NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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venerdì 1 febbraio 2019

Amiamo il bello con semplicità



Presento un altro capitolo della mia metodologia.
Tratta della semplicità come complessità risolta e come contrassegno di intelligenza, schiettezza, buon gusto. Presenta diverse testimonianze antiche con citazioni testuali. Se mancano queste, il resto è chiacchiera da bar, o da televisione o da gazzette scadenti. Buona lettura

Sommario
59. 1. Amiamo il bello con semplicità. Tucidide. Paideia è formazione (Bildung) non solo scolastica ma anche politica dell’individuo. Marco Lodoli: la semplicità è complessità risolta, non facilità. Gončarov: la semplicità significa intelligenza ed è differente dall’astuzia. Ezra Pound e l’America. Plutarco: Solone e la meschinità di Creso. Luciano (Come si deve scrivere la storia) e l’ajpeirokaliva che induce alla micrologica ciancia. Nigrino e il cattivo gusto degli arricchiti romani che sfoggiano porpore e anelli. Bertolt Brecht: la semplicità difficile a farsi. Euripide: Polinice nelle Fenicie (semplicità e verità), Achille nell’ Ifigenia in Aulide (semplicità e pietà). Winckelmann: la nobile semplicità e la quieta grandezza dei capolavori greci. Leopardi: la semplicità è naturalezza, mancanza di affettazione. Schopenhauer: contro i vuoti ghirigori della filosofia hegeliana. Lucrezio e gli stolidi che ammirano le parole contorte. Cicerone: quae sunt recta et simplicia laudantur. Orazio: simplex munditiis. Marziale (prudens simplicitas) e il Nuovo Testamento (prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae) . Ancora Tucidide: la semplicità è il nutrimento dell’anima nobile che viene derisa dalla volgarità della guerra civile. Nietzsche: il desiderio della semplicità inattuale.

Può essere vero quello che afferma Pound[1]: "Beauty is difficult ", la bellezza è difficile[2], ma c'è un mezzo per rendere pervie le vie erte e arte che ci portano alla vetta del Bello: questo va coniugato con la semplicità, come dice in sintesi il Pericle di Tucidide:"filokalou'mevn te ga;r met j eujteleiva"[3] kai; filosofou'men a[neu malakiva"" (Storie, II, 40, 1) in effetti amiamo il bello con semplicità e amiamo la cultura senza mollezza. Il filosofei'n di Tucidide non è la filosofia di Platone ma quella cultura generale che verrà insegnata nella scuola di Isocrate[4], quella paideia che insegna soprattutto l'uso corretto, efficace, persuasivo della parola.
 Paideia si può identificare, in un certo senso, con formazione politica : “ Uso questo termine non nel suo senso contemporaneo di istruzione scolastica formale ma nel senso antiquato, nell’antico senso greco: per paideia i greci intendevano l’educazione, la “formazione” (la Bildung tedesca), lo sviluppo delle virtù morali, il senso della responsabilità civica, della cosciente identificazione con la comunità, i suoi valori e le sue tradizioni”[5].
La semplicità però non è rozzezza, anzi è una complessità risolta e non si deve confondere con la facilità la quale "invece è una truffa che rischia di impoverire tragicamente i nostri giorni…La nostra cultura ormai scansa ogni sentore di fatica, ogni peso, ogni difficoltà: abbiamo esaltato il trash e il pulp…abbiamo accettato che le televisioni venissero invase da gente che imbarcava applausi senza essere capace a fare nulla; abbiamo accolto con entusiasmo ogni sbraitante analfabeta, ogni ridicolo chiacchierone, ogni comico da quattro soldi, ogni patetica "bonazza"… la Facilità ormai ha dissolto tante capacità intellettuali e manuali, e si parla a vanvera perché così abbiamo sentito fare ogni sera, si pensa e si vive a casaccio perché così fanno tutti"[6].
La semplicità significa intelligenza che è differente dall’astuzia.
“All’astuzia ricorrono soltanto le donne di intelligenza più o meno angusta. In mancanza di vera intelligenza, per mezzo dell’astuzia, esse manovrano le molle della minuta vita quotidiana, intrecciano, come un ricamo, la loro politica familiare, perdendo di vista come si dispongono le principali linee della vita, in quale direzione si orientino e in che punto si incontrino. L’astuzia è una moneta spicciola, con la quale non si può comprare gran che. Come, con moneta spicciola, si può vivere un’ora o due, così con l’astuzia si può nascondere qualche cosa, ingannare qui, alterare il vero là; ma l’astuzia non basta mai ad abbracciare un orizzonte vasto, a comprendere un evento serio e importante. L’astuzia è miope: vede bene soltanto ciò che ha sotto il naso, ma non vede lontano e perciò, spesso, finisce per cadere nella trappola che essa stessa ha teso. Olga era semplicemente intelligente: come aveva risolto con semplicità e chiarezza quello d’oggi, così avrebbe risolto qualunque altro problema. Ella vedeva subito il significato reale di un avvenimento e l’affrontava immediatamente per la via più breve”[7].
Leopardi avverte che la semplicità viene fraintesa dagli imbecilli: “E’ curioso vedere, che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici, e che sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco merito. (Firenze, 31 Maggio 1831)”[8].

