitto i cui raggi non vedevo da tanto tempo, mentre invocavo il ritorno del Caos dove volteggiano e danneggiano i mostri, mi apparve invece l’ottimo artista ordinatore del Cosmo che cavalcava un’aquila e, fulminando i demoni che mi tenevano prigione in quell’inferno, disse: Whom best I love I cross; (cfr. latino crux)-to make my gift, the more delay’d (cfr. latino  differo, dilatus)  delighted (cfr. latino delecto).
Allora capìi, e cominciai a risalire la china erta e arta della sventura.
Mi dissi: devo affrontare  il rischio e  tornare alla mia vita di studio, di sport, di nobili gare benefiche per me stesso e per la comunità.
Il pericolo grande non si confà all’uomo imbelle.
Mi arrampicai ferendomi mani e piedi, riempiendoli di ulcere.
 In gennaio-dopo cinque mesi di oscuramento mentale, di ingrasso somatico e un sesto  mese di dura disciplina volta alla mia redenzione  - diedi l'esame di lingua e letteratura inglese e presi 30 e lode con i complimenti e un abbraccio del professor Carlo Izzo che ricordo ancora con affetto e gratitudine. Eravamo nel 1965.
 Due giorni dopo salii a San Luca, di corsa, con i piedi guariti, le stimmate cicatrizzate. Poi tornai a benedire la vita.  Dio che mi aveva colpito duramente per mettermi alla prova, mi graziò, poi mi guidò. Mi ha sempre guidato da allora.
giovanni ghiselli devoto seguace e imitatore dell’onesto Giovanni (il Battista) e di santo  Francesco, il poverello di Assisi. Senza dimenticare gli dèi dell’Olimpo. Tutto è santo ora, tutto è santo, tutto è pieno di dèi che respingono i mostri.
gianni

"Che ore sono?" -"Sono sincero: sono le 4" -"Grazie davvero!" Colloquio tra due probabili farabutti 
Chi dice: "sono sincero!" o "grazie davvero!"  probabilmente tira a fregare. Che bisogno c'è di dirlo se non per mascherare slealtà e ingratitudine?
L'ho constatato e mi conforta a scriverlo il fatto che lo abbia già notato l'imperatore che sto rileggendo per presentarlo lunedì prossimo nella biblioteca Ginzburg: "com'è perverso e ipocrita chi dice: 'ho deciso di comportarmi lealmente con te'. Che fai? Questo non devi dirlo prima. Sarà evidente da sé (...) L'ostentazione della schiettezza è un coltello. L'uomo buono semplice e benevolo ha negli occhi queste qualità che non rimangono nascoste" (A se stesso, XI, 15). Fidatevi di Marco Aurelio se non di me: quanti mi rispondevano "sono sincero", magari se gli chiedevo che ore sono, oppure "grazie davvero" se gli davo una cosa qualunque, si è rivelato un perfido e un ingrato 8 volte su 10. Chi usa queste espressioni dunque è statisticamente molto probabile che sia un farabutto. Se no, è un idiota

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