martedì 27 agosto 2019

Epicuro contro il consumismo. VII parte

foto di Flavio Kessler

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Un altro antidoto al veleno pubblicitario, a ogni veleno, può essere la natura: osservare il cielo splendente, il mare che riflette i raggi del sole o della luna e amare la grande madre terra.
Nelle Baccanti di Euripide, Cadmo suggerisce alla figlia Agàve impazzita di guardare il cielo: “ej~ tovnd j aijqevr j o[mma so;n mevqe~” (v. 1264), lascia il tuo occhio aperto qui al cielo.
Guardare il cielo apre gli occhi dell’anima a Bill Loman, il figlio di Willy Loman, il commesso viaggiatore di Arthur Miller. Il padre, infuriato in seguito a un aspro diverbio, gli dice: “E allora impiccati! Fammi quest’ultimo dispetto! Impiccati!” e il giovane risponde: “No, Willy, nessuno s’impicca! Oggi mi sono precipitato per dodici piani con una penna in mano. E tutt’a un tratto mi sono fermato, capisci? In mezzo alle scale mi sono fermato e ho visto il cielo. Ho visto le cose che mi piace fare a questo mondo. Lavorare e mangiare e sdraiarmi, fumare una sigaretta. E stavo lì con questa penna in mano e mi sono detto: ma che Cristo l’ho rubata a fare?”[1]

Non solo il cielo. Prometeo incatenato, per sopravvivere, invoca l’aiuto delle sorgenti, l’innumerevole sorriso delle onde marine e la terra madre di tutti noi[2].
Non possiamo dimenticare Talete: tutto è pieno di dèi. Qalh'" wj/hvqh pavnta plhvrh qew'n ei\nai"[3]. A volte dovremmo trovare il coraggio di tornare fanciulli come in un certo senso erano i Greci.
Un sacerdote egizio, parlando con Solone, gli disse: “Un Greco vecchio non esiste, voi Greci siete sempre fanciulli”. Lo racconta Platone nel Timeo[4][5].
 “I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto”[6].
 “Che bel tempo era quello nel quale ogni cosa era viva secondo l’immaginazione umana e viva umanamente cioè abitata o formata di esseri uguali a noi, quando nei boschi desertissimi si giudicava per certo che abitassero le belle Amadriadi e i fauni e i silvani e Pane ec. ed entrandoci e vedendoci tutto solitudine pur credevi tutto abitato e così de’ fonti abitati dalle Naiadi ec. e stringendoti un albero al seno te lo sentivi quasi palpitare fra le mani, credendolo un uomo o donna come Ciparisso ec! e così de’ fiori ec. Come appunto i fanciulli” (Zibaldone, 63 - 64).


[1] Morte di un commesso viaggiatore, in A. Miller, Teatro, trad. it. Einaudi, Torino, 1959, p. 294.
[2] Cfr. Eschilo, Prometeo incatenato, vv - 88 - 90 pontivwn te kumavtwn - ajnhvriqmon gevlasma. Cfr. anche D’Annunzio, Elettra: “Il riso innumerevole delle onde marine”.
Quando i suoi aguzzini si allontanano, il Titano invoca le forze della natura a comprenderlo e compiangerlo: “o etere divino e venti dalle ali veloci,/e sorgenti dei fiumi, e innumerevole sorriso/delle onde marine (pontivwn te kumavtwn - ajnhvriqmon gevlasma), e terra madre di tutte le cose (pammh'tovr te gh'),/e il disco del sole che vede tutto, invoco:/vedete quali pene soffro, io che sono un dio, da parte degli dèi”(Eschilo, Prometeo incatenato, 88 - 92). La natura ridente e soleggiata contiene una promessa di riconciliazione. Cfr. per converso il luogo infernale dell'Oedipus di Seneca dove non c'è luce[2] né speranza:" Tristis sub illa lucis et Phoebi inscius/restagnat humor, frigore aeterno rigens;/limosa pigrum circumit fontem palus" (vv. 545 - 547), sotto la quercia ristagna un'acqua cupa, che non conosce la luce del sole, irrigidita dal freddo eterno; una palude limacciosa circonda la morta sorgente.
[3] Aristotele, Sull'anima, 411a 8.
[4] ‘’W SÒlwnSÒlwn“Ellhnej ¢eˆ pa‹dšj ™ste, gšrwn d Ellhn oÙk œstin, Timeo 22b4. Ndr.
[5] Salvatore Settis, Pericle, nostro vicino di casa, “Il sole 24 ore”, domenica 31 agosto 2008, p. 27.
[6] Leopardi, Zibaldone, 527.

1 commento:

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