Afrodite al bagno con Eros, II sec. d.C. |
Afrodite e suo figlio Eros sono invincibili
Amore calunniato e riabilitato
Il primo stasimo cantato da donne trezenie canta con sgomento la necessità
di venerare Eros, il tiranno degli uomini (tuvrannon ajndrw'n, v. 538) che distrugge (Ippolito, pevrqonta, v. 541) e incede in mezzo a sventure di ogni tipo (dia;
pavsa~-ijovnta sumfora'~, 541-542).
La madre Cipride non è da meno: ella uccise la madre di Bacco con folgore
fiammeggiante e dovunque spira terribile (deina; ga;r panta'/ potipnei') e continua a volare come un’ape (mevlissa d’ oi{a ti" pepovtatai [1], vv. 563-564).
Cipride dunque punge. Al v. 556 Kuvpri"
e[rpei, si insinua.
Nella Fedra di Seneca la figlia di Pasife, innamorata del proprio figliastro, cerca di
giustificarsi con la nutrice denunciando l’onnipotenza del dio alato Amore cui
soggiacciono gli stessi dèi maggiori poiché egli è alato e ha un potere senza
freni in ogni parte del mondo: “Hic volǔcer omni pollet in terra impŏtens (v.
186) e vola parimenti opprimente nel cielo e sulla terra : “volitat caelo
pariter et terra gravis” (v. 194).
La potenza sconvolgente di Eros
Cfr. Sofocle (Antigone) Terzo Stasimo, vv. 781-800.
E' un inno a Eros, invincibile in guerra, capace di abbattersi sulle
ricchezze e di riposare sulle morbide guance delle ragazze. Egli è in movimento
sul mare e nelle dimore agresti; è inevitabile da parte dei mortali e degli
immortali che vengono resi folli da lui. Amore può traviare le menti dei giusti
e renderle ingiuste, può spingere i consanguinei alla contesa, quando il
desiderio degli occhi di una fanciulla detta legge, poiché in quella luce c'è
qualche cosa di divino.
vv. 781-790. Strofe.
Eros invincibile in battaglia,/Eros che sulle ricchezze ti abbatti,/che
nelle morbide guance/della fanciulla trascorri la notte,/vai e vieni tanto sul
mare quanto/nelle agresti dimore:/e degli immortali nessuno ti sfugge/né degli
uomini effimeri;/ma chi ti possiede è
impazzito- oJ
d j e[cwn mevmhnen (790).
Apollonio Rodio lo chiama addirittura il dio del
dolore
L'infelicità è connessa all'amore prima ancora che questo si
realizzi: quando la fanciulla Medea si avvia incontro a Giasone, che
è stato salvato da lei e le ha promesso le nozze, la Luna la osserva e, con parole ambigue tra la simpatia e il
dispetto, le dice: il dio del dolore ("daivmwn ajlginovei"", Argonautiche, 4, v. 64) ti ha dato il penoso Giasone
per la tua sofferenza. Va' allora e preparati in ogni modo a
sopportare, per quanto sapiente tu sia, il dolore luttuoso.
"Eros si associa a Eris, Lotta, quella Eris che Esiodo, nelle Opere
e Giorni , colloca "alle radici della terra" (v. 19)"[2].
Anche nel grande amore di Anna
Karenina e Vronskij a un certo punto entra la cattiva
Eris, ossia lo spirito della competizione distruttiva dovuta al fatto che lui
era in allarme per la propria autonomia minacciata dall'amante; ella a sua
volta:" sentì che, a fianco dell'amore che li univa, fra loro si era insediato un certo malvagio
spirito di dissidio e che lei non poteva scacciarlo dal cuore di
lui, né, ancor meno, dal proprio"[3]. Perfino le espressioni di approvazione diventano sospette e allarmanti
quando l'amore, in uno solo dei due, è in fase calante:" C'era qualcosa di
offensivo nel fatto che egli avesse detto:"Questo sì che va bene",
come si dice ai bambini quando smettono di fare i capricci; e ancor più
offensivo era quel contrasto fra il tono di colpa che aveva lei e quello sicuro
di sé di lui: e per un istante Anna sentì sollevarsi dentro di sé il desiderio
di lotta; ma, fatto uno sforzo su se stessa, lo soffocò e accolse Vrònskij con
la stessa allegria di prima" (p. 746). Tuttavia la simulazione non
regge:" anche sapendo che si rovinava, non poté non fargli vedere quanto
lui avesse torto, non poteva sottomettersi" (p. 747),
Capita spesso, quasi sempre purtroppo, che gli amanti diventino nemici.
Vediamo una una riabilitazione rispetto alle
tante calunnie dei detrattori di Eros.
il discorso di Agatone nel Simposio platonico (194 e 4-197 e 8). dove c’è una rivalutazione
del dio calunniato da molti poeti
Agatone parla dopo Fedro, Pausania, Erissimaco, Aristofane. Dopo di
lui Socrate poi Alcibiade.
Amore come concordia, pace, delicatezza felicità, stenebramento, arte,
virtù in tutte le sue forme (coraggio, temperanza, giustizia)
Amore è il più bello e nobile
tra gli dèi. E' anche il più giovane: infatti fugge di corsa la
vecchiaia. Egli genera concordia:
e se ci fosse stato lui nei tempi primordiali non ci sarebbero state
amputazioni né incatenamenti :" ejktomai; oujde; desmoiv"(195c).
Amore è delicato (aJpalov"), ma gli manca un poeta come Omero che rappresenti la sua delicatezza.
Egli si insedia nelle anime delicate, mentre si allontana dalle anime
dure. Inoltre è bello e cerca
bellezza: infatti tra amore e bruttezza c'è una guerra
continua. Passa la sua esistenza in mezzo ai fiori. La sua virtù sta
nel fatto che il dio non fa e non
riceve torti (ou[t j ajdikei'
ou[t j ajdikei'tai). Oltre che di giustizia è dotato di
somma temperanza (196c):
infatti, essendo più forte di tutti gli altri piaceri e istinti, li
domina. Quanto a coraggio,
neppure Ares resiste ad amore.
Inoltre Eros rende poeta chi lo prova. Amore insegna tutte le
arti. Ciò che amore non tocca
rimane nella tenebra (Simposio, skoteinov" 197a). Dall'amore della bellezza ha preso origine ogni cosa buona fra gli dèi e
fra gli uomini. Egli ci vuota di ogni ostilità e ci riempie di ogni fratellanza e "prepara tali incontri tra noi per
metterci insieme e diventa nostra guida nelle feste, nei cori, nei sacrifici"
(197d), ispira mitezza, è timoniere, compagno e salvatore supremo nella fatica,
nella paura, nel desiderio, nella parola (197e).
Sembra che Agatone sia in procinto di anticipare la canzone di Cherubino (Le
nozze di Figaro, II, 3) “Voi che sapete/che cosa è amor/ donne, vedete/s’io
l’ho nel cor”
Nessun commento:
Posta un commento