Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, Elena e Menelao |
La donna qui non è
causa della guerra, come Elena di Troia nell’Agamennone di Eschilo (458) o nelle Troiane di Euripide (415), bensì fautrice della pace attraverso lo
sciopero del sesso.
Interessanti in
questa commedia sono anche motivi femministici ante litteram.
L’ateniese Cleonice
afferma, come già la Medea
di Euripide, che per le donne è difficile uscire di casa (v. 16), mentre
l’ideatrice Lisistrata dichiara che la salvezza dell'intera Ellade è nelle loro
mani di loro che sono donne (vv. 29 - 30). Al progetto collaborano la spartana
Lampitò, una tebana e una corinzia.
La parola d'ordine
è:"dobbiamo astenerci dal bischero" (v.124).
Il giuramento:
"nessuno mai, né amante né marito" (vv. 212 - 213). Lisistrata
rinfaccia al Probùlo intervenuto il tributo di dolore, solitudine e lacrime
pagato dalle donne durante le guerre.
Il Coro è diviso in
due: le vecchie difendono le donne e i vecchi le attaccano:"non c'è belva
più indomabile della donna, nemmeno il fuoco, e nessuna pantera è così
impudente" (vv. 1014 - 1015).
Alla fine prevalgono le ragioni della solidarietà e
dell'istinto: nessun regime e nessuna guerra potrà mai sciogliere il vincolo
naturale che allaccia femmine e maschi né annullare l'eterno richiamo dei
sessi.
Questi sono i motivi principali
Ma vediamo questa commedia nei particolari
Prologo 1 - 253
Lisistrata e Cleonice hanno le case sulla pendice nord
est dell’Acropoli. Le due donne ateniesi si incontrano.
Lisistrata è inquieta e Cleonice che va a trovarla le
chiede perché sia sconvolta - tiv suntetavraxai; (7).
Lisistrata è accigliata e l’amica le dice ouj ga;r prevpei soi
toxopoiei'n
ta;" ojfru'" (8) non ti si
addice arcuare le sopracciglia.
Lisistrata risponde che mentre le donne sono reputate
dagli uomini panou'rgoi (12) capaci di tutto, ora che lei le ha convocate per
decidere ouj peri;
fauvlou pravgmato" (14) su una faccenda di non poco conto, non sono venute.
Cleonice ribatte calephv toi gunaikw'n
e[xodo" (16) è difficile
per noi donne uscire. Infatti, spiega, una di noi deve stare china sul marito,
l'altra deve svegliare lo schiavo, l'altra mettere a letto il bambino, l’altra
lavarlo, l'altra imboccarlo (vv. 17 - 20).
Cfr. quanto dice la Medea di Euripide
E se con noi che ci
affatichiamo in questo con successo,
il coniuge convive,
sopportando il giogo non per forza,
la vita è invidiabile; se
no, bisogna morire.
Un uomo poi, quando gli pesa
stare insieme a quelli di casa,
uscito fuori, depone la noia
dal cuore 245
(volgendosi a un amico o a
un coetaneo);
per noi al contrario è
necessario mirare su una sola persona (Medea, 241 - 247).
Nella
Danae di Nevio[1]
leggiamo: Desubito famam tollunt, si quam
solam videre in via (fr. 6 Marmorale) se hanno visto una donna sola per
strada, la coprono subito di infamia.
Ma, ribatte
Lisistrata, ci sono cose più importanti per loro. Le donne (v. 20).
Cleonice domanda se
si tratta di un affare (pra'gma)
di qualche grandezza. Lisistrata risponde mevga.
E Cleonice, non senza malizia, “kai; pacuv;” e grosso?
Cleonice si
stupisce, dato l’affare grande e grosso, dell’assenza delle donne.
Si tratta di porre
termine alla guerra, spiega Lisistrata. Noi donne di Atene, con quelle di
Beozia e con quelle del Peloponneso, sostiene la protagonista, insieme
salveremo la Grecia
(koinh'/ swvsomen th;n JEllavda"[2] (v. 41).
Cleonice dubita che
le donne le quali se ne stanno dipinte come fiori - ejxhnqismevnai (43) e vestite di color zafferano e
imbellettate kekallwpismevnai, e indossano tuniche dritte, possano fare
qualcosa di intelligente
Ma replica
Lisistrata, io mi aspetto il successo proprio da questi mezzi: vesti color
zafferano (krokwtivdia) e profumi kai; ta; muvra, e scarpine peribarivde" e
rossetto (a[gcousa - anchusa
tinctoria dalle radici rosse) e diafanh' citwvnia, chitoni trasparenti (47 - 48).
Così gli uomini
smetteranno di correre alle armi e correranno a donne.
Cleonice vuole
subito imbellirsi. Ma altre non se ne vedono.
Poi però alcune
arrivano.
Mirrina si scusa:
nel buio ha durato fatica a trovare la cintura movli" ga;r hu\ron ejn skovtw/ to; zwvnion (72). Il nome della donna significa “piccolo
muvrto"”. Il mirto, sacro ad Afrodite simboleggia la
vagina, fichina dunque.
