Il massacro del Carandiru, 1992 |
Va bene ricordare e deprecare
lo sterminio degli Ebrei perpetrato dai nazisti. Non si dovrebbero però dimenticare le stragi
subite da tanti esseri umani, centinaia di migliaia di uomini, donne e
bambini ammazzati inermi in Giappone, nella stessa Germania, nel Vietnam, in
Iraq, in Libia, in Italia durante e dopo la guerra, massacri che non sono stati
abominati con altrettanta insistenza né con simile sdegno. Le vittime sono da
compiangere tutte, non solo quelle di un popolo o di un altro. Ora poi viene
applaudito un ministro dell’interno che con ceffo e tono mutuati dalla canaglia
che a sua volta lo imita, proclama al popolo che dei poveri disgraziati devono
essere tenuti fuori dai porti italiani e sfida chi oserà contraddirlo.
D’altra parte se qualche
mentecatto prova a negare l’olocausto viene immediatamente ridotto al silenzio
in un modo o in un altro.
Io non credo che ci siano
genti elette ma penso che quanti sono umani costituiscano l’umanità, dai Greci
ai Tedeschi, agli Ebrei, agli Italiani, agli Africani, agli Asiatici, a tutti
insomma. Dai miei autori classici ho imparato l’umanesimo che è amore per
l’umanità, per tutta l’umanità. La oloumanità da salvare. Questa sarebbe il
modo migliore di deprecare l’olocausto.
Vi lascio qualche espressione
di tale amore, parole di semplice e bella solidità contro il parlare
sgangherato dei razzisti
l' Antigone di
Sofocle dichiara il suo amore per l'umanità dicendo a Creonte: "ou[toi sunevcqein ajlla;
sumfilei'n e[fun", (v. 523), io non
sono nata per condividere l’odio ma l’amore.
Teseo dice "e[xoid j ajnh;r
w[n"(Edipo a Colono, v.567), so di essere un
uomo a Edipo che gli ha chiesto perché accolga e aiuti lui che è il più
disgraziato e malfamato degli esseri umani.
E'
una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà
in età ellenistica e partorirà l'humanitas latina.
Una simile dichiarazione di umanesimo si ritrova in Terenzio: "Homo
sum: humani nil a me alienum puto"
Heautontimorumenos, 77
Didone, nell'Eneide di Virgilio, incoraggia i Troiani giunti naufraghi sulle
coste della Libia ricordando che anche lei è esperta di sventure le quali
l'hanno resa non solo attenta e diffidente, ma pure compassionevole verso i
disgraziati:"non ignara mali miseris
succurrere disco "(I, 630), non
ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati.
Tanta humanitas
non verrà contraccambiata da Enea che deve fondare la città imperiale e
imperialistica.
Nel primo
declinare di questo impero Marco Aurelio, imperatore (161-180 d. C.) e filosofo, uomo di potere lontanissimo dalla
rozzezza dell’attuale, enfatico ministro dell’interno, scrive : “noi siamo nati
per darci aiuto reciproco ("pro;" sunergivan"), come i piedi, le mani, le palpebre, come le due
file dei denti. Dunque l'agire uno a
danno dell'altro è cosa contro natura "to; ou\n ajntipravssein ajllhvloi" para;
fuvsin" (Ricordi , II, 1)
Questo è uno degli insegnamenti massimi dei nostri
autori e dovrebbe esserlo tanto nella
scuola quanto nella: "E infine,
possiamo imparare la lezione fondamentale della vita, la compassione per le
sofferenze di tutti gli umiliati, e la comprensione autentica"[1].
giovanni ghiselli
p. s
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