Ancora Pound:"The thought of what America would be like/if the Classics had a wide circulation/troubles my sleep "[9], il pensiero di come sarebbe l'America, se i Classici circolassero di più, mi turba il sonno. Ci sarebbe, se non altro, meno cattivo gusto.
Plutarco nella Vita di Solone racconta che il saggio legislatore ateniese disprezzava la ajpeirokaliva, l'ignoranza del bello e la mikroprevpeia ( 27, 20), la meschinità del re che si era presentato coperto di gioielli e d'oro. Luciano in Come si deve scrivere la storia [10] fa questa osservazione:" Vi sono alcuni che trascurano completamente, o appena sfiorano, fatti grandi (ta; megavla) e invece, per rozzezza (uJpo; de; ijdiwteiva"), mancanza di gusto (ajpeirokaliva"), e ignoranza (kai; ajgnoiva") di quello che va detto o quello che va taciuto, si attardano a descrivere nei minimi dettagli le cose più trascurabili (ta; mikrovtata, 27).
L’ajpeirokaliva è lo stesso difetto che il filosofo Nigrino di Luciano attribuisce ai ricchi romani i quali si rendono ridicoli sfoggiando ricchezze e rivelando il loro cattivo gusto:"pw'" ga;r ouj geloi'oi me;n oiJ ploutou'nte" aujtoi; ta;" porfurivda" profaivnonte" kai; tou;" daktuvlou" proteivnonte" kai; pollh;n kathgorou'nte" ajpeirokalivan;”(Nigrino , 21), come fanno a non essere ridicoli i ricchi con le loro stesse persone dal momento che mentre mettono in mostra le vesti di porpora e protendono le dita delle mani, denunciano il loro cattivo gusto?

 Dopo il poeta “fascista” spiegato con Plutarco e Luciano, sentiamo Brecht che fa l’elogio del comunismo e della semplicità:“ E’ ragionevole, chiunque lo capisce. E’ facile…Non è il caos ma/l’ordine, invece./E’ la semplicità/che è difficile a farsi”[11] . La semplicità non è difficile: ci si arriva con la naturalezza, il buon gusto e l’onestà .

