NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 22 aprile 2019

"Ecuba" di Euripide. 3


Ecuba (Daniela Ciancio)
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Commento testuale dei vv. 59 - 153

Entra Ecuba appoggiata a un bastone e in versi anapestici chiede alle ragazze del coro, le prigioniere di guerra, di sostenere lei, da regina,  diventata compagna di schiavitù: a[get j th;n oJmodouvlon (…) provsqe d j a[nassan (60 - 61). Ricorda incubi e fantasmi che di notte la perseguitano. Invoca la Terra signora w\ povtnia Cqwvvn, madre dei sogni dalle ali nere - melanopteruvgwn mh'ter ojneivrwn - e dice che vuole scacciare la visione notturna ajpopevmpomai e[nnucon o[yin (72)

Sogni
Cfr. Il sogno di Clitennestra nell’Elettra di Sofocle
Crisotemi è stata mandata dalla madre a portare libagioni sulla tomba del padre. Racconta alla sorella Elettra che la loro madre si è spaventata in seguito a un sogno.
Clitennestra ha veduto di notte Agamennone che tornava al mondo, si univa a lei, poi piantava lo scettro nel focolare. Dallo scettro germogliava un ramo, un virgulto (qallov~, v. 422) che ombreggiava tutta la terra di Micene.

Un sogno del genere lo fa il re dei Medi, Astiage, in Erodoto: gli sembrava che dalla vagina di sua figlia Mandane sposata con il persiano Cambise nascesse una vite che occupava tutta l’Asia (I, 108). In precedenza aveva sognato che la figlia urinando sommergeva tutta l’Asia (I, 107).
Già spaventato da questo primo sogno e dall’interpretazione datane dai Magi, Astiage diede alla figlia un marito persiano di nome Cambise che considerava più debole di un Persiano di mediocre condizione
Al tempo del secondo  sogno Mandane era incinta e  predissero al nonno che il nascituro avrebbe regnato al suo posto. Quindi Astiage consegnò il bambino ad Arpago perché lo uccidesse. Arpago fece portare il neonato da un bovaro di nome Mitridate.
Sua moglie di nome Kunwv lo tenne e lo allevò al posto del proprio figlio partorito morto.

Ecuba dunque nel sogno vedeva il figlio Polidoro creduto salvo in Tracia e la sua cara figliola Polissena. La vecchia regina teme per questi due figli e prega gli cqovnioi qeoiv (79) gli dei sotterranei swvsat j pai'd j ejmovn, salvate mio figlio, o]" movno" oi[kwn a[gkur j e[t j ejmw'n, che è l’ unica ancora rimasta  della mia casa.

Frequenti sono le metafore nautiche nelle tragedie: nelle Troiane  del 415 Ecuba entra in scena intonando anche lì una monodia in anapesti (vv. 98 - 152)
 e consiglia a se stessa l’accettazione del destino con questa metafora nautica: “naviga -  plei` -  secondo la rotta kata; porqmovn - , naviga secondo il destino plei` kata; daivmona  e non porre la prora della vita contro l’onda pro;" ku'ma - , ma naviga secondo le sorti” (vv. 103 - 105).
E’ una dichiarazione amara di amor fati. Ecuba constata che il polu;~ o[gko~ (v. 108),  il grande vanto degli antenati era oujdevn, niente, era un gonfiore che si è dissolto.

Ecuba sente che sta arrivando qualche brutta nuova - estai to; nevon Ecuba, 83).

La novità in greco ha spesso un significato negativo
Nel Filottete (vv.784) di Sofocle   quando il sangue goccia dalla piaga, il malato aspetta qualche novità, sicuramente non buona:"kaiv ti prosdokw' nevon".
Il nevon indica anche il sovversivo: newterivsai th;n politeivan significa sovvertire la costituzione (Tucidide 1, 115, 2).

Il cuore di Ecuba frivssei - frivx è l’incresparsi del mare e il brivido, di freddo o di paura - , tarbei' -  cfr. torvus -  minaccioso (86) rabbrividisce, ha paura. Vuole vedere Eleno e Cassandra i figli prigionieri dei Greci, due giovani di spirito profetico dotati.
Di notte Ecuba  ha visto una cerva screziata -  balia;n e[lafon - squarciata sfazomevnan dagli artigli cruenti di un lupo, prefigurazione del sacrificio di Polissena che al v. 526 viene paragonata a un movsco" un vitello che balza.
Ecuba ha visto anche l’ombra di Achille che reclamava  il dono (h[/tei gevra", 94) di una delle tribolate troiane.
La regina chiede agli dèi di stornare questo dalla figlia

Parodo (vv. 98 - 153)
Entra il Coro
Le prigioniere hanno lasciato di nascoto le tende dei padroni e sono andate da Ecuba. Ma il coro non porta buone notizie, anzi si definisce kh'rux ajcevwn (105) messaggero di angosce.
In un’assemblea plenaria degli Achei -  ejn j Acaiw'n plhvrei xunovdw/  (107) hanno deciso di sacrificare tua figlia ad Achille. Tu sai che è apparso salito sulla tomba crusevoi" su;n o{ploi" (110) con le sue armi d’oro - un altro spettro - e ha fermato le navi gridando: “dove andate lasciando la mia tomba senza offerte? - to;n ejmo;n tuvmbon ajfevnte" (115). Un altro spettro dopo Polidoro.

