Medea e la nutrice Roma, Teatro Ghione, 15-24 marzo 2016 |
Il potere della passione
Seconda parte del percorso che presenterò nel liceo Aldo Moro di Manfredonia durante la notte dei licei, 11 gennaio 2019
Il prevalere della passione. Il potere della passione (pagine 1-14)
Il
potere dà, tra le altre, la possibilità di scatenare le passioni,
anche quelle non buone come l’ira che prelude alla furia.
Sentiamo
la nutrice di Medea, la madre furente.
Nutrice
Ahimé,
ahimé, ahi sventurata.
In
che cosa secondo te i figli hanno parte
della
colpa del padre? Perché li odi? Ahimé,
figli,
come sono angosciata per timore che abbiate a soffrire qualcosa!
Terribili
sono le volontà dei potenti e poiché di rado deina;
turavnnwn lhvmata kai; pw"
come
che sia, sottostanno, e spesso spadroneggiano, ojlivg
j arcovmenoi , polla; kratou'nte"
difficilmente
elaborano le ire calepw'"
ojrga;" metabavllousin
Infatti
essere abituati a vivere in condizione di uguaglianza,
è
meglio: a me dunque sia concesso invecchiare,
fuori
dalla grandezza, in stato di sicurezza appunto.
In
primo luogo infatti già dire il nome della misura
è
un successo, farne uso poi è di gran lunga
la
cosa migliore per i mortali; invece quello che eccede
non
significa nessuna occasione buona ai mortali,
anzi
ripaga con più gravi sciagure
quando
insorge l'ira di un dio contro una stirpe (Euripide, Medea,
115-130)
Gli
impulsi irrazionali sono comunque fortissimi
Il
temperamento di Medea può confutare il presunto razionalismo di
Euripide, quello che Nietzsche chiama "socratismo
estetico, la cui legge suprema suona a un dipresso:"Tutto deve
essere razionale per essere bello", come proposizione parallela
al principio socratico :"solo chi sa è virtuoso"[17].
Un'altra
confutazione della supposta[18] sintonia
e complicità tra Euripide e Socrate[19] la
fornisce Fedra, nell'Ippolito, quando dice:"bisogna
considerare questo:/il bene lo conosciamo e riconosciamo,/ma non lo
costruiamo nella fatica (oujk
ejkponou'men:
il bene topicamente costa povno" ,
fatica) , alcuni per infingardaggine (ajrgiva"
u{po),/
alcuni anteponendogli qualche altro piacere./ E sono molti
i piaceri della vita:/lunghe conversazioni, l'ozio, diletto
cattivo[20],
(scolhv,
terpno;n kakovn)
l'irrisolutezza (aijdwv"
te,
una forma brutta di aijdwv" )
"(vv.379-385).
"
Conosciamo il bene, ma non lo facciamo”, diceva la Fedra di
Euripide. Questa conoscenza Socrate cerca di rendere più solida, per
conferirle così la forza dell'obbligatorietà"[21]. Una
forza che Fedra non possiede.
Anche
questa situazione ha un'eco nelle Metamorfosi di
Ovidio dove Medea, pochi versi dopo quelli citati sopra,
aggiunge:"sed
trahit invitam nova vis, aliudque cupido,/mens aliud suadet: video
meliora proboque/, deteriora sequor! quid in hospite, regia
virgo,/ureris et thalamos alieni concipis orbis?"
(VII, vv. 19-22), ma contro voglia mi trascina una forza mai sentita,
altro consiglia il desiderio, altro la mente: vedo il meglio e
l'approvo, seguo il peggio! Perché ragazza, figliola di re, ti
infiammi per uno straniero, e desideri il talamo di un mondo
estraneo?
Un'eco
precisa dei vv. 20-21 si trova alla fine della Canzone XXI del
Petrarca:"cerco del viver mio novo consiglio;/e veggio 'l meglio
et al peggior m'appiglio" (Il Canzoniere CCLXIV, vv.
135-136).
