Ibsen 1828 - 1906
Nasce con
lui la grande drammaturgia borghese che procede e si conclude con Cecov (1860 -
1904) e Pirandello.
L’ipocrisia
sociale si oppone a che si possa realizzare la vocazione individuale
L’anitra selvatica ferita (1884) e ridotta in cattività è il simbolo dell’eroe e
dell’eroina ibseniana, di Edvig in particolare che si uccide.
Nora invece
scappa dalla gabbia. Casa di
bambola 1879
Nora è la
lodoletta, lo scoiattolo per il marito Torvald un direttore di banca - stipendio
ottimo - che la vezzeggia e la tratta da
bambina
E lei: farò
tutto quello che vorrai, Torvald, canterò, ballerò.
Deve
mascherarsi da pescatrice napoletana e danzare la tarantella. L’ha imparato a
Capri
A un certo
punto si ribella: per guadagnarmi da vivere dovevo fare delle piroette per te e
questo ti divertiva tanto! Prima ero il giocattolo di mio padre, poi il tuo. E’
colpa tua se sono diventata un nulla. Bambola figlia, poi bambola moglie. Le
mie bambole erano i nostri figli. Ora devo pensare a educare me stessa. Devo
fare da sola. Per questo ti lascio
Anche le
leggi non sono quelle che credevo: “risparmiare un’angoscia al padre morente e salvare
la vita al marito, non sarebbe un diritto per qualsiasi donna?
Per
poter curare una grave malattia del marito, la donna aveva contratto un debito
con Krogstad, uno strozzino, falsificando la firma del padre su
alcune cambiali.
“E i tuoi
doveri di sposa e madre?” le fa il marito
“Non credo
più a questi miti, Credo di essere anzitutto un essere umano, come lo sei tu.
Uomini e libri ti daranno ragione : ma io non posso più ascoltare gli uomini,
né badare a quello che è stampato. Ho bisogno di idee mie e di provare a
vederci chiaro”,
Il marito:
“parli come una bambina: non capisci nulla della società della quale fai parte”
Nora: “hai
ragione, non la capisco. Per questo voglio vederci chiaro
Non so cosa
farci: non ti amo più”
.
Non vuole
nemmeno più vedere i tre bambini
Lascia
libero il marito e gli rende l’anello Gli proibisce anche di scriverle
Non vuole
aiuti. “Non accetto aiuti da un estraneo”
Lui spera in
un miracolo che la faccia tornare
Ellida
nella Donna del mare
(1888) sceglie di rimanere nel matrimonio mentre potrebbe uscirne.
La prigione
può esercitare un facino totalitario e condurre a una regressione completa.
Il totalitarismo moderno sta nella simbiosi tra il potere e lo schiavo,
come si trova pure in Kafka.
Helene
Alving negli Spettri - 1881 - è una reclusa ed è pure la
carceriera della sua prigione. Commette un peccato mortale contro se stessa,
contro il dovere di svilupparsi armoniosamente secondo le sue possibilità, un
peccato cui segue la nemesi.
Ibsen
denuncia la colpa della rinuncia: il piacere è una legge della vita che non si
può violare. Nel dramma Cesare
e Galileo (1873) vagheggia l’accordo tra Cristo e Dioniso, tra
natura e civiltà.
Disagio
della civiltà. Ibsen tenta una sintesi tra Peer Gynt (1867) dalla disponibilità
indeterminata e Brand (1866) l’eroe etico che cerca la pienezza vitale nella
religione, con un pesante impegno unilaterale .
La
Alving raccoglie i frutti del suo peccato: un matrimonio senza amore e
dunque contro natura che ha deformato la carica vitale sua e del marito, la chiusura in un ambiente di cupo e
opprimente perbenismo.
Quindi
l’oppressione del figlio con un amore materno possessivo.
La sua
cultura non la può emancipare dall’ambiente oppressivo dove vive. L’uomo amato,
il pastore Manders la riporta alla menzogna cui Helen cerca di sfuggire.
Manders è appiattito nell’istituzione, in lui la menzogna è diventata natura.