Nelle Fenicie[12] di Euripide, Polinice afferma la parentela della semplicità con la giustizia e con la verità:"aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva"[13] e[fu,-kouj poikivlwn[14] dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469-470), il discorso della verità è semplice, e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di rimedi artificiosi:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).
Platone nel Cratilo (405c) con riferimento alla semplicità di Apollo mette insieme il vero e il semplice: to, ajlhqev" te kai; to; ajplou'n- il semplice e il vero.
Chirone, dikaiovtato" Kentauvrwn[15], il più giusto dei Centauri, "nodrì Achille"[16] insegnandogli quella naturalezza e semplicità di costumi che è la quintessenza dell'educazione nobile. Il figlio di Peleo nell'Ifigenia in Aulide riconosce tale alta paideia all'uomo piissimo che l'ha allevato insegnandogli ad avere semplici i costumi:"ejgw; d j, ejn ajndro;" eujsebestavtou trafei;"-Ceivrwno", e[maqon tou;" trovpou" aJplou'" e[cein" (vv. 926-927).
In tal modo il figlio di Peleo si abituò a scartare gli usi degli uomini malvagi (v. 709).
Sulla semplicità dei Greci si è espresso come è noto J. J. Winckelmann:" Infine, la generale e principale caratteristica dei capolavori greci[17] è una nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell'espressione…la nobile semplicità e la quieta grandezza delle statue greche costituiscono il vero segno caratteristico degli scritti greci dei tempi migliori…"[18].
Questa formula, già esistente, con l'archeologo tedesco prese nuovo vigore:"Così, quando Winckelmann predicava dell'arte greca la edle Einfalt und stille Grösse, di fatto trascriveva un topos già corrente in Francia; ma la noble simplicité e la grandeur sereine dei Greci celebrate da Fénelon, Du Bos, Mariette, dal giovane Voltaire non avevano mai avuto sui loro lettori un effetto comparabile"[19].
Sentiamo Leopardi che elogia la semplicità e condanna l’affettazione, la quale, come vedremo, ne è l’antitesi: “La semplicità è quasi sempre bellezza sia nelle arti, sia nello stile, sia nel portamento, negli abiti ec. ec. ec. Il buon gusto ama il semplice…La semplicità è bella perché spessissimo non è altro che naturalezza; cioè si chiama semplice una cosa, non perch’ella sia astrattamente e per se medesima semplice, ma solo perché è naturale, non affettata, non artifiziata, semplice in quanto agli uomini, non a se stessa, e alla natura”[20].
E' pure degna di menzione la polemica di Schopenhauer contro la filosofia (hegeliana) delle università, fatta di "ghirigori che non dicono nulla, e offuscano con la loro verbosità perfino le verità più comuni e più comprensibili"[21].
In latino Lucrezio condanna gli stolti che ammirano e amano quanto rimane nascosto sotto parole contorte:"omnia enim stolidi magis admirantur amantque/inversis quae sub verbis latitantia cernunt "( De rerum natura, I, 641-642), gli stolti ammirano e amano di più tutto ciò che scorgono nascosto sotto parole contorte.
Quindi Cicerone:"quae sunt recta et simplicia laudantur"[22], ricevono lode gli aspetti schietti e semplici.
Orazio rifiuta lo sfarzo che, tipicamente è persiano, nell’Ode I, 38[23]: “ Persicos odi, puer, apparatus…simplici myrto nihil adlabores/sedulus curo” (v. 1 e vv. 5-6), odio, ragazzo, lo sfarzo persiano… non voglio che tu ti affatichi con zelo ad aggiungere alcunché al semplice mirto. E' anche una dichiarazione di poetica siccome "la semplicità del convito è la semplicità dell'arte, che conta molto sulla riduzione dei mezzi espressivi, sull'eliminazione del superfluo e mira ad una classica essenzialità"[24].
Pirra è simplex munditiis, semplice nell'eleganza (Orazio, Ode[25] I, 5, 5).
 "Simplex munditiis è un ossimoro, perché i due termini hanno associazioni di significato opposte, la semplicità e la ricercatezza (munditia)...Come ha detto bene Romano, "il concetto classico di semplicità nell'eleganza è scolpito in questo ossimoro che potrebbe essere assunto come motto del programma stilistico di Orazio"[26].
Analogo ossimoro troviamo in Marziale che si augura una prudens simplicitas (10, 47, 7), una semplicità competente.
 La prudenza e la semplicità sono coniugate anche dal Nuovo Testamento :"Ecce ego mitto vos sicut oves in medio luporum; estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae" (Matteo, 10, 16), ecco io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Tucidide indica la semplicità come il nutrimento di quell'anima nobile che venne negata dalle guerre civili: a causa di queste ("dia; ta;" stavsei""), fu sancito ogni genere di malizia nel mondo greco e sparì, derisa, la semplicità cui di solito la nobiltà partecipa:"kai; to; eu[hqe", ou| to; gennai'on plei'ston metevcei, katagelasqe;n hjfanivsqh" (III, 83, 1).
In questo contesto la semplicità è “bontà di carattere, bontà d’animo” (eu\ h\qo~).
La semplicità è ancora inattuale: Nietzsche avrebbe desiderato "come educatore un vero filosofo, che…insegnasse di nuovo ad essere, nel pensiero e nella vita, semplice e schietto, quindi inattuale nel senso più profondo della parola; infatti gli uomini oggi sono diventati così molteplici e complicati che debbono diventare insinceri tutte le volte che parlano, sostengono delle opinioni e secondo esse vogliono agire"[27].