Nelle Heroides Medea alla
fine della sua Epistula Iasoni dichiara:"Quo
feret ira sequar. Facti fortasse pigebit " (Heroides ,
XII, 211), andrò dove mi porterà la rabbia. Forse mi pentirò del
misfatto. Un pentimento presofferto ma non evitabile dal momento che
la parte emotiva prevale su quella razionale e pure su quella etica.
In
un distico dei Remedia
Amoris [22] Ovidio
afferma in prima persona che la propria fedeltà al dio Amore rimane
comunque, e aggiunge che le sue teorie di maestro erotico
se pure sono razionali, hanno un fondamento passionale:
"Quin
etiam docui, qua posses arte parari,/et, quod nunc ratio est, impetus
ante fuit"
(vv. 9-10), anzi ho perfino insegnato con quale arte ti si possa
conquistare, e quella che è ora una teoria, prima fu slancio.
"Euripide…
non fu precisamente il razionalistico "poeta dell'illuminismo
greco". Fu il poeta che meglio di ogni altro seppe ascoltare i
moti più segreti del cuore umano e avvertì in tutta la loro gravità
i conflitti che ora ne scaturivano. Il desiderio di vendetta di Medea
emerge dalle insondabili profondità della sua anima, e appena arriva
alla soglia della coscienza ha inizio nell'intimo del personaggio una
dura, inesorabile lotta, in cui la ragione e l'amore materno
soccombono alla passionalità del qumov" .
La vita ha insegnato ad Euripide che noi abbiamo in genere chiara
coscienza del bene, ma non lo attuiamo perché gli impulsi
irrazionali sono più forti"[23].
Teognide[24] stabilisce
una graduatoria tra qumov" e novo" affermando
che quello la cui mente non è più forte della passione (w'/tini
mh; qumou' krevsswn novo")
, si trova sempre nelle disgrazie e in gravi difficoltà (Silloge,
vv. 631-632).
Plutarco
racconta che Alessandro Magno dopo avere distrutto Tebe perdonò
gli Ateniesi che gli erano stati ostili forse poiché era già sazio
nella sua ira, come i leoni (mestov~ …ton; qumovn
w{sper oiJ levonte~ ( Vita di
Alessandro, 13, 2). In seguito fu generoso con i Tebani
sopravvissuti.
Tali
impulsi del resto possono condurre all'eroismo e al nobile sacrificio
di sé: si pensi a Ifigenia che supera la paura di morire e vuole
farlo agendo con gloria (bouvlomai-eujklew'"
pra'xai,
Euripide, Ifigenia
in Aulide [25],
vv. 1375-1376) gettando via la viltà. E poco dopo:"kai;
ga;r oujde; toiv ti livan ejme; filoyucei'n crewvn"
(v. 1385), infatti io non devo amare troppo la vita. Tanta nobiltà
d'animo fa innamorare Achille, lo accende addirittura di desiderio:
“ma'llon
de; levktrwn sw'n povqo" m' ejsevrcetai-ej"
th;n fuvsin blevyanta: gennaiva ga;r ei\”
(vv. 1410-1411), di più mi prende il desiderio del tuo letto nuziale
mirando alla tua natura: infatti sei nobile.
V.
Di Benedetto mette in evidenza che la lucidità mentale dei
personaggi euripidèi dà loro la consapevolezza della
potenza delle passioni e delle catastrofi conseguenti, ma non la
forza di ostacolarle: "Il razionalismo euripideo presuppone, con
un forte senso della realtà, il condizionamento che le passioni e in
genere una situazione non modificabile dalla volontà impongono
all'uomo. Fedra tenta invano di sradicare dal suo petto la
passione per il figliastro, e alla fine la soluzione più
razionale-l'unica possibile per lei-consiste nel prendere atto di
questa situazione e porre fine alla sua esistenza. Con un
procedimento non identico, ma analogo, Medea riesce con uno
sforzo estremo di riflessione, a rendersi conto di essere dominata da
una forza, che è capace di imporsi non solo a lei, ma in genere a
tutti gli altri uomini. Il suo razionalismo consiste nel fatto
che il suo intelletto riesce ad inquadrare la sua situazione
personale in un contesto più ampio e a rendersi conto, con
piena lucidità, dell'infelice destino a cui ella va inevitabilmente
incontro, data la situazione. Una volta che il thymòs si
pone come una forza per così dire extrapersonale contro cui
l'impulso dell'affetto materno è risultato vano, il"capire"
si esprime nel rendersi conto della necessità a cui la situazione
oggettivamente porta. Come Fedra sa che dovrà morire, così Medea sa
che dovrà precipitare nella tremenda sciagura di essere l'assassina
dei figli"[26].
