Euripide, Baccanti Primo
episodio vv. 215-225.
Parla
Penteo , il tenebroso puritano (the dark puritan,
Dodds, Euripides Bacchae, p. 97)
Traduco
questi versi e commento gli ultimi cinque
Presenterò
questa tragedia di Euripide a Faenza e a Perugia, nel mese di marzo
Mentre
mi trovavo a essere lontano da questa terra, 215
sento
dire di nuovi mali che incombono su questa città,
che
le donne nostre hanno abbandonato le case
per
baccanali finti, e che negli ombrosi
monti
vagano frenetiche, onorando con danze
il
demone appena arrivato, Dioniso, chiunque egli
sia;
e
che crateri pieni stanno in mezzo
alle
congreghe, e che appartandosi in solitudine,
una
qua una là, prestano servizio ai letti dei maschi,
pretestuosamente
come Menadi celebranti,
ma
è Afrodite che preferiscono a Bacco. 225
Una
riflessione sugli effetti erogeni del vino si trova ne L'asino
d'oro di Apuleio.
Il curiosus protagonista
Lucio, preparandosi a un incontro amoroso con l'ancella
Fotide, ricevuta in dono un'anfora di prezioso vino invecchiato, vini
cadum in aetate pretiosi, invita
l'amante a bere insieme il liquido di Bacco elogiandolo come il
miglior viatico per percorrere una lunga rotta sulla barca di
Venere:"Ecce-inquam,-Veneris
hortator et armĭger Liber advenit ultro! Vinum istud hodie
sorbamus omne, quod nobis restinguat pudoris ignaviam et alacrem
vigorem libidinis incutiat. Hac enim sitarchĭa navigium Veneris
indĭget sola, ut in nocte pervigili et oleo lucerna et vino calix
abundet " (II,
11), ecco, dico, che stimolatore e armigero di Venere arriva Libero
spontaneamente ! Beviamocelo tutto oggi questo vino che spenga in noi
la viltà del pudore e susciti un focoso vigore di libidine. In
effetti la barca di Venere ha bisogno soltanto di questo
approvvigionamento in modo che, durante la notte di veglia, la
lucerna sia piena d'olio e la coppa di vino.
Liber viene
interpretato quale dio gioioso anche da Tacito che contrappone i riti
bacchici a quelli dei Giudei: “ Quippe
Liber festos laetosque ritus posuit, Iudaerom mos absurdus
sordidusque” (Historiae,
V, 5), certamente da noi Libero ha istituito riti festosi e lieti,
mentre il costume dei Giudei è sgradevole e sporco.
Il
nesso vino-Venere viene ricordato controvoglia da Leena, la vecchia
ubriaca del Curculio di Plauto che deve
offrire un goccio del suo tesoro liquido, com'è consuetudine, alla
dea dell'amore:"Venus, de paullo paullulum hic tibi dabo hau
lubenter./ Nam tibi amantes propitiantes vinum dant potantes/omnes…"
(vv. 123-125), Venere, del poco che c'è qui darò un pochino a te
non volentieri. Infatti tutti gli amanti facendo un brindisi ti
offrono del vino per propiziarti.
Il
portiere del castello di Macbeth, una specie di portiere
dell'inferno come ipotizza di essere con ironia sofoclea[1],
disquisisce, intorno agli effetti del bere sulla libidine:
la provoca e la disfa; provoca il desiderio ma ne porta via
l'esecuzione. "
Therefore, much drink may be said to be an equivocator with
lechery ",
perciò bere molto si può denominare colui che rende equivoca la
lascivia: la crea e la distrugge; la spinge innanzi e la tira
indietro; la persuade e la scoraggia; "makes
him stand to, and not stand to", la
mette in piedi e non la tiene su, insomma la equivoca col sonno e
dandole una smentita la pianta (Shakespeare, Macbeth,
II, 3).
Secondo Leopardi,
il vino può essere uno stimolante anche per l’intelligenza: “Il
vino (ed anche il tabacco e simili cose) e tutto ciò che produce uno
straordinario vigore o del corpo tutto o della testa, non pur giova
all’immaginazione, ma eziandio all’intelletto, ed all’ingegno
generalmente, alla facoltà di ragionare, di pensare, e di trovar
delle verità ragionando (come ho provato più volte per esperienza)
all’inventiva ec.”[2]
Euripide
aveva fama di denunciare, tra gli altri difetti delle donne,
l’ubriachezza. Sentiamo come se ne lamenta una
nelle Tesmoforiazuse:
“pou` d’ oujci;
diabevblhc j, o{pouper e[mbracu-eijsi;n qeatai; kai; tragw/doi; kai;
coroiv,-ta;~ moicotrovpou~, ta;~ ajndrerastriva~ kalw`n,-ta;~
oijnopivpa~, ta;~ prodovtida~, ta;~ lavlou~,-ta;~ oujde;n uJgiev~,
ta;~ mevg j ajndravsin kakovn ;” (vv. 390-394), dove
non ci ha calunniato (Euripide) , dovunque ci siano un po’ di
spettatori e poeti tragici e cori, chiamandoci le inclini
all’adulterio, le amanti degli uomini, le ubriacone, le traditrici,
le chiacchierone, le nulla di buono, quelle che sono un grande male
per gli uomini?
[1] Egli
esordisce dicendo: questo si chiama bussare per davvero! Se un uomo
fosse portiere dell'inferno (if
a man were porter of hell-gate)
avrebbe l'abitudine antica di girare la chiave (II, 3). Non
"possiamo fare a meno di sentire che nel far finta di essere il
portiere dell'inferno egli è terribilmente vicino alla verità"
(Bradley, op. cit., p. 424).
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