domenica 4 agosto 2019

Presentazione di La paura nell’anima di Valerio Varesi


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PIAZZA VERDI RACCONTA: SCRITTORI A BOLOGNA
Lunedì, Piazza Verdi, ore 21.30, ingresso libero

La rassegna “Piazza Verdi racconta: scrittori a Bologna” prosegue con un incontro con Valerio Varesi. Nel corso dell’appuntamento, curato dal Comitato Piazza Verdi, lo scrittore e giornalista di Repubblica dialogherà con Otello Ciavatti e Gianni Ghiselli.

Riporto qui il percorso che ho preparato per presentare il libro di Valerio Varesi
Valerio Varesi - La paura nell’anima - Frassinelli, 2018

Ambientato a Montepiano sull’appennino parmense dove Soneri commissario della questura di Parma, va in villeggiatura con la propria compagna Angela in una tarda estate. Angela soffre il verso dei grilli che perpetuo trema. “è quasi meglio il rumore del traffico”, dice (p. 3)
“Per te è naturale ciò che è artificiale. La città e la sua voce”, ribatte Soneri. Angela aggiunge che lui è rimasto in uno stadio primitivo, con un po’ di ironia. E il commissario replica seriamente: “Le caverne sono in città. Ognuno dentro la propria stanza senza stagioni a comunicare con i tasti”.
I personaggi più importanti sono il fornaio Garzi, il meccanico Morini, detto “Puleggia”, il sindaco Soratti, il maresciallo Gualtieri, l’appuntato Paternò, il capitano dei carabinieri Marrone, il boscaiolo Tilò “che percorreva i monti con una mula e riforniva di legna i forni e le pizzerie della vallata (4). Poi c’è il postino Sandoni, e tanti animali: la mula di Tilò, i lupi, i cinghiali, i cervi, le civette dalla protesta stridula. Tutti fanno dei versi che si sentono spesso. Una volta anche Il grido stridulo di una poiana.
Tilò trova uno del paese, Brunetti, semisvenuto e ferito.
Il motivo conduttore è quello della paura.
Il maresciallo Gualtieri sostiene che “quando la gente ha paura il mondo funziona meglio” (12)
Soneri preferirebbe il rispetto altrimenti il mondo può diventare una caserma.
  
Excursus su la paura
Cfr. il metus hostilis in Sallustio e il devo" nelle Eumenidi di Eschilo.
Il concetto della paura opportuna all'ordine si trova nel Bellum Iugurthinum[1] di Sallustio: "Nam ante Carthaginem deletam... metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat. Sed ubi illa formido mentibus decessit, scilicet ea quae res secundae amant, lascivia atque superbia, incessere" (41), infatti prima della distruzione di Cartagine…il timore dei nemici conservava la cittadinanza nel buon governo. Ma quando quella paura tramontò dagli animi, naturalmente quei vizi che la prosperità ama, la dissolutezza e la superbia, si fecero avanti.

Giovenale riprende questo tema nella sesta satira, quella contro le donne: una delle ragioni della castità delle Romane antiche era “proximus urbi/Hannibal” (vv. 290 - 291), Annibale alle porte dell’urbe.
Nella Vita di Cleomene[2], Plutarco racconta che gli Spartani onorano la Paura “timw`si de; to;n Fovbon”, non come venerano gli dèi che si vogliono distogliere perché ritenuti dannosi, ajlla; th;n politeivan mavlista sunevcesqai fovbw/ nomivzonteς (30, 9), ma i quanto credono che con la paura soprattutto si tenga unito lo Stato.
E poco più avanti: “dio; kai; para; tw̃n ejfovrwn sussivtion to;n Fovbon i{druntai Lakedaimovnioi, perciò presso la mensa degli efori gli Spartani innalzarono il tempio di Paura.

