Primo
Episodio (vv. 154 - 443)
Inizia con
una monodia di Ecuba , seguita da un commo con Polissena (154 - 215). A questa
parte cantata seguono i trimetri giambici recitati (216 - 443).
L’infelice
regina non sa nemmeno con quali gemiti o grida manifestare il suo dolore. Si
definisce infelice per la vecchiaia infelice, per la servitù intollerabile, insopportabile.
Ciede: chi mi difende? tiv" ajmuvnei moi; 160, quali figli? Quale patria? Il marito e i figli
sono frou'doi scomparsi.
Il vecchio
rimasto solo si sente come il bambino abbandonato dai genitori.
Ecuba è
disorientata: non sa quale strada prendere.
Così
desolata chiede aiuto a un dio o a un demone che la soccorra - ejparwgov" 164. Alle Troiane del coro
dice che le hanno riferito di strazi cattivi che l’hanno annientata - ajpwlevsat j,
wjlevsat j (167),
non mi è più cara la vita alla luce del sole - oujkevti moi
bivo" - ajgasto;" ejn favei (167 - 168)
Sono parole
di resa che fanno pensare a quelle di Macbeth: “I gin to be aweary of the
sun” (Macbeth, V, 5), comincio a essere stanco del sole.
La luce del
sole significa vita illuminata dalla gioia di vivere.
Quindi la
vecchia chiede al proprio piede sventurato tlavmwn
pouv" di
condurla alla tenda dove si trova la figlia della disgraziatissima madre,
Polissena cui chiede ripetutamente di uscire –e[xelq j e[xelq
j di
dare ascolto al suo grido –a[ie matevro" aujdavn (174)
Esce, ossia
entra in scena, Polissena spaventata dal gridare della madre tiv
boa'/" ; che fa
pensare al prossimo annuncio di qualche brutta, spaventosa novità - ti nevon;(177) che la fanno uscire colpita
da sbigottimento w{st j o[rnin, come un uccellino (178)
Pure
Polissena è tornata bambina in questo momento di terrore.
Anche
nelle Troiane al piccolo uccello viene paragonato il bambino
spaventato. Andromaca si rivolge al figlio prossimo a essere sacrificato dalla
barbarie dei Greci, come sarà Polissena, con queste parole:
O figlio, tu
piangi: ti accorgi dei tuoi mali?
Perché mi
hai afferrata con le mani e ti tieni stretto alle vesti,
Come un
uccellino - neosso;" wjseiv - rifugiandoti nelle mie ali? (749 - 751)
La madre
alza un altro lamento oi[moi tevknon (Ecuba, 180) e la figlia le domanda tiv me
dusfhmei'" ; perché mi
rivolgi parole di cattivo augurio? Il preludio a me rivolto è cattivo froivmiav moi
kakav (181).
La madre
accenna dolorosamente alla vita della figliola - aijai'
sa'" yuca'" -
Tale
allusione reticente accresce la paura di Polissena che vuole venga determinato
l’annuncio di sciagura - mh; kruvyh" darovn - deimaivnw deimaivnw, ma'ter . Le domanda perché gema (183
- 185)
Cfr. Sofocle, Edipo re:"Ahimé, innumerevoli –ajnavriqma - infatti sopporto/le pene e mi sta male tutto/lo stuolo, e non c'è arma
della mente con cui uno si difenderà (vv. 168 - 171)" - : diversamente da
Edipo che vuole misurare e commisurare(cfr.vv.73 - 84), il coro non riesce più
a contare le sofferenze. Quando le pene sono innumerevoli non si sa più neanche
per quale ragione si soffre e viene meno la capacità di reagire.
Cesare Pavese nell'ultima pagina de Il mestiere di vivere , in
data 18 agosto 1950, ossia dieci giorni prima di ammazzarsi, scriveva:"Più
il dolore è determinato e preciso, più l'istinto della vita si dibatte, e cade
l'idea del suicidio".
Ecuba continua a commiserare la figlia e se stessa senza specificare, ma
Polissena la incalza - tiv tovd j ajggevllei" ; (187) e la madre deve dirglielo: la decisione comune degli Argivi ha lo
scopo di sgozzarti –sfavxai s j (188) sulla
tomba del Pelide.
Cfr. Il
sacrificio di Ifigenia Nell’Agamennone di Eschilo, il padre hJgemw;n oJ
prevsbu~ (v. 185), il
comandante anziano delle navi achee, per risparmiare il tempo che andava
sciupato nell’attesa che si placassero i venti kakovscoloi (193), forieri di ozio
cattivo, naw'n kai; peismavtwn ajfeidei'~ (195), sperperatori di navi e
cordami, non osò diventare lipovnau~ (212), disertore della flotta e
invece e[tla quth;r genevsqai
qugatrov~ (224 - 225), osò divenire sacrificatore della figlia, la primogenita Ifigenia, che venne
sollevata sull’altare divkan cimaivra~ (232),
come una capra,
imbavagliata per giunta affinché non potesse proferire maledizioni contro la
casa.
Polissena
vuole sapere come faccia la madre a conoscere e gridare tali mali non
augurabili a nessuno pw'" fqevggh/ ajmevgarta kakw'n (191 - 192).
