Ricordo della Notte dei licei a Manfredonia 2019 Foto di Mattia Zerulo |
Il potere della passione
Percorso presentato nel liceo Aldo Moro di Manfredonia durante la notte dei licei, 11 gennaio 2019
Torniamo alla teoria della classe
media già indicata (p. 24) nelle Supplici e nell’Oreste di Euripide. Questa classe sarebbe costituita da contadini,
piccoli proprietari che lavorano la terra in proprio - aujtourgoiv -
he turned away from
the actual Demos, which surrounded
him and howled him down ,to a Demos of his imagination, pure and
uncorrupted, in which the heart of the natural man should speak. His later
plays break out more than once into praises of the unspoiled countryman,neither
rich nor poor, who works with his own arm and whose home is "the solemn
mountain " not the city streets (cfr. especially Orestes, 920 aujtourgov~,
as contrasted with 903 ff. ;also the Peasant in the Electra ; also Bac,717)[1], Euripide si scostò dal Demos contemporaneo che lo circondava e lo
disapprovava ululando, e si volse al Demos della sua immaginazione, puro e
incorrotto, nel quale potrebbe parlare il cuore dell’uomo incorrotto. Le
sue ultime tragedie esplodono più di una volta in lodi del contadino
incontaminato, né ricco, né povero, che lavora con le sue braccia e la cui casa
è la “solenne montagna”, non le strade della città
(cfr. specialmente Oreste 920
aujtourgov~,
in contrapposizione a 903ss.; anche il contadino dell’Elettra; anche le Baccanti (717)
In questa tragedia un personaggio negativo è
“Un vagabondo della città, uno consumato nei
discorsi” kai; ti" plavnh" kat j a[stu kai;
trivbwn lovgwn disse a tutti: “o voi che abitate i sacri pascoli dei monti, volete che andiamo a caccia di Agave la madre di Penteo e la togliamo dalle orge e facciamo cosa
gradita al re?” (Baccanti[2],
vv. 717 - 721)
Positivo è invece il contadino
dell’Elettra[3]
di Euripide (del 413). Questo personaggio recita il prologo davanti alla
capanna che è la dimora della figlia del re assassinato. Dice che Egisto ha
fatto sposare la principessa a lui, un miceneo autentico ma un campagnolo,
affinché dandola a uno debole, ne ricavasse una paura debole (v. 39). Questo autourgov"
(coltivatore diretto) dice : “non ho mai mancato di rispetto nel letto alla
ragazza: parqevno"
d j ejsti; dhv (43)
Il contadino, marito di Elettra, solo di nome, è
pevnh~
ajnh;r gennai`o~ (v. 253), un
uomo povero ma nobile. Discendeva da veri Micenei, ma poveri, per cui la razza
si perde.
II Lezione - sintesi
La civiltà classica tende a
condannare l’eccesso come categoria che appartiene al caos, alla barbarie, o
alll’errore dell’uomo civilizzato. Euripide, nella sua ultima tragedia, le Baccanti, lancia un giudizio negativo
contro gli uomini straordinari: il Coro chiede di potersi differenziare da
costoro. Le condanne del perissovn, lo straordinario, e dello smodato arrivano a
deprecare Ares, l’omicida dio della guerra.
Il dio della dismisura.
La stessa hybris, il peccato dei Greci, è una forma di demenziale dismisura.
Il tiranno può essere considerato l’incarnazione di tale dismisura. Sofocle
infatti afferma che è l’hybris a
generare il tiranno. La sua prepotenza sopprime la libertà, trasforma i
cittadini in sudditi, e umilia la cultura. Il Filosofo, un personaggio del trattato Sul sublime, scritto da un autore anonimo
del I secolo d. C. , fa dipendere l’universale
carestia letteraria (lovgwn kosmikh; ajforiva, 44) dalla fine della democrazia che
è la sorgente dell'eloquenza e la vera nutrice della grandezza. Tacito nel Dialogus de oratoribus dà una
spiegazione simile a questa. Curiazio Materno, il personaggio portavoce
dell'autore, afferma che una grande oratoria era possibile solo con la libertà,
o addirittura con la licenza dell’ultima repubblica, nel fervore dei tumulti e
dei conflitti civili. Soppressa la libertas,
è finita la grande eloquenza e la grande storiografia: “nobis in arto et inglorius labor, la nostra fatica è limitata a un
campo ristretto e non dà gloria, afferma il medesimo autore negli Annales (IV, 32). Gli stessi contenuti
della storia si restringono nel passaggio dalla repubblica all'impero.