Nelle Eumenidi di Eschilo entrambe le parti contendenti affermano la necessità di mantenere vivo to; deinovn per il bene della povli".
 Nel secondo Stasimo, il coro delle Erinni canta: "a volte è bene il terrore (e[sq j o{pou to; deino;n eu)/ e quale ispettore delle anime (frenw'n ejpivskopon)/ deve restarvi a fare la guardia"(vv. 517 - 519).
E subito dopo, ancora le Erinni: mht j a[narkton bivon - mhvte despotouvmenon - aijnevsh/" : panti; mesw/ to; kravto" qeo;" - w[pasen (526 - 530), non lodare una vita di anarchia né una soggetta al dispotismo: in ogni caso il dio dà potenza al giusto mezzo.
Più avanti la stessa Atena consiglia ai cittadini che hanno cura della città di rispettare uno stato senza anarchia né dispotismo ("to; mhvt j a[narcon mhvte despotouvmenon", v. 696) e di non scacciare del tutto la paura dalla città: infatti quale mortale è giusto se non ha nessuna paura? (kai; mh; to; deino;n pa'n povlew" balei'n - tiv" ga;r dedoikw;" mhde;n e[ndiko" brotw'n; vv. 698 - 699).

Nell'Aiace di Sofocle il personaggio di Menelao sostiene la stessa cosa per imporre il suo ordine di non seppellire Aiace che non obbediva ai capi: ouj ga;r pot ‘ ou[t j a]n ejn povlei novmoi kalw'" - fevroint j a[n, e[nqa mh; kaqesthvkh/ devoς, - out j a]n stratovς ge swfrovnwς a[rcoit j e[ti - mhde;n fovbou provblhma mhd jaijdou'ς e[cwn (vv.1073 - 1076), mai infatti le leggi potrebbero procedere bene in una città dove non si trovasse sancito il timore né un esercito potrebbe essere comandato con equilibrio, se non avesse nessuno scudo di paura né di rispetto.
E poco dopo: “devoς ga;r w/| provsestin aijscuvnh q ’ oJmou', - swthrivan e[conta tovnd j ejpivstaso” (vv. 1079 - 1080), sappi infatti che ha la salvezza quello nel quale risiede la paura insieme con il rispetto.

Il maresciallo sostiene “se c’è paura c’è anche rispetto”.
Fine excursus
Adelmo e Rina sono gli osti e i ristoratori del paese. La loro trattoria è il punto di ritrovo di molti personaggi.
Soneri è un osservatore della natura; la osserva e la ascolta soprattutto di sera e di notte.
Cfr. guardare il cielo nelle Baccanti di Euripide.

Nelle Baccanti Cadmo suggerisce alla figlia Agave impazzita di guardare il cielo: “ej~ tovnd j aijqevr j o[mma so;n mevqe~” (v. 1264), lascia il tuo occhio aperto qui al cielo.
Guardare il cielo apre gli occhi dell’anima a Bill Loman, il figlio di Willy Loman, il commesso viaggiatore di Arthur Miller. Il padre, infuriato in seguito a un aspro diverbio, gli dice: “E allora impiccati! Fammi quest’ultimo dispetto! Impiccati!” e il giovane risponde: “No, Willy, nessuno s’impicca! Oggi mi sono precipitato per dodici piani con una penna in mano. E tutt’a un tratto mi sono fermato, capisci? In mezzo alle scale mi sono fermato e ho visto il cielo. Ho visto le cose che mi piace fare a questo mondo. Lavorare e mangiare e sdraiarmi, fumare una sigaretta. E stavo li con questa penna in mano e mi sono detto: ma che Cristo l’ho rubata a fare?”.

Guardare le sorgenti dei fiumi, osservare l’innumerevole sorriso delle onde marine (Prometeo incatenato) e amare la terra madre di tutti noi.
Cfr. Eschilo, Prometeo incatenato, vv. 88 - 90 pontivwn te kumavtwn - ajnhvriqmon gevlasma.
Cfr. anche D’Annunzio, Elettra: “Il riso innumerevole delle onde marine”.
  
Soneri trova incantevole “lo scenario immobile della valle che sembrava verniciato dalla luce lunare” (17). Angela reagì con una punta di stizza. La donna non sopportava i versi degli animali
Piove, l’estate è morente si comincia a sentire anche freddo e quel mondo così fradicio aveva l’aspetto malinconico di qualcosa che si conclude. Come quando, da ragazzo, tanti anni prima, un temporale di Ferragosto metteva fine all’estate e a una parentesi di felicità “ 29.

