Władysław Podkowiński La Frénésie des exultations |
Il potere della passione
Prima parte
del percorso che presenterò nel liceo Aldo Moro di Manfredonia
durante la notte dei licei, 11 gennaio 2019
Il
prevalere della passione. Il potere della passione (pagine 1-14)
Uomini
di potere sconvolti e rovesciati dalla passione
Quando
Coriolano si trovava già nel campo dei Volsci e vide avanzare le
matrone si stupì (ejqauvmasen, Plutarco, Vita
di Coriolano, 4
34), ma osservando la madre venne sopraffatto dall’emozione
(genovmenoς de;
tou' pavqouς ejlavttwn)
e fu sconvolto a quella vista kai;
suntaracqei;ς pro;ς th;n
o[yin, non sopportò
di rimanere seduto mentre lei si avvicinava: scese dalla
tribuna, prwvthn me;n
hjspavsato th;n mhtevra anche
con l’abbraccio più lungo kai;
plei'ston crovnon, poi
la moglie Virgilia e i figli, senza trattenersi dalle lacrime.
Nell’Otello (1604-1605) la
gelosia omicida stravolge l’aspetto del Moro: Some bloody
passion shakes your very frame” (V, 2), una passione
sanguinaria scuote la vostra stessa forma, gli dice Desdemona in
procinto di essere assassinata
Nell’Antonio
e Cleopatra di Shakespeare (III, 13) Enobarbo dice alla
regina che la colpa della sconfitta è di Antonio
Cleopatra
gli domanda: “Is Antony or we in fault for this?”
Enobarbo
risponde: “Antony only,
that would make his will Lord of his reason”
(II, 13, 2-4) Fece
male a seguire Cleopatra che fuggiva: the
itch of his affection should not then-have nick’d his captainship,
il prurito dell’amore non avrebbe dovuto intaccare in quel momento
la sua funzione di comando.
Tuttavia Kierkegaard rimpiange
le passioni di certi eroi antichi “Lasciamo che gli altri si
lamentino che i tempi sono cattivi; io mi lamento che il nostro
tempo è miserabile, poiché è senza passioni. I pensieri degli
uomini sono sottili e fragili come merletti, essi stessi miseri come
le ragazze che fanno i merletti. I pensieri delle loro menti sono
troppo meschini per essere peccaminosi. In un verme si potrebbe forse
considerare come peccato l'avere tali pensieri, non in un uomo,
creato a immagine di Dio. I loro desideri sono compassati e
torpidi, le loro passioni sonnolente...Puah! Ed è per questo che la
mia anima torna sempre all'Antico Testamento e a Shakespeare. Là si
sente che quei che parlano sono uomini; là si odia, là si ama, si
ammazza il nemico, si maledice la sua stirpe per tutte le
generazioni, là si pecca"[1].
Un'idea
simile si trova in Nietzsche:"Leggi Shakespeare: egli è pieno
di questi uomini forti, rozzi, duri, potenti, uomini di granito. Di
tali individui l'epoca nostra è poverissima, e quindi anche di
uomini che abbiano animo capace di accogliere i miei pensieri"[2].
Il
passionale Antonio è il contrario di Giulio Cesare “Non
permetteva, anche se ciò possa deluderla, che il suo cuore
disponesse della sua testa”[3].
Il
potere può annientare i sentimenti buoni.
All’inizio
del II atto, Bruto dice: th’abuse of greatness is when
it disjoins-lat.disiungo- remors from power,
l’abuso della grandezza avviene quando essa disgiunge la pietà dal
potere (Giulio Cesare, II, 1, 18-19).
Cfr.
l’ Aiace di Sofocle quando Odisseo dice
che non odia più il nemico morto, lo faceva quando odiarlo era cosa
nobile in quanto Aiace era nemico “ [egwg
j ejmivsoun d’ hJnivk j h\n misei'n kalovn (1347).
Agamennone
risponde: to;n toi tuvrannon
eujsebei'n ouj rJa/dion” 1350), non è facile che un uomo di
potere abbia pietà.
Lo qumov~.
Nella Medea
di Euripide invece è lo qumov" che
annienta i ragionamenti e i propositi buoni.
L’affermazione
della debolezza della ragione di fronte alla parte emotiva
preponderante è topica.
Che
cosa è lo qumov" ?