Hegel afferma
che il pahos della tragedia greca non si trova in conflitto con la
ragione: “il sacro amore di sorella di Antigone è un pathos nel
senso greco del termine. Il
pathos in tal senso è una potenza in se stessa legittima dell'animo,
un contenuto essenziale della razionalità e della volontà
libera"[27].
“Sebbene
comporti le proprie determinazioni, le proprie logiche, le proprie
razionalità, la Storia è anche irrazionale perché comporta rumori
e furori, disordini e distruzioni. Si dovrebbero far copulare Marx e
Shakespeare. In effetti i tragici greci, gli elisabettiani e, in
particolare Shakespeare, hanno mostrato che le tragedie del potere
erano tragedie della passione, dell’incoscienza, della dismisura
umana”[28].
Si
può pensare anche al tw'/
pavqei mavqo~[29] di
Eschilo. L’affettività è comunque, bene o male, collegata
all’intelligenza.
“L’affettività
interviene negli sviluppi e nelle manifestazioni dell’intelligenza.
Il matematico è animato dalla passione per la matematica. Interviene
anche negli accecamenti dell’intelligenza. L’affettività anima o
sconvolge il pensiero, stimola o oscura la coscienza. Sapevamo che le
passioni possono fuorviare, bisogna anche sapere che possono
illuminare. Così è per l’amore che può mostrarsi lucidissimo
e totalmente cieco. C’è quindi non solo antagonismo ma
complementarità tra la passione e la ragione”[30].
Concludo
questo argomento affermando che Euripide ha anticipato di
molti secoli la scoperta che i ragionamenti spesso sono
sentimenti con la maschera.
Svevo è esplicito
nell'affermare la precedenza e la prevalenza del sentimento :"Nelle
lunghe ore che egli passò là, inerte, ragionò anche una volta sui
motivi che l'avevano indotto a lasciare Annetta, ma come sempre
il suo ragionamento non era altro che il suo sentimento
travestito"[31].
La
discrepanza tra pavqo" e lovgo" ,
crea dolore in Alfonso Nitti:" Ad onta di tutti i
ragionamenti rimase triste. Una volta di più, così raccontava a se
stesso, quel fatto gli provava l'imbecillità della vita e non
pensava in questo fatto al torto di Annetta o di Macario ma al
proprio, di sentire in modo strano e irragionevole" (Una
vita p. 284).
Secondo
H. Hesse i sentimenti devono avere la precedenza:"Di
nient'altro viviamo se non dei nostri sentimenti, poveri o belli o
splendidi che siano, e ognuno di essi a cui facciamo torto è una
stella che noi spengiamo"[32].
Luogo
simile si trova anche in La
noia di Moravia:"Ma
tutte le nostre riflessioni, anche le più razionali, sono originate
da un dato oscuro del sentimento"[34].
Infine
un ottimo scrittore ungherese :“ Sa che cosa ha fatto? Ha cercato
di cancellare il sentimento con la ragione. Come se qualcuno, con i
più svariati artifici, tentasse di convincere un pezzo di dinamite a
non esplodere”[35].
