NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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martedì 4 dicembre 2018

Panezio. Parte I


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Prima parte della lezione che terrò lunedì 10 dicembre 2018 alle 18 nella biblioteca Ginzburg di Bologna

L’ellenizzazione della Stoa: Panezio

Panezio è il fondatore della Media stoà
Era di Rodi, di sangue greco dorico. Nacque intorno al 185 da famiglia nobile e ricca. Ad Atene seguì le lezioni di Diogene e di Antipatro. Polibio lo segnalò a Scipione e Panezio entrò nel circolo. Fu amico di Scipione e di Lelio. Si impadronì del latino. Polibio lo spinse a capire meglio il presente attraverso lo studio della storia intesa come diovrqwsi" (Storie, I, 1), correzione.
Poi Panezio tornò ad Atene e nel 129, alla morte di Antipatro, assunse la direzione della scuola.

Il suo capolavoro Peri; tou' kaqhvkonto", Sul dovere, uscì dopo il 129. Ebbe molti discepoli. Il più importante fu Posidonio di Apamea. Morì intorno al 100.
Si sentiva più vicino al divino Platone e ad Aristotele che a Zenone e a Crisippo. La Stoà derivava da Socrate come l’Accademia e il Peripato.
Da aristocratico uomo di mondo, rifiutava la discendenza dai Cinici. A Roma, per effetto di Panezio, gli Stoici venivano chiamati socratici (p. 395)
Scrisse Intorno alla Provvidenza. Peri; pronoiva". Essa è una forza creatice dotata di senso del bello. L’uomo è il coronamento del creato. Ha la stazione eretta perché il suo spirito non aderisce al suolo (p.99).

Nella V cornice del Purgatorio di Dante, le anime degli avari e dei prodighi piangevano stese a terra e recitavano il versetto del Salmo CXIX: “adhaesit pavimento anima mea” (XIX, v. 72)

 Il corpo umano è lo strumento del logos. Poiché l’uomo è logikovn ti zw'/onbisogna che il corpo umano sia stato costruito come o[rganon, strumento appropriato alla necessità del logos.
Panezio fu il primo a dare valore all’uomo estetico che è capace di apprezzare la bellezza del mondo e pure di crearla con le sue mani
Panezio celebra, come Sofocle, la grandezza dell’uomo che è riucito a farsi padrone degli animali e delle piante, della terra e del mare e del mondo intero” (p. 401).

Non concordo con questa interpretazione del I stasimo dell’Antigone, dove il Coro afferma sì che l’uomo si è impadronito del mondo e degli animali ma non è riuscito a vincere la morte e rimane un’ombra che passa sulla terra e se con la sua audacia offende il bello morale deve essere cacciato dalla polis.

Excursus
La vita umana come ombra e sogno.
Non è l'uomo comunque sogno di un'ombra? E' questa una considerazione che va da Pindaro:" skia'" o[nar/a[nqrwpo""[1]; a Sofocle che nell'Aiace fa dire a Ulisse, preso da rispetto e compassione per il nemico precipitato nella follia :" JOrw'' ga;r hJ ma'" oujde;n o[nta" a[llo plh;n - ei[dwl j, o{soiper zw'men, h] kouvfhn skiavn "(vv.125-126) vedo infatti che non siamo altro che larve, quanti viviamo, o muta ombra; a Shakespeare nel Macbeth fa dire al protagonista prossimo alla fine:" Life's but a walking shadow; a poor player, That struts and frets his hour upon the stage, And then is heard no more: it is a tale Told by an idiot, full of sound and fury, Signifyng nothing" (V, 5), la vita è solo un'ombra che cammina; un povero attore che si pavoneggia e si agita sulla scena nella sua ora e poi non se ne parla più: è la storia raccontata da un idiota, piena di frastuono e di furia, che non significa nulla.
Prospero nella La tempesta (del 1612) conclude: " We are such stuff/as dreams are made on; and our little life/is rounded with a sleep", Noi siamo fatti con la materia dei sogni, e la nostra breve vita è circondata dal sonno"(IV, 1).

 Per la fede personale di Panezio, il logos rimase l’unica divinità, tuttavia distinse tre categorie di figure divine: le forze naturali personificate (gevno" fusikovn), gli dèi della religione pubblica (gevno" politikovne gli dèi del mito (gevno" muqikovn). Fondò così la tripertīta theologĭa che fu utile alla teologia razionalistica dei Romani.
Oggi sarebbe Denaro – Mercato – Pi l -. Oppure bagordo – bagascia - toy boy -
Non credette che l’anima sopravvivesse alla morte. Negò esplicitamente l’immortalità individuale anche se ciò lo metteva in contrasto con il prediletto Platone (p. 405).