Ecuba
risponde che le hanno riferito tali decisioni degli Argivi sulla sua vita ta'"
sa'" peri; yuca'" (197). Tali voci maledette riferisco, figliola - aujdw, pai''
dusfhvmou" fhvma" (194)ù
Polissena
compiange prima che se stessa la madre, dalla nobile creatura che è. Nobile e
nobilmente educata per quanto è ignobile Odisseo
La chiama
madre di vita dolorosa, donna che ha sofferto di tutto e ora un demone le ha
suscitato contro lwvban - ecqivstan ajrrhvtan tj (200) un oltraggio odiosissimo
infame indicibile: io tua figlia non ci sarò più e non potrò più infelice
condividere la schiavitù della tua infelice vecchiaia - oujkevti dh; - ghvra/
deilaivw/ deilaiva - sundouleuvsw (202 - 204)
Vedrai tua
figlia strappata dalle tue braccia scendere nell’Ade con la gola tagliata - laimovtomon - laimov" oJ, gola - come una vitella cucciola
nutrita sui monti ( skuvmnon gavr mj w[st j oujrivqrevptan - movscon 205 - 206)
Nelle Troiane di Seneca, Agamennone si
oppone allo spietato Pirro che esige il sacrificio di Polissena :"Quidquid
eversae pot
est/superesse Troiae, maneat: exactum satis/poenarum
et ultra est. Regia ut virgo occĭdat/tumuloque donum detur et cineres riget/et
facinus atrox caedis ut thalamos vocent,/non patiar. In me culpa cunctorum redit:/qui non vetat peccare, cum possit, iubet " (vv.285 - 291), tutto ciò che può sopravvivere di Troia sconvolta, rimanga:
è stato fatto pagare abbastanza in fatto di pene e anche troppo. Non permetterò
che la ragazza figlia della regina muoia e la sua vita sia donata a una tomba e
spruzzi di sangue le ceneri e che il misfatto atroce dell’assassinio chiamino
cerimonia nuziale: la colpa di tutti i misfatti ricade su me: chi non impedisce
un delitto, quando può, è come se lo avesse ordinato.
Se deve essere fatto un sacrificio in onore di Achille, continua il dux "caedantur
greges/fluatque nulli flebilis matri cruor" (vv. 296 - 297), si
ammazzino animali del gregge e scorra il sangue che non faccia piangere nessuna
madre umana.
Giacerò al buio con i morti, continua Polissena, eppure con questi
lamentosi canti funebri piango la tua sorte madre, non la mia vita lwvban luvman t
j , oltraggio
e vergogna, per me morire è l’accidente migliore - qanei'n moi - xuntuciva
kreivsswn (214 - 215)
La coreuta annuncia l’arrivo di Odisseo spoudh'/ podov" con
fretta di passo: ha intenzione di significarti nevon ti (216 - 217) qualche cosa di nuovo, cioè di brutto.
Entra in scena il subdolo e malvagio demagogo ( cfr. i vv 131 - 132)
e riferisce il volere dell’esercito, la votazione già effettuata - yh'fon
kranqei'san (219).
Cfr. le Supplici di Eschilo con il re Pelasgo che fa
dipendere la sua decisione di accogliere le Danaidi dal voto del popolo di
Argo.
Agli Achei è sembrato bene sgozzare tua figlia Polissena pai'da sh;n
Poluxevnhn sfavxai, sul tumulo eretto sopra la tomba di Achille - pro;"
ojrqo;n cw'm j [Acilleivou tavfou (221).
Il sacerdote - ijereuv" - di questo
sacrificio sarà pai'" j Acillevw" il ragazzo di Achille (224).
Un sacerdote tutt’altro che santo.
Nell’Andromaca (del 426) “il ragazzo di Achille” subisce la morte per lapidazione dalla non
santa pretaglia delfica aizzata da una voce terribile proveniente dal tempio.
Neottolemo, il figlio di Achille, stando sotto gli occhi di tutti,
prega il dio, e mentre viene ferito, domanda:"tivno" m j
eJvkati kteivne t j eujsebei'" oJdou;" hJvkonta; poiva" o[llumai pro;" aijtiva";", perché mi uccidete sulla strada della pietà? Per quale colpa
muoio?" ( Andromaca, vv.1125 - 1126), ma nessuno dei molti
presenti gli rispose; anzi lo uccisero colpendolo con pietre. Tutto questo è
raccontato da un messo che alla fine della rJh'si" (v.1164) accusa Apollo di essere wJvsper
a[nqrwpo" kakov", come un uomo malvagio, e
domanda:"pw'" aj;n ou'jn ei[h sofov";", come potrebbe essere saggio?
Odisseo prosegue suggerendo a Ecuba di non opporre resistenza: deve
riconoscere la forza in campo: e la presenza dei mali tuoi “givgnwvske d’
ajlkh;n kai; parousivan kakw'n - tw'n sw'n (226 - 227)
Nei mali è saggio capire quello che è necessario - sofo;n toi ejn
kakoi'" a} dei' fronei'n (227)
Ecuba sente la presenza dell’ajgw;n mevga" (229) la grande gara, quella decisiva. Sarà una gara piena di gemiti e non
vuota di lacrime (230 plhvrh" stenagmw'n oujde; dakruvwn kenov")
Nella Medea di Euripide la protagonista dice
“Fra tutti gli esseri, quanti sono vivi e hanno raziocinio,
noi donne siamo la creatura più tribolata:
noi che innanzitutto dobbiamo comprare un marito
con gran dispendio di ricchezze, e prenderlo come padrone
del corpo, e questo è un male ancora più doloroso del male.
E in questo sta la gara massima - ajgw;n
mevgisto" - prenderlo cattivo
o buono. Infatti non danno buona fama le separazioni
alle donne, e non è possibile ripudiare lo sposo (vv. 230 - 237)
ajgw;n mevgisto" ( v. 235):
Antifonte
sofista afferma che le nozze sono un grande agone in effetti: "mevga"
ga;r ajgw;n gavmo" ajnqrwvpwn" [1].
CONTINUA
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