Interviene la paura di “un russo che ha fatto fuori un barista e probabilmente altri nel suo paese. Forse è un ex militare dell’armata rossa (41) Sembra che il modello sia Igor. Angela nota che tra quei monti si trovano gli stessi spettri che aleggiano in città. E i ricordi belli di Soneri sono utopie. Poi i due si abbracciano: “il contatto morbido e accogliente, non importa se quello di una madre o di un’amante, è il moglio modo di sentirsi vivi” (44)
La magistrata Falchieri chiede al commissario di fare da supervisore alle indagini. “Manovra la lusinga con l’abilità di un chirurgo con l’aggravante di essere almeno in parte sincera”, pensava Soneri.
Intanto è sparito un ragazzo di 25 anni. La chiostra dei monti pareva la schiena ricurva e irsuta di un grosso orso 48.

 Platone ha scritto tutta la natura è imparentata con se stessa (th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh"Menone, 81d).

Dostoevskij fa dire allo stariez Zossima che "il mondo è come l'oceano; tutto scorre e interferisce insieme, di modo che, se tu tocchi in un punto, il tuo contatto si ripercuote magari all'altro capo della terra. E sia pure una follia chiedere perdono agli uccelli; ma per gli uccelli, per i bambini, per ogni essere creato, se tu fossi, anche soltanto un poco, più leale di quanto non sei ora, la vita sarebbe certo migliore"[3]. Bisogna cogliere i nessi.

Il ricercato Vuikovic era un trasformista, un criminale che rompeva la consuetudine, pensava il commissario mentre sfogliava il dossier.
“Ulisse sta per salpare di nuovo” lo sorprese Angela, “chissà che nuova sponda ha intravisto al di là del mare. Ricordati che non sono Penelope e non so nemmeno tessere” (50).
“La giornata estiva era entrata in quell’ora luminosa come l’adolescenza, quando non è più mattina e nemmeno mezzogiorno. I prati dopo il temporale erano rinverditi come ridipinti (51).
Il postino Sandoni parla del ragazzo sparito, Maurizio Martelli: “Commissario, qui, appena ti scosti dalla consuetudine, diventi il bersaglio dei pettegolezzi” Uno di quell’età deve essere sposato, avere un lavoro e magari un figlio piccolo. “Se non è così, è perlomeno strano. Poi le chiacchiere volano. Dicono che giri di notte, da solo. 53.
Soneri va nella farmacia “i farmacisti si assomigliano tutti: sempre ben pettinati e sorridenti, l’aristocrazia del commercio” 56
La titolare Renata Orzi sembrava un’annunciatrice della televisione: stesso sorriso da rivista e stesso portamento, come perennemente in posa davanti al fotografo. (56) nella farmacia faceva le pulizie Oriana Martelli, la madre del ragazzo strano.
La Orzi spiega a Soneri che l’apparenza da assumere in paese è l’essere allineato al comportamento comune. C’è un confine oltre il quale scatta la riprovazione o la vergogna (57).
Maurizio aveva frequentato l’università di Parma senza avere dato nemmeno un esame. I genitori si vergognavano.
La gente ha paura per via della fragilità “Ci sentiamo troppo soli. Lei non immagina quanti ansiolitici vendo. Perfino al prete” dice la farmacista 59.
Un altro personaggio strano del quale parla il sindaco Soratti è l’ex sindaco novantenne, Benati. Il prete don Filippo sembrava pure lui percorso da una inquietudine. Poi c’è il capitano dei carabinieri Marrone (nomen - omen?).
 Con Soneri si danno presto del tu.
Le giornate si accorciano: “l’ombra delle montagne schiacciava il buio nel fondovalle. Solo qualche pozzanghera lanciava ancora timidi bagliori” 73 . Quando il cielo di notte si squarcia proietta sui versanti un biancore lunare Quella immagine di inquietudine ricordava ad Angela certi dipinti di William Turner. Lo stesso cielo sopra i velieri in un mare in tempesta” La luna era intermittente (74)
Ai Malavasi venne a mancare una manza (77).
La madre del ragazzo sparito, Oriana dice: “questo è un paese di gente cattiva. Uno pensa che ci sia tranquillità, ma basta poco perché ti saltino al collo. Una minima disgrazia e ti seppelliscono” (83)
Paura e cattiveria sono interdipendenti. Marrone teme che i vertici dell’arma vogliano gettare addosso a lui il possibile fallimento della cattura del Serbo.
“Capisco. Sei un attore di commedia”
“E forse la mia è la parte della vittima” (85).