Importanza e necessità della salute
 Da stoico eretico Panezio sostenne che anche la salute e il favore delle circostanze concorrono alla eudaimonia. Gli sembrava assurdo considerare un adiaforon la salute se il logos per agire ha bisogno del corpo.
Diogene Laerzio (VII, 128) scrive che Panezio e Posidonio oujk autavrkh levgousi th;n ajrethvn, ajlla; creivan ei\naiv fasi kai; uJgieiva" kai; corhgiva" kai; ijscuvo"non dicono che la virtù basta a se stessa, ma affermano c’è necessità anche di salute e di abbondanza di mezzi e di forza.
 Comunque il bello morale è il vero bene dell’uomo, il bene supremo movnon to; kalo;n ajgaqovn cfr. Cic. Off. I, 66. II, 12.
Il dolore deve essere vinto irrobustendo il corpo e l’anima: il logos non deve lasciarsene ostacolare nell’adempimento dei suoi compiti morali.
Si ispirarono a Panezio gli artisti rodiesi del gruppo del Laocoonte che vuole salvare i figli, incurante delle proprie sofferenze e il suo grido di dolore non è un urlo bestiale.
Cfr. J. J. Winckelmann:" Infine, la generale e principale caratteristica dei capolavori greci[2] è una nobile semplicità e una quieta grandezza - edle Einfalt und stille Grösse, sia nella posizione che nell'espressione… la nobile semplicità e la quieta grandezza delle statue greche costituiscono il vero segno caratteristico degli scritti greci dei tempi migliori"[3].

 Panezio cercò di vivere una vita condotta conformemente alle risorse dateci dalla natura; “to; zh'n kata; ta;" dedomevna" hJmi'n ejk fuvsew" ajformav"”.
Seneca: De ira III, 7: “Quotiens aliquid conaberis, te simul et ea quae paras, quibusque pararis ipse, metire: faciet enim te asperum paenitentia operis infecti”, tutte le volte che tenterai di fare qualche cosa, nello stesso tempo misura te stesso e i mezzi che prepari e i mezzi con cui tu stesso ti prepari: infatti ti amareggerà il rammarico dell’opera non compiuta.
Il bene morale si dentifica con il bello. L’anima bella e armoniosa si manifesta nelle parole e negli atti dell’uomo che la possiede.
Panezio non condivise il dogma democratico dell’uguaglianza degli uomini, ma ne notò la naturale differenza (p. 409). L’uomo non porta una sola maschera provswponpersona sulla scena della vita. Una è quella di uomo in generale, una è quella della disposizione individuale, altre le impongono le circostanze della vita. Panezio scrisse il Peri; tou' kaqhvkonto" perché servisse alla vita pratica. Il dovere è la sovranità della ragione sugli istinti.
Il dovere tiene conto anche della personalità individuale: una persona di un certo rango deve avere p. e. una lingua scelta e non deve mettersi a correre per la strada (p. 410).
La frovnhsi" è la scienza del retto operare. La virtù fondamentale è la socialità, come giustizia che dà a ciascuno il suo e come collaborazione al benessere della comunità. .
 Una virtù cardinale è la megaloyuciva, la magnanimità, un atteggiamento di superiorità di fronte alle cose esterne che non devono determinare il nostro stato d’animo. La magnanimità non deve essere asservita all’ambizione personale ma rendersi utile all’interesse collettivo. Servire la comunità avendo posti di comando è un alto dovere morale
La swfrosuvnh, la salute mentale, ci comunica la coerenza, l’oJmologiva.
Noi siamo contenti quando vediamo in noi stessi un’opere d’arte con un bello stile, affabilità, garbo, gusto nel vestire, insomma nella persona il riflesso esterno della sua bellezza interiore. Cfr. Cicerone Off. I, 93-151

Con espressioni simili Plutarco descrive la compostezza e la coerenza dell’olimpico Pericle.
Di Pericle, Plutarco scrive che si meritò il soprannome di Olimpio perché mostrava un carattere buono eujmene;" h\qo" e una vita capace di restare pura e priva di macchie kai; bivon kaqaro;n kai; ajmivanton-miaivnw (macchio), pur nel potere ejn ejxousiva/ (Vita di Pericle, 39, 2). Parlava con un’eloquenza immune da ciarlataneria, con il volto composto che mai cedeva al riso, la sua andatura era calma, era elegante con semplicità, non si scomponeva mai (5). Poi era palesemente incorruttibile e superiore al denaro (15, 3).
Insomma la megaloyuciva, la magnitudo animi è una ejpisthvmh h] e{xi" uJperavnw poiou'sa tw'n sumbainovntwn koinh'/ fauvloi" te kai; spoudaivoi", è una scienza o una dote che rende superiore alle cose che capitano agli sciocchi come ai seri (412).