Nel Satyricon vengono descritti
con lingua da orafo i vizi di una civiltà decrepita. L’autore che era, molto
probabilmente, Petronius arbiter, l’arbitro dell’eleganza del lunatico,
terribile despota Nerone e della sua corte, mette in alto rilievo la decadenza
del buon gusto, della cultura, dell’educazione. La scuola non apre le menti dei
giovani, non ne promuove lo spirito critico, non sottopone gli scolari alla
necessaria disciplina, e ne consegue una generale impreparazione ad affrontare
la vita in maniera consapevole. Quando non funziona lo spirito, un poco alla
volta smette di funzionare anche il lavoro e i mezzi di sostentamento dell’uomo:
“ agri iacent" (Satyricon, 44, 18), i campi giacciono
nell’abbandono.
C’è chi sostiene che la
democrazia non si concili con il monoteismo, tuttavia anche nel variegato
Olimpo politeistico non mancano divinità imperiose, intolleranti di critiche e
dinieghi, dèi addirittura crudeli come il Dioniso delle Baccanti di Euripide, o smodati e indegni di onore, come l’Ares
dell’Edipo re di Sofocle.
Diversi autori mettono in luce le quintessenze delle
costituzioni, dei regimi e dei poteri.
Euripide si occupa anche di
un’altra forma di potere: quello degli uomini sulle donne. Medea[4] nella tragedia omonima non è
soltanto la madre assassina dei propri figlioli: è anche la moglie, per giunta
straniera, usata, colonizzata dal marito, quindi abbandonata per un’altra
sposa più conveniente.
L’eccesso come disvalore. La
ricerca dello straordinario. Elogi della democrazia e della libertà. Il Menesseno di Platone. L'Anonimo Sul sublime. Il Dialogus de oratoribus di Tacito.
Il Satyricon di Petronio: la fine della
libertà fa decadere non solo l’oratoria ma tutta la cultura e la scuola.
Nel Satyricon c’è una paralisi che blocca
tutto, dalla scuola, all’amore, all’economia.
Democrazia e politeismo. Euripide
denuncia la malvagia violenza della scellerata pretaglia delfica.
La "monarchia" in
Polibio, Sofocle, Lucrezio, Leopardi. Passaggio dal regno alla tirannide,
quindi all'aristocrazia che degenera in oligarchia. Polibio e Lucrezio, quindi
Platone e Aristotele. Un passo di Polibio. Democrazia e oclocrazia.
Il Potere degli uomini sulle donne:
Medea.
Di questo lungo percorso per ora vediamo solo il rapporto di
potere fra uomini e donne secondo la protagonista della tragedia Medea di Euripide.
“Fra tutti gli esseri, quanti sono vivi e hanno raziocinio,
230
noi donne siamo la creatura più tribolata:
noi che innanzitutto dobbiamo comprare un marito
con gran dispendio di ricchezze, e prenderlo come padrone
del corpo, e questo è un male ancora più doloroso del male.
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E in questo sta la gara massima, prenderlo cattivo
o buono. Infatti non danno buona fama le separazioni
alle donne, e non è possibile ripudiare lo sposo.
Quella poi giunta tra nuovi costumi e leggi,
bisogna che sia un'indovina, se non ha appreso da casa
con quale atteggiamento tratterà nel modo più appropriato il
marito.
E se con noi che ci affatichiamo in questo con successo,
il coniuge convive, sopportando il giogo non per forza,
la vita è invidiabile; se no, bisogna morire.
Un uomo poi, quando gli pesa stare insieme a quelli di casa,
uscito fuori, depone la noia dal cuore 245
(volgendosi
a un amico o a un coetaneo);
per noi
al contrario è necessario mirare su una sola persona.
Dicono
di noi che viviamo una vita senza pericoli
in casa, mentre loro combattono con la lancia,
pensando male: poiché io tre volte accanto a
uno scudo
preferirei stare che partorire una volta sola
“. 251
Ma questo argomento richiede dell’altro spazio.
19 dicembre 2018
FINE
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