In
Omero è "ciò che provoca le emozioni (...) In molti punti
quando si parla della morte è detto che il qumov" abbandona
l'uomo (...) Sappiamo che quest'organo determina anche i movimenti
del corpo, ed è quindi naturale dire che esso, nel momento della
morte, abbandona le ossa e le membra coi loro muscoli (...) La gioia
ha generalmente sede nel qumov"
(... ) Inoltre è generalmente il qumov" che
fa agire l'uomo (...) Se qumov" è
in genere la sede della gioia, del piacere, dell'amore, della
compassione, dell'ira e così via, dunque di tutti i moti dell'animo,
tuttavia può trovar sede talvolta nel qumov" anche
la conoscenza (...) Quando si dice che qualcuno sente
qualcosa, kata;
qumovn, qumov" è in questo caso un organo e
noi possiamo tradurre la parola con "anima", ma dobbiamo
tenere presente che si tratta dell'anima soggetta alle
"emozioni". Però anche qumov" verrà
in seguito a determinare una funzione (e allora potremo tradurre la
parola con "volontà" o "carattere") e anche la
funzione singola: dunque anche quest'espressione ha un significato
più esteso di quanto non abbiano le nostre parole "anima"
e "spirito". Nel modo più chiaro appare ciò
nell'Odissea (IX, 302) dove Ulisse dice: “
e{tero"
dev me qumo;" e[ruken:"
un altro qumov" mi
trattenne", e qui dunque qumov" si
riferisce a un particolare moto dell'animo"[4].
E’il pensiero della vendetta nei confronti del Ciclope antropofago,
un pensiero scaturito da un impulso emotivo.
"Eraclito dovette
contrapporre thymos e psyche :"
Contro la brama della passione (thymoi)
è arduo combattere: qualsiasi cosa voglia, difatti, essa è disposta
a pagarla con l'anima"[5].
Sentiamo
però direttamente la parola del filosofo[6] di
Efeso:"qumw'/
mavcesqai calepovn: o{ ga;r a]n qevlh/, yuch'" wjnei'tai"
(fr. 91 Diano). Aggiungo la mia traduzione: “combattere con la
parte emotiva è cosa dura, quello che vuole lo compra a prezzo della
vita. Lo qumov" dunque
è quasi ineluttabile e dispone della yuchv.
Con qumov" sono
composte le parole che designano le due parti meno alte dell'anima
nella Repubblica di
Platone: qumoeidev" (composto da qumov" +ei\do~ è
l'elemento irascibile che deve essere alleato con
il logistikovn (cfr. logivzomai, "calcolo",
"penso") ,
la componente razionale, nel presiedere
all' ejpiqumhtikovn (cfr. ejpiqumevw,
"bramo") l'elemento appetitivo, la parte maggiore e la più
insaziabile di ricchezze (439 sgg.).
Nel Fedro Platone racconta
che l’anima umana è formata da tre parti: un auriga, un
cavallo buono, di colore bianco, ben fatto, amante di gloria e di
temperanza; e un cavallo nero, contorto massiccio, messo insieme a
casaccio (eijkh`/,), amico
della protervia e dell’impostura 253e. Il bianco è obbediente
all’auriga (oJ me;n eujpeiqh;~
tw`/ hJnivovcw/, 254a) ed è tenuto a freno dal pudore e
si trattiene dal balzare addosso all’amato. L’altro invece si
porta avanti skirtw`n de;
biva/ , balzando con violenza. L’auriga e il bianco
vengono trascinati e si sentono costretti a cose vergognose e inique.
Giunti vicino all’amato, l’auriga ricorda la natura del Bello e
lo vede collocato con la Temperanza (meta;
swfrosuvnh~, 254b) su un piedistallo immacolato. Sicché
l’auriga tira indietro le redini e i due cavalli devono
piegarsi sulle cosce; il riottoso contro la sua volontà. Quando
riprende fiato, il cavallo nero lancia insulti con ira (ejloidovrhsen
ojrgh`/, 254c) contro
l’auriga e il compagno accusandoli di viltà e debolezza. Quindi
riprende a tirare (met j
ajnaideiva~ e{lkei (254d), trascina con impudenza. Ma
l’auriga tira indietro il freno dai denti del cavallo protervo con
maggior forza e insanguina la lingua maldicente e le mascelle e gli
fa piegare a terra le cosce. Dopo che questa mossa si è ripetuta più
volte il malvagio fa cessare la sua protervia, umiliato dalla
previdenza dell’auriga, e quando vede il bello si sente venir meno
per la paura: kai; o{tan i[dh
to;n kalovn, fovbw/ diovllutai (254e).
