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lunedì 25 febbraio 2019

Le "Troiane" di Euripide. Introduzione. Parte 5

Giuseppe Maria Crespi
Ecuba acceca Polimestore

Le Troiane di Euripide (415 a. C.)


Parte 5

Quindi entra Cassandra (Troiane, 307 ss.) con una torcia in mano. Il fuoco dovrebbe illuminare le sue nozze.
E’ un fuoco che brilla senza fumo.

 Il fumo è di cattivo auspicio come nell’Asino d’oro alle nozze di Psiche e, nelle Metamorfosi di Ovidio, durante le nozze di Orfeo e Euridice dove la fiaccola è stridula lacrimoso fumo (X, 6) sibilante con un fumo che fa piangere.

Per questo connubio di Cassandra invece non c’è fumo, e la principessa troiana consacra la luce, oltre che a Imeneo, a Ecate per le nozze verginali, come vuole il rito.

Ecate è maestra di Medea e anche delle streghe del Macbeth: “I the mistress of your charms” (III, 5), io la signora dei vostri incantesimi.

Il trionfo di queste nozze coatte, il buon esito preconizzato dal brillare della fiamma, sarà dato dall’uccisione di Agamennone, l’antifestino durante il quale il sangue cadrà nel vino: “cruor Baccho incĭdet” (Seneca, Troiane, v. 866).

Cassandra non ha ancora deposto il suo ruolo di sacerdotessa: “oJ coro;~[1] o{sio~” (v. 328), la danza è sacra,
La principessa troiana invita anche la madre a danzare.


 L’invasamento religioso infatti può spingere all’estasi mistica pure i vecchi, come Cadmo e Tiresia nelle Baccanti: “polia; xunwriv~, ajll j o{mw~ coreutevon” (v. 324), coppia canuta, ma comunque si deve danzare, dice Tiresia.

Ecuba invece qualifica come lugravn (v. 344) “lacrimevole”[2], la fiamma agitata da Cassandra e vorrebbe che le venisse tolta.
Ma la figlia insiste nel dire alla madre che deve essere contenta (cai`re, 353 - cavrma, gioia) per le sue nozze regali che saranno funeste per Agamennone. Troia insomma è più felice dei Greci.
Agamennone ha già ucciso una figlia per riprendere Elena, l’adultera consenziente (eJkouvsh~, v. 372). I Greci hanno fatto una guerra aggressiva e sono morti in terra straniera. I Troiani invece morivano uJpe;r pavtra~ to; kavlliston klevo~ (v. 387), in difesa della patria, la gloria più bella.


 E’ l’unico auspicio riconosciuto come valido da Ettore: ajmuvnesqai peri; pavtra~ (Iliade, XII, 243), difendere la patria.

Le cose turpi è meglio tacerle: “siga`n a[meinon taj/scrav”, v. 384).
E’ l’aposiopesi imposta dal pudore della ragazza sacerdotessa che non vuole ricordare l’adulterio.
I morti troiani avevano l’abbraccio della terra peribola;~ ei\con cqonov~ (v. 389) e le esequie fatte dai familiari.
Ettore è morto quale a[risto~ ajnhvr (v. 395).

Cfr. “E tu onor di pianti Ettore avrai”, Foscolo, Sepolcri, 392.

Senza guerra, Ettore sarebbe rimasto un uomo oscuro (397)
Paride poi ha sposato la figlia di Zeus. Comunque chi ha senno deve evitare la guerra: “feuvgein me;n ou\n crh; povlemon o{sti~ eu\ fronei”', v.400.
Echeggia il v.95.: "mw'ro" de; qnhtw'n o{sti" ejkporqei' povlei", è stolto tra i mortali chi distrugge le città.

Ma se la guerra c’è, allora è una gloria non vergognosa morire nobilmente per la patria stevfano" oujk aijscro;" povlei - kalw`~ ojlevsqai (v. 402), mentre è infamante morire non nobilmente mh; kalw`~ de; duskleev", v. 402).