“ Apuleio (Florĭda. 18 comoedus sermocinatur, tragoedus vociferatur) differenzia in modo netto la recitazione degli attori comici e degli attori tragici: di tipo fortemente colloquiale l’una, fortemente sostenuta e incline alla declamazione potente l’altra”[4].
Qualche cosa di analogo dice Ovidio a proposito dello stile tragico e di quello comico: “Grande sonant tragici: tragicos decet ira coturnos/ usibus e mediis soccus habendus erit[5], i tragici hanno un suono forte: l’ira si addice ai coturni tragici: la commedia va tratta dall’esperienza quotidiana.

Un'altra attrice, attrice di un solo ruolo di poche battute, è la maestra Anemia che faceva i solitari e ripeteva:” Questo paese finisce male, c’è tanta cattiveria, ma proprio tanta” (86)
Soneri, incuriosito dal Serbo, dice “Molti criminali hanno avuto un padre tiranno” 91. Questo delinquente si faceva chiamare Ezechiele e in prigione guardava a lungo i cartoni animati in televisione siccome il padre non glieli lasciava vedere. Nel paese Montepiano è rimasto qualche cosa di pagano. C’è chi crede in folletti etc. 
Il ragazzo scomparso viene trovato morto sotto una sorgente.
Tilò dice che “dalla gente ci puoi tirar fuori di tutto perché dentro ha tutto. E adesso si è aperto il coperchio” 98. E’ l’’epifania scatenata dalla paura.
Martelli era stato ucciso da un fucile a pallini. Da reietto che era vivo, questo ragazzo da morto era diventato oggetto di commiserazione. Non dicevano più quelli là ma chiamavano i suoi genitori Oriana e Guido come se fossero parenti stretti. L’ipocrisia del borgo selvaggio.
Rina l’ostessa crede che una donna tenga bordone al Serbo: “Solo le donne sanno essere fedeli ad ogni costo” 100
Il vecchio ex sindaco Benati stava con una badante, Irina. Benati sostiene che la convivenza con l’immaginario sia ormai l’unico segno di spiritualità rimasto. Lui crede nello spirito dei monti Beffardello 105 “Se gli lasci un po’ di pane e latte sulla porta, non ti entra in casa”. Il rosso lo intimidisce e basta mettere un drappo rosso o un fiocco alla porta ma Irina non vuole “dice che le ricorda il comunismo” (105).
Soneri tornò a casa che era buio. Ascoltò il coro dedi grilli, il canto della notte. Poi all’improvviso proruppe l’assolo potente di un lupo, così vicino da dargli un brivido (106).
Il postino Sandoni dice a Soneri che molti sospettano che sia Tilò a informare il delinquente. “Tutto sembrava deragliare da un’armonia prestabilita lasciando le creature sconvolte” (118) Si sentivano animali lanciare versi disperanti. Si potevano udire le corse alla cieca di cinghiali, cervi caprioli e volpi, un esercito in rotta (118) “essi fuggono via/ da qualche remoto sfacelo,/ ma dove ma quale egli sia/ non sa né la terra né il cielo” (cfr. Scalpitio di Giovanni Pascoli)

Scalpitio

Si sente un galoppo lontano
(è la...? ),
che viene, che corre nel piano
con tremula rapidità.
Un piano deserto, infinito;
tutto ampio, tutt'arido, eguale:
qualche ombra d'uccello smarrito,
che scivola simile a strale:
non altro. Essi fuggono via
da qualche remoto sfacelo;
ma quale, ma dove egli sia,
non sa né la terra né il cielo.
Si sente un galoppo lontano
più forte,
che viene, che corre nel piano:
la Morte! La Morte! La Morte!
dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli

 “La paura viene dal non conoscere”. (121)
Da Adelmo, Soneri e Marrone mangiano tortelli di castagna e bevono “una bottiglia di Ortrugo fresco di cantina e più gradevole di un massaggio. Poi un vassoio di salumi. (123).
I RIS mandano i risultati desunti dal cadavere del ragazzo. Soneri pensa che le indagini spesso corrono sul binario della logica trascurando le motivazioni umane.
Un ferramenta fa affari poiché tutti hanno la fregola della sicurezza e comprano inferriate, sistemi di allarme, recinzioni, serrature, porte blindate e persino video camere, dice Angela e vorrebbe tornare in città.
 Ma Soneri ormai è coinvolto.
Benati parla con aria oracolare e ricorda a Soneri le sopravvivenze del paganesimo: “quassù è rimasto abbarbicato agli alberi come il vischio” 120. Soneri va da Artenice Rocchi, una specie di maga che conosce favrmaka kalav (131).