Pericle era stato un vero capo della polis e dell’impero ateniese, ma la figura del capo non poteva più essere individuata nei politici dei piccoli Stati greci, bensì negli uomini che reggevano l’impero romano, particolarmene Scipione (Emiliano) che Panezio propose come modello. Riuniva in sé quelle dignità intima ed esteriore che Panezio stesso perseguiva. Inoltre incarnava l’aijdwv"verecundia, il rispetto per la sensbilità morale ed estetica del prossimo. Per questo a Panezio riscivano sgraditi i Cinici i quali volevano abolire il pudore e offendevano di proposito il decorum (il prevpon di Panezio).
L’attività di comando presuppone la disinteressata dedizione al bene collettivo (p. 414).
Panezio scrisse per educare gli aristocratici romani. Voleva indicare alla loro magnanimità l’associarsi di politica e filanqrwpiva. (p. 414). Cfr. Antigono Gonata
Cicerone, seguendo Panezio, scrive che lo Stato è coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus (Rep. I, 39), una riunione di gente associata da un accordo sul diritto e dalla comunanza di interessi.
Est igitur res publica res populi.
Non è uno Stato la comunità il cui governo non abbia come scopo l’utilità di tutti il koino;n sumfevron, e non riconosca l’uguaglianza di tutti davanti alla legge.

Polibio elogiava la costituzione di Roma dove il popolo aveva il diritto elettorale ma era controllato da magistrati provvisti di poteri monarchici –i consoli con tanto di lictores[4], fasci e scuri. Così pure il dittatore e i pretori - e governato dal senato aristocratico. La mikth; politeiva però gli fu probabilmente indicata da Panezio.
Da Platone (cfr. Repubblica), Panezio prese l’idea che ad ogni cittadino vada assegnato il posto in cui può operare nel modo migliore al servizio dell’insieme.
 La simpatia per il diritto del Romano si associava al sentimento etico dell’Elleno in Panezio.
Panezio considerava la difesa della proprietà privata il motivo principale che porta a fondare uno Stato. Egli scriveva nel tempo dei moti graccani che condannava poiché attaccavano la proprietà privata e minavano le basi dell’ordinamento giuridico. Nel Peri; tou' kaqhvkonto" prese posizione contro i Gracchi.
Gaio Blossio di Cuma che con Panezio aveva seguito in Atene le lezioni di Diogene e Antipatro era invece consigliere di Tiberio Gracco. Le condizioni della sua terra campana e l’idea stoica dell’uguaglianza di tutti gli uomini avevano convinto Blossio della necessità di una riforma agraria.
Cfr, Plutarco, Tiberio Gracco, 8, 17, 20).


CONTINUA


giovanni ghiselli, bologna 4 dicembre 2018 ore 10, 45


il mio blog è arrivato a

 692.423
-------------------------------------[1] Pitica VII, vv. 95-96.

[2] Viene fatto l’esempio del Laocoonte (Aghesandro, Polidoro, Atanadoro, metà del I sec. a. C. Si trova nei Musei Vaticani): “Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l’espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima grande e posata. Quest’anima, nonostante le più atroci sofferenze, si palesa nel volto del Laocoonte… Il dolore che si mostra in ogni muscolo e in ogni tendinedel corpo…non si esprime affatto con segni di rabbia nel volto o nell’atteggiamento. Il Laocoonte non grida orribilmente come nel canto di Virgilio…Laocoonte soffre; ma soffre come il Filottete di Sofocle: il suo patire ci tocca il cuore, ma noi desidereremmo poter sopportare il dolore come quest’uomo sublime lo sopporta”. Il verso incriminato di Virgilio è “clamores simul horrendos ad sidera tollit” (Eneide, II, 222), nello stesso tempo lancia grida orrende alle stelle. 
[3] J. J. Winckelmann, Pensieri sull'imitazione dell'arte greca (del 1755), p. 29-30 e p. 32.
[4] Costoro turbam summovebant, facevano largo, e animadvertebant, sorvegliavano che venisse reso il debito onore a questi magistrati.-

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