La Alving ha capito tutto, ma è dissociata tra teoria e prassi,
Del resto per chi vive in una società oppressiva e conformista la falsità
è una protezione. L’esistenza è spettrale in quanto dominata
dagli spettri di un passato che è ancora presente.
Solo
l’elementarità animalesca della serva Regine può sottrarsi alla morsa degli
spettri: “Spettri, sì, sono spettri,
gli spettri che ritornano” dice la Alving alludendo al fatto che Regine
di cui suo figlio è innamorato è anche lei figlia del padre di Osvald, di suo
marito. I due dunque sono fratellastri
Osvald
vedeva in Regine una possibile salvezza: “hai visto come cammina, mamma? Non è
un piacere guardarla?così bella, soda. Ma sono fratellastri
Poi la
mancanza di luce : “Io sono paurosa, pavida, sì, piena di timidezze e paure
perché c’è in me, profondamente radicato, qualcosa di oscuro, di spettrale, che
mi opprime come un’ossessione, come un incubo da cui non riesco a liberarmi
(..) Ah Manders, io credo che tutti noi non siamo nient’altro che degli spettri
e tutti noi viviamo nell’ombra timorosi della luce, della chiarezza, della
verità”. Parole della madre
Il figlio
Osvald invece vorrebbe la luce: “E poi anche questo tempo, questa pioggia che
non finisce mai, che è capace di andare avanti per settimane, per mesi, un raggio
di sole uno se lo può sognare. Le sue ultime parole sono “il sole, il sole”.
Un nemico
del popolo - 1882 - è il dottor Stockmann il quale grida: la
maggioranza ha la forza ma non ha la ragione "L'unica moralità,
piaccia o no, consiste nell'indipendenza di giudizio, nel libero pensiero"[1].
Il dottor
Stockman scopre che le acque della stazione termale della sua città sono
contaminate. Vuole quindi avvisare la popolazione che per rimediare al danno
saranno necessari costosi interventi di manutenzione e la chiusura temporanea
dello stabilimento termale. Il sindaco della cittadina, che è anche il fratello
del dottore, vuole invece mettere a tacere queste voci. Il dottore prosegue
nella sua opera di comunicazione, convinto che la cittadinanza alla fine gliene
sarà grata, ma scopre man mano che al contrario tutti osteggiano la sua
decisione di voler rendere pubblica l’informazione che le acque sono
contaminate. Perde il lavoro, la sua casa viene assediata, la famiglia offesa e
viene additato da molte come un "nemico del popolo". Stockmann
nonostante tutto, invece di fuggire dalla città, decide di combattere per la
verità, indipendentemente dal prezzo, dichiarando che "l'uomo più forte
del mondo è anche quello più solo".
Henrik Ibsen fa dire al dottor Stockmann (IV atto):" Il più pericoloso nemico
della verità e della libertà è la maggioranza, la maledetta maggioranza
democratica...Chi forma in un paese la maggioranza, gli intelligenti o gli
imbecilli?..Di imbecilli si trova una maggioranza schiacciante...La maggioranza
ha la forza, ma non la ragione. Le verità della maggioranza sono rancide e
putrefatte. Ecco dove nasce tutto questo scorbuto spirituale che dilaga e si
diffonde in tutte le classi sociali!”
“Chi adotta le opinioni dei superiori è un plebeo dell'intelligenza".
Dopo avere capito il carattere plebeo e teppistico dei maggiorenti il
dottore riduce sprezzantemente la comunità intera a teppa e a plebaglia.
Intorno a lui ruotano la cinica avidità dei capitalisti, il trasformismo
degli oppositori, il servile egoismo dei moderati.
In L’anitra selvatica - 1884 - è da ammirare la tenerezza e la generosità di
Edvig, la creatura che viene stritolata dai meccanismi della società borghese.
Vive nel silenzio di una soffitta e rimane lì per aiutare il babbo e la mamma.
