NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 3 febbraio 2019

Le nozze in Euripide


A proposito di nozze. Molti insegnanti di greco e latino - quorum ego, felicemente - non si sposano


Nell’Elettra di Euripide , Egisto ha dato in moglie la principessa Elettra figlia di Agamennone a un contadino. La ragazza vive in una casa tra i monti dell’Argolide.
Oreste che ha riconosciuto la sorella ma non è stato ancora riconosciuto da lei, le domanda: per quale motivo abiti qui lontano dalla città?- a[stew" ejkav" ; 246[1]
Elettra rivela il suo qanavsimon gavmon, il matrimonio che ha fatto morire il suo rango di principessa (247).
Mi viene da commiserare tuo fratello (w[mwxa aor da oijmwvzw) fa Oreste,  poi  le domanda se quel marito sia almeno un miceneo
Sì. Ma non quello cui il padre sperava di darmi ( cioè Castore), risponde la ragazza, poi indica la casa dove abita lontana da tutto – thloro;" naivw 25 th'le - o{ro". Ai confini del mondo. Con questo aggettivo Elettra vuole significare di nuovo la propria desolazione,
Oreste conferma: skafeuv" ti" h] bouforbo;" a[xio" dovmwn (252), uno zappatore  (skavptw) o un bovaro (bou'" e fevrbw, nutro) sarebbe degno di tale casa.
Elettra ribatte che quell’uomo è povero ma nobile e rispettoso verso di lei - pevnh" ajnh;r gennai'"  e[" t e[m j eujsebhv" ( 253) Un verso chiave nell’opera euripidea.
Oreste domanda quale tipo rispetto nei confronti di lei pertiene al suo sposo
Non ha mai osato toccare il mio letto oujpwvpot  eujnh'" th'" ejmh'" e[tlh qigei'n (255).

Il fratello domanda se il marito abbia in mente una castità  di tipo religios0- a[gneum j  qei'on o disdegni la sposa-h[ sj ajpaxiw'n (256)
No, è un fatto di u{bri" evitata: non riteneva giusto uJbrivzein i miei genitori (257) risponde Elettra. E’ una forma di u{bri" classista.
Teognide ne denuncia la sparizione.
Vediamo qualche verso della Silloge (183-192):
"I montoni e gli asini noi li cerchiamo, o Cirno, e pure i cavalli
di razza buona, e ciascuno vuole che derivino
da procreatori buoni; invece di sposare una donna ignobile, figlia di padre ignobile non si preoccupa
l'uomo nobile, se gli dà molto denaro.
Né una donna sdegna di essere la sposa di un plebeo - oujde; gunh, kakou' ajndro" ajnaivnetai ei\nai a[koiti" purché ricco, anzi lo preferisce facoltoso piuttosto che nobile.
Onorano il denaro (crhvmata me;n timw'si): e un nobile sposa la figlia di un plebeo e un plebeo quella di un nobile: la ricchezza ha mescolato le stirpi./ plou'to~ e[meixe gevno~
Allora non meravigliarti, Cirno, che la razza dei cittadini/
si oscuri: infatti la nobiltà si mescola con la plebe". su;n ga;r mivsgetai ejsqla; kakoi'~.
 Oreste  domanda come mai lo zappatore non è contento oujc h{sqh di un matrimonio che lo eleva
Ritiene chi mi ha dato in sposa to;n dovnta, uno (Egisto) non padrone,  ouj  kuvrion- di farlo.
 Non c’è la padronanza della donna sulle proprie scelte.

A proposito di letti non armonizzati
Rileggiamo questi versi del secondo stasimo della Medea di Euripide
Prima strofe (vv. 627-635)
Gli Amori che oltrepassano l'eccesso - e[rwte" uJpe;r me;n a[gan- non procurano
buona reputazione né virtù agli uomini: ma se Cipride
giungesse
con moderazione (a[li") , nessun'altra dea sarebbe così gradevole.
Non scagliare mai, o signora, contro di me dal tuo arco d'oro
il tuo dardo inevitabile dopo averlo intinto nel desiderio.

Prima antistrofe (vv. 636-644)
Mi abbia cara castità- swfrosuvna (635), il più bel dono
degli dèi;
né mai Cipride tremenda mi scagli addosso le ire della discordia
e contese insaziabili, sconvolgendomi l'animo  qumo;n ejkplhvxas j
per talami altrui - ejtevroi" ejpi; levktroi" - ma onorando i letti senza conflitti
giudichi con mente acuta le unioni delle donne.

Del resto secondo Euripide le nozze non funzionano mai

Queste sono parole che concludono il I Stasimo dell’Alcesti:
"non dirò mai  che le nozze rechino gioia
più che dolore , congetturandolo
dalle storie del passato e osservando
queste sventure del re, che, perduta
questa moglie ottima-ajrivstan gunai'ka-, d'ora in avanti
vivrà una vita non vita"(vv 238-243)

Admeto che, sebbene re, è un miserabile,  ha chiesto alla propria sposa di morire al posto suo, tuttavia, dopo che l’ha vista morta, siccome è pure imbecille,  dice di essere inconsolabile: non trae conforto neppure dal bene che c'è stato tra lui e Alcesti, neanche dai figli avuti da lei:
" Dei mortali invidio quelli senza nozze né figli: zelw' d j ajgavmou" ajtevknou" te brotw'n
infatti hanno una sola vita, e soffrire per questa
è un peso moderato - mevtrion a[cqo".
Ma vedere le malattie dei figli
e il letto nuziale reso vedovo dai colpi della morte
 non è sopportabile quando è possibile vivere
sempre senza moglie e senza figli ejxo;n ajtevknou"-ajgavmou"  t j ei\nai dia; pantov". (Alcesti, 882-888)-

Conclusione
Per fare questa scelta è necessaria la capacità rarissima di stare soli. Magari conoscendo “meravigliosamente” decine di amanti, ma vivendo strutturalmente soli.
I più non ne sono capaci. I più sono funzionari della specie e vivono solo per mangiare e riprodursi. Senza contare  quelli che si sposano, intendo fanno matrimoni eterosessuali, perché rimanga nascosta, magari perfino a se stessi, la loro omosessualità
Bologna 4 gennaio 2019  giovanni ghiselli
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[1] Secondo Valgimigli (op. cit., p. 41) "a[stu è la città propriamente detta, la città nel suo centro, con reggia templi fortificazioni; povli" è il complesso dell'abitato, fino nei sobborghi, gai'a, e più specificamente dh'mo" (cfr. 3) è il territorio". In effetti con la radice ajstu- si forma ajstei'o" ,  "cittadino" che, contrapposto ad a[groiko", "rozzo", viene a significare anche  "urbano, elegante, cortese"- In effetti nel Simposio di Platone 172a a[stu è opposta al Pireo e al Falero.

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