Van Gogh, Ragazza in bianco in un bosco |
Dalla conferenza Leopardi e gli Antichi,15 aprile 2019, bibloteca Scandellara di Bologna
L’uomo
come problema e la positività del dubbio
"Alla luce di questa
drammaturgia, l'uomo non appare delineato come una natura stabile, un essere
che si potrebbe delineare e definire, ma come un problema; assume la forma di
un'interrogazione, di una serie di domande. Creatura ambigua, enigmatica,
sconcertante, al tempo stesso agente e agito, colpevole e innocente, libero e
schiavo, destinato per la sua intelligenza a dominare l'universo e incapace di
dominare se stesso, l'essere umano, unendo in sé il meglio e il peggio, può
essere qualificato come un deinov~, nei due sensi del termine:
meraviglioso e mostruoso"[1].
L’eroe tragico, come Edipo per
esempio, oscilla tra l’essere paragonabile a Dio e uguale al nulla.
Leopardi ha rappresentato in termini
analoghi la donna che impersona la Natura: “Ma, fattosi più da vicino, trovò
che era una forma smisurata di donna seduta in terra, col busto ritto,
appoggiato il dosso e il gomito a una montagna; e non finta ma viva; di volto mezzo tra il bello e terribile, di
occhi e di capelli nerissimi: la quale guardavalo fissamente”[2].
La
necessità del dubbio. Lezione
antidogmatica, skepsis autentica, diffusa in diversi ottimi
testi
Il dubbio non va eliminato come
deleterio, anzi:"Togli il dubbio, il dubbio su me stesso, sulla mia
identità, sul mio sapere, e non mi resterà che il già fatto e il già
detto"[3].
Leopardi
cita Cartesio a proposito della necessità del dubbio: “Le verità contenute nel mio
sistema non saranno certo ricevute generalmente, perché gli uomini sono avvezzi
a pensare altrimenti, e al contrario, né si trovano molti che seguono il
precetto di Cartesio: l’amico della verità debbe una volta in sua vita
dubitar di tutto. Precetto fondamentale per li progressi dello spirito
umano. Ma se le verità ch’io stabilisco avranno la fortuna di essere ripetute,
e gli animi vi si avvezzeranno, esse saranno credute, non tanto perché sien
vere, quanto per l’assuefazione”[4].
“In molte pagine dello Zibaldone,
Leopardi mette in dubbio ogni sistema: anche quelli che ha più cari o che
posseggono più rilievo. “Il mio sistema” scriveva già nel settembre 1821
“introduce non solo uno Scetticismo ragionato e dimostrato, ma tale che,
secondo il mio sistema, la ragione umana per qualsivoglia processo possibile,
non potrà mai spogliarsi di questo scetticismo; anzi esso contiene il vero, e
si dimostra che la nostra ragione, non può assolutamente trovare il vero se non
dubitando; ch’ella si allontana dal vero ogni volta che giudica con certezza; e
che non solo il dubbio giova a scoprire il vero…, ma il vero consiste
essenzialmente nel dubbio, e chi dubita, sa, e sa il più che si possa sapere”[5].
“Piccolissimo è quello spirito
che non è capace o è difficile al dubbio”[6].
“I miei film non mirano ad avere un
senso compiuto. Finiscono sempre con una domanda”[7]
Nell’Apologia di
Platone leggiamo: “la vita senza ricerca non è degna di essere vissuta” (38a).
Cherefonte andato a Delfi chiese se
esistesse qualcuno più sapiente di Socrate. La Pizia rispose nessuno ( ajnei`len hJ
Puqiva mhdevna, Apologia, 21 a). E aveva ragione perché interrogando diversi politici
e uomini che avevano fama di essere sapienti, vedevo che non lo erano e nemmeno
se ne rendevano conto. Non avevano dubbi.
“Lo sviluppo dell’intelligenza
generale richiede di legare il suo esercizio al dubbio[8], lievito di ogni attività critica…Comporta
anche quell’intelligenza che i Greci chiamano métis[9],
“insieme di attitudini mentali…che combinano l’intuizione, la sagacia, la
previsione, l’elasticità mentale, la capacità di cavarsela, l’attenzione
vigile, il senso dell’opportunità… “Unico punto pressochè certo nel naufragio
(delle antiche certezze assolute): il punto interrogativo”, ci dice il poeta
Salah Stétié”[10].
C’è una poesia di B. Brecht che costituisce un inno
in lode del dubbio: “Sia lode al dubbio!... Oh bello lo scuoter del capo/su
verità incontestabili!/Oh il coraggioso medico che cura/l’ammalato senza
speranza!... Sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai… Tu, tu che sei
una guida, non dimenticare/che tale sei, perché hai dubitato/delle guide! E
dunque a chi è guidato/permetti il dubbio!”[11].
Nel prologo del Fedro Socrate dice a Fedro che se non credesse al mito di Borea che rapì Orizia
figlia del re Eretteo, come non ci credono oiJ sofoiv, non sarebbe l’uomo strano (a[topo~) che è (229c). Potrei dire, facendo il sapiente sofizovmeno~, che un colpo di vento di Borea gettò Orizia giù dalle rupi o
dall’Areopago. E’ un’interpretazione ingegnosa, ma chi la fa, poi deve
raddrizzare gli Ippocentauri, la Chimera, e Gorgoni e Pegasi e tutte le
stranezze della natura. E per questo ci vuole molto tempo libero: ejmoi; de;
pro;~ aujta; oujdamw`~ scolhv (229e). Ed ecco il dubbio di
fondo.
Io non sono ancora in grado di conoscere me stesso kata; to;
Delfiko;n gravmma, perciò mi sembra ridicolo geloi`on dhv
moi faivnetai indagare cose che mi sono estranee - ta; ajllovtria
skopei`n . Dunque dico addio a tali questioni, esamino me
stesso skopw` ejmautovn, per vedere se
per caso io non sia una bestia più intricata e più invasa da brame di Tifone o
se sono un essere vivente (zw`/on) più mite e semplice, partecipe per
natura di una sorte divina e priva di superbia fumosa (Fedro, 230a).
[8] Montaigne che cita Dante:
“Che, non men che saver, dubbiar m’aggrata”, Divina Commedia, Inferno XI, v.
93.
[9] M.Detienne, J. - P.
Vernant, Le astuzie dell’intelligenza nell’antica Grecia, tr. It.
Laterza, Roma - Bari 1984.
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