 La donna dice che le donne sanno fare cose come le guarigioni. “Hanno un rapporto stretto con la natura per via della luna e del mestruo (137).
“C’è un ritmo universale che ci attraversa. Mi faccio condurre, lo assecondo standogli in groppa senza sproni né briglie. Non posso fermarlo. Posso solo rimettere in armonia chi vi si oppone e per questo si ammala” 138.
“Il male è un passo falso nell’armonia come un piede pestato nel ballo” dice ancora la donna.

"Il destino dell'uomo è inserito nell'ordine divino del mondo; e quando l'ordine divino e il disordine umano vengono al cozzo, si sprigiona la scintilla della tragedia (…) In base a tutti i drammi di Sofocle risulta evidente che le leggi non scritte non sono costituite esclusivamente né dalle tradizioni familiari né dal rituale mortuario. Le leggi non scritte regolano l'intero ordinamento divino del cosmo" [6].
Ogni respiro che facciamo lo prendiamo dal cosmo. Inaliamo la sua aria; parliamo con il suo fiato; il suo pneuma è la nostra ispirazione. La parola “cosmo” indica un mondo conformato dall’estetica.

Oriana era incinta quando si sposò con Guido. Lei si era lasciata imbrogliare da un farabutto e lui era insicuro oltre che brutto “conveniva a tutti e due costruirsi una parvenza di normalità”. Disse Amgela. Soneri pensava alla normalità ed era sempre più spinto a rivalutare vciò che usciva dalle regole 149.
Soneri era ammaliato dal fascino della solitudine del paese, ma il telefonino suonò in tasca con il suo squillo volgare sebbene attutito Era Juvara con la notizia che il Serbo metteva proprie foto in una pagina sua di facebook. Lui nei boschi. Sono selfie.
Guido Martelli parla a Soneri dei bracconieri che vendono la carne. Il bracconaggio vale uno stipendio. I ristoranti della valle hanno sempre carne fresca. Tilò è un vecchio comunista che non parla con gli sbirri.

“La maggior parte delle persone desidera mettersi nei panni non suoi. Ma in definitiva uno è quello che è, e tentare di cambiare rende ridicoli. Come noi due che siam dei poveracci.” (p. 161). Guido Martelli è un personaggio tragicissimo che ha sposato la donna incinta di un altro, è stato disprezzato dalla comunità del paese, e ha finito con l’uccidere il figlio della moglie.

Mettersi nei panni degli altri può essere una cosa buona se lo facciamo per comprendere e aiutare chi soffre, mentre è pessima se lo si fa rifiutando se stessi e il proprio destino.
A questo proposito sentiamo Leopardi e Nietzsche. 
Per quanto riguarda il lato positivo, il Recanatese scrive: “Gli scolari partiranno dalla scuola dell’uomo il più dotto, senz’aver nulla partecipato alla sua dottrina, eccetto il caso (raro) ch’egli abbia quella forza d’immaginazione, e quel giudizio che lo fa astrarre interamente dal suo proprio stato, per mettersi ne’ piedi de’ suoi discepoli, il che si chiama comunicativa. Ed è generalmente riconosciuto che la principal dote di un buon maestro e la più utile,non è l’eccellenza in quella dottrina, ma l’eccellenza nel saperla comunicare”[7].
E più avanti: “Ma il gran torto degli educatori è di volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità; che la vita giovanile non differisca dalla matura; di voler sopprimere la differenza di gusti di desiderii ec., che la natura invincibile e immutabile ha posta fra l’età de’ loro allievi e la loro, o non volerla riconoscere, o volerne affatto prescindere…di volere che gli ammaestramenti, i comandi, e la forza della necessità suppliscano all’esperienza ec.”[8].

Sentiamo Nietzsche per quello negativo che è la non accettazione di se stesso.
“La mia formula per la grandezza dell’uomo è amor fati: non voler nulla di diverso, né dietro, né davanti a sé, per tutta l’eternità. Non solo sopportare, e tanto meno dissimulare, il necessario - tutto l’idealismo è una continua menzogna di fronte al necessario - ma amarlo…”[9].
“Ma in fondo, proprio “in fondo” a noi stessi c’è sicuramente qualcosa che non si può insegnare, un Fatum spirituale granitico…ciò che “in fondo a noi” non è insegnabile[10].
“Il necessario non mi ferisce; amor fati è la mia intima natura, das ist meine innerste Natur ”[11].

