Commento al v. 1173 della Lisistrata dove il Pritano ateniese dice: “Senz’altro io mi spoglio e da nudo voglio seminare - h[dh gewrgei'n
gumno;" ajpodu;" bouvlomai”
Nell’Antigone di
Sofocle, Emone chiede a Creonte, suo padre: "Ma ammazzerai la fidanzata
del tuo stesso figlio?" (568).
E Creonte risponde: "Sì: ci
sono campi da arare[1]
anche di altre" (569)
Mircea
Eliade nel
suo Trattato di storia delle religioni scrive:"L'assimilazione fra donna e solco arato, atto generatore e
lavoro agricolo, è intuizione arcaica e molto diffusa"(p. 265). A sostegno
di questa affermazione cita diversi testi, tra i quali l'Edipo re ("pw'" poq j
aiJ patrw'/aiv s j a[loke" fevrein, tavla", si'g j ejdunavqhsan
ej" tosonde;", vv. 1211 - 1213, come mai i solchi paterni - ossia
già seminati dal padre - poterono, infelice, sopportarti fino a tanto in
silenzio?), e le Trachinie
(vv.30 e sgg.) dove Deianira lamenta l'assenteismo coniugale di Eracle il
quale, come eroe, è impegnatissimo, ma come marito si comporta alla pari di un
colono che, avendo preso un campo lontano, va a vederlo solo quando semina e
miete, ossia un paio di volte all'anno.
Per quanto riguarda l'identificazione più precisa della donna con il solco,
Eliade cita il Codice di Manu (IX,33) dove sta scritto:"La
donna può essere considerata come un campo; il maschio come il
seme", e un proverbio
finlandese che fa:"Le ragazze hanno il campo nel loro corpo". A
queste testimonianze possono essere aggiunte altre, antiche e moderne, per
mostrare quanto tale idea sia davvero diffusa nella mente umana, soprattutto in
quella maschile.
Nel II stasimo dei Sette
a Tebe (vv.751 e sgg.) il Coro di vergini tebane, riferendosi a Laio, dice
che egli generò il destino per sé, Edipo parricida, il quale a sua volta osò
seminare il sacro solco della madre dove nacque (matro;"
aJgna;n - speivra" a[rouran, i{n j ejtravfh, 753 - 754), e la pazzia univa gli sposi dementi (paravnoia suna'ge - numfivou"
frenwvlei", 756 - 757)
Euripide nelle Fenicie ricorda, attraverso Giocasta, il responso di Febo che prescrisse
a Laio:"mh; spei're tevknwn a[loka daimovnwn biva/" (v. 18), non seminare
il solco dei figli a dispetto degli dèi.
L’ Oreste euripideo per attenuare la colpa
del matricidio dice al nonno materno che il padre lo generò, mentre la madre
non ha fatto che partorirlo: ella è stata solo il campo arato che ha preso il
seme da un altro:"to; sperm j a[roura paralabous ja[llou pavra" (v. 553).
La stessa ragione addotta da Apollo nelle Eumenidi di Eschilo (vv. 658 e sgg.) per minimizzare il
delitto del matricida.
Shakespeare paragona la giovanissima Marina, vergine e onesta, a della
terra non dissodata. Parlano una mezzana e un ruffiano che vorrebbero trarre
profitto dalla prostituzione della ragazza: “Crack the glass of her
verginity, and make the rest malleable”, rompi il vetro della sua verginità
e rendi il resto malleabile dice il ruffiano.
E la mezzana risponde: “An if she were a thornier piece of ground than
she is, she shall be ploughed ” (Pericle, principe di Tiro, IV, 4), anche se fosse un pezzo di terra più spinoso di
quello che è, verrà arata.
Tra gli autori latini Lucrezio,
forse sotto la scorta di Euripide[2] interpreta la "deum mater " (II,659), come la
divinizzazione della terra[3].