Arriva poi la
spartana Lampitò con una Beota e una Corinzia.
Lisistrata saluta
Lampitò con w\
filtavth Lavkaina (78) e le dice
che il suo corpo è bello e fiorente (wJ" eujcroei'" - wJ" de; sfrigga'/
to; sw'ma sou). Poi aggiunge:
potresti strangolare un toro (ka]n tau'ron a[gcoi", 80).
Lampitò risponde, lo
credo bene: gumnavddomai , faccio palestra io e salto sulle natiche poti; puga;n a{llomai.
Belle anche le tette
fa Lisistrata - wJ"
dh; kalo;n to; crh'ma tw'n titqw'n e[cei" (83).
Poi la caporiona
dice alla Beota che ha un kalo;n pedivon un bel campo.
La solita metafora
per vagina. Insomma le incoraggia.
Lampitò nota che la
beota è pure depilata paratetilmevnh - parativllw - th;n blhcwv, (blhcwv è un’erba aromatica (puleggio, varietà di
menta) che rimanda al pelo del pube). E’ depilata komyovtata, molto elegantemente.
Poi c’è la Corinzia di buona
famiglia come si vede dal sedere.
Lisistrata chiede
alle donne se non sentono la mancanza dei padri dei loro figli, padri assenti
per la guerra (tou;"
patevra" ouj poqei'te tou;" tw'n
paidivwn - ejpi; stratia'" ajpovnta"; 99 - 100). Uno è in Tracia, uno a Pilo, e lo spartano di Lampitò
imbraccia lo scudo anche per il poco tempo in cui sta in casa.
Lisistrata lamenta
anche la carenza di un ganzo (moicou',
107)
E nemmeno l’o[lisbo" si trova, il fallo di cuoio, di otto dita ojktwdavktulo" che le aiuti o{" h\n a]n hJmi'n skutivnh jpikouriva (110) che era per noi un soccorso di cuoio
110. Non si trovano più “da quando i Milesi ci hanno tradito” (108).
La defezione dei
Milesi provocata da Alcibiade nel 411 si legge in Tucidide (VIII, 17)
Lo scoliasta dice
che se ne servivano aiJ ch'rai gunai'ke", le donne vedove, e non solo loro.
Ritroviamo questo strumento di piacere triste
nel Mimiambo VI di Eroda (III secolo)[3]. Ci sono due donne che parlano: Metro chiede
a Coritto chi è che le ha cucito to;n kovkkinon baubw'na il fallo di cuoio scarlatto.
Questo artigiano
lavora in casa (kat
j oijkivhn ejrgazet j, 63) e
vende di nascosto (ejnpolevwn lavqrh/)
siccome oggi ogni porta rabbrividisce riguardo agli esattori: tou;" ga;r
telwvna" pa'sa nu'n quvrh frivssei (64).
Coritto le descrive
il calzolaio Cerdone falakro;", mikkov", calvo piccolino.
Ma è bravissimo a
fare questi strumenti: gli uomini non fanno diventare ou{tw" ojrqav così
dritti loro bischeri. (ta;
bavllia=tou;" fallouv").
E’
rigido e pure morbido come il sonno, ha rilegature di lana, non di cuoio. Non
c’è un altro calzolaio così provvido verso le donne. Dialetto ionico con
qualche mistura dorica e attica. Eroda come Menandro è conosciuto per i papiri
trovati in anni non tanto lontani (1891)
Il
metro è lo scazonte o coliambo, giambo zoppo.
Le donne greche si
trovano d’accordo nel voler porre fine alla guerra.
Lampitò salirebbe
sul Taigeto se da lassù potesse vedere la pace.
Lisistrata dice “se
vogliamo davvero la pace, noi donne dobbiamo astenerci dal bischero” - ajfekteva toivnun
ejsti;n hJmi'n tou' pevou"
(ajpevcw124). A queste parole le altre due piangono e
cambiano colore. Poi dicono oJ povlemo" ejrpevtw (129 - 130), continui pure la guerra.
Cleonice dice che
piuttosto camminerà in mezzo al fuoco: dia; tou' puro;" - ejqevlw badivzein. tou'to
ma'llon tou' pevou" (133 - 134)
questo è meglio della mancanza del bischero. Pure Mirrina rilutta.
Lampitò invece dice che è duro rimanere senza
glande, ma c’è bisogno della pace. Cleonice allora ci ripensa. Lisistrata
quindi istruisce le altre: dovranno aspettare i mariti con belle tuniche
trasparenti depilate nel pube devlta paratetilmevnai (151) e quando gli uomini avranno un’erezione stuvointo d’
a[ndre" (151) kajpiqumoi'en splekou'n e abbiano voglia di fottere noi ajpecoivmeqa, ci scostiamo. Allora faranno la pace.
Così Menelao quando
vide le tette di Elena nuda, gettò via la spada (Lisistrata, 155 - 156).