Tilò parla con Soneri e dice che bisognerebbe sparare per una causa giusta: “non c’è mai stata tanta ingiustizia nel mondo, nemmeno quando c’erano gli agrari” (169)
Soneri dice ad Angela: “Sono le utopie a farci apparire orribile il tempo in cui viviamo. Bisognerebbe camcellarle. Anche una zuppa di pane vecchio può risultare buona se hai solo quella 178.
Angela replica che immaginare ci tiene vivi. E’ il posto in cui ci ritroviamo, il cortile dove giocavamo da piccoli.

I coniugi Martelli formavano una famiglia vissuta di menzogne, compromessi e finzioni. “Un equilibrio tra complici in quel naufragio silente che è la paura delle proprie debolezze” 198.
Tilò parla a Soneri della paura: “in paese hanno tutti qualcosa da nascondere: le tasse, la caccia di frodo, certi lavoretti edilizi, i vizi. Con l’arrivo di quello è venuto a mancare la fiducia nel silenzio del tuo vicino. Il ricatto reciproco non è più riuscito a tener ferma la gente, il sospetto del tradimento si è diffuso e in questi casi qualcuno passa alle spicce…dicono che me la faccia con Teresa! (la mula) 207.
Altro vino nominato “la bottiglia di Bonarda” 211 Intanto l’estate muore e si avvicina l’umido equinozio che offusca la luce.

Benati, l’ex sindaco di Montepiano, novantenne, racconta a Soneri che sente delle voci delle quali non si accorge chi non vuole ascoltare.
Il commissario è scettico, e il vecchio replica:
“Tutto c’entra perché tutto si manifesta sotto varie forme” dice p. 259.

La tradizione, prosegue il vecchio, “è conservare usanze sempre uguali nel tempo. Se la smarrisci non sai più quello che sei ed è allora che il disagio prende la gente” 260
Altro vino il Gutturnio

La mula di Tilò viene ferita per dispetto perché si diceva che il suo padrone aveva fatto la spia sul traffico tra bracconieri e macellai. Rina, l’ostessa commenta dicendo che certuni del paese “non sono migliori di quel bandito. Solo gli manca il coraggio. Sfogano il rancore contro i deboli come quella povera mula” 264. Che poi era stata assalita e mangiata dai lupi nonostante la disperata difesa di Tilò.
Angela parla con Soneri e smonta i cieli dell’infanzia dell’amante: i bambini non si accorgono degli odi, delle paure, delle cattiverie. “E poi c’è la memoria a tradirci. Confeziona tutto con i nastrini, ma è falsa” 285
Soneri ricorda che una volta “c’erano anche solidarietà e compassione”
Angela ammette: “c’erano sì, E’ sempre tutto mischiato. Questo mondo è un inferno con qualche angolo di paradiso… Tilò e la sua mula, ecco dove vedo un po’ di paradiso” (286).
 Vino Ortrugo
Alla fine Angela dice che Rina ha dato ragione alla vecchia maestra Anemia: “Non crediamo più in Dio, non crediamo più alla politica, siamo diventati più poveri e tutti che si sorvegliano, tutti a sospettare l’odio che incombe”
Il Serbo rappresenta solo la causa scatenante
Nell’ultima pagina Soneri dice alla Falchieri: “Se dovessi dire chi ha ucciso quel ragazzo, direi proprio la paura” 313

Fine 21 luglio 2019



[1] Del 40 ca.
[2] Re di Sparta dal 235 alla battaglia di Sellasia del 222. Fu sconfitto da Antigono
[3]F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov , del 1880, p.402.
[4] M Di Marco, Op. cit., p. 90.
[5] Remedia amoris, 375 - 376.
[6]V. Ehrenberg, Sofocle e Pericle , p. 40 e p. 49.
[7] Zibaldone, 1376.
[8] Zibaldone, 1473.
[9] Ecce homo, perché sono cos’ accorto, p. 38
[10] Di là dal bene e dal male, Le nostre virtù.
[11] F. Nietzsche, Ecce homo, Il caso Wagner, p. 92.

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