NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 4 aprile 2019

L'assimilazione della donna alla terra e della terra alla donna. Commento al v. 1173 della "Lisistrata"


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Commento al v. 1173 della Lisistrata dove il Pritano ateniese dice: “Senz’altro io mi spoglio e da nudo voglio seminare - h[dh gewrgei'n gumno;" ajpodu;" bouvlomai

Nell’Antigone di Sofocle, Emone chiede a Creonte, suo padre: "Ma ammazzerai la fidanzata del tuo stesso figlio?" (568).
E Creonte risponde: "Sì: ci sono campi da arare[1] anche di altre" (569)
Mircea Eliade nel suo Trattato di storia delle religioni scrive:"L'assimilazione fra donna e solco arato, atto generatore e lavoro agricolo, è intuizione arcaica e molto diffusa"(p. 265). A sostegno di questa affermazione cita diversi testi, tra i quali l'Edipo re ("pw'" poq j aiJ patrw'/aiv s j a[loke" fevrein, tavla", si'g j ejdunavqhsan ej" tosonde;", vv. 1211 - 1213, come mai i solchi paterni - ossia già seminati dal padre - poterono, infelice, sopportarti fino a tanto in silenzio?), e le Trachinie (vv.30 e sgg.) dove Deianira lamenta l'assenteismo coniugale di Eracle il quale, come eroe, è impegnatissimo, ma come marito si comporta alla pari di un colono che, avendo preso un campo lontano, va a vederlo solo quando semina e miete, ossia un paio di volte all'anno.
Per quanto riguarda l'identificazione più precisa della donna con il solco, Eliade cita il Codice di Manu (IX,33) dove sta scritto:"La donna può essere considerata come un campo; il maschio come il seme", e un proverbio finlandese che fa:"Le ragazze hanno il campo nel loro corpo". A queste testimonianze possono essere aggiunte altre, antiche e moderne, per mostrare quanto tale idea sia davvero diffusa nella mente umana, soprattutto in quella maschile.

Nel II stasimo dei Sette a Tebe (vv.751 e sgg.) il Coro di vergini tebane, riferendosi a Laio, dice che egli generò il destino per sé, Edipo parricida, il quale a sua volta osò seminare il sacro solco della madre dove nacque (matro;" aJgna;n - speivra" a[rouran, i{n j ejtravfh, 753 - 754), e la pazzia univa gli sposi dementi (paravnoia suna'ge - numfivou" frenwvlei", 756 - 757)

Euripide nelle Fenicie ricorda, attraverso Giocasta, il responso di Febo che prescrisse a Laio:"mh; spei're tevknwn a[loka daimovnwn biva/" (v. 18), non seminare il solco dei figli a dispetto degli dèi.

 L’ Oreste euripideo per attenuare la colpa del matricidio dice al nonno materno che il padre lo generò, mentre la madre non ha fatto che partorirlo: ella è stata solo il campo arato che ha preso il seme da un altro:"to; sperm j a[roura paralabous ja[llou pavra" (v. 553).

La stessa ragione addotta da Apollo nelle Eumenidi di Eschilo (vv. 658 e sgg.) per minimizzare il delitto del matricida.

Shakespeare paragona la giovanissima Marina, vergine e onesta, a della terra non dissodata. Parlano una mezzana e un ruffiano che vorrebbero trarre profitto dalla prostituzione della ragazza: “Crack the glass of her verginity, and make the rest malleable”, rompi il vetro della sua verginità e rendi il resto malleabile dice il ruffiano.
E la mezzana risponde: “An if she were a thornier piece of ground than she is, she shall be ploughed ” (Pericle, principe di Tiro, IV, 4), anche se fosse un pezzo di terra più spinoso di quello che è, verrà arata.

Tra gli autori latini Lucrezio, forse sotto la scorta di Euripide[2] interpreta la "deum mater " (II,659), come la divinizzazione della terra[3].