Morire nella bellezza
Cfr. Antigone (97): la ragazza dice che non soffrirà niente di tanto grave da non morire nella bellezza.
 Cfr. Ecuba (378) dove Polissena dice che vivere senza bellezza è una grande fatica (v. 378).
In Plutarco (Vita di Antonio) e Shakespeare (Antonio e Cleopatra), il suicidio della regina di Egitto viene approvato dall’ancella Carmiana: “it is well done and fitting for a princess - descended of so many royal Kings. Ah soldier! (5, 2).

Comunque Cassandra sarà il demone vendicatore di Troia i cui nemici verranno distrutti da lei con le sue nozze (405).
Taltibio commenta con il suo buon senso: io sono un povero (pevnh~ me;n eijm j ejgwv , 415), ma non mi sarei mai procurato un letto del genere. Agamennone, il più potente dei Greci, si è assoggettato all’amore di questa menade, dopo averla scelta.
Cassandra gli dà del servo tremendo (deino;~ oJ lavtri~[3], v. 424).

Contro gli araldi
Si chiamano araldi (khvruke~, 425), dice ancora Cassandra, ma sono servi uJphrevtai dei tiranni e della città 426.

Gli araldi sono malvisti da Euripide. Nelle Supplici, Teseo giudica male Le madri che danno da mangiare ai figli fino a farli diventare obesi sono come Circe - hJ suw'n morfwvtria, Troiane, 437) che dava agli uomini la forma di porci
Andrebbero punite molto severamente. E' un attentato alla salute e alla bellezza; l’araldo di Creonte (komyov~[4], g j oJ kh`rux kai; parergavth~ lovgwn, v. 426), è sottile l’araldo e artefice di discorsi spropositati.

Quanto al disgraziato (duvsthno~, Troiane 431) Odisseo, egli non sa quali pene lo attendono al varco del dolore (oujk oi\d j oi|av nin mevnei paqei`n v. 431).

Euripide riutilizza un’espressione usata dalla Cassandra di Eschilo che parla contro Agamennone nella prima tragedia dell’Orestea (oujk oi\den oi|a v. 1228): non sa quali mali la lingua dell’odiosa cagna, leccando e tirando in lungo come accecamento nascosto, apparecchierà per la mala sorte 1228 - 1230).
Cassandra pre - vede le peripezie di Odisseo: Cariddi (Odissea XII), il Ciclope (IX) wjmobrwv~ t j ojreibavth~ (Troiane, 436) che mangia la carne cruda e vaga per le montagne.

Sono abitudini che Euripide attribuirà anche alle baccanti nella sua ultima tragedia.

Quindi vengono menzionati Circe (X), hJ suw`n morfwvtria (v. 437) che dà la forma di porci
Le madri che danno da mangiare ai figli fino a farli diventare obesi sono come Circe - hJ suw'n morfwvtria, Troiane, 43 - morfovw do la forma) che dava agli uomini la forma di porci
Andrebbero punite molto severamente. E' un attentato alla salute e alla bellezza.
 Quindi i naufràgi di Odisseo, gli amori del loto (IX), la droga che fa perdere l’identità, le vacche sacre del sole (XII) dalla carne vociante (muggiva) amara voce per Odisseo pikra;n gh`run 440 - 441.
Poi l’evocazione dei morti e la lotta finale con i proci.
Sono i polla; a[lgea annunciati nel primo canto dell’Odissea (v. 4).
Poi Cassandra profetizza la morte di Agamennone, un farabutto sarai sepolto da farabutto (kako;~ kakw`~ tafhvsh/, v. 446) di notte, non di giorno.