[1] 1885-1972.
[2] Del resto esserne esclusi significa soffrirne la mancanza:"For I am homesick after mine own kind/And ordinary people touch me not/ And I am homesick/after mine own kind that know, and feel/And have some breath for beauty and the arts ", ho nostalgia di gente del mio stampo e la gente dozzinale non mi tocca. Ho nostalgia di gente del mio stampo che conosce e sente e respira il bello e l'arte (E. Pound, Prigioniero, da Personae del 1907).
[3] eujtevleia è’ frugalità, parsimonia, è il basso prezzo facile da pagare (eu\, tevloς) per le cose necessarie, è la bellezza preferita dai veri signori, quelli antichi, e incompresa dagli arricchiti che sfoggiano volgarmente oggetti costosi. Augusto dava un esempio di frugalità mangiando secundarium panem et pisciculos minutos et caseum bubulum manu pressum et ficos virides ( Augusti Vita, 76), pane ordinario, pesciolini, cacio vaccino premuto a mano, e fichi freschi.  Giorgio Bocca commentò tale abitudine dell’autocrate con queste parole:“Oggi siamo a una tendenza da ultimi giorni di Pompei. Un incanaglimento generale. Forse è il caso di rivolgersi, più che agli uomini di buona volontà, a quelli di buon gusto, forse è il caso di tornare a scrivere sulle buone maniere, sulla buona educazione, sui buoni costumi. L’Augusto più ammirevole è quello che nel Palatino si ciba di fave e di cicoria, da vero padrone del mondo” G. Bocca, Contro il lusso cafone, per motivi morali. Ed estetici, Il venerdì di Repubblica, 27 giugno 2008, p. 11. Senza risalire al 14 d. C., penso alla mia infanzia e alla mia adolescenza, quando, per apprendere e capire, ascoltavo con avidità, alla radio, o anche andando a vederli nella piazza del Popolo di Pesaro, i politici di razza di quel tempo lontano, quali De Gasperi e Togliatti. Imparavo da loro più e meglio che a scuola. In termini di idee, di parole e di stile. Mi è rimasta impressa la frase di De Gasperi, rappresentante dell'Italia vinta: " Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me".
[4] il quale in A Demonico scrive:"Peirw' tw'/ me;n swvmati ei'jnai filovpono", th'/ de; yuch'/ filovsofo""(40), cerca di essere amante delle fatiche con il corpo, con l'anima amante della sapienza. "Non Platone, ma Isocrate si conformava all'uso corrente della lingua... assegnando la parola "filosofia" ad ogni sorta di formazione culturale dell'intelletto, con un senso che, per es., s'incontra anche in Tucidide . Proprio come il Pericle tucidideo (II, 40, 1), egli avrebbe potuto dire che l'aspirazione alla superiore cultura intellettuale (filosofei'n) è la nota distintiva dello stato ateniese nel suo complesso, e qualcosa di simile dice effettivamente nel Panegirico " Jaeger, Paideia., vol. 3, pp. 83-84,.
[5] M.Finley, La democrazia degli antichi e dei moderni, p. 30.
[6] I miei ragazzi insidiati dal demone della Facilità, Marco Lodoli, in La Repubblica 6 novembre 2002, p. 14.
[7] I. Gončarov, Oblomov, p. 336.
[8] Zibaldone, p. 4523.
[9] Cantico del sole da Quia pauper amavi (1919).
[10]Scritto tra il 163 e il 165 d. C.
[11] B. Brecht, Lode del comunismo (del 1933) vv. 1 e 11-14. Il soggetto è il comunismo.
[12] Composte intorno al 410 a. C.
[13] Seneca cita questo verso traducendolo così: “ut ait ille tragicus ‘veritatis simplex oratio est’, ideoque illam implicari non oportet” (Ep. 49, 12), come dice quel famoso poeta tragico “il linguaggio della verità è semplice”, e perciò non deve essere complicata.
[14] Si ricordi quanto si è detto a proposito della poikiliva (21. 3).
[15] Iliade, XI, 832.
[16] Dante, Inferno, XII, 71.
[17] Viene fatto l’esempio del Laocoonte (Aghesandro, Polidoro, Atanadoro, metà del I sec. a. C. Si trova nei Musei Vaticani): “Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l’espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima grande e posata. Quest’anima, nonostante le più atroci sofferenze, si palesa nel volto del Laocoonte… Il dolore che si mostra in ogni muscolo e in ogni tendinedel corpo…non si esprime affatto con segni di rabbia nel volto o nell’atteggiamento. Il Laocoonte non grida orribilmente come nel canto di Virgilio…Laocoonte soffre; ma soffre come il Filottete di Sofocle: il suo patire ci tocca il cuore, ma noi desidereremmo poter sopportare il dolore come quest’uomo sublime lo sopporta”. Il verso incriminato di Virgilio è “clamores simul horrendos ad sidera tollit” (Eneide, II, 222), nello stesso tempo lancia grida orrende alle stelle.
[18] J. J. Winckelmann, Pensieri sull'imitazione dell'arte greca (del 1755), p. 29-30 e p. 32.
[19] S. Settis, Futuro del 'classico' , p. 48.
[20] Zibaldone, 1411-1412.
[21] Parerga e paralipomena p.210, vol.I
[22] Cicerone, De officiis, I, 130.
[23] Composta di due strofe saffiche. I primi tre libri delle Odi di Orazio furono pubblicati nel 23 a. C.
[24] A. La Penna (a cura di) Orazio, Le Opere, Antologia, p. 268.
[25] Il metro di questa ode è la strofe asclepiadea quarta.
[26]G. B. Conte, Scriptorium Classicum 3, p. 22.
[27]F. Nietzsche, Considerazioni inattuali III, Schopenhauer come educatore , p. 173

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