Questa parentela stretta tra la femmina umana (o divina) e la terra, è messa in rilievo anche da non pochi autori moderni. Kierkegaard nel Diario del seduttore indica e sottolinea la vicinanza della ragazza alla natura:"Perfino quel che in lei c'è di spirituale ha alcunché di vegetativo"(p.138) .

Su questa linea si trova anche J. J. Bachofen, l'autore di Das Mutterrecht [4], che vede nel diritto materno quello fisico, e nel paterno il metafisico, in quanto "la donna è la terra stessa. La donna è il principio materiale, l'uomo è il principio spirituale...Platone nel Menesseno (238a) dice - non è la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra - ". Del resto non bisogna dimenticare che, se nel Menesseno Platone scrive (precisamente): "ouj ga;r gh' gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai; gennhvsei(nella gravidanza e nel parto), ajlla; gunh; gh'n", nel Menone , 81d, il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è imparentata con se stessa(th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh"), e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della grande madre.

 “At the Thesmophoria they tried to persuade the Earth to imitate them[5], alle Tesmoforie le donne cercavano di persuadere la Terra a imitare loro

Questa teoria, espressa con benevolenza verso le femmine umane dal filosofo danese e in maniera ambivalente, non priva di contraddizioni da Bachofen, assume aspetto malevolo, decisamente antifemminista in Otto Weininger, l'autore di Sesso e carattere, morto, forse non a caso, suicida nel 1903, a soli ventitré anni. Secondo lo scrittore austriaco" le donne stanno incosciamente più vicine alla natura che non l'uomo. I fiori sono i loro fratelli"(p.293), e, più avanti (p.296),"l'uomo è forma, la donna è materia...la materia vuole essere formata: perciò la donna pretende dall'uomo la delucidazione dei suoi pensieri confusi".

Si può continuare la rassegna, certo parziale e limitata, con un altro autore austriaco, uno dei massimi romanzieri del Novecento, Robert Musil che, ne L'uomo senza qualità, compie l'operazione inversa: assimila la terra alla donna. "Ulrich la trattenne e le mostrò il paesaggio: “Mille e mille anni fa questo era un ghiacciaio. Anche la terra non è con tutta l'anima quello che momentaneamente finge di essere - egli spiegò”. Questa creatura tondeggiante è di temperamento isterico. Oggi recita la parte della provvida madre borghese. A quei tempi invece era frigida e gelida come una ragazza maligna. E migliaia di anni prima si era comportata lascivamente, con foreste di felci arboree, paludi ardenti e animali diabolici" (p.279).

Concludo citando D'Annunzio: in Il Piacere Andrea Sperelli dichiara che "fra i mesi neutri" aprile e settembre preferisce il secondo in quanto "più feminino... E la terra? - aggiunge - Non so perché, guardando un paese, di questo tempo, penso sempre a una una bella donna che abbia partorito e che si riposi in un letto bianco, sorridendo d'un sorriso attonito, pallido, inestinguibile. E' un'impressione giusta! C'è qualche cosa dello stupore e della beatitudine puerperale in una campagna di settembre!"(p. 169).
 Infine in Il Fuoco l'amante non più giovane viene assimilata, tra l'altro, a "un campo che è stato mietuto"(p. 306).


giovanni ghiselli


[1] ajrwvsimoi: dalla radice ajro - su cui si forma ajrovw=aro
[2] Cfr. Baccanti, vv.275 - 276:" Dhmhvthr qeav - gh' d'& ejstivn, o[noma d& oJpovteron bouvlh/ kavlei", la dea Demetra, è la terra, chiamala con il nome che vuoi, e le Fenicie, vv.685 - 686:"Damavtar qeav, - pavntwn a[nassa, pantwn de; Ga' trofov"", la dea Demetra, signora di tutti, la Terra di tutti nutrice.
[3] Per tutto l'episodio cfr. De rerum natura, II, 600 - 660.
[4] Trad. it. , antologica, Il potere femminile, pp.76 - 77)
[5] Dodds, The ancient concept of progress, p. 147.

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