Scrivo sul film Il
primo re. Anzi voglio commentare una recensione apparsa nel domenicale
del 3 febbraio di “Il sole 24 0re” (p. 29) a firma Roberto Escobar che
accredita il film di “sapienza narrativa” e di “una forza espressiva da tempo
ignote al nostro cinema”. In genere le recensioni di questo critico sono
accettabili, talora anche pregevoli. Ma questa volta deve essere entrata in
gioco una forma di simpatia per il regista che ha offuscato la vista mentale di
Escobar. Il pezzo inizia con una citazione imprecisa di alcune parole del De officiis di Cicerone.
Mettiamola a confronto con il
testo latino.
“Il potere non si condivide,
scrive Cicerone nel De officiis, ‘Per
assicurarsi ciò che gli sembrava utile’ prosegue da politico raffinato, un
figlio di Rea Silvia uccise l’altro, e
il suo gesto fu ‘un crimine (…) con rispetto di Quirino e di Romolo’ ” Queste sono le parole di Escobar.
Il testo latino è nel De Officiis III, 10, 41. Già questa
indicazione precisa manca. Come è carente la fedeltà della traduzione
Il contesto del brano ciceroniano
sostiene che un’azione per essere
davvero utile deve essere anche onesta, come fu quella di Bruto Maggiore
che invitò il collega Collatino a dimettersi dal potere consolare. “Itaque utilitas valuit propter honestatem,
sine qua ne utilitas quidem esse potuisset” (40) Questa è la premessa.
Escobar afferma che Cicerone scrive “il potere non si condivide”. Non so se da
qualche parte lo abbia davvero scritto l’Arpinate, non sono specializzato in
Cicerone. Nel passo in questione tali parole comunque non ci sono.
In ogni caso per indicare la
fonte di questo assioma politico avrei usato Lucano omnisque
potestas- impatiens consortis erit (Pharsalia
I, 91-92) e , ancora più precisamente, Tacito che lo segnala tra gli arcana
domus: “eam condicionem esse
imperandi ut non aliter ratio constet quam si uni reddatur” (Annales, I, 6).
Vediamo dunque le parole del De Officiis III, 10, 41 “tradotte” da Escobar: “At in eo rege, qui urbem condidit, non item;
species enim utilitatis animum pepulit eius, cui cum visum esset utilius solum
quam cum altero regnare , fratrem interemit. Omisit hic et pietatem et
humanitatem, ut id, quod utile videbatur, neque erat, assequi posset, et tamen
muri causam opposuit, speciem honestatis, nec probabilem nec sane idoneam. Peccavit igitur, pace vel Quirini vel Romuli dixerim”.
Mi sembra che Escobar raffazzonando una traduzione per
niente perspicua del chiarissimo passo Ciceroniano, voglia nascondere o
minimizzare la condanna di questo arcanum imperii o domus, segreto del potere o del palazzo che Cicerone disapprova
sostenendo che l’utile vero deve essere anche onesto. L’autore del De officiis chiarisce molto bene questo
pensiero. Il recensore del Sole, è vero, usa la parola “crimine” ma la
inserisce quasi di sfuggita in un elogio della grandezza e della bellezza del
film che invece a parer mio manca esso pure di chiarezza come altresì di pregi
estetici, di serietà storica e non saprei dire se filologica poiché le parole
parlate comparivano nei sottotitoli tradotte e se ne udivano assai poche
siccome bofonchiate in mezzo a rumori infernali provocati da continue violenze
prive non solo di humanitas e di pietas ma per lo più di qualsiasi
ragione se non quella di assecondare il sadismo oggi di moda.
giovanni ghiselli
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