Si più pensare a Spettri di ibsen del 1881
L’esistenza è spettrale in quanto dominata dagli spettri di un passato che è ancora presente
Spettri, sì, sono spettri, gli spettri che ritornano” dice Helen Alving alludendo al fatto che Regine, di cui suo figlio è innamorato, è anche lei figlia carnale del padre di Osvald, di suo marito. I due dunque sono fratellastri
Solo l’elementarità animalesca della serva Regine può sottrarsi alla morsa degli spettri: Osvald vedeva in Regine una possibile salvezza: “hai visto come cammina, mamma? Non è un piacere guardarla?così bella, soda. Ma sono figli dello stesso padre, pur senza saperlo. La madre di Osvald però  sa che la ragazza è nata da una relazione adulterina de padre di Osvald, il defunto marito.
La Alving lamenta la mancanza di  luce in questo mondo spettrale : “Io sono paurosa, pavida, sì, piena di timidezze e paure perché c’è in me, profondamente radicato, qualcosa di oscuro, di spettrale, che mi opprime come un’ossessione, come un incubo da cui non riesco a liberarmi (..) Ah Manders, io credo che tutti noi non siamo nient’altro che degli spettri e tutti noi viviamo nell’ombra timorosi della luce, della chiarezza, della verità”.
Il figlio Osvald invece vorrebbe la luce: “E poi anche questo tempo, questa pioggia che non finisce mai, che è capace di andare avanti per settimane, per mesi, un raggio di sole uno se lo può sognare. Le sue ultime parole sono “il sole, il sole”.

Un’altra metafora marina nel racconto del Coro: “pollh'"  d’ e[rido" sunevpaise kluvdwn ( Ecuba, 116) si scontrarono i flutti di una tempesta e l’esercito si divise: una parte voleva scannare la ragazza, a un’altra non sembrava ben fatto

Agamennone si adoperava in tuo favore , tenendo al letto della Baccante profetica - th'" mantipovlou Bavkch" ajnevcwn - levktra (121 - 122), mentre i due figli di Teseo (Acamante e Demofonte) dissw'n muvqwn rJhvtore" h\san (124) erano oratori di discorsi contrapposti ma erano d’accordo su un parere: quello di coronare la tomba di Achille con sangue fresco - ai[mati clwrw'/ 127 e dicevano che non si doveva porre il letto di Cassandra davanti alla lancia di Achille. Qui troviamo un riferimento probabilmente polemico alle antilogie e alla moda dei dissoi; lovgoi che potevano essere contrapposti solo apparentemente.


La logica aperta al contrasto diviene metodica già con i  Dissoì lògoi [1], i “Discorsi in contrasto” presenti pure nelle Antilogie perdute di Protagora[2] il quale "fu il primo a sostenere che intorno ad ogni argomento ci sono due asserzioni contrapposte tra loro" come ricorda Diogene Laerzio (9, 51).

Dunque c’era una divisione di pareri perfino all’interno dello stesso parere, prima che l’artista della parola persuasiva Odisseo oJ poikilovfrwn l’uomo dalla mente variopinta cioè scaltro,  kovpi" imbroglione, hJduvlogo"  dal dolce eloquio, dhmocaristhv" adulatore del popolo (vv. 132), convinse l’esercito a non rinnegare il migliore dei Greci per evitare il sacrificio di servi: nessun caduto doveva andare a lamentarsi con Persefone del fatto che i greci non onorano i caduti.

Cfr. La retorica sui caduti magari in guerre aggressive. Cerimonie fatte per manipolare i giovani e invogliarli a morire pure loro.

Il coro continua a parlare alla ex regina annunciando l’arrivo imminente di Odisseo che verrà pw'lon ajfevlxwn per strappare la puledra sw'n ajpo mastw'n, dalle tue mammelle, e spingerla via dalla vecchia mano - e[k te geraia'" cero;" oJrmhvswn (143) Euripide, come altre volte, mette in rilievo il patetico della situazione

La parodo delle Baccanti si chiude con queste parole:
felice hJdomevna
allora, come puledra con la madre a[ra pw'lo" o{pw" a{ma matevri
al pascolo, muove il piede rapido, a balzi, la baccante” (165 - 167)

Insomma la vitalità della puledra paragonata a quella della ragazza, rende più raccapricciante il  sacrificio della giovane.
Il coro consiglia a Ecuba di correre agli altari e di gettarsi supplice alle ginocchia di Agamennone.  jAgamevmnono" i{z  j iJkevti" gonavtwn (145)
Se le tue preghiere non la salveranno dovrai vedere la vergine caduta sulla tomba tuvmbou propeth' (150),  imporporata del sangue foinissomevnhn ai{mati che sgorga dal collo ornato d’oro con cupa corrente -  nasmw'/ melanaugei' (153).

Viene in mente la pena di Ecuba sul corpo martoriato di Astianatte nell’esodo delle Troiane, in particolare  il sangue che esce con rumore di risa dalle ossa spezzate del capo del bambino (e[nqen ekgela' - ojstevwn rJagevntwn fovno" ( 1176 - 1177)





[1] " Un testo che può definirsi la formulazione "relativistica" del pensiero dei sofisti…Gli "agoni di discorsi" tucididei echeggiano questa problematica, pur a mezzo secolo di distanza dai Dissoì lògoi… uno scritto sofistico redatto verso il 450 o al più tardi 440" (S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 1 pp. 258 ss.
[2] Nato nella ionica Abdera intorno al 485 a. C., all'incirca coetaneo di Euripide dunque.

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