Questa parentela stretta tra la femmina umana (o divina) e la terra, è
messa in rilievo anche da non pochi autori moderni. Kierkegaard nel Diario del seduttore
indica e sottolinea la vicinanza della ragazza alla natura:"Perfino quel che in lei c'è di spirituale ha
alcunché di vegetativo"(p.138) .
Su questa linea si trova anche J. J. Bachofen, l'autore di Das
Mutterrecht [4], che vede nel diritto materno quello fisico, e nel paterno il metafisico,
in quanto "la donna è la
terra stessa. La donna è il principio materiale, l'uomo è il principio
spirituale...Platone nel Menesseno (238a) dice - non è la terra a
imitare la donna, ma la donna a imitare la terra - ". Del resto non
bisogna dimenticare che, se nel Menesseno Platone scrive
(precisamente): "ouj ga;r gh' gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai;
gennhvsei(nella gravidanza e nel parto), ajlla; gunh;
gh'n", nel Menone ,
81d, il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è imparentata con se
stessa(th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'"
ou[sh"), e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della
grande madre.
“At the Thesmophoria they tried to
persuade the Earth to imitate them”[5], alle Tesmoforie le donne cercavano di
persuadere la Terra a imitare loro
Questa teoria, espressa con benevolenza verso le femmine umane dal filosofo
danese e in maniera ambivalente, non priva di contraddizioni da Bachofen, assume
aspetto malevolo, decisamente antifemminista in Otto Weininger, l'autore di Sesso e carattere, morto,
forse non a caso, suicida nel 1903, a soli ventitré anni. Secondo lo scrittore
austriaco" le donne stanno
incosciamente più vicine alla natura che non l'uomo. I fiori sono i loro
fratelli"(p.293), e, più avanti (p.296),"l'uomo è forma, la
donna è materia...la materia vuole essere formata: perciò la donna pretende
dall'uomo la delucidazione dei suoi pensieri confusi".
Si può continuare la rassegna, certo parziale e limitata, con un altro
autore austriaco, uno dei massimi romanzieri del Novecento, Robert Musil che, ne L'uomo
senza qualità, compie l'operazione inversa: assimila la terra alla donna.
"Ulrich la trattenne e le mostrò il paesaggio: “Mille e mille anni fa
questo era un ghiacciaio. Anche la
terra non è con tutta l'anima quello che momentaneamente finge di
essere - egli spiegò”. Questa
creatura tondeggiante è di temperamento isterico. Oggi recita la parte della
provvida madre borghese. A quei tempi invece era frigida e gelida come una
ragazza maligna. E migliaia di anni prima si era comportata lascivamente, con
foreste di felci arboree, paludi ardenti e animali diabolici" (p.279).
Concludo citando D'Annunzio:
in Il Piacere Andrea Sperelli dichiara che "fra i mesi
neutri" aprile e settembre
preferisce il secondo in quanto "più feminino... E la terra? - aggiunge - Non
so perché, guardando un paese, di questo tempo, penso sempre a una una bella
donna che abbia partorito e che si riposi in un letto bianco,
sorridendo d'un sorriso attonito, pallido, inestinguibile. E' un'impressione
giusta! C'è qualche cosa dello stupore e della beatitudine puerperale in una
campagna di settembre!"(p. 169).
Infine in Il Fuoco l'amante non
più giovane viene assimilata, tra l'altro, a "un campo che è stato mietuto"(p. 306).
giovanni ghiselli
[2] Cfr. Baccanti, vv.275 - 276:" Dhmhvthr qeav -
gh' d'& ejstivn, o[noma d& oJpovteron bouvlh/ kavlei", la dea Demetra, è la terra, chiamala con il nome che vuoi, e
le Fenicie, vv.685 - 686:"Damavtar qeav, - pavntwn a[nassa,
pantwn de; Ga' trofov"", la dea Demetra, signora di
tutti, la Terra di tutti nutrice.
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