La sua umiliazione e la sua morte è uno dei monumenti più belli che la poesia
abbia eretto alle vittime della vita e della società
A. Hauser mette in rilievo la modernità
delle donne di Euripide che prefigurano quelle del dramma borghese
dell’Ottocento: “Francamente e liberamente, egli discute le relazioni fra i
sessi, il matrimonio, la condizione della donna e dello schiavo, e fa della
leggenda di Medea quasi un dramma borghese. La sua eroina in rivolta contro il
marito è forse più vicina alle donne di Hebbel e di Ibsen che alle eroine della
tragedia anteriore”[2].
“once we have acclimate ourselves to the special conventions which his
theater demanded we can recognize that his premises and objectives and even his
modes of expression are nearer our own world than are the Elizabethians. In his program and outlooks he is
actually quite close to Ibsen and Shaw”[3],
una volta che ci siamo acclimatati con le convenzioni particolari che il suo
teatro ha richiesto, noi possiamo riconoscere che le sue premesse e gli
obiettivi e perfino i suoi modi espressivi sono più vicini al nostro mondo di
quanto lo siano gli Elisabettiani. Nel suo programma e nei suoi modi di vedere
Euripide è molto vicino a Ibsen e Shaw.
Nella commedia Il piccolo Eyolf (del 1895) il
letterato Alfred Allmers dice alla presunta sorellastra Asta che l'amore
fraterno "è il solo legame che sfugga alla legge della
trasformazione"[4] (cfr. l’Antigone ovviamente).
Alonge
denuncia l'invidia del ventre femminile da parte dei maschi nei drammi di
Ibsen, in particolare in Il costruttore Sollness del
1892:"L'uomo odia la donna, la odia perché ha invidia del suo ventre…Non
ci sono donne nella religione del capitale. Il dio padre corrisponde
esattamente al dio creatore. Il Figlio discende direttamente e
misteriosamente dal Padre. Nell'olimpo cristiano la Vergine tenta di nascondere
a malapena un evidente processo di partenogenesi maschile"[5].
A proposito
del sumfevron del Giasone
di Euripide, che fa quanto ritiene più conveniente ( Medea, v.
876 dra'/ ta; sumforwvtata) può essere ricordato quanto sostiene R. Alonge, ossia che in molti personaggi di Ibsen prevale l'idea
del lucro a partire dal matrimonio il quale obbedisce alla logica del
mercato:" in ogni caso la verità che viene estorta è sempre la stessa: il
non amore, il matrimonio senza affetto, le nozze come mercato. Il teatro di
Ibsen è un teatro che non ha storie d'amore, che non conosce le passioni del
cuore… E' così dominante siffatta pratica del matrimonio di calcolo che anche
le giovanissime assumono presto questa stessa aria di cinismo.
Nella Donna
del mare (1888) Hilde è una adolescente figlia di primo letto del
dottor Wangel. Ragiona già in base al computo dei soldi. La sorella Bolette le
chiede all'improvviso se accetterebbe una eventuale proposta di matrimonio di
Lyngstrand, e Hilde è prontissima a ribattere:"Per carità! Non ha un
soldo. Non ha da vivere nemmeno per se solo" (III.).
Dietro
la sovrastruttura del matrimonio, della famiglia, dei supposti
buoni sentimenti, emerge a poco a poco la grande struttura della società
borghese ottocentesca, dominata dal denaro, dal lavoro, dall'ansia della
carriera, dall'affermazione sociale. Il teatro ibseniano mostra ed evidenzia
una tremenda crudeltà nei rapporti interpersonali. La durezza psicologica dei
personaggi è vistosa.
In Casa
di bambola Nora parla di prendere in prestito del denaro, ma dichiara
candidamente di non interessarsi punto dei danni che possono derivare ai
creditori. In un mondo in cui le relazioni sono dominate dal denaro, dalla
merce - denaro, anche i rapporti umani diventano mercificati, anonimi" (R.
Alonge, Epopea borghese nel teatro di Ibsen, Guida Editori, Napoli,
1983, p. 67).
[3] Moses Hadas and John McLean, with an introduction by Moses
Hads, Ten plays by Euripides, Bantam Books, New York, 1966, p. VIII.
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