L’eunuco malvagio della Pharsalia di Lucano e quello che sbraita
con voce stridula le stesse nefandezze nelle televisioni.
Nell’VIII libro della Pharsalia di Lucano parla uno dei monstra
(v. 474) della corte egiziana di Tolomeo XIII, giovanissimo fratello di
Cleopatra. Siamo alla fine dell’estate successiva alla battaglia di Farsalo (48 a. C.) nella quale Cesare
ha sconfitto Pompeo che è fuggito dalla Tessaglia e dopo varie tappe sta
arrivando in Egitto per chiedere asilo e impetrare aiuto.
I cortigiani dei regnanti Tolomei discutono su
come si debba accogliere il perdente. Prevale il parere di Potino: ausus Pompeium leto damnare Pothinus (483) che
osò condannare a morte Pompeo.
I suoi argomenti sono ascrivibili
alla categoria del diritto e la ragione del più forte, anticipata da Tucidide e
chiarita completamente da Machiavelli.
Sentiamo questo eunuco di
corte dunque il cui nome (poqeinov", “desiderato”)
allude a rapporti sessuali abnormi.
Prima di lui aveva parlato il vecchio eunuco onesto Acoreus ricordando i meriti di Pompeo verso il
precedente re Tolomeo XII, la lealtà (fidem) dovuta e i sacra pignora patris (481) e i sacri pegni di amicizia stabiliti
tra Pompeo e il padre del fanciullo Tolomeo XIII.
Il malvagio consigliere
castrato Potino comincia a parlare screditando la fides. “dat poenas laudata
fides, cum sustinet-inquit- quos Fortuna premit” (485-486) la lealtà tanto
elogiata fa pagare il fio quando cerca di sostenere quelli che la malasorte
schiaccia. Bisogna cioè contribuire a calpestare quelli già premuti dalla
cattiva fortuna. Questo mascalzone mi ha fatto venire in mente un giornalista
spesso invitato nelle televisioni che con voce da castrato inveisce contro i
disgraziati.
Dunque: “Fatis accede deisque,/et cole felices, miseros fuge” (486-487),
mettiti a fianco del destino e degli dèi, e onora quelli di successo, stai alla
larga dei disgraziati.
Insomma lasciali al largo. Questo gridano ancora gli eunuchi malvagi.
gianni
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