Nell’Andromaca di Euripide, Peleo rinfaccia a
Menelao che come vide il seno (masto;n)
di Elena,
gettata la spada, si è fatto baciare lusingando la cagna traditrice - prodovtin aijkavllwn
kuvna (629 - 630).
CONTINUA
[1]
270 - 201
[2]
Il 3 marzo del 2003 ho ricevuto questo messaggio dagli USA: "Oggi, in
almeno 600 città americane, leggeranno Lysistrata (non lo so come si scrive in
italiano) come una forma di lotta contro la guerra. Purtroppo non ho informazione
piu precise, la cosa e organizzata da un gruppo di femministe, l'ho sentita su
CNN. Tanti saluti. Agatha.
[3] Poeta del III secolo, forse di Cos dove si svolge
l'azione di almeno due mimi ( il II, il Lenone, e il IV, le donne che
sacrificano ad Asclepio). Questi mimi detti anche mimiambi sono scritti in
coliambi, giambi zoppi, usati già da Ipponatte(VI sec.). Sono otto, in dialetto
ionico. Il coliambo, detto anche scazonte, è uguale al giambo nei primi due
metri; nel terzo metro, all'ultimo piede, spezza la cadenza giambica
sostituendola con la trocaica. Si crea così una metabola e un ritmo che sembra
volere andare contro corrente come la poesia di Ipponatte ed Eroda. Snell, Poesia e società, 1965: Sono brevi scene
drammatiche paragonabili a quelle da cabaret. Ebbero giudizi favorevoli da parte
di chi interpretava i mimiambi nello spirito del naturalismo dominante quando
questi furono scoperti. Ma se Ibsen frugava nel fango, dietro c'era l'accusa
sociale. Qui non c'è traccia né di questa, né di ottimismo pedagogico. Quando
parlano il pornoboskov"
(II) o la mezzana Gillide (I) o lo skuteuv" (VII), in nessun punto appare che queste siano povere
creature degne di compassione: non sono brave persone impedite da dure
condizioni di vita, ma è gente inferiore per natura.
Particolarmente sgradevole è
il didavskalo"
(III) dove una madre insiste con il
maestro affinché picchi il figlio (cfr. invece Quintiliano: "Caedi vero discentes ...minime velim. Primum, quia deforme atque servile est et certe... iniuria
est". Institutio oratoria , I, 14). Quei colpi di bastone non fanno ridere come quelli di Tersite
o della commedia; essi suscitano solo disgusto. La madre vorrebbe che gli
venisse data un'educazione letteraria e dice:"scorticalo finché non
tramonta il sole, anche se è molto più screziato di una serpe". Sembra che
Eroda trovi più divertente e vivace la bruttura morale della rettitudine
insignificante. Eroda vorrebbe essere un secondo Ipponatte di Efeso che aveva
dato voce ad un mondo turpe e laido. I padri della chiesa anzi lo chiamavano la
lingua più laida della letteratura greca. Esprime miseria e
risentimento:"tenetemi il mantello; voglio dare un pugno a Bupalo
nell'occhio!". Eroda non ha fini etici, come del resto Teocrito e
Callimaco. I suoi personaggi non sono nemmeno odiosi, ma solo volgari e brutali.
Manca loro la cultura e l'arguzia dei personaggi teocritei. I mimiambi di Eroda
rivelano chiaramente una cosa: tutta l'affettazione erudito - sentimentale - intellettuale
dell'Ellenismo è un imbroglio. (cfr. Giovenale e Plinio il giovane). Egli
procede molto oltre Euripide nel distruggere le illusioni e nello smascherare i
valori. Per lui la vita è solo stupida e brutale e l'agire egoistico dei
personaggi è insensato. Già Eteocle nelle Fenicie
liquidava come chiacchiere le convenzioni morali e indicava l'unica realtà
autentica nella volontà di potenza (v. 524). Se infatti bisogna commettere
ingiustizia è bellissimo commetterla per il potere. Ma in Euripide c'è una
reazione: Tiresia al v. 867, sempre delle Fenicie
, dice che la terra è malata:"nosei' ga;r hJvde gh' pavlai". Gli uomini di Euripide, sebbene privati delle
illusioni, sapevano ancora come si dovrebbe essere. Aristofane negli Uccelli faceva credere che la vita
razionale e naturale sarebbe tornata, se fossero stati mandati via i
millantatori ajlazovne", i chiacchieroni, i ciarlatani, insomma le esistenze
deformi che una volta non si usavano nemmeno come farmakoiv. Forse Eroda vuole dire a Callimaco e Teocrito che
l'arte fine a se stessa è qualche cosa di artificiale. Menandro studia la
psicologia, Eroda l'istinto sessuale primitivo, la barbarie che non si eleva al
di sopra del livello ferino. Le possibilità della poesia greca erano esaurite
quando Eroda arrivò a tanto disgusto per l'uomo e a tanto scetticismo davanti
al raffinamento della vita. Dopo Eroda i Greci non trovarono nuove forme
essenziali.
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