Leggiamo
i primi versi della Medea di
Euripide. Li recita il personaggio della Nutrice
Oh
se lo scafo di Argo non fosse passato a volo attraverso
le
cupe Simplegadi fino alla terra dei Colchi,
e
nelle valli boscose del Pelio non fosse caduto mai
il
pino reciso, e non avesse attrezzato di remi le mani
degli
eroi eccellenti che andarono a cercare il vello 5
tutto
d'oro per Pelia. Infatti la signora mia,
Medea,
non avrebbe navigato verso le torri della terra di Iolco
sconvolta
nel cuore dal desiderio (e[rwti:
dativo d’agente) di Giasone (1-8).
Eros
è una forza ineluttabile contraria alla ragione. Lo chiarisce il
coro dell’Antigone nel terzo stasimo: “Eros
invincibile in battaglia,/Eros che sulle ricchezze ti abbatti,/che
nelle morbide guance/della fanciulla trascorri la notte,/vai e vieni
tanto sul mare quanto/nelle agresti dimore:/e degli immortali nessuno
ti sfugge/né degli uomini effimeri;/ma chi ti possiede è
impazzito (oJ d j e[cwn
mevmhnen)”(vv. 781-790).
Pasolini indica
un significato positivo nell’amore di Medea per Giasone: “Giasone
si spoglia, e nasconde la sua pretesa e la sua incertezza dietro un
sorriso di ragazzino, fiero della propria virilità. Medea lo guarda
incantata, e perduta in lui. E’ un vero, completo amore ecc. In
questo momento a prevalere è la virilità di Giasone. Medea
ha perso la propria atonia di bestia disorientata: nell’amore
trova, di colpo (umanizzandosi) un sostituto della religiosità
perduta; nell’esperienza sessuale ritrova il perduto rapporto
sacrale con la realtà”[36].
Nella
scena 79 Giasone dice a Medea: “E’ ora che tu ti
convinca infine, chiaramente, che io devo soltanto a me stesso la
buona riuscita delle mie imprese. Anche se tu non vorrai riconoscere
che, se hai fatto qualcosa per me, lo hai fatto solo per amore del
mio corpo”[37].
Pasolini
mette in grande risalto il corpo e la corporeità di Giasone.
[18] Da
Nietzsche appunto che definisce il maestro di Platone un logico
dispotico:" Basta pensare alle conseguenze delle proposizioni
socratiche:"La virtù è il sapere; si pecca solo per
ignoranza; il virtuoso è felice"; in queste tre
forme fondamentali di ottimismo sta la morte della tragedia"
(La
nascita della tragedia, cap.
XIV). Alla
fine delle Rane di
Aristofane, dopo che Dioniso ha attribuito la vittoria a Eschilo
nella contesa con Euripide, il Coro afferma che è una
bella cosa non stare seduto a cianciare (lalei'n)
con Socrate disprezzando la musica e trascurando la grandezza
dell'arte tragica (vv. 1491-1495)
[19] Il
quale nell'opera di Platone sostiene che facciamo il male per
ignoranza del bene, e, se solo conosciamo il bene. non possiamo fare
il male.
[20] Il
piacere dell'ozio come sirena che distoglie dal fare cose egregie è
denunciato anche da Tacito nell'Agricola:"subit
quippe etiam ipsius inertiae dulcedo, et invisa primo desidia
postremo amatur "
(3), infatti si insinua anche il piacere della stessa
passività, e alla fine si ama l'accidia dapprima odiosa.
L'ozio
che fa male si trova pure nel carme 51 di Catullo:"Otium,
Catulle, tibi molestum est (v.13), lo star senza far niente
ti fa male, Catullo.
[22] Poemetto
di 814 versi (412 distici elegiaci) che appartiene al periodo
conclusivo della prima parte della produzione ovidiana, quella
elegiaco- amorosa che arriva al 2 d. C.
[24] VI
sec. a. C.
[25] Rappresentata
postuma nel 405 a. C.
[36] P.
P. Pasolini, Il
vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea, “visioni
della Medea” di P. P. Pasolini (trattamento), p. 507.
[37] Op.
cit., p. 557
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