“Il
problema del thymos trova
solo nella filosofia platonica la sua prima collocazione teorica.
La psyche viene
dapprima divisa in due parti , quella razionale (logistikon)
e quella arazionale (alogon).
Quest’ultima è poi articolata, a sua volta, in anima
“concupiscibile”, capace cioè solo di desideri bassi
(epithymetikon:
“quella che fa provare amore, fame, sete e che ne eccita gli altri
desideri, compagna di soddisfazioni e desideri materiali”) e anima
irascibile o impulsiva o coraggiosa (thymoeides)[7].
Secondo le metafore animali utilizzate da Platone, l’uomo è un
essere composito, formato da un uomo vero e proprio (il logistikon),
da un leone (il thymoeides) e
da un mostro multiforme e camaleontico che assume tutti gli aspetti
(l’epithymetikon).
L’anima arazionale e quella razionale sono unite e separate tramite
l’Eros che cerca di congiungerle con sforzo instancabile (…) La
strategia di Platone mira, in questo senso, a una logokratia,
tesa a rendere il potere sapiente e il sapere potente (ciò che
avviene, in maniera indiretta, anche secondo il doppio registro della
persuasione e della coazione: educando il thymos e
i “custodi” al bene e aizzandoli insieme, come fedeli guardiani
della ragione, contro l’epithymetikon e
gli strati più bassi del demos).
Nel famoso mito platonico della biga alata (cfr. Phaedr.,
246 A sgg.) il logos,
auriga dell’anima, dirige verso l’alto l’elemento animale del
focoso cavallo bianco e, con più fatica, quello dell’indomito
cavallo nero costituito dai desideri ribelli che tendono verso il
basso”[8].
Gli Stoici proseguiranno
“metodicamente” su questa strada predicando la sottomissione
delle passioni alla ratio-naturae imitatio- e
addirittura il loro bando
Sentiamo Seneca, Epistula 85
Virtus
ad explendam beatam vitam sola satis efficax (1)
In
bono viro non c’è solo una demininutio malorum
sed vacatio (5)
Le
passioni sono irragionevoli e feroci come tigres leonesque
numquam feritatem exeunt, aliquando summittunt, et cum minime
expectaveris exasperatur torvitas mitigata (8) la crudeltà
mitigata si inasprisce. Se la ragione è efficace, non c’è una via
di mezzo falsa est itaque ista mediocritas et inutilis (9).
Ammettere
passioni moderate sarebbe come dire modice
insaniendum o modice
aegrotandum .
Se qumov" indica
la parte emotiva dell'anima e questa, nonostante i precetti di
Platone e altri, prevale, le riflessioni e pure i
ragionamenti spesso traggono comunque la loro
origine da stati emotivi.
La Medea di Euripide individua
nel suo animo un conflitto tra la passione furente e i
ragionamenti, quindi comprende che l'emotività, sebbene sia causa
dei massimi mali, per gli uomini è più forte dei suoi
propositi:" Kai;
manqavnw me;n oi\\\a dra'n mevllw kakav,-qumo;"
de; kreivsswn tw'n ejmw'n bouleumavtwn,-o{sper megivstwn ai[tio"
kakw'n brotoi'""( vv. 1078-1080), capisco quale
abominio sto per compiere, ma più forte dei miei ragionamenti è la
passione, che è causa dei mali più grandi per i mortali", dirà
la furente nel quinto episodio dopo avere preso la decisione folle di
uccidere i figli.
Un'eco
lontana di questa situazione si trova nelle Metamorfosi di
Ovidio dove Medea cerca di contrastare, senza successo, la
passione per Giasone " et luctata diu, postquam ratione
furorem/ vincere non poterat, "Frustra, Medea, repugnas."
(VII, vv. 10-11), e dopo avere combattuto a lungo, dacché non poteva
vincere la follia amorosa con la ragione, si disse "ti opponi
invano, Medea".
Pohlenz
attribuisce anche all’ Edipo di Sofocle la prevalenza
dello qumov~: “Lineamento
fondamentale del suo essere è lo thymós,
la calda impulsività, che un tempo, quando aveva incontrato il padre
e quando poi aveva scoperto il proprio delitto, lo aveva indotto ad
atti troppo subitanei, e neppure ora, nella vecchiaia, lo aveva
abbandonato. E se al momento dell’estremo commiato egli dice alle
figlie: “Nessuno vi ha amato mai come me”, noi sappiamo che
quest’uomo sa anche odiare come nessun altro. Anche i propri
figli”[9].
Ancora
le passioni prevalenti, e benedette
Se
è vero che Euripide da una parte ha
intellettualizzato la tragedia introducendovi discussioni di tipo
sofistico, è pure vero che egli mette in primo piano la parte
emotiva dell'anima:"Il tragico, in Eschilo e in Sofocle,
minacciava l'eroe dal di fuori, era qualcosa che cadeva dal cielo.
Euripide, sempre e in tutto più vicino a noi (che cosa potrebbe
essere più vicino del nostro stesso cuore?), installa il tragico
nella profondità di questo cuore che nemmeno noi conosciamo "[10].
“E’
una brutta caratteristica degli uomini quella di vergognarsi del
proprio cuore. Anche questo è amor proprio, ma un falso amor
proprio. Farebbero meglio, qualche volta, a vergognarsi della
loro intelligenza: sbaglia più spesso”[11],
dice Olga a Oblomov. Una delle tante rivalutazioni del cuore.
Poco più avanti: “Il cuore, quando ama, ha la sua
intelligenza-ribatté Olga-esso sa quel che vuole e sa in precedenza
quel che accadrà” (p. 330).
Piuttosto
emotiva che razionale è anche la Medea, pur innocente,
di Christa Wolf:"era, come potrei dire, troppo femmina,
cosa che ne coloriva anche il pensiero. Lei pensava, ma perché ne
parlo al passato, lei ritiene che le idee si siano sviluppate
dai sensi e che non dovrebbero perdere quel legame. Antiquata
naturalmente, superata"[12].
E' Acamante
che parla, , l'astronomo di corte del re di Corinto.
E’
una riflessione sensistica: ne trovo una analoga
nella Vita dell’Alfieri che riporta un
ricordo infantile, quindi si scusa per avere menzionato tale
puerilità la quale però può essere “non inutile affatto a chi
specula sul meccanismo delle nostre idee, e sull’affinità dei
pensieri colle sensazioni”(I, 2).
Euripide
smonta il sofovn ed
è frondista contro il sapere e pure contro la ragione, soprattutto
nelle ultime tragedie e particolarmente nelle Baccanti.
Euripide,
quale anticipatore di motivi dell’Ellenismo, spesso è
già postfilosofico[13] e
antepone la sensibilità alla ragione. Si pensi anche alle Baccanti:
il sapere non è sapienza:
Nel
primo stasimo delle Baccanti il
coro canta:" "to;
sofo;n d j ouj sofiva-tov te mh;
qnhta; fronei'n"
(Baccanti ,
vv. 395-396), il sapere non è sapienza, né pensare cose non da
mortali.
Foscolo
parteggia per il cuore contro la ragione.
Foscolo:"Cos'è
l'uomo se tu lo abbandoni alla sola ragione fredda, calcolatrice?
scellerato, e scellerato bassamente"[14].
Il cuore è la parte più nobile e viva della persona di Iacopo
Ortis:"se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo
strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo
infedele"[15].
E' sempre
il cuore che, non senza un poco di utilitarismo, rende Emma
Bovary insaziabilmente vorace di emozioni:"Amava il mare
solo quando era in tempesta e il verde solo quando ricopriva le
rovine. Doveva poter ricavare dalle cose una specie di profitto
personale; respingeva come inutile quanto non contribuiva
immediatamente a saziare la voracità del suo cuore, aveva un
temperamento più sentimentale che artistico, voleva emozioni e non
paesaggi"[16].
Al
verso 485 della tragedia di Euripide, rievocando i delitti compiuti
per amore, la nipote del sole si definisce:"provqumo"
ma'llon h] sofwtevra", passionale più che
saggia.
CONTINUA
-------------------
[13] “Questi
poeti ellenistici erano, per dirla in una parola, post-filosofici,
mentre i poeti arcaici erano pre-filosofici” (Snell, La
cultura greca e le origini del pensiero europeo,
p. 371).
Nessun commento:
Posta un commento