Nelle Troiane di Seneca, Agamennone invece è un personaggio positivo, un saggio che non vuole eccidi né sacrifici umani.
Stamus hoc Danai loco, - unde illa (Troia) cecidit (265 - 266).
Pirro invece è furibondo e vuole ad ogni costo la morte di Polissena. Molto diverso dal Neottolemo del filottete.
C’è la pauta del ritorno del Caos
Il Coro esclude la sopravvivenza dopo la vita: tempus nos avidum devǒrat et Chaos (400).
Il tempo in Shakespeare: è il cormorano che ci divora (Shakespeare. L. L. lost.)
Quindi Pericle principe di Tiro: “Il tempo, il re degli uomini, è insieme il loro padre e la loro tomba (he ‘s both teir parent and he is their grave (II, 3)

 Quanto a se stessa, Cassandra antivede che sarà gettata via nuda, in pasto alle belve. Poi la sacerdotessa getta le bende, ornamento dell’estasi; w\ stevfh caivret j (Troiane, 450 - 451).
Cassandra sarà una delle tre Erinni (457) che distruggerà Agamennone.

 Aletto, Tisifone, Megera nella città di Dite, Dante Inferno IX canto VI cerchio: “tre furie infernal di sangue tinte, - che membra femminine avìeno e atto - e con idre verdissime eran cinte, 38 - 40. Sono “le meschine - della regina dell’etterno pianto (43 - 44). “Guarda - mi disse - le feroci Erine. - Questa è Megera dal sinistro canto; - quella che piange dal destro è Aletto; - Tesifone è nel mezzo”; e tacque a tanto” (45 - 48). Chi parla è, ovviamente, Virgilio.

Cassandra giungerà vittoriosa tra i morti dopo avere sconfitto gli Atridi.

Ecuba che soffre pene degne di cadute ptwmavtwn a[xia (v. 468), sta distesa a terra e invoca gli dèi anche se sono cattivi alleati poiché farlo ha comunque una sua bellezza (sch`ma, v. 470) quando ci prende una sorte sventurata.
E’ una forma di test sulla misericordia degli dèi. Ecuba era una donna fortunata per tutti i suoi privilegi e ora andrà schiava. Questo cambiamento è dovuto alle nozze di una sola donna (498).

Dei felici nessuno bisogna considerare di buona sorte prima che sia morto (tw'n d j eujdaimovnwn - mhdevna nomizet j eujtucei'n pri;n a]n qavnh/ 509 - 510) Così Ecuba conclude il I Episodio

Il messo che nella Medea di Euripide ha narrato la morte atroce di Glauce e Creonte, ossia della sposa e del suocero di Giasone, dice (vv. 1228 - 1230): θνητῶν γὰρ οὐδείς ἐστιν εὐδαίμων ἀνήρ· / ὄλβου δ’ ἐπιρρυέντος εὐτυχέστερος / ἄλλου γένοιτ’ ἂν ἄλλος, εὐδαίμων δ’ ἂν οὔ, “nessuno infatti tra i mortali è un uomo felice: quando passa un’ondata di prosperità, uno può diventare più fortunato di un altro, ma felice nessuno.
Nessuno dunque è felice né fortunato del tutto.
Una massima presente in Erodoto (I, 32) nell’Andromaca (100 - 102) nelle Trachinie, nell’Edipo re (1528 - 1530).


CONTINUA


[1] Coreografia: ideazione di una danza; corografia invece da cwvra, “regione”, descrizione di una regione.
[2] Cfr. lugeo, lugubris, luctus. 
[3] latreiva è un servizio che può essere reso a Dio hJ logikh; latreiva è il culto spirituale Romani, 12, 1. rationabile obsequium Paolo chiede una trasformazione con una renovatio mentis - transformamini renovatione mentis
[4] Komyav scaltre sono pure le qhleiw`n e[ph le chiacchiere di donne che Andromaca non lasciava entrare in casa (Troiane, 651). Nelle Rane di Aristofane, il personaggio di Euripide dice di avere allevato discepoli come Qhramevnh~ oJ komyov~ (v. 968), lo scaltro Teramene. komyeiva, eleganza. kovmh, chioma. Komavw ho i capelli lunghi. Coma, comatus, chioma